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Autore: Ghost Writer TNCS    16/11/2019    1 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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38. La Furia Spettro

«E così Susanoo ha deciso di non venire» commentò Maahes, impegnato a osservare la copia di Tenko che malmenava l’originale. Aveva dato a quel clone la sua benedizione, quindi era chiaro che la sfida era già vinta in partenza.

Horus spirò con aria di sufficienza. «Quell’idiota è talmente impegnato a litigare con Enki[15] che non si interessa più di niente. Quando avremo finito qua ci conviene chiamare gli altri e convincerli a darsi una calmata: con quello che sta succedendo ad Artia, non è un buon momento per farci i dispetti a vicenda.» Il dio falco osservò la sua ex inquisitrice che schivava per un pelo il raggio di luce della sua replica. «Piuttosto, grazie per essere venuto. Con due benedizioni diverse è tutto più spettacolare.»

«Quei figli di puttana hanno ucciso molti miei devoti, è un piacere vederli morire. Però perché hai deciso di buttare dentro anche quei due? Del devoto a Susanoo non me ne frega niente, la metarpia però è un Pilastro. Gli altri non saranno felici quando sapranno che l’hai fatta ammazzare.»

«I Pilastri tornano sempre, dovremo solo trovare il prossimo» minimizzò Horus.

Il dio leone non era convinto. «E se questa volta nascesse ad Artia?»

«Poco male. Quell’ingrata mi ha mentito, presto o tardi ci avrebbe tradito comunque. Preferisco lasciare il Pilastro a quegli altri piuttosto che avere un traditore tra i miei inquisitori.»

Maahes osservò distrattamente il clone di Tenko che sollevava la demone e la scagliava senza sforzo contro il muro che circondava l’arena. «Che mi dici invece di tuo figlio? Avevo sentito che era qui a Theopolis.»

«Era qui, ma l’ho mandato a sud per eliminare le popolazioni che si nascondono nella foresta oltre il confine. È bene che quello scansafatiche si dia una mossa, ne ho avuti fin troppi di figli perditempo.»

Il volto da leone di Maahes si aprì in un sorriso. «Ti capisco fin troppo bene. Stavo giusto…» Il dio si interruppe e, quasi in contemporanea con Horus, si voltò verso Tenko. In qualche modo la demone si era liberata dal collare e adesso il suo corpo emanava un’aura nuova e carica di infausto potere.

«Ha ricevuto una benedizione divina» intuì il dio falco, incredulo.

«Chi può essere stato? Dovremmo esserci solo noi qui!»

«Non importa! Se ne occuperanno i cloni.»

Il dio della guerra annuì e inviò l’ordine alla falsa demone, che subito si mise in posizione di guardia. Tenko, forte del suo nuovo potere, non si fece intimorire e partì all’attacco. Rapida come il vento la raggiunse e sferrò un pugno al volto. La copia parò con un avambraccio e rispose. Il destro investì in pieno la giovane, che venne catapultata via. Questa volta almeno il dolore non fu così insopportabile e Tenko riuscì ad attutire l’impatto con una capriola. Furiosa più che dolorante, tirò un pugno a terra.

«È tutto qui?!» imprecò, convinta che quell’inaspettato potere l’avrebbe portata in vantaggio.

Individuò la sua spada e subito scattò in quella direzione. La copia intuì la sua mossa e provò a intercettarla, ma Tenko schivò con un balzo da circense. Raccolse l’arma e vi infuse la sua magia. La lama si accese di energia fucsia, pronta a colpire. La replica si avventò su di lei, ma la giovane descrisse un tondo in aria, più veloce del vento, così rapida da lasciare dietro di sé una scia colorata. Il corpo della falsa demone era ancora in piedi quando la testa cadde a terra, seguita da zampilli di sangue caldo.

Dopo alcuni interminabili secondi, il cadavere cadde a terra. La pozza di sangue si allargava a vista d’occhio mentre l’intera arena piombava nel silenzio.

Tenko, sporca del sangue del suo clone, avrebbe voluto urlare tutte le sue emozioni, ma sapeva di non averne il tempo. Individuò il falso Zabar e corse verso di lui. Era parecchio distante, ma i suoi passi si erano fatti incredibilmente leggeri e tutto intorno a lei sembrava sparito, inghiottito dalle ombre: c’erano solo lei e la sua preda.

La copia non la vide nemmeno arrivare: solo all’ultimo istante si accorse della sua presenza, ma ormai era troppo tardi. Tenko la decapitò in un lampo e schizzò via, verso gli ultimi due cloni.

Di nuovo il mondo si fece oscuro intorno a lei mentre correva verso il falso Leonidas. Il clone guardava nella sua direzione, ma era come se non la vedesse.

Poteva essere un bluff, ma che senso aveva fingere di non vederla? Troppo stanca per riflettere, si lanciò su di lui in un affondo. Appena le ombre si dissolsero, il falso Leonidas si rese conto della sua presenza, ma anche per lui era troppo tardi. Il cadavere della copia stramazzò al suolo e Tenko rimase ferma alcuni istanti, ansimante. Quell’inaspettato potere stava rapidamente consumando le sue energie, ma non poteva riposarsi.

Guardò verso la falsa Persephone e si rese conto che stava già caricando un raggio di luce. D’istinto sollevò lo scudo, provò a spostarsi, ma era troppo tardi: l’incantesimo la centrò in pieno e la sollevò in aria. Gli occhi serrati, avvertì il calore sprigionato dalla benedizione di Horus, poi l’impatto col terreno.

Rimase a terra alcuni istanti, dolorante, ma poi strinse i denti e si rialzò. Non poteva perdere, non adesso, non davanti a tutte quelle persone. Avrebbe dimostrato a tutti che la sua forza di volontà era più forte della benedizione di qualsiasi dio!

La falsa Persephone caricò di nuovo la sua magia, ma questa volta qualcosa roteò davanti a lei: una spada. L’arma la mancò, ma la distrazione fu sufficiente a dissolvere il suo globo di luce.

Tenko capì che era la sua occasione e partì all’attacco, avvolta dalle ombre. Riapparve all’ultimo istante, proprio davanti alla falsa Persephone, e la trafisse senza pietà.

Lo sguardo del clone era diverso da quello della vera metarpia, ma vedendola cadere a terra senza vita non riuscì a non ripensare agli scontri che avevano avuto. A cosa erano serviti? Alla fine anche l’inquisitrice era diventata l’ennesima vittima del Clero e degli dei.

Ora che la battaglia si era conclusa si rese conto che l’atmosfera nell’arena era cambiata: il pubblico non urlava più, ma non era nemmeno muto. C’era un fastidioso brusio di fondo in cui si respiravano preoccupazione e incredulità.

La demone era stremata, molto più di quanto si aspettasse, ma non poteva fermarsi. Doveva liberare i suoi compagni dai collari, e poi doveva trovare un modo per andarsene da lì.

Per prima cosa andò da Zabar. Si fermò davanti a lui, ansimante, e ben presto capì che l’ex chierico era spaventato da lei. Era disarmato – probabilmente era stato lui a distrarre il clone con la sua spada – e tutto il suo corpo era scosso da leggeri tremiti. La demone piantò a terra la spada e lui sobbalzò. Quando la giovane avvicinò le mani al collare, Zabar si ritrasse istintivamente.

«Va tutto bene» gli disse la demone, cercando di dimostrarsi gentile nonostante il sangue sulle mani e sul volto. «Non perderò la testa. Non questa volta.»

Seppur spaventato, Zabar si sforzò di annuire. Lei afferrò il collare e con uno strattone riuscì a romperlo. In effetti quei nuovi poteri non erano così male.

Si voltò verso Persephone e Leonidas, che nel frattempo li avevano raggiunti. Il felidiano aveva recuperato l’arco della sua copia e qualche freccia, ma non sembrava intenzionato a usarli contro di lei.

«Posso immaginare cosa stai pensando, ma per favore, libera anche noi» le chiese Persephone. «Insieme avremo più possibilità di farcela.»

La demone le mise le mani al collo. E con un colpo secco aprì il collare. «Avevo già in mente di farlo.»

Liberò anche Leonidas, dopodiché raccolse la spada e fece qualche passo in direzione della tribuna riservata agli dei, lo sguardo truce. Si guardò intorno, passando in rassegna la folla sugli spalti.

«Siete venuti per vederci morire!» gridò con tutto il fiato che aveva in gola. «Per vedere la giustizia degli dei!» Adesso il pubblico era ammutolito e la voce della demone spiccava chiara e potente. «Ma vi hanno ingannato! Avrò anche commesso crimini orribili, ma gli dei non sono da meno! Loro non vi amano! Loro hanno bisogno di voi! Loro vogliono solo le vostre preghiere!»

«Taci, eretica! Non sai cosa stai dicendo!» ribatté Horus. «Falla tacere!» ordinò al suo inquisitore.

Il faunomorfo non se lo fece ripetere: caricò un globo di luce e scatenò un devastante raggio contro la demone. Tenko vide il bagliore accecante sfrecciare verso di lei, ma non ebbe il tempo di sollevare lo scudo che una barriera magica bloccò l’attacco.

Subito riconobbe quell’incantesimo e si voltò.

«Continua» le disse semplicemente Persephone, impegnata a neutralizzare l’offensiva dell’inquisitore.

Dopo un attimo di stupore, la demone ritrovò la grinta e tornò a rivolgersi al pubblico: non avrebbe avuto un’altra occasione per smascherare gli dei. «Gli dei non sono onnipotenti!» gridò. «Non hanno creato questo mondo! Non hanno creato noi! Hanno solo rapito i nostri antenati perché avevano bisogno delle loro preghiere! E abbiamo le prove di tutto questo! Possiamo dimostrarlo! Possiamo dimostrare ogni loro menzogna! E lo faremo!»

«Sei una pazza oltre che un’eretica!» tuonò Horus. «Uccideteli!»

«Ci penso io a quelo scudo» affermò l’inquisitore di Maahes con il tipico accento del sud. Evocò la benedizione del suo dio e senza sforzò sollevò il suo imponente martello da guerra. Con un solo salto si fiondò sull’arena, abbattendo la sua arma sullo scudo di Persephone. La barriera andò in pezzi e il faunomorfo atterrò maestosamente davanti agli eretici. La sua uniforme era di fatto una ricercata armatura che enfatizzava le sue spalle larghe e le braccia possenti. Aveva un paio di corna che curvavano verso l’alto, il che suggeriva fosse un faunomorfo di tipo bisonte.

«Tu hai uciso mio fratelo!» esclamò l’inquisitore puntando il suo martello contro Tenko. «Sarà un piacere uciderti!»

La demone cercò di non mostrarsi impressionata e si mise in posizione di guardia. Il suo scudo era praticamente carbonizzato, ma la magia scorreva ancora in lei: poteva farcela.

Il faunomorfo partì all’attacco e la giovane fece fluire l’energia nelle armi. Era pronta a schivare il martello, lui invece pestò un piede a terra e in attimo lei si ritrovò a mezz’aria. L’inquisitore la colpì una potenza terrificante, così forte da frantumare lo scudo della giovane e schiacciarla al suolo. Tenko urlò di dolore: il braccio le faceva malissimo, così da tanto da farle temere che si fosse rotto.

«Questa è la vera forza di Maahes!» esclamò l’inquisitore, i muscoli gonfi.

Una palla di fuoco lo colpì: era stato Zabar con la bacchetta della sua copia, ma l’attacco non aveva sortito alcun effetto.

«Tu sarai il prosimo» lo ammonì il faunomorfo.

Con il corpo che sprigionava flussi di magia rossa, sollevò di nuovo il martello, pronto a dare il colpo di grazia alla demone, ma il terreno cominciò a muoversi sotto i suoi piedi. Si sentirono delle grida dagli spalti: l’intera arena aveva tremato, come scossa da un leggero terremoto.

Tenko, ancora dolorante, ne approfittò per rimettersi in piedi e riunirsi ai suoi compagni.

L’inquisitore di Horus raggiunse il collega. «Sei stato tu?»

«No, ma non importa. Tu pensa agli altri, capeli-rosa è mia.»

L’altro faunomorfo evocò due globi di luce incandescenti, pronto ad attaccare, ma di nuovo il terreno cominciò a tremare. Questa volta la scossa crebbe subito d’intensità, e con essa si moltiplicarono le grida. L’arena stessa si riempì di crepe e dei botti fragorosi si susseguirono da ogni direzione: l’intera città stava tremando.

La folla terrorizzata cominciò a spingere verso le uscite, ma la scossa era così violenta che le tribune collassarono e molte persone caddero nell’arena.

«Dobbiamo andare!» affermò Persephone.

Approfittando della confusione, i quattro eretici si mescolarono con la folla terrorizzata, sperando così di riuscire a fuggire.

«Stano scapando!» imprecò l’inquisitore di Maahes.

«Fermo! Dobbiamo proteggere gli dei!» ribatté il devoto a Horus.

L’altro faunomorfo digrignò i denti, ma non poteva obiettare e così voltò le spalle ai fuggitivi.

La seconda scossa finalmente si arrestò, ma la confusione era ancora al suo apice. In qualche modo i quattro eretici riuscirono a uscire dall’arena, ma all’esterno la situazione non era migliore. Videro persone che correvano in ogni direzione, alla disperata ricerca di un posto sicuro. Molti edifici erano crollati e anche quelli in piedi erano pieni di minacciose crepe.

«E adesso che facciamo?» chiese Leonidas, visibilmente spiazzato.

Tenko si guardò intorno, cercando di intuire quale fosse la strada migliore. «Adesso scappiamo.»


Note dell’autore

Ciao a tutti!

In questo capitolo sono successe moltissime cose, a partire dal discorso fra Horus e Maahes, passando per i nuovi poteri acquisiti da Tenko, fino all’inaspettato terremoto che ha permesso ai quattro di fuggire.

Le domande non fanno che moltiplicarsi, ma in questo momento c’è poco da parlare: Tenko e gli altri devono sbrigarsi a lasciare la città, prima che gli inquisitori tornino sulle loro tracce.

Ammesso che riescano a fuggire da Theopolis, cosa potranno fare adesso i nostri eroi? E che effetto avranno le parole della demone? Qualcuno crederà alla sua denuncia, o l’influenza degli dei è ancora troppo forte?

A presto! :D


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[15] Dio sumero dell’acqua.

   
 
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