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Autore: Cossiopea    17/11/2019    2 recensioni
Il passato è un concetto strano.
Ciò che è stato non sarà. Ogni singolo istante di vita, ogni minimo respiro un secondo dopo è già dimenticato, lasciato scorrere verso quella landa della nostra memoria da cui possiamo ripescare i ricordi...
Il passato.
Sono rare le volte in cui qualcuno non rimpiange ciò che è stato, quasi uniche le volte in cui qualcuno è felice della sua vita.
Io non dovevo morire. Non posso.
Hanno provato a rinchiudermi dal mio passato, hanno tentato di farmi dimenticare... hanno sbattuto il mostro in gabbia, un mostro che ogni giorno si lancia contro le sbarre ringhiando e reclamando la sua libertà.
Non posso morire, non posso fuggire...
Sono un tassello dell'equilibrio cosmico, la potenza di una stella rinchiusa in un frammento di universo...
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chiusi gli occhi e mi morsi un labbro, lasciando che la musica mi inondasse l'anima e sperando che i miei denti non divenissero nuovamente affilati.

It's so cold out here in your wilderness
I want you to be my keeper
But not if you are so reckless...

Cantava Adele nella mia testa.

If you're gonna let me down, let me down gently
Don't pretend that you don't want me
Our love ain't water under the bridge...

Avvertii il mio corpo rilassarsi e i muscoli distendersi, assaporando come, una semplice melodia, potesse farmi tornare una semplice ragazza.

E la voce della donna continuava, continuava in un ritmo così denso di emozioni... Pieno di un amore fatto di desolazione e inezia, di un uomo che l'aveva tradita...

La musica era l'unico modo con cui io potessi reprimere ciò che ero, ciò che avevo fatto; il mio passato che, nel sonno, continuava ad assalirmi senza un motivo, lasciando solo miseria laddove una volta era il mio cuore.

What are you waiting for?
You never seem to make it through the door
And who are you hiding from?

Ma soprattutto quel giorno, l'anniversario del fatto, avevo bisogno di restare sola con quelle note... Dovevo evitare che la mia vera natura si manifestasse davanti al mondo, e l'unico modo per impedire che il Demone si risvegliasse era la musica.

Otto anni da quando mi avevano ritrovata con le mani macchiate di sangue a piangere sopra il cadavere di mio fratello.

Otto anni da quando era stato determinato che il ragazzo era stato ucciso da qualcosa di affilato che gli aveva reciso la gola.

Otto anni dagli sguardi terrorizzati dei miei genitori e di coloro che conoscevo...

Ricordavo ancora i loro occhi impregnati di paura mentre fissavano la bambina che un tempo era stata loro figlia, la bambina che adesso era solo un mostro senza neanche il diritto di essere considerata umana.

Non ricordavo niente di quel giorno.

Solo... rabbia.

Una rabbia travolgente e poi nient'altro. Le tenebre.

Quando il buio si era diradato le mie dita erano imbrattate di sangue e il corpo senza vita di Zack giaceva nel corridoio in un bagno macabro di liquido rosso. Il suo sguardo privato della scintilla che lo caratterizzava; le sue mani immobili e il cuore fermo, strappato alla propria esistenza nel fiore dell'età senza più modo di farlo riemergere dal baratro in cui lo avevo spinto.

Avvertii i denti farti aguzzi e conficcarsi nel labbro morbido ma sopportai il dolore e il sottile rivolo di sangue che ora mi discendeva il mento, imponendomi di ascoltare solo la musica.

Esisteva solo quella...

If you're gonna let me down, let me down gently
Don't pretend that you don't want me
Our love ain't water under the bridge...

Fin dalla mia prima notte gli incubi non facevano che tormentarmi.

Incubi che, lo sapevo, erano reali quanto il corpo e ciò che mi circondava; reali come le lacrime che mi solcavano le guance ad ogni mio risveglio; reali come gli artigli in cui le mie unghie si tramutavano senza che riuscissi a fermarle... reali come la paura.

Ero sempre stata stranamente cosciente di ogni cosa, dal mio primo istante di vita su questa terra. Non avevo avuto un'infanzia che si potesse ritenere tale, non giocavo come gli altri bambini nel timore di ferirli... sapendo che i miei denti potessero diventare taglienti in ogni secondo, sapendo che avrei potuto uccidere di nuovo qualcuno e che non avrei mai avuto il coraggio di perdonare a me stessa un altro errore.

Eppure, fino al fatto, nessuno aveva mai saputo delle mie trasformazioni involontarie. Era come se, anche da neonata, sapessi che nessuno doveva conoscere la mia vera natura...

Le mie crisi erano sempre affrontate in solitaria, nel silenzio della mia stanza, durante la notte o in un pomeriggio di nuvole...

Bastava che per la mente mi passasse un pensiero, un singolo pensiero che increspasse la piatta superficie della mia mente che il Demone spingesse per uscire.

Trattenerlo era come combattere contro sé stessi, sentendo al tempo stesso rabbia e paura, essere nei due fronti contemporaneamente... Ma non potevo mostrarmi. Non potevo...

Sentivo sempre quel dolore, quando succedeva, quel terribile dolore senza una vera origine che si diramava nel mio essere stringendomi il cuore in una morsa ghiacciata.

L'unico modo che avevo per bloccarlo era la musica.

In qualche modo, se mi concentravo solo su di essa, sulle note e le parole che fluivano nella mia mente, il Demone si addormentava mentre io mi premevo con foga le cuffie sulle orecchie e sentivo finalmente di essere libera dal male...

Ancora adesso nessuno aveva mai visto i miei denti assottigliarsi e trasformarsi in lame o i miei occhi tingersi di rosso... Nessuno conosceva il mostro che ero. L'unico a cui mi ero mai rivelata era stato Zack... Oh, Zack...

I miei genitori non mi parlarono per due mesi dopo il fatto... Quei sessanta giorni li passai in decine e decine di centri specializzati, dai dottori, dagli psicologi... Persone in camice bianco che nascondevano la loro crudeltà dietro ad un sorriso affettuoso.

Non avevo mai parlato di fronte a loro.

Neanche una parola mi era uscita dalle labbra mentre ero al cospetto di quegli spettri.

Sopportavo senza dire niente, lasciando che mi esponessero le loro domande inutili, lasciando che le loro frasi complicate e piene di termini scientifici si tramutassero in rimproveri o in disperata rassegnazione.

Nonostante numerose discussioni in seguito all'episodio, decisero che era meglio se io restassi comunque a casa dei miei genitori.

Ma loro non erano più i miei genitori...

Io ai loro occhi non ero che un mostro. Un orrendo e spregevole mostro che aveva strappato il loro primogenito senza nessuna pietà... la ragazzina che non era neanche ritenuta un essere vivente.

Mi evitavano in casa. Le nostre cene erano passate nel più completo silenzio.

Non mi parlavano, non mi abbracciavano né salutavano. Non ero più loro figlia, non lo sono mai stata...

Say it ain't so, say it ain't so
Say it ain't so, say it ain't so...

Non mi avevano mandata a scuola per paura; pura e semplice paura che potessi nuovamente far male a qualcuno.

I contatti con il mondo erano spariti e dopo la prima elementare il mio percorso scolastico con dei compagni reali era finito per sempre.

Mi avevano rinchiusa in casa, impedendomi di fare attività o corsi al di fuori del pianoforte, che suonavo in camera mia, in solitudine, senza nessuno...

Studiavo tramite internet e un'insegnante di quasi sessant'anni mi inviava a distanza le verifiche da fare; ma i contatti con il mondo si erano ridotti fino a quasi sparire. La mia camera era l'unico luogo su tutto questo squallido pianeta in cui potessi sentirmi davvero al sicuro... l'unico luogo in cui nessuno avrebbe mai osato entrare; la cella del mostro...

Say it ain't so, say it ain't so
Say it ain't so, say it ain't so...

A volte trovavo strano come i miei genitori mi temessero ma allo stesso tempo non sapessero perché.

Sentivo come se non fossero davvero gli altri a evitarmi, ma fossi in realtà io a evitare il resto del mondo, ergendo mura possenti intorno alla mia persona, impedendo ad anima viva di avvicinarsi a ciò che ero, a ciò che potevo fare.

Nessuno conosceva il mio segreto.

Nemmeno ciò che anagraficamente si potevano ritenere i miei genitori. Non avevano mai visto gli artigli, gli occhi farsi incandescenti, i denti trasformarsi in zanne.

Per loro non ero altro che il mostro che aveva ucciso Zack e che nessuno doveva toccare, la ragazza non più umana destinata a vivere senza in realtà farlo davvero...

   
 
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