Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: lightvmischief    17/11/2019    0 recensioni
Una ragazza.
Un gruppo.
La sopravvivenza e la libertà.
Le minacce e i pericoli della città, delle persone vive e dei morti.
Prova a sopravvivere.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 23
 

KAYLA
 

«Come… Come fai ad essere vivo?» Le parole mi escono incredule dalla bocca, quasi automaticamente.

«Tesoro, non sai quanta forza ti dia lottare per la tua vita, per quanto schifo faccia.» L’uomo con la cicatrice sghignazza alle sue parole. «È un piacere rivederti.» Questa volta a mostrare un ghigno è la stessa spregevole persona che sta parlando.

«Non è possibile… Ti abbiamo rinchiuso là dentro- ci saranno stati una decina di Vaganti» Blaine ha lo stesso guardo confuso che ho io. Elyse e Tracey, invece, sembrano quasi terrorizzate, paralizzate.

Jordan fa altri due passi avanti. «Ah, sì. In effetti, c'è stato qualche intoppo...» dice, mostrandoci il suo braccio sinistro, o almeno ciò che ne rimane: dalla spalla fino al gomito. C'è una fasciatura pulita sul gomito. Deve esserselo fatto tagliare via, sicuramente era stato morso e l'unico modo per non far arrivare l'infezione - virus, malattia o qualsiasi cosa fosse - al cervello era tagliarlo prima che fosse entrata in circolo.

Sono passati mesi. Tutto quanto mi sembra così surreale.

«Loro chi sono?» chiede Elyse, riprendendosi dallo shock iniziale piuttosto velocemente.

«Loro sono i miei nuovi... amici» risponde senza esitazioni Jordan, aprendo le mani in modo teatrale.

«Oh, intendi i tuoi servi?» ribatte Elyse, lanciando un occhiolino sarcastico all'uomo con la cicatrice.

Questo riprende subito il suo fucile e lo punta di nuovo addosso al corpo della ragazza, furioso e pronto a farla fuori.

«Oh, suvvia, Karl, sta solo cercando di irritarti» lo riprende Jordan, posando una mano sulla canna del fucile e facendo peso su di essa per fargliela abbassare. «Comunque, per quanto questa rimpatriata sia stata piacevole, credo sia ora di farla finita una volta per tutte.»

Prima che possa capire ciò che sta succedendo attorno a me, sento un colpo di pistola e un proiettile tagliare l'aria. Lancio occhiate rapide a destra e a sinistra per capire se qualcuno è rimasto ferito, ma Jordan ricattura la mia attenzione prendendo l'arma all'uomo con la cicatrice con un movimento fluido e rapido. Carica l'arma e si avvicina a falcate veloci verso il mio corpo, la canna del fucile a pochi millimetri dalla mia spalla. 

«Le tue ultime parole?» mi chiede ammiccando e posizionando lentamente e in modo teatrale l'indice sul grilletto.

«Va' all'inferno!» dico tra i denti, cogliendo l'attimo di distrazione dell'uomo davanti a me per fargli cadere l'arma dalla mano. Alzo il ginocchio fino a farlo collidere violentemente con il suo ventre, facendolo piegare in due con le mani a coprirsi la parte colpita.

Tutt'attorno è scoppiato il caos: sento grida, pugni e mugolii di dolore.

Jordan si riprende in fretta e lo sguardo furioso e assetato di sangue presente nei suoi occhi mi manda un brivido di terrore per la spina dorsale. Poi, sento un dolore acuto e pungente prima alla mascella e poi all'addome. Indietreggio boccheggiando, finendo contro al muro con un rumore sordo. Non ho neanche il tempo di prendere un respiro che mi trovo il braccio di Jordan alla gola, che spinge sulla trachea facendomi mancare completamente l'ossigeno. Ha un sorrisetto maniacale in viso quando con la sua unica mano rimasta mi mostra l'oggetto luccicante.

«È sempre utile portare un coltello con sé, non è vero, tesoro?» sputa a pochi centimetri dal mio viso.

È riuscito a prendermi il coltello senza che io me ne accorgessi e ora l'unica difesa che credevo di avere potrebbe essere la mia fine.

I miei arti non riescono a rispondere ai miei comandi, l'unica cosa su cui riesce a concentrarsi il mio cervello è la sempre più crescente pressione del suo braccio contro il mio collo, la sua garza al gomito che mi sfrega la faccia e i colpi di tosse che escono involontari dalla mia bocca. Comincio a vedere puntini bianchi e neri formarsi ai lati dei miei occhi.

«Per essere così cazzuta come fai credere di essere, mi aspettavo avessi combattuto almeno un po'.» Jordan abbassa rapido l'arma e l'affonda nel mio fianco completamente.

Le mie gambe quasi cedono al dolore improvviso. Nell'azione, la presa dell'uomo sul mio collo si allenta quel che basta per farmi riprendere fiato bastante per allontanarlo da me con una spallata con tutta la forza rimastami in corpo. Tossisco un paio di volte e mi tocco il fianco colpito dolorante, non sorprendendomi di vedere il sangue sulla mano. Il dolore lancinante di certo non aiuta, ma riesco a lanciare un calcio dritto dritto sulla sua faccia, facendogli sparire quel ghigno odioso e facendolo finire in ginocchio. Come per riflesso, il coltello gli cade dalla mano. 

«Sì, credo sia proprio ora di farla finita, coglione.» La voce di Elyse rimbomba forte nelle mie orecchie. Subito dopo un colpo di fucile e Jordan comincia a sputare sangue prima di cadere a terra dolorante. «Ci vediamo all'inferno.»

Il corpo dell'uomo perde pian piano la vita, questa volta testimoni della sua effettiva morte. Elyse si china a raccogliere il coltello e me lo passa. Mi mette una mano sulla spalla e - per la prima volta - mi sembra di scorgere della preoccupazione nel suo sguardo determinato.

«Facciamola finita» mi ordina, lanciando un'occhiata veloce al mio fianco ferito. «Credi di potercela fare?» Annuisco, premendo la mano sulla ferita per fermare la fuoriuscita del sangue e mascherare il pulsare continuo.

Elyse mi strizza la spalla per incoraggiarmi e si precipita verso Tracey, la quale sta lottando corpo a corpo con l'uomo con la cicatrice, ma è piuttosto in difficoltà. Blaine, a pochi passi da lei, spara un colpo all'ultimo uomo rimasto in piedi. Lo raggiungo più in fretta che posso, mentre Elyse si occupa di mettere in salvo Tracey. Quando alza il viso vedo del sangue colargli dal naso e un piccolo taglio al sopracciglio, un ematoma che sta prendendo forma sulla sua mascella.

«Credo questo sia il giusto segnale per andarcene» dice Elyse dopo aver sparato un proiettile alla gamba dell'uomo e avergli rifilato un pugno in pieno volto. Colpisce il tizio alla testa con il dorso del fucile e poi lo getta a terra, scarico.

«Kayla-»

«Ce la faccio a camminare» interrompo un po' troppo bruscamente Blaine, che deve essersi accorto dei miei abiti sporchi di sangue fresco. «Torniamo al campo.»

Dopo che Elyse si è assicurata che Tracey stia bene, finalmente usciamo dal quel posto infernale, lasciando dietro di noi una scia di cadaveri e rimanendo con un sapore amaro in bocca.

«Se l'universo ci permette di farlo» risponde Elyse sarcastica, alzando un dito medio verso il cielo.

A causa dei molteplici spari, dobbiamo muoverci velocemente: di sicuro avranno attirato l'attenzione dei Morti.

Abbiamo lasciato la cautela dentro quell'edificio: stiamo camminando  in mezzo alla strada guardando specificatamente dritto davanti a noi. 

Sono esausta e ad ogni passo che faccio sento fitte di dolore al fianco ferito, pian piano togliendomi  tutta la forza rimastami in corpo.

Blaine sputa saliva mista a sangue per i colpi ricevuti al viso, Tracey si tiene il braccio rotto al petto, dolorante. Elyse deve aver ricevuto un paio di colpi sul suo corpo ma - nonostante la botta presa alla testa ieri - sembra quella messa meglio.

Premo forte la mano sulla ferita, cercando di fermare la fuoriuscita continua del sangue. Lancio uno sguardo veloce al mio fianco, strizzando gli occhi un paio di volte. Mi sento come se tutte le energie stessero uscendo tutte insieme dal mio corpo. Fisso lo sguardo davanti a me: la strada libera con uno strato sottile di  neve, qualche edificio sparso qua e là, i pali dell'elettricità con sopra i corvi. Provo a notare qualsiasi particolare per distrarmi e per continuare a camminare.

Ce la posso fare. 

La vista si scurisce in un millisecondo davanti a me.

«Merda.» È l'ultima cosa che sento prima che diventi tutto buio.

***

«Sta tornando.»

Strizzo gli occhi prima di aprirli. Ho la gola secca. Ci impiego qualche secondo a capire di essere sdraiata a terra.

«Ho trovato una farmacia. Portiamola dentro, magari troviamo qualcosa anche per te.» È la voce di Elyse e lentamente riesco anche a mettere a fuoco la sua figura. «Oh, si è svegliata.»

Giro la testa di lato e capisco di averla appoggiata a delle gambe: sopra di me torreggia il viso di Tracey, al suo fianco è seduto Blaine, il quale sta premendo deciso sulla mia ferita.

«Credi di riuscire ad alzarti?» mi chiede quest’ultimo con uno sguardo apprensivo.

Annuisco, schiarendomi la gola. Devo essere svenuta. Non so quanto sia passato da quando mi si sono chiusi gli occhi fino ad adesso, ma mi accorgo dai dintorni che siamo in una zona diversa, con più case e, stando a ciò che ho sentito dire da Elyse poco fa, c’è una farmacia.

Mi alzo dolorante sui gomiti, il braccio di Tracey subito pronto ad attutire una mia possibile caduta dietro di me. Elyse mi porge la sua mano e la prendo volentieri. La ragazza si mette alla mia destra e Blaine alla mia sinistra. Appoggio le mani sulle loro spalle. Mi sento debole, mi gira la testa.

«Forza, sono cento metri» ci informa Elyse, cominciando a camminare cauta, per capire se riesco a stare in piedi.

Riusciamo ad entrare a rilento nella farmacia, i due ragazzi mi appoggiano a uno scaffale. A farmi compagnia c’è anche Tracey. Attimi dopo, i due scompaiono tra i diversi scaffali alla ricerca di qualunque cosa gli serva.

«Come sta… il tuo braccio?» chiedo ansimante alla donna al mio fianco.

«Se riescono a trovare un antidolorifico sarei la donna più felice al mondo.» Annuisco, poi appoggio la testa dietro di me, troppo pesante per riuscire a sostenerla. «Credo… Credo dovrai aspettare di tornare al campo per quella. Non posso ricucirtela senza averla disinfettata.»

«Buone notizie!» esulta Blaine ritornando al “punto di raccolta”. «Ho trovato gli antidolorifici e qualche dose di adrenalina!» Il ragazzo si opera immediatamente a somministrare le pasticche di antidolorifico a Tracey e a me.

«Dov’è Elyse?» chiedo, deglutendo a fatica senza l’aiuto dell’acqua. Subito dopo aver posto la domanda, sentiamo un rumore eclatante. Qualcosa è decisamente caduto. «Cosa è stato?»

«Cazzo, forse c’è qualche Vagante, vado a cont-» Prima che Blaine possa finire la frase, la figura di Elyse compare davanti a noi ed esalo un sospiro di sollievo al vederla.

C’è qualcosa che non va nella sua espressione e nei suoi movimenti. Non è naturale. 

«Cammina!» Elyse viene spintonata violentemente e quasi inciampa nei suoi stessi passi, i capelli rossi che le cadono davanti al viso. 

La ragazza alza le mani in segno di resa e, anche nel mio stato un po’ confusionale - sia per la quantità di sangue perso, sia per l’effetto immediato degli antidolorifici - vedo che entrambe sono vuote. Alle sue spalle spunta un uomo trasandato, con la barba incolta sul viso, i vestiti sudici e madidi di sudore presente anche sulle sue tempie, gli occhi incavati con tanto di occhiaie scure. La sua mano coperta da un guanto si appoggia con violenza sulla sua spalla per spostarla al suo fianco mentre l’altra tiene in mano la pistola, la nostra pistola, puntata dritta dritta sulla sua schiena.

«Ragazzi, ho fatto amicizia» dice Elyse sarcastica, nonostante l’atmosfera elettrica creatasi. «Questo qui è Albert.» Fa un cenno col capo dietro di lei, riuscendo a spostare delle ciocche di capelli dal suo viso.

«Quello che avete preso… Non vi appartiene» comincia Albert in modo frenetico, guardando attentamente tutti noi. «Ridatemelo prima che faccia del male alla vostra amica.» Spinge la canna della pistola sulla schiena di Elyse per rendere veritiera la sua minaccia.

«Albert, non abbiamo preso niente» mente Blaine, alzando le mani vuote in aria, preoccupandosi prima di nascondere gli antidolorifici e le due dosi di adrenalina. «Quindi che ne dici di lasciare andare la nostra amica?»

«Non sono stupido. Vi ho osservati da quando lei è entrata qui dentro da sola e ho sentito cosa hai detto.»

«Albert, ascoltami. Noi-noi abbiamo un gruppo. Se tu vuoi, puoi venire con noi» inizia cauta Tracey. Questa giornata sta andando sempre peggiorando. «Abbiamo cibo, acqua, un posto sicuro dove stare-»

«Non mi interessa!» risponde isterico l’uomo. «Voglio ciò che mi avete rubato.» Gli occhi vagano da una parte all’altra della stanza in un battibaleno. Noto che la mano che ha in pugno la pistola comincia a tremargli.

«Avere queste cose non ti farà sentire meglio» risponde cauto Blaine, tenendo le mani alzate. 

«Tu non puoi saperlo! È l’ultimo avvertimento. Ridatemi le mie cose o sparo.» Punta la pistola verso il soffitto, la mano ancora tremante.

Elyse coglie il momento per tirargli una gomitata in pancia, riuscendo a scappare dalla sua presa e facendolo indietreggiare. Allo stesso tempo, riecheggia nell’aria il rumore di uno sparo. Riapro gli occhi dopo averli chiusi inconsciamente: ha sparato al soffitto.

«Credo sia il momento per questa» dice veloce Blaine al mio orecchio, prima di piantarmi una dose di adrenalina nella coscia senza preavviso. Lancio un grido di dolore, imprecando e strizzando gli occhi. Un altro colpo viene sparato.

«Mettetevi al riparo!» grida Elyse, lanciandosi dietro a una struttura di metallo. 

Blaine e Tracey copiano i suoi movimenti rapidi. Mi trascino con le braccia dietro allo scaffale a cui ero appoggiata, sapendo però che la mia copertura non sarebbe durata molto. Sarebbe bastato che Albert girasse corsia per trovarmi completamente inerme e disarmata. Mi guardo attorno freneticamente, cercando una qualsiasi possibile arma ma trovo solo barattolini di plastica pieni di pasticche. Dannazione.

Due colpi vengono sparati di nuovo, ma finiscono su una parete metallica. Elyse. Dev’essere vicino a lei. Spero solo abbia trovato qualcosa di più utile di me per proteggersi e per una eventuale offesa contro l’uomo.

Una lampadina mi si accende improvvisa nel cervello: Albert ha rubato la pistola ad Elyse; carica avrebbe dodici proiettili ma lui ne ha già sparati quattro. Più i due o tre sparati prima nella lotta con Jordan e i suoi scagnozzi… Ne rimangono cinque. Non mi resta che aspettare che spari quei cinque colpi a vuoto, sperando che non riesca a trovare nessuno di noi prima che la pistola rimanga a secco. La speranza e la fortuna non sono stati esattamente dalla nostra parte in questi due giorni.

L’effetto dell’adrenalina comincia a farsi sentire: il senso di stanchezza viene sostituito da un’ondata di energia e forza improvvisa nelle mie vene. Ancoro le mani a terra e mi metto in ginocchio. 

Uno sparo. «Non potete nascondervi per sempre!» urla l’uomo in modo isterico, la sua voce più alta di qualche ottava.

Piego le ginocchia e faccio leva sulle braccia per tirarmi in piedi.

«Non avete scampo!» continua a minacciare, sprecando ancora un altro proiettile.

Mi alzo completamente, ma perdo per qualche attimo l’equilibrio, andando a sbattere brutalmente contro lo scaffale alle mie spalle, causando la caduta rumorosa di alcuni contenitori di plastica. Merda.

Aguzzo l’udito, sentendo i passi pesanti dell’uomo avvicinarsi. Devo spostarmi.

«Non siete poi così furbi...» Il tanto atteso scoppio di proiettile questa volta non arriva.

 Ripreso l’equilibrio, comincio a camminare: alla mia destra c’è il bancone con dietro Elyse, dall’altra parte, invece, ci sono Blaine e Tracey. Albert deve essere vicino alla mia posizione, quindi mi butto in mezzo ai due banconi di corsa.

«Ti ho trovata.» Eccolo, lo sparo. Mi lancio verso il nascondiglio di Elyse, ringranziando il fatto che Albert abbia una pessima mira. Un altro colpo.

«Cazzo!» impreco d’un fiato. Un proiettile mi ha fatto il pelo al braccio e sento subito un dolore pungente prendere forma.

Quando spara l’ultimo colpo rimastogli nell’arma, io sono ormai di fianco ad Elyse, la schiena e la testa appoggiata dietro il bancone in preda al panico e a un filo di sollievo. Almeno ora non può più colpirci con colpi mortali.

«Ha-ha finito… i colpi» informo Elyse ansimando. Lei annuisce e si alza dalla copertura. Albert, ignaro dell’informazione, prova a premere il grilletto di nuovo, ma questa volta non ne esce niente, se non un fastidioso rumore.

«Grazie per l’accoglienza...» dichiara Elyse aprendo le braccia e facendo un cenno con il capo. «ma ora togliamo il disturbo.» La ragazza fa un inchino teatrale e mi aiuta a rimettermi in piedi. Dalla parte opposta, Blaine e Tracey sono già usciti dal loro nascondiglio e sono già all’uscita della farmacia.

Albert ha uno sguardo furioso e infranto, un qualcosa di maniacale che lo rappresenta piuttosto bene. Boccheggia, probabilmente in cerca di insulti e ulteriori minacce da lanciarci. Io e la ragazza ci voltiamo senza troppe scuse e raggiungiamo gli altri sulla strada.

Si va a casa.

***

Il freddo è entrato nelle nostre ossa ormai. Facciamo attenzione a dove mettiamo i piedi per evitare di scivolare su parti di ghiaccio nascoste. Sono un paio di ore che camminiamo ininterrottamente da quando siamo usciti da quella farmacia. Prevedo che l’effetto della prima dose di adrenalina finirà tra non molto, nonostante senta ancora il cuore battere a mille e il dolore ovattato al fianco e al braccio. C’è un sole timido sopra di noi, credo che siano le prime ore del pomeriggio oramai.

Non vedo l’ora di vedere in lontananza il nostro campo. Non vedo l’ora di sdraiarmi e chiudere gli occhi, dormire, riposare. L’effetto dell’adrenalina mi ha cancellato lo stimolo della fame, per il momento, ma guardando i volti degli altri vedo che sono affamati e assetati.

Questa uscita è stata un disastro. Abbiamo perso una macchina funzionante, alcune provviste, gli zaini, una cartina e tutte le nostre armi, tranne per il coltello, che ora ha Blaine. Per non parlare delle nostre condizioni fisiche: oltre ad essere stremati per la fame e la stanchezza, siamo feriti. L’unica cosa positiva è che non siamo morti. Non ancora, almeno.

Non abbiamo nemmeno la forza di spiccicare qualche parola tra di noi: non che ce ne sia bisogno, ma gli unici suoni che escono dalla nostra bocca sono grugniti e respiri pesanti. 

Per ora non abbiamo visto nessun Morto vagare per le strade innevate, forse perchè Tracey ci ha indicato una strada secondaria a quella che abbiamo percorso in auto, priva di abitazioni o edifici di qualsiasi tipo. Solo pura e inesplorata campagna.

Dovremmo farcela in una o due ore ancora.

Con la forza al minimo e la stanchezza al massimo, l’unica cosa che ancora mi tiene in vita è il pensiero di stringere forte Ebony tra le mie braccia.

***

Ho preso la seconda dose di adrenalina prima che rischiassi di svenire per una seconda volta. Un’altra ora è passata silenziosa. Siamo allo stremo. Il cielo si è oscurato di nuvole grigie e prevedo una brutta pioggia a breve. Ammalarmi non è nei miei programmi, anche se ora è l’ultimo dei miei pensieri.

Appoggio la mano sul giubbotto chiuso dalla parte del fianco per premere ancora un po’ sulla ferita. Deglutisco a secco. La mia mente si fissa sul vuoto continuo o mi mostra l’immagine di mia sorella. Di Wayne, Mali, degli altri bambini al campo, Calum.

«Là» esordisce Elyse con voce rauca, puntando il dito davanti a lei. In lontananza, e un po’ nascosta dall’umidità, scorgiamo la struttura: il nostro campo.

Credo che potrei piangere in questo esatto momento. Con ritrovata risolutezza, aumentiamo di quel poco il nostro passo. Ma qualcosa non va. Man mano che la mia visione diventa nitida, noto un gruppo di corpi muoversi ritmicamente e monotonamente a circa cento metri dall’entrata. 

«Non è possibile.»

Come ad un segnale, ci fermiamo sui nostri passi all’unisono con la faccia vuota di ogni emozione. per qualche istante nessuno parla. Nessuno propone un piano, nessuno esprime alcun suono. Riprendiamo a camminare.

«Gli giriamo attorno, correndo. L’ultimo sprint prima della vittoria» ordina Elyse, il suo sguardo focoso pieno di rabbia. E così facciamo. A cinquanta metri da loro, cominciamo a correre. Un dolore pungente mi attraversa il corpo improvvisamente, ma non posso arrendermi ora. 

Corriamo, corriamo e corriamo. Corriamo con tutta la stanchezza addosso, la lentezza attaccata come un parassito ai nostri ormai fragili corpi ancora viventi, mentre passiamo a troppa poca distanza dai Morti. Così poca che sbatto sbadatamente contro uno di quei corpi in putrefazione, sbandando e finendo inevitabilmente contro un altro corpo staccatosi dalla massa. Il panico prende il sopravvento mentre rimango intrappolata nel suo arto, la sua faccia a pochi centimetri dalla mia emette un lamento disgustoso, attirando l’attenzione degli altri suoi compagni.

Sono inevitabilmente rimasta indietro di qualche passo rispetto a Blaine, Tracey ed Elyse. Proprio quest’ultima però si volta indietro, controllando che io stia al passo, la sua faccia in preda al terrore quando mi vede lottare con tutte le forze rimaste contro la mia prigione.

«Scappa!» le urlo. Non ci sarebbe stata via d’uscita.

«Non vado da nessuna parte senza-» Elyse tira un colpo secco al Morto, prendendomi il braccio e trascinandomi dietro di sè. «-di te!»

«Aprite il portone!» urla Blaine a qualche metro dall’entrata con tutte le sue forze.

Con i Morti ormai alle calcagna, qualcuno dentro al campo deve averci sentito e, come per magia, le porte vengono aperte. Con un ultimo sforzo e con l’aiuto dello sguardo puramente terrorizzato di Travis dall’altra parte, ci intrufoliamo dentro appena in tempo.

«Chiudi la porta! Chiudila, adesso!» urla Blaine frenetico, le parole che si mischiano tra loro per la fretta.

Con il rumore forte e sordo delle porte che si chiudono, tutti e quattro cadiamo a terra stremati. Stremati, ma salvi.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: lightvmischief