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Autore: ChiiCat92    17/11/2019    0 recensioni
"L'ultimo ingrediente per la pozione le si palesò davanti in una notte di pioggia, in un momento in cui non lo stava cercando e aveva il calderone impegnato per una zuppa di zucca.
L'operare della Dea non sempre era comprensibile, neanche a chi le era più vicino e più caro."
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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17/11/2019

 

Soprannaturale


L'ultimo ingrediente per la pozione si palesò davanti alla sua porta in una notte di pioggia, in un momento in cui non lo stava cercando e aveva il calderone impegnato per una zuppa di zucca.

L'operare della Dea non sempre era comprensibile, neanche a chi le era più vicino e più caro.

In ogni caso, Diaspro lasciò aperto l'uscio perché potesse entrare.

La creatura era magra, tremava nella pelliccia zuppa d'acqua, e aveva negli occhi verdi quella rassegnazione che solo gli esseri intelligenti hanno, unita alla consapevolezza che tra poco giungerà il riposo. Il riposo eterno. 

Aveva poca carne sulle ossa, con la sua carcassa avrebbe distillato poco più di una decina di boccette di pozione, e non era sicura della qualità, considerando lo stato penoso in cui versava.

Diaspro richiuse la porta, la pioggia stava bagnando l'uscio e l'aria fredda stava diventando insostenibile. Non riusciva a immaginare come fosse vivere e sopravvivere là fuori. 

Lo sguardo ambrato si poggiò amorevole sulla creaturina tremante ai suoi piedi. Stava cercando disperatamente di scuotersi l'acqua di dosso, ma tremava così tanto che a malapena riusciva a stare in piedi, la codina tra le zampe, le orecchie piegate sulla testa. Era terrorizzata. 

Diaspro si piegò sulle ginocchia, lentamente, e gli occhi spaventati della creatura le si puntarono addosso, accusatori. Sembrava che si aspettasse di essere colpita, o di essere subito uccisa. Doveva essere il suo giorno fortunato dal momento che la strega non aveva il necessario per la pozione, altrimenti avrebbe accolto quella richiesta presuntuosa e l'avrebbe uccisa immediatamente.

« Non guardarmi così, su. » le disse. Quando andò a prenderla per la collottola la creatura si gonfiò tutta e cercò di ribellarsi, gli artigli sguainati e il muso spalancato in un soffio indispettito. Era così minuscola da fare tenerezza per la sua combattività.

Aveva un bel pelo grigio argento, appesantito dall'acqua, e muscoli scattanti anche se ancora acerbi: doveva essere molto giovane.

La osservò nella sua interezza e, spostata la coda, scoprì che era un maschio, proprio quello che le serviva.

La creaturina miagolò, piagnucolante, concludendo che non avrebbe ottenuto niente continuando a soffiare, e Diaspro la trovò ragionevole abbastanza da metterla giù, vicino al fuoco dove bolliva il calderone. 

Un po' incerta sulle zampe e guardinga verso la strega, la creatura si avvicinò al calore nel tentativo di asciugare la pelliccia. Il freddo superava la paura e l'indifferenza. 

Diaspro andò a prendere in dispensa timo e rosmarino da aggiungere alla zuppa di zucca, e quando tornò al focolare la creatura si era finalmente decisa a mutare forma.

Raggomitolo di fronte al caminetto, un bambino non più grande di cinque o sei anni tirava su col naso cercando di trattenere le lacrime, le manine erano strette intorno alle ginocchia. Senza la pelliccia da animale era nudo e Diaspro non esitò a mettergli sulle piccole spalle una coperta di lana. Lui l'accettò senza quasi battere ciglio, stringendosi tutto come a voler scomparire.

La strega cercò di non guardarlo direttamente mentre aggiungeva le erbe al calderone. Si limitò a ciò che poteva cogliere con la coda dell'occhio. 

Un mutaforma come lui, considerando quanto erano preziose le sue ossa e le interiora per le pozioni, doveva essere disperato per bussare alla porta di una strega. Considerando la sua giovane età e le sue condizioni forse aveva perso la madre, e con lei l'insegnamento principale per sopravvivere: non fidarti di nessuno. 

Doveva essere successo da poco, forse durante una caccia, e lui era rimasto da solo, in balia dei cacciatori, degli elementi, della fortuna. Della Dea.

Stanco, affamato, infreddolito e di certo spaventato dal temporale aveva seguito il profumo del cibo e del fumo del caminetto. Sarebbe morto se fosse rimasti là fuori, il rischio valeva la pena.

Con il mestolo di legno Diaspro raccolse una bella porzione di zuppa. Sentiva gli occhi del mutaforma addosso, tondi e verdi come smeraldi. Intinse due fette di pane fresco e gli porse la ciotola.

Per un attimo il mutaforma la guardò come se gli stesse porgendo del veleno, poi allungò le manine sottili e prese la ciotola.

Cominciò a mangiare intingendo il pane nella zuppa e succhiandolo piano, godendo di ogni caldo boccone finché la mollica non divenne così molliccia da non reggere oltre, allora masticò con morsi decisi.

Aveva le labbra sporche di arancione, le guance si erano colorite. Come se si fosse ricordato all'ultimo momento delle buone maniere batté le palpebre. 

« Grazie. » disse, la vocetta esile tanto quanto lo erano le sue apparenze.

Diaspro gli rivolse un sorriso, poi come se niente fosse prese una ciotola di zuppa anche per sé. La consumò sulla sedia a dondolo di fronte al caminetto, dopo aver tolto il calderone e aver gettato un altro ciocco tra le fiamme. Il mutaforma mangiò in silenzio ai suoi piedi, quando finì il pane non ne chiese dell'altro, e quando finì la zuppa mise da parte la ciotola, tornando ad avvolgersi nella coperta.

La strega avrebbe avuto bisogno di pesarlo prima di capire se poteva cavare qualcosa di utile da lui. Probabilmente in quel corpicino non c'era abbastanza sangue, adesso, perché la pozione riuscisse. L'inverno era alle porte e le sue scorte, con ben pochi sacrifici considerando quanto piccolo era il mutaforma, potevano bastare per entrambi. Tra l'altro avrebbe dovuto aspettare la luna nuova, e per quella mancavano ventidue giorni.

Poteva tenere pragmaticamente con sé il mutaforma.

Diaspro, sorseggiò l'ultimo cucchiaio di zuppa, dondolando avanti e indietro sulla sedia, pensierosa, lo sguardo perso nello scoppiettare delle fiamme.

Poi un lampo illuminò a giorno il cielo, subito seguito da un tuono che fece tremare i vetri della finestra.

Il mutaforma sobbalzò per la paura, i capelli dritti sul collo. La sua prima reazione fu scattare verso la strega e aggrapparsi alla sua gonna, tremante.

Diaspro rimase sorpresa dal gesto mentre la stoffa scricchiolava nella presa ferrea della creatura. 

« È solo un temporale. » gli disse. Un secondo tuono assordò il cielo e il mutaforma prese a singhiozzare contro la sua gamba. « Oh, per la Dea. » si ritrovò a dire.

Lo sollevò per prenderlo in braccio e se lo sistemò in grembo. Lui subito andò a rifugiare il viso contro il suo petto. Era caldo, adesso, e asciutto, i capelli erano dello stesso colore della pelliccia, grigi e lunghi sulle spalle, soffici.

Diaspro lo accarezzò lentamente. Le ricordava la Senicio Cineraria, la pianta dalle foglie argentine che cresceva nei boschi dove viveva da bambina. 

I mutaforma non dovevano essere strappati così giovani alle loro madri, i cacciatori o non sapevano della sua presenza o avevano comunque corso il rischio: nel peggiore dei casi avrebbero comunque avuto una femmina adulta in buona salute, pazienza per il piccolo.

Mentre lo accarezzava cambiò forma, gradualmente, un po' di più dopo ogni carezza. Prima le orecchie triangolari, poi la codina, il nasino rosa, le zampette: somigliava ad un piccolo gatto, ma era più slanciato, e soprattutto nessun gatto aveva una pelliccia d'argento.

A giudicare dal respiro regolare doveva essersi addormentato, un altro clamoroso errore dovuto alla sua ingenuità. Diaspro avrebbe potuto stringere le mani intorno al suo collicino e spezzarlo a metà di un respiro, tanto in fretta che non si sarebbe neanche accorto di essere morto. Certo, avrebbe dovuto conservare le parti molli del suo corpo fino alla luna nuova, ma poteva già lavorare la pelliccia e le ossa tranquillamente.

Quanto potere in una creatura così piccola. La capacità di cambiare pelle a piacimento, la sua vicinanza con la Dea, l'anima divisa tra mondo animale e mondo umano. La pozione creata con le diverse parti del suo corpo avrebbe dato anche a lei la possibilità di cambiare forma, per breve tempo e con meno malleabilità, le avrebbe permesso di entrare in contatto con la natura come nient'altro poteva fare. L'avrebbe messa in comunicazione con la Dea.

Un orecchio morbido del mutaforma si agitò infastidito quando lei lo toccò. Gli carezzò la testa, il corpicino, pungolò la pancia con un dito. Osservò divertita la reazione della creatura che, con l'espressione intontita dal sonno, cercò di morderle il dito, per poi finire a leccarlo e ripiombare nel sonno.

Trattenne una risatina e si alzò. Prese una manciata di sale verde da un barattolo sulla mensola sopra il caminetto e lo gettò sul fuoco. Immediatamente le fiamme diventarono una  brace bisbigliante e così sarebbero rimaste fino all'indomani, scaldando imperiture la piccola casa.

Tenne la creatura stretta al petto con una mano mentre andava in camera da letto, anche se si rivelò una precauzione inutile: nessun movimento sembrava svegliare l'esausto mutaforma.

La strega lo lasciò sul materasso, ai piedi del letto, e si infilò sotto le coperte.

Il tepore delle braci e il loro sussurro la coccolarono lentamente verso il sonno. Stava quasi per lasciarsi andare quando avvertì un movimento. Aprì gli occhi solo a metà senza stupirsi di vedere il mutaforma, bambino, gattonare verso di lei.

Con un sospiro scostò le coperte e gli permise di sdraiarsi accanto a lei. Subito, lui le si premette contro.

Adesso che lo vedeva nudo, abbastanza da vicino da poterne constatare il valore, si rese conto di quanto fosse magro. Le costole sembravano voler bucare la pelle, tesa e pallida, le giunture sembravano in procinto di spezzarsi. 

Entro la prossima luna nuova non sarebbe riuscita a rimetterlo in forze abbastanza da poterne ricavare qualcosa di buono, e ora che ci pensava doveva aver sentito dire da qualche strega che l'età era importante per la riuscita della pozione, il mutaforma doveva essere in grado di controllare a suo piacere la trasformazione perché fosse stabile, ed era evidente che non era il caso di quella bestiolina.

Chiuse gli occhi, cercando nuovamente il sonno, resistendo alla tentazione di aprirli ancora una volta al sentire il batuffolo di pelliccia grigia acciambellarsi nell'incavo del suo collo.

Forse avrebbe dovuto aspettare più di una luna. 

Mentre si chiedeva quante, si addormentò.

 
 

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The Corner

 

Che dire, è il 17 novembre e sono riuscita a finire il writober. Un po' di ritardo, ma come si dice meglio tardi che mai.

Per questa titanica impresa ringrazio la mia dolce metà, che mi è rimasta accanto nonostante io l'abbia fatta impazzire più di una volta. Senza di lei non avrei niente da scrivere.

 

Chii

   
 
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