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Autore: elfin emrys    18/11/2019    3 recensioni
{post5x13, sorta di postApocalisse, Merthur, 121/121 + epilogo}
Dal capitolo 85:
Gli sarebbe piaciuto come l’aveva pensato secoli prima, quando era morto fra le braccia del suo amico, non ancora consapevole che sarebbe tornato, con Merlin, sempre, sempre con lui.
In fondo, non aveva mai desiderato null’altro.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù | Coppie: Gwen/Artù, Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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I Donald – Capitolo 17

 
Merlin si lasciò andare contro lo schienale della sedia e, per un breve momento, si incantò a guardare la polvere che danzava contro la luce.
Quella mattina, Arthur era andato a scusarsi con l’uomo del banco informazioni per la loro maleducazione, visto che se n’erano andati senza salutare, e il mago era stato lasciato da solo nel palazzo a studiare il materiale che il biondo aveva raccolto mentre lui era in stato di incoscienza a causa del veleno. La cosa, all’inizio, aveva molto disturbato il moro, che, tuttavia, se ne stava facendo una ragione mano a mano che capiva quanto si sentisse stanco dalla sera precedente: era stato decisamente troppo presto per andare in giro, magia o non magia.
Merlin ritornò a leggere le fotocopie del diario di Lloyd e riprese la penna in mano. La maggior parte del tempo quell’uomo non aveva fatto altro che scrivere lamentele su quanto fosse difficile sfondare, quanto gli sarebbe piaciuto avere più denaro, quanto aveva odiato i suoi compagni di scuola, quanto si era sentito abbandonato da tutto e tutti, quanto si sentiva inferiore alla fidanzata,  quando, improvvisamente, sembrava avesse acquisito una percezione del mondo totalmente diversa, diametralmente opposta a quella che aveva dimostrato fino a quella specifica pagina. Era chiaro che c’era qualcosa di diverso e, continuando a leggere, era anche evidente cosa fosse cambiato. Tutto iniziava con un “Ho sempre saputo di essere diverso dagli altri” per poi scendere in una strana spirale ossessiva in cui Lloyd aveva cessato di prendersi la colpa dei propri fallimenti per addossarla totalmente alla famiglia, agli amici, alla società e, sostanzialmente, a chiunque. Occasionalmente, soprattutto se si metteva ad aggiornare il diario la mattina appena sveglio, lo stregone sembrava più freddo e oggettivo.
Merlin aveva sottolineato il fatto che non ci fosse scritto da nessuna parte come Lloyd avesse imparato a usare gli incantesimi, come anche che lo stesso uomo pensava di essere sempre stato in grado di fare quelle cose. Nel diario citava anche qualche avvenimento curioso, ma che poteva tranquillamente avere altre spiegazioni, oltre ad accennare al “giochetto delle monete” che, dopo la spiegazione di Dean, acquisiva un significato.
Era, inoltre, evidente che l’uomo avesse iniziato a fare incubi dopo aver scoperto la propria magia. Nei suoi sogni iniziali, Lloyd descriveva solo la realizzazione di alcuni suoi desideri forse non gentili, ma ancora ben poco oscuri; si trattava di piccole vendette verso persone che gli avevano provocato danni e spesso ciò comportava un uso improprio dei poteri che aveva scoperto. Solo dopo molti giorni, gli incubi dello stregone si erano fatti più cupi e problematici per il suo sonno, tanto da dover ricorrere prima a tisane ed erbe e poi a medicinali illegali. In quel periodo Lloyd aveva iniziato anche a tagliare definitivamente i ponti con tutti coloro che conosceva e, quando ormai non gli era rimasto più nessuno, aveva perso il controllo al mercato.
Un’altra cosa che Merlin si era segnato era il fatto che, sebbene la distruzione di quel luogo fosse stata descritta più volte nel diario, l’uomo non sembrava aver effettivamente premeditato l’attacco, il quale, forse, era stato dovuto a una qualche forte scarica emotiva. Era evidente, del resto, che Lloyd fosse straordinariamente sensibile e che, in quell’ultimo periodo, avesse riscoperto l’uso della rabbia. Merlin era piuttosto convinto sarebbe bastato anche qualcosa di sciocco, come un nuovo sguardo di sufficienza da qualcuno di detestato, per farlo scoppiare.
Il diario non era stato tenuto in seguito: si bloccava al giorno prima della sua sparizione.
A Merlin sarebbe piaciuto leggere anche gli altri; il primo era stato trovato nascosto nel pavimento della sua vecchia casa dal nuovo inquilino, poi molti avevano cominciato a uscir fuori: un paio erano nel muro, uno era stato seppellito in un vaso, di cinque o sei erano rimasti solo piccoli pezzi, visto che erano stati bruciati. Arthur, tuttavia, aveva richiesto delle copie solo di quell’ultimo, visto che i precedenti servivano solo a tratteggiare il profilo di un uomo che era uscito ben poche volte da Asgol Ewchradd e che, sicuramente, non era mai andato oltre gli spazi aperti immediatamente confinanti, che odiava quella città almeno quanto la conosceva, che aveva sognato molto a lungo di andarsene, rifiutando, tuttavia, ogni possibilità di farlo. Nonostante non fosse una persona felice, però, si riusciva a leggere fra le righe una certa intelligenza che, per lungo tempo, gli aveva retto il gioco e l’aveva aiutato a sopravvivere.
Il mago finì di riguardare le sue altre sottolineature, tutte riguardanti l’ossessione che Lloyd pareva avere sulla manipolazione e sul fatto che si sarebbe sempre e solo fidato di se stesso. Erano tutte cose appena accennate, anche se venivano ripetute spesso, e a una terza lettura era una caratteristica che saltava all’occhio.
Merlin si grattò la testa e chiuse le fotocopie, spostandole. Le avrebbe riprese dopo qualche ora, in modo da vederle in modo diverso. Aprì, invece, il resoconto e le immagini della finta intervista che Arthur aveva fatto a Daniel, e le scorse.
Forse era la stanchezza a parlare, ma gli sembrarono tutte cose assolutamente prive di contenuto e si sforzò di vederle un paio di volte per essere sicuro. Lasciò andare l’ultima foto sul tavolo e si passò le mani sulla faccia, tentando di svegliarsi. Scosse la testa con movimenti rapidi e, con un gomito sopra al legno, prese la prima immagine che gli capitò. La osservò bene: rappresentava una specie di cubo le cui facce erano aperte e, al centro, illuminato da diverse luci bluastre, c’era un oggetto. Merlin assottigliò gli occhi, tentando di vederlo bene. Era una vecchia scatola di legno (perché mai stava lì?) e sembrava intarsiata, ma era difficile scorgere il soggetto delle decorazioni.
Il mago saltò in aria quando sentì qualcuno bussare alla porta.
-Chi è?
L’uscio si aprì e rivelò la figura del piccolo Winfred. Merlin sospirò di sollievo.
-Buongiorno, giovane principe.
-Buongiorno. Posso?
-Certo.
Il bambino andò a sedersi sulla poltrona che aveva indicato.
-Come sta? Ho saputo che è stato avvelenato.
-Chi te l’ha detto?
-Papà mi ha detto che ha avuto una febbre, ma è difficile non svegliarsi quando tutti urlano, sbattono porte e gridano al veleno.
Winfred alzò le spalle.
-Mi sono dovuto liberare della tata perché non credo che ai miei faccia piacere sapere che noi chiacchieriamo.
-Lo credo anche io.
Le labbra del bambino si alzarono.
-Ed è per questo che è un segreto. Comunque non mi ha detto come si sente.
Merlin annuì, ricambiando il sorriso.
-Molto meglio, grazie per avermelo chiesto.
-È stata mamma?
L’uomo sbarrò gli occhi con sorpresa.
-Come, scusa?
-Ah, lo sapevo. Molto strano da parte sua, lei di solito è più…
Il bambino cominciò a fingere di dare dei pugni.
-Sa… Insomma…
Merlin si sentiva ogni secondo più perplesso, non sapeva cosa rispondere, e Winfred lasciò andare le mani in grembo.
-Una volta un tizio ha cercato di rapirmi, le giuro, non ho mai visto mamma così arrabbiata, sono rimasto sconvolto quando l’ho vista picchiarlo. Insomma, con me dice sempre “Non alzare le mani, Winfred”, “Sii gentile, Winfred”, “Non sparare a nessuno, Winfred” e tutte queste cose da adulti, e poi… Bah! Dopo quella volta comunque per settimane e settimane c’erano soldati ovunque nel palazzo. Per questo so che lei è stato avvelenato da qualcuno di noi, perché sennò sarebbe stato un rischio per tutti e avrebbero richiamato le guardie. Papà non ammazzerebbe neanche una mosca, quindi deve essere stata per forza mamma.
-Una… Logica infallibile…?
-Deve proprio pensarla come nemico dello stato per fare una cosa del genere.
Il bambino annuì e batté le mani.
-Comunque, l’importante è che ora lei stia bene. Cosa stava facendo?
-Stavo…
Merlin riprese l’immagine e la fece vedere al principe.
-Stavo guardando queste foto. Le ha fatte Arthur.
-Ma questo è l’ufficio dei tecnici! Sa che l’ultima volta mi hanno dato un’uniforme? Fra poco me la metto perché papà mi ci riporta, magari prima passo a fargliela vedere. Mi sta benissimo.
Il mago sorrise.
-Ti hanno dato un’uniforme blu?
-Azzurra, da assistente, ma è pur sempre un’uniforme!
Il bambino annuì e fece un segno di OK con la mano, poi ricominciò a guardare la foto.
-Papà era un sacco emozionato quando hanno ritrovato questo.
-Ritrovato?
-Sì, dai lavori per allargare il sistema fognario. Vede? Era pieno di tutti simboli strani, i bibliotecari hanno fatto avanti e indietro per un mucchio di tempo per cercare di capire cosa fosse.
Il principe ridiede la foto.
-C’erano un sacco di cosine, come vasi, pestelli, resti di strane bottiglie di vetro… Papà era contentissimo perché aveva sempre sognato di aprire un museo e con tutto quello che avevano trovato e quello che già avevamo era possibile. Stanno finendo di analizzare le ultime cose, poi metteranno tutto in ordine.
Rise.
-È stato stranissimo, pensi che la scatola era chiusa e non si riusciva ad aprire, poi, una mattina, l’hanno trovata aperta! Nessuno sa chi sia stato! Mamma sospettava che qualcuno avesse rubato quello che c’era dentro, perché non c’era nulla, però non c’erano segni e non si è potuto dimostrare nulla.
Merlin riprese la foto con mano tremante. Aveva la pelle d’oca.
-Ti ricordi che simboli c’erano sopra?
-No. Ma oggi posso farci delle foto quando vado, se stanno ancora lì.
-Sì, grazie.
-…Sta bene? Sembra un po’ pallido. Chiamo un medico?
-No… No, grazie Winfred. Mi assicuri che domani potrò avere le foto dei simboli?
Il bambino parve sorpreso.
-Beh, sì… Ma perché ci tiene così tanto?
Merlin alzò le spalle.
-Penso di potervi dire cosa significano. In fondo sono o non sono vissuto per secoli?
Gli occhi del principe si illuminarono.
-Sarebbe bellissimo sapere cosa dicono!
-Sei curioso?
-Sì!
-Domani avrai la tua risposta, quando mi darai le foto.
Il bambino annuì, poi incassò la testa fra le spalle quando udì qualcuno chiamarlo.
-Ora vado, non dovrei essere qui. Mi saluti anche il suo amico.
Winfred uscì quasi correndo, chiudendosi silenziosamente dietro la porta, e Merlin si passò una mano sulla faccia.
Tutto, ormai, si stava facendo chiaro.
 
Lenore ridacchiò e scavalcò la staccionata, non preoccupandosi di sporcarsi le scarpe e la parte bassa della gonna di fango. Aveva appena visto la cosa più divertente che le fosse mai capitata nella sua intera vita. Rise nuovamente a pensarci e continuò a camminare verso casa.
C’era un vecchio rudere poco fuori il villaggio: era una costruzione piuttosto bassa, per metà seppellita, ma le mura erano stabili e il tetto riusciva ancora a sostenere un certo peso. Ai bambini era vietato andarci perché gli adulti temevano si facessero male e che l’edificio crollasse; in generale, quel luogo veniva accuratamente evitato, ma quella mattina Oliver, col suo solito sghignazzamento da strapazzo, aveva preso in giro un ragazzino che aveva paura ad avvicinarsi al luogo, visto il divieto del padre. Per dimostrare che era diverso, che era coraggioso, lui, Oliver si era diretto verso il rudere, portandosi dietro un buon pubblico e, vedendo che uno dei grandi aveva lasciato lì un carretto pieno di segatura finissima, aveva deciso di salire sul tetto per tuffarcisi dentro.
Il bambino era, quindi, salito fino in cima al piccolo edificio e, muovendo le braccia in modo da darsi lo slancio, si era gettato di sotto. Lenore non era proprio riuscita a trattenersi dall’approfittarne. Visto che Oliver già non si era posizionato al centro, era stato facile e veloce spostare con la magia il carretto un po’ più in là. Il ragazzino era caduto nel fango con uno “Splat” molto sonoro e con gambe e braccia spalancate come una stella. Non si era fatto nulla, visto che la struttura era troppo bassa e la pozza era morbida, ma era stato incredibilmente divertente. Non appena si erano messi tutti a ridere, era tornato l’uomo del carretto e li aveva cacciati, minacciando di dire tutto alle loro famiglie. Oliver era stato impacciatissimo nel fuggire ed era caduto più di una volta visto che era tutto scivoloso.
Lenore si trattenne dalla nuova risata che le stava uscendo dalle labbra e proseguì per la strada del villaggio. Se avesse nuovamente sognato la signorina, gliel’avrebbe detto: lei, sicuramente, l’avrebbe trovato divertente e sarebbe anche stata in grado di ideare un altro scherzo, un po’ meglio congegnato.
Arrivata davanti casa, la piccola fata vide un gruppo di sei o sette ragazzini di fronte alla porta. Non capendo cosa stesse accadendo, si avvicinò tranquillamente.
-Eccola, è lei!
Lenore si fermò, vedendo che tutti le si erano avvicinati quasi correndo. Li guardò uno per uno e notò nei loro occhi un luccichio di soddisfatta trepidazione. Si chiese a cosa fosse dovuta quella visita in massa.
-Ciao.
La bambina più grande le allungò un oggetto e la piccola lo prese in mano, osservandolo: era un cavallino con una zampa a penzoloni.
-Aggiustamelo.
-…Cosa?
Lenore ridiede alla ragazzina il giocattolo.
-No!
L’altra provò a riconsegnarglielo.
-Tu hai la magia, allora riparamelo.
-No.
-Lily ha detto che puoi.
-Sì, ma…
Uno più piccolo uscì fuori dal gruppo e incrociò le braccia, aveva fra le mani una bambolina di ceramica, probabilmente un soprammobile, cui si era staccata la testa.
-Ti ci vuole un secondo!
-Questo non vuol dire nulla.
L’altra bambina si mise le mani sui fianchi.
-Perché non vuoi?
Lenore fece un passo indietro. Guardò le cose che tutti avevano in mano; sospettava che un paio fossero in realtà oggetti di valore che erano stati rotti per sbaglio mentre ci stavano giocando, probabilmente quando era addirittura vietato toccarli. Le riparazioni che avrebbe dovuto fare non erano come quelle per Lily, innanzitutto perché lei aveva danneggiato qualcosa di suo e poi perché la bambola aveva un grande valore affettivo visto che era appartenuto alla nonna. Inoltre alcuni dei giochi chi gli altri stavano portando potevano essere aggiustati facilmente anche dalla loro mamma o dal loro papà.
-Perché…
-Però a Lily l’hai fatto.
La ragazzina mise il broncio e un’altra si fece avanti.
-Sì, perché a Lily sì e a noi no?
Lenore batté un piede a terra.
-Innanzitutto perché lei me lo ha chiesto per favore!
-Anche io ti ho chiesto per favore!
-Non è vero!
-Sì invece!
La fata sentiva il viso caldo e gonfiò le guance. Chiuse i pugni e aprì le labbra per rispondere, quando tutti sentirono una voce adulta.
-Che sta succedendo qui?
Lenore guardò sua madre e andò verso di lei, tenendosi alla gonna.
-Questi bambini mi stanno dando fastidio.
-È lei che non vuole riparare le nostre cose.
La donna alzò un sopracciglio.
-E perché dovrebbe riparlarle?
-Beh, perché l’ha fatto per Lily.
Un bambino rincarò la dose.
-E anche più di una volta.
Lenore abbassò la testa sotto lo sguardo della madre, poi la ascoltò parlare.
-Lenore da adesso in poi non riparerà più nulla. E adesso filate via, prima che parli con i vostri genitori.
La maggior parte dei ragazzini sparì quasi all’istante, tranne una bambina che fece per dire qualcosa prima di essere fulminata dallo sguardo della donna. Dopo che anche quell’ultima richiedente corse via, madre e figlia si diressero verso casa. 
-Non avevamo parlato con Merlin riguardo al fatto di non usare la magia per cose futili, signorina?
La piccola fata iniziò a torcersi le mani, ma non rispose e la donna sospirò.
-Si può sapere cosa ti sta accadendo ultimamente?
-…Niente.
-Non mentirmi, Lenore.
-Perché dovrei avere qualcosa?
-È da un po’ di giorni che ti stai comportando in modo strano. Il padre di Oliver è addirittura venuto a lamentarsi con me ieri.
-Oliver?!
-Lo so che non è il bambino più simpatico del mondo, ma questa non è una buona ragione per infastidirlo.
-Io non ho fatto nulla.
La donna alzò un sopracciglio.
-No?
Lenore arrossì e abbassò la testa.
-Beh, forse un pochino… Ma con Lily non ho sbagliato, le ho solo riparato la bambola.
-E scommetto che dopo pochi giorni è tornata ed era rotta di nuovo, mh?
La bambina spalancò gli occhi.
-Come fai a saperlo?
La donna si chinò verso la figlia, in modo da guardarla negli occhi.
-Vedi, succede questa stranezza: alle cose ci teniamo solo se pensiamo di perderle un giorno. Nel momento in cui, invece, scopriamo che non importa cosa facciamo, perché quelle ritorneranno sempre intatte da noi, ecco che perdono buona parte del loro valore. Capisci? Sistemare il giocattolo di Lily non è stata un’azione per forza sbagliata in sé per sé, ma ha fatto in modo che quella bambola, che un tempo le era molto cara, diventasse una cosa come tante. Probabilmente Lily non è neanche più tanto dispiaciuta quando quella si rovina, perché sa per certo che le verrà restituita come nuova: non si sente più responsabile delle cose che fa, non ci pensa più e, per questo, la distruggerà sempre più in fretta. Hai capito?
-Mmmmh… Penso di sì. Però quei bambini non dovevano comunque chiedermelo.
-Sei sicura? Quando il maestro aiutò quella tua compagnuccia con la lettera K e te no, ci sei rimasta male, ti ricordi?
-Beh, sì…
-Ma in realtà tu la K la sapevi fare molto meglio di lei, non avevi bisogno di una mano. Ti ha dato fastidio semplicemente perché il maestro ti ha negato il suo sostegno, anche se non ti era necessario. Ora, tu senti che una bambina che conosci aveva rotto un suo giocattolo e quello gli è stato riparato. Se tu rompessi il tuo, vorresti anche te che ti fosse aggiustato?
-…Ma loro non ne avevano bisogno come Lily.
-Ne sei sicura? Che ne sai che il cavallino di quella bambina non le era stato regalato da un parente a lei caro?
-Beh… Però dovevano essere più gentili.
La donna sorrise.
-Questo è molto vero, ma non è il punto. Capisci perché Merlin ti aveva messo in guardia dall’usare la magia in questo modo?
-…Sì.
La donna rimase a guardare la bambina per un secondo, cercando di capire se fosse sincera o meno. Alla fine sorrise e si rialzò.
-Ora vai a prendermi il pentolone, per favore. Abbiamo una minestra da preparare.
Lenore sorrise.
-Con tanti funghi?
-Sì, con tanti funghi.
-Evviva!
La ragazzina corse alla credenza e la madre uscì dalla stanza. Attese un po’ prima di tornare e trovare il pentolone sopra il tavolo. Lenore non era mai riuscita a tirarlo fuori, ma in quel caso non solo l’aveva spostato, ma l’aveva anche alzato e messo sul banco della cucina senza fare troppo rumore. La donna fece finta di nulla e tirò fuori i funghi dal cestino.
Avrebbe avuto bisogno di una mano per le nuove abitudini della figlia. Appena avesse messo a letto Lenore, avrebbe chiamato Michael. Era necessario che le parlasse anche qualcun altro, prima che altre persone decidessero che ne avevano abbastanza, che stava abusando dei propri poteri. E doveva farlo in fretta.
 
Il pensiero fisso della scatola sconosciuta e dei simboli e di cosa quello poteva significare occupava la mente del mago da diverse ore. Si era alzato quasi meccanicamente, aveva seguito Arthur senza sentirlo, non aveva risposto quando quello l’aveva rimproverato perché non lo stava ascoltando. Era come se fosse dentro una cupola di spesso vetro.
Quel pomeriggio, a pranzo con Jacob, Merlin non riusciva a sentire nulla, non la voce di Arthur, non quella dello Jura, non il rumore del locale dove stavano… Solo un fischio acuto e costante dentro le orecchie, stordente, assordante… Alienante
Quando tornarono nella loro stanza, il mago si chiuse in bagno e per diversi minuti restò lì dentro a pensare. Ignorò il bussare insistente del suo compagno, limitandosi a dei versi fatti sovrappensiero che, probabilmente, non significavano nemmeno niente.
Quando ne uscì e si trovò l’espressione decisamente infuriata di Arthur, aveva solo un’idea fissa in testa, e l’avrebbe portata avanti a ogni costo.
 
Note di Elfin
Scusate il ritardo: non avete idea del casino che c’è stato a Londra questo fine settimana, per quel che mi riguarda è un miracolo essere riuscita a tornare.
Scusate anche se non ho avvertito via instagram. Purtroppo oggi il mio telefono ha deciso che la data attuale è 3 aprile 2000 e, ovviamente, nulla mi si apre e funziona. La data è impossibile da cambiare manualmente, visto che mi salta in automatico al 2031 o 2038 e spegnere e riaccendere finora non ha portato fortuna. Spero nel futuro.
Riguardo la storia, siamo alle battute finali: questa stagione finirà al cinquantesimo capitolo. Spero di riuscire a riprendere le fila di tutto: le cose che avete letto qui e che leggerete in futuro erano per un po’ scritte da tanto tempo, il resto non è stato difficile, perché avevo ben in mente il grosso delle cose, ma visto che ci sono tanti particolari ho paura di essermi dimenticata qualcosa… Ma spero di no.
Ringrazio davvero dreamlikeview per aver recensito lo scorso capitolo <3
Kiss

   
 
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