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Autore: LuceBre    19/11/2019    0 recensioni
In quel momento non c'erano tante persone attorno al calice, che da lì a poco sarebbe stato portato in Sala Grande, perciò Noah ne approfittò per aggiungere il suo nome. Nelle tasche trovò un piccolo foglietto di pergamena e, anche se non avrebbe dovuto essere lì, una penna a sfera con cui poter scrivere.
A chiare lettere scrisse:
NOAH CZERNY
HOGWARTS

*
Prendete Harry Potter e il calice di fuoco e metteteci dentro i personaggi di The Raven Cycle. Più o meno.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Noah Czerny e il calice di fuoco

4) Beauxbatons e Durmstrang

La scuola era iniziata da più di un mese e le lezioni erano sempre più difficili. Ai ragazzi chiedevano un impegno tale che tutti coloro che giocavano a Quidditch furono costretti a saltare diversi appuntamenti. È vero che non ci sarebbe stato il campionato, ma il campo era rimasto a disposizione per gli allenamenti e molti degli studenti vollero continuare a giocare e ad allenarsi indipendentemente dal fatto che non ci fosse il torneo, ma con l'intenzione di organizzare delle amichevoli. Le lezioni divennero però anche sempre più interessati, in particolare Difesa contro le Arti Oscure.
Sorprendentemente il professor Dean Allen aveva annunciato dopo aver a lungo spiegato le maledizioni proibite che avrebbe scagliato su di loro a turno la Maledizione Imperius, allo scopo di dimostrare il suo vero potere e per osservare se tra di loro ci fosse qualcuno che aveva la predisposizione per contrastare i suoi effetti e se ci fosse qualcuno che poteva sviluppare questa abilità. Era perfettamente consapevole che fosse una cosa illegale, ma Malory aveva dato lui stesso il permesso e partecipava con loro a quelle lezioni per osservare ufficialmente che non venisse esercitato eccessivo potere sui ragazzi, ma ufficiosamente voleva sapere quale tra quei ragazzi aveva più potenziale. Malory era curioso.
I ragazzi non erano obbligati a sottoporsi a questo esercizio, ma Allen era stato abbastanza convincente: «Se preferite capire cosa si prova a non avere alcun potere sul proprio corpo, ad essere totalmente in balia di qualcun altro quando qualcuno ve la scaglia non per didattica ma perché vuole avere un totale controllo di voi, del vostro corpo, ma soprattutto della vostra mente, a me va bene. Potete anche uscire dall'aula e affrontare quello che il futuro ha in serbo per voi a cuor leggero».
Nessuno osò anche solo pensare di uscire dall'aula, nonostante molti di loro fossero terrorizzati all'idea di quello che poteva loro succedere.
L'aula era stata sgombrata dai banchi, i ragazzi erano tutti in piedi in attesa, di fronte a loro c'era Allen e in fondo si poteva vedere il Malory che osservava curioso.
Allen volle chiamare i ragazzi uno alla volta in modo che tutti potessero osservare e affinché ci fosse sufficiente spazio libero. Lì chiamò uno alla volta e lanciò contro ognuno la Maledizione Imperius. Noah, Blue e Henry osservavano vicini in religioso silenzioso mentre vedevano i loro compagni venire costretti a fare cose eccezionali, cose che non sarebbero mai state in grado di fare altrimenti. Tad Carruthers poteva parlare solo al contrario, alcuni di loro sogghignarono, ma tutti si resero conto di quello che quell'anatema costringeva a far loro fare, nonostante non ne avessero la minima abilità. Joseph Kavinsky fece una verticale e inizio a camminare con le mani. Gwenllian Dwyr saltellava su un piede mentre recitava in ordine alfabetico tutti nomi delle piante magiche. Quello che risultò ogni volta sempre più lampante è che nessuno di loro sembrava opporsi e sembrava in grado di smettere di fare quello che stava facendo. Furono in grado di interrompere le diverse azioni solo quando era Allen stesso a sciogliere l'incantesimo.
«Blue, tocca a te» disse il professore serenamente. A Blue cadde per un attimo il mondo addosso, non pensava che sarebbe stato già il suo turno. Quello che provava era molto ambivalente: era ancora furiosa con il professore, ma non avrebbe mai perso l'occasione di provare un qualcosa di così fuori dagli schemi.
Blue camminò verso il centro della stanza di fronte al professore. Gli occhi di Noah e Henry erano ancorati su di lei ancora più intensamente che rispetto ai compagni precedenti.
Allen alzò la bacchetta e la puntò su Blue e disse chiaramente e distintamente: «Imperio».
Blue provò una sensazione mai provata prima, un qualcosa di meraviglioso. Aveva l'impressione di essere diventata leggerissima, come se gli fosse stato tolto un peso da dosso, come se dentro la sua testa non ci fosse più un pensiero che non fosse legato a quella straordinaria sensazione di benessere e serenità. Era in piedi davanti al professore ed era estremamente rilassata, la preoccupazione percepita al suono del suo nome era totalmente scomparsa, come era scomparsa la rabbia, non sentiva neppure gli occhi dei compagni di classe su di sé.
Ad un certo sentì la voce di Allen risuonargli in testa che gli chiedeva: «Sali in piedi sulla sedia.»
Blue vide davanti a sé una sedia che prima non aveva minimamente notato.
Alzo una gamba e l'appoggio sulla sedia. Fece forza e si tirò su. Si trovò in piedi sulla sedia.
Come c'era arrivata? Perché era salita sulla sedia?
«Scendi dalla sedia.» La voce del professore suonò di nuovo da qualche parte nel suo cervello.
Staccò un piede dalla sedia e scivolò sul pavimento.
Perché era sul pavimento? Perché era scesa dalla sedia?
«Continua a salire e a scendere dalla sedia» gli disse Allen.
Alzò di nuovo la gamba pronta a salire di nuovo sulla sedia, ma dentro la sua testa era comparsa una terza voce. Non era quella del professore, non era neppure la sua o di qualcuno che conoscesse. Era una voce che gli diceva: «Sulle sedie ci si siede, non ci si sale in piedi».
Sentiva però dentro di sé il professore che gli diceva di salire sulla sedia. Lei voleva salire sulla sedia.
«Non salire sulla sedia, non è una cosa sensata da fare» ripeté la voce.
«Sali sulla sedia!» disse di nuovo la voce del professore. Era un ordine e come ordine era stato detto.
«Non salire sulla sedia. Non salirci.» E Blue voleva davvero ascoltare anche questa voce. Voleva alzarsi in piedi sulla sedia, ma allo stesso tempo non voleva salirci.
«Sali! Subito!» ordinò con cattiveria la voce del professore nella sua testa.
Blue non riuscì a non ascoltare la voce. Aveva alzato un piede pronta a salire, ma ad un tratto sentì dolore: aveva provato a salire sulla sedia, ma contemporaneamente aveva provato a non salire sulla sedia; aveva perso l'equilibrio e si era trovata col culo a terra.
«Oh, perfetto!» disse Allen entusiasta.
Improvvisamente Blue smise di sentire quelle voci nella testa, si ricordò perfettamente di quello che era successo e di cosa aveva fatto e sentì di aver preso proprio una bella botta.
«Avete visto, ragazzi? Blue ho provato a non eseguire l'ordine che gli era stato dato. Ha provato a contrastare la maledizione e c'era quasi riuscita. Non è facile riuscire a liberarsi da un incantesimo così potente e non è detto che tutti ci riusciate. Ma ci riproveremo e ci proveremo ancora e magari anche qualcun altro potrebbe riuscirci. È importante che osserviate negli occhi la persona sotto l'effetto di questo anatema: è lì che vedrete la lotta, la presa di coscienza. Osservate, osservate. Ottimo lavoro, Blue! Riposati e alla prossima lezione ci riproviamo» disse Allen rivolto prima alla classe e poi direttamente a Blue aiutandola a tirarsi su in piedi, ma Blue non accettò il suo aiuto. E preferì alzarsi da sola.

*

Tutti i ragazzi del sesto anno avevano notato un decisivo aumento di lavoro a loro richiesto. Di fronte all'ennesimo lamento di fronte a tutti i compiti assegnati di Trasfigurazione, la professoressa Neeve Mullen si trovò costretta a dare delle spiegazioni.
«La vostra istruzione sta per entrare in una fase fondamentale. I M.A.G.O. si avvicinano...»
«Ma i M.A.G.O. sono il prossimo anno!» la interruppe Tad polemico.
«Hai ragione, Carruthers, i M.A.G.O. sono l'anno prossimo, ma come stavo dicendo, si stanno avvicinando e voi avete bisogno di tutta la preparazione possibile e di tutta quella che noi vi possiamo offrire. Ma non siete in grado neppure di trasfigurarvi integralmente in una rondine, come pensate di riuscire ad arrivare ai M.A.G.O.? Come pensate addirittura di superarli?» continuò Mullen di fronte alle facce stanche e perplesse degli studenti.
Giusto per non farsi mancare niente anche gli altri professori avevano alzato il tiro e continuavano ad assegnare compiti, pagine da studiare, relazioni da scrivere: la professoressa Jimi Mullen voleva che scrivessero un tema alla settimana sulle Rivolte dei Goblin del Diciottesimo secolo di almeno tre pergamene; la professoressa Piper Laumonier continuava a far preparare antidoti e li aveva minacciati di provare su di loro entro le vacanze natalizie quegli antidoti, perciò gli studenti si stavano impegnando al massimo per non rimetterci la loro pelle; il professore Jiang aveva assegnato tre letture aggiuntive in vista della lezione sugli incantesimi acquatici.
Inaspettatamente anche Dittley aumentò il carico di lavoro. Dittley aveva avuto la brillante idea per il primo trimestre di assegnare ad ognuno dei suoi studenti del sesto anno uno Schiopodo Sparacoda, un animale inizialmente piccolo ed apparentemente innocuo se non fosse stato per l'odore pestilenziale che emanava. Nell'arco di pochissimo però erano sorprendentemente cresciuti, nonostante nessuno di loro avesse capito di cosa effettivamente si nutrissero. Dittley era davvero felice di questa crescita e disse ai suoi studenti di presentarsi a sere alterne da lui allo scopo di osservare gli Schiopodi e annotare tutte le loro particolari e stravaganti caratteristiche.
«Lei è pazzo, se pensa che io abbia intenzione di vedere anche fuori dalle lezioni questi cosi orribili. Lei è pazzo!» aveva dichiarato Kavinsky non appena Dittley aveva annunciato questa novità a lezione.
«Fino a prova contrario sono io l'insegnate e tu farai quello che dico io» gli aveva risposto Dittley freddamente e con serietà: non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa da un ragazzino ricco, snob e arrogante.
Vedere Kavinsky essere messo così in riga fu una gioia per Blue. Un mezzo sorriso soddisfatto le comparve sul viso, fortunatamente nessuno lo vide, ma le permise di tornare al castello, nonostante la terribile notizia di vedere gli Schiopodi Sparacoda più del necessario, con il morale alle stelle.
Quando arrivò alla Sala d'Ingresso trovò Noah e Henry. Lì trovò fermi davanti ad una calca di studenti urlanti che si erano bloccati a leggere un grande cartello comparso ai piedi della scalinata di marmo. Henry, che era il più alto dei tre, riuscì a sbirciare oltre tutte le teste e lesse a voce alta:

TORNEO TREMAGHI

Le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang arriveranno alle 6 in punto di venerdì 30 ottobre. Le lezioni termineranno con mezz'ora d'anticipo.

«Meraviglioso!» esclamò Blue. «L'ultima ora del venerdì abbiamo pozioni! Per una volta non avrà il tempo di minacciarci di avvelenarci e siamo legittimati a finire prima!»

Gli studenti riporteranno borse e libri nei rispettivi dormitori e si riuniranno davanti al castello per salutare i nostri ospiti prima del Banchetto di Benvenuto.

«Ma è tra una settimana!» commentò Prokopenko di Serpeverde, comparendo all'improvviso tra la folla con gli occhi scintillanti. «Devo assolutamente andare a dirlo a Joseph!»
«Joseph?» chiese Noah confuso. Da quando avevano un compagno che si chiamasse Joseph? Prokopenko era già svanito tra la folla.
«Kavinsky» precisò Blue. «Da come si dice in giro sembra che voglia partecipare anche lui al Torneo».
«Quell'idiota campione di Hogwarts? Ma soprattutto, chi ha mai saputo il nome di Kavinsky?» disse Noah, cercando di farsi spazio tra la folla e andare verso le scale.
Dalla comparsa del cartello nella Sala d'Ingresso il clima era cambiato: vibrava di eccitazione e di attesa. L'unico argomento di conversazione per tutta la settimana fu il Torneo Tremaghi, indipendentemente dove si andasse si potevano trovare studenti che bisbigliavano e parlavano delle delegazioni e del torneo. Fu difficile per gli insegnanti riuscire a fare lezione, perché anche durante le ore scolastiche gli studenti scommettevano su chi sarebbe stato eletto campione di Hogwarts.
Noah notò che il castello aveva assunto un aspetto nuovo, era stato pulito in tutti i suoi spazi: i ritratti furono puliti, spolverati e scrostati, nonostante il disappunto dei soggetti, che venivano ospitati nei quadri vicini e passavano il tempo a borbottare e a lamentarsi; le armature furono lucidate e oliate, perciò non le si sentivano più cigolare ed era possibile specchiarsi. In questa settimana il custode, Colin Greenmantle, diventò ancora più cattivo e severo: controllava che gli studenti fossero sempre puliti, che le suole delle scarpe non portassero in giro sporcizia varia, che le regole venissero rispettate anche più rigidamente.
Questa agitazione che aleggiava nel castello tra gli studenti era presente anche tra gli insegnati, i quali avevano maggiori difficoltà di gestione durante le lezioni, sembravano costantemente sul filo di un rasoio e, se possibile, erano diventati ancora più severi.
«Dwyr, quando arriveranno le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang ti consiglio caldamente di non far girare la voce che sei arrivata al sesto anno senza saper fare un incantesimo decente di evanescenza» la intimò rigida la professoressa Neeve Mullen alla fine di una lezione, in cui Gwenllian aveva fatto evanescere solo la testa di un topo, anziché tutto il corpo.
Per venerdì tutto il castello fu perfettamente ordinato e durante la notte anche la Sala Grande fu addobbata meticolosamente: sulle pareti si potevano vedere i grandiosi stendardi di seta. Ognuno rappresentava una delle case di Hogwarts: uno stendardo rosso con ricamato un leone color oro per la casata di Grifondoro, uno stendardo blu con ricamata un'aquila color bronzo per la casata di Corvonero, uno stendardo giallo con ricamato un tasso color nero per la casata di Tassorosso e uno stendardo verde con ricamato un serpente color argento per la casata di Serpeverde. Nella parete dietro il tavolo degli insegnati era stato appesa un ulteriore stendardo ancora più grande raffigurante tutti gli stemmi delle casate uniti da una grande lettera H.

*

«Avete saputo qualcosa sul Torneo Tremaghi? Qualcosa di vero?» chiese curioso Henry a colazione.
«Dopo lezione mi sono fermata a chiedere alla Mullen se mi poteva dire come venissero scelti i campioni, ma mi ha dato una risposta sibillina che nessuno avrebbe capito» rispose Blue, «e poi ha aggiunto che dovrei pensare di più a far evanescere il mio topo, piuttosto che al torneo. Come se io non potessi parteciparvi» concluse quasi infastidita.
«Io più che sapere come vengono scelti i campioni, vorrei sapere che prove dovranno affrontare. Penso che potremmo affrontarle, altrimenti avrebbero messo un limite di età» aggiunse Noah curioso ed energico.
«Ti sentiresti così sicuro anche a eseguire queste prove davanti ad un giudice?» gli domandò Blue. «L'unica cosa che ha detto di non enigmatico è che i tre campioni per ogni prova ricevono un punteggio.»
«E non si sa chi sono i giudici?» chiese ancora Noah.
«I presidi delle scuole partecipanti fanno sempre parte della commissione» informò Henry.
«È vero, è scritto in Storia di Hogwarts. Anche se non sarebbe il titolo giusto per quel libro» continuò Blue. «Avrebbero dovuto chiamarlo Storia riveduta e corretta di Hogwarts o Storia decisamente prevenuta e selettiva di Hogwarts, che preferisce non trattare degli aspetti più denigranti della scuola.» E qui il tono si era parecchio inacidito.
«Dovrei sapere di cosa stai parlando?» chiese Henry, anche se Noah immaginava di sapere a cosa alludeva.
«Degli elfi domestici! Parlo degli elfi domestici che vengono sfruttati e noi essere umani siamo complici di questo enorme sfruttamento e in quel libro, in Storia di Hogwarts, in più di mille pagine non viene neppure accennato l'argomento!» gli rispose Blue infastidita, come Noah aveva immaginato.
Nonostante l'inesistente entusiasmo di Henry al tema, la determinazione di Blue di salvaguardare gli elfi domestici era rimasta intaccata, compensata forse da un tacito accordo con Noah. Bisogna anche ammettere che entrambi le avevano dato i due zellini per la spilla CREPA, Henry lo aveva fatto solo per non dover affrontare un'ulteriore discussione, ma bisogna anche dire che ricevere quei quattro zellini aveva reso Blue ancora più combattiva e animosa, infatti perseguitava Noah e Henry affinché indossassero le spille e a convincere altri ragazzi a perseguire questa battaglia. Blue nella sua sala comune, quella di Grifondoro, aveva iniziato a seguire tutti i suoi compagni mettendoli alle strette e facendosi dare da tutti quei due zellini.
«Per voi è normale che qualcuno che vi cambia le lenzuola e vi fa i letti ogni mattina, qualcuno che vi accende il fuoco in tutte le stanze e tutte le sale comuni per non farvi prendere freddo, qualcuno che ogni giorno pulisce le aule e vi prepara la colazione, il pranzo e la cena non venga minimamente pagato e venga trattato come uno schiavo? Sono creature magiche, ma non per questo non possono rivendicare i loro diritti!» si sentiva ripetere Blue con enfasi.
Alcuni persone, soprattutto i nati babbabi, ma non solo, avevano aderito alla causa dando i due zellini perché vagamente interessati a ciò che Blue aveva da dire e partecipavano attivamente alla campagna; alcuni di loro sembravano interessati, ma non volevano parteciparvi; ma la maggior parte degli studenti considerava tutta questa storia uno scherzo.
Quella mattina di fronte all'ennesima insistenza di Blue, Henry si rivolse a lei e le chiese: «Ho una domanda da farti, tu sei mai scesa in cucina? Ci hai mai messo piede?»
«Ovviamente no» rispose lei convintamente.
«Beh, io ci sono stato» le rispose Henry.
Noah si girò rivolto verso di lui: «Quando? E perché non ci siamo andati assieme?»
«Io ci sono stato e li ho visti felici. Sono felici. E sai perché sono felici? Perché per loro è un onore poter aiutare i maghi, pensano di fare il lavoro più bello del mondo!» continuò Henry ignorando Noah.
«È perché non hanno istruzione e nel passato hanno fatto loro il lavaggio del cervello!» gli rispose battagliera alzando i toni, ma la sua voce venne attutita e inghiottita dal fruscio dei gufi postali.

*

Venerdì 30 ottobre arrivò e i ragazzi erano tutti eccitati. Nell'aria aleggiava quella vibrante sensazione di attesa. Nessuno era in grado di seguire attentamente le lezioni, perché tutti erano più interessanti a pensare all'arrivo delle delegazioni di Beauxbatons e di Durmstrang. Per gli studenti quella lezione di Pozioni fu più sostenibile delle altre volte dal momento che durò mezz'ora in meno.
Quando suonò la campana che anticipava la fine della lezioni, tutti gli studenti della scuola corsero alla propria torre, lasciando le borse e i libri, mettendosi i mantelli e tornando il più in fretta possibile nella sala d'ingresso.
I direttori delle case stavano cercando di sistemare in fila gli studenti divisi per casa e per anno.
Il professore Jiang stava controllando che tutti fossero in ordine. «Gwenllian per piacere togliti quella fermaglio dai capelli. Quelli del primo anno davanti, seguitemi senza spingere, quelli del settimo in fondo. Tutti ordinati per piacere!»
Gli studenti si sistemarono in fila davanti al castello. Era una serata fredda, ma il cielo era sereno; il sole stava tramontando, mentre la luna stava già illuminando un angolo di cielo sopra la Foresta Proibita.
«Sono praticamente le sei» disse tra sé e sé Noah, guardando l'orologio al polso e alzando gli occhi poi verso il viale davanti ai cancelli principali.
«Secondo te come arriveranno? In treno?» chiese una compagna a Blue.
«Non credo» le rispose.
Alcuni del prima anno dicevano: «Secondo me arriveranno coi manici di scopa».
«No, utilizzeranno una passaporta.»
«Magari si materializzeranno, forse a loro glielo insegnano anche se hanno meno di diciassette anni.»
Henry borbottò: «Non è possibile materializzarsi dentro i confini di Hogwarts».
Gli studenti osservavano i prati intorno a loro diventare sempre più scuri alla ricerca di qualsiasi dettaglio che potesse far loro capire che gli ospiti erano in arrivo, ma era tutto immobile, silenzioso e normale. Blue iniziava ad avere freddo e sperava che le delegazioni arrivassero in fretta. Non aveva voglia di aspettare un qualche ingresso trionfale e teatrale.
Nonostante molti ragazzi borbottassero tra di loro, si poté udire Malory dire: «Potrei sbagliarmi, ma penso stia arrivando la delegazione di Beauxbatons».
«Dove?» esclamarono gli studenti con impazienza alla ricerca di qualsiasi segnale.
«Lassù!» urlò un ragazzo del quinto anno, indicando il cielo sopra la Foresta Proibita.
Qualcosa di molto grande, molto più grande di un manico di scopa o cento, mille manici di scopa, stava volando nel cielo verso di loro e stava diventando sempre più grande.
«È un drago!» urlò spaventata una ragazzina del primo anno.
«È una casa volante!» gridò Tad Carruthers entusiasta.
Tad aveva quasi indovinato. L'immensa sagoma nera si avvicinava ogni secondo, per un pelo non aveva sfiorato le cime degli alberi della Foresta ed era illuminata dalle luci del castello. Videro che si trattava di una gigantesca carrozza color blu oltremare, dalle dimensioni di una grande casa, che sfrecciava verso di loro ed era trainata da dodici cavalli alati, grandi quanto elefanti.
Le prime tre file fecero dei passi indietro mentre la carrozza si avvicinava a loro con l'intenzione di atterrare molto velocemente. Non appena gli zoccoli di quegli enormi cavalli toccarono terra si sentì un boato gigantesco che spaventò una ragazza del terzo anno di Corvonero facendola cadere sul piede di uno del quarto anno. Dopo un secondo anche la carrozza toccò terra producendo un altro boato. I cavalli nel frattempo si erano fermati e scuotevano le enormi ali prima di richiuderle.
Noah prima che la porta della carrozza si aprisse poté notare che vi era inciso un blasone raffigurante due bacchette d'oro incrociate da cui spuntavano tre stelle ciascuna.
Sulla soglia comparve un ragazzo con un vestito completamente celeste, scese dalla carrozza con un saltò e si piegò per far comparire dei gradini color oro, allontanandosi educatamente per fa scendere la sua preside.
La prima cosa che gli studenti di Hogwarts poterono vedere fu una scarpa elegante nera col tocco, una scarpa che non era minimamente pari alle loro, era di un grandezza impressionante, e solo infine videro scendere dalla carrozza la donna più grande mai vista. Vedendola si poté capire il perché sia taglia della carrozza che la taglia dei cavalli.
Blue stava cercando di capire se avesse mai visto una persona così grande nella sua vita e l'unica persona che le venne in mente fu Dittley; probabilmente erano alti uguali, ma quella donna le sembrava ancora più grande di Dittley, forse perché ormai lo conosceva da sei anni ed era abituata a vederlo e ad averlo intorno. Quando la prima volta lo aveva visto, l'aveva un po' intimidita, ma era bastato parlarci un po' per farle cambiare idea. Ma vedendo lei, vedendo per la prima volta una donna così alta, così grossa, quell'intimidazione comparve di nuovo, forse data dal fatto che lei fosse lì in piedi davanti a tutti quegli studenti ad osservarli.
Aveva un viso lungo, occhi neri grandissimi, un naso aquilino e la pelle olivastra; i capelli a caschetto, neri, lisci; indossava un completo nero di satin e portava una collana di perle e tantissimi anelli alle mani.
Malory le si avvicinò sorridendole, a cui le rispose con un sorriso cortese e aspettò che lui si avvicinasse. Non appena le fu davanti, gli allungò la mano e Malory gliela baciò, in segno di benvenuto.
«Benvenuta a Hogwarts, mia cara Madame Maxime» disse il preside.
«Mon cher Mallory!» lo salutò con una voce non sorprendentemente profonda. «Voi sta bene, spero!»
«Sono felice di dire che sto bene, grazie mille» le rispose.
«Vi presento i miei studonti» disse Madame Maxime, girandosi e indicandoli con una mano.
L'attenzione di Noah fino a quel momento era stata catturata da Madame Maxime e solo grazie alle sue parole vide che nel frattempo dietro di loro erano scesi dalla carrozza una ventina circa di ragazze e ragazzi. Sembrava tutti dei ragazzi di un età compresa tra i sedici e i diciotto anni, ma la prima cosa che Noah notò non fu l'età, ma l'aspetto fisico: erano tutti bellissimi. Il suo occhio poco allenato ai dettagli non notò però che, nonostante fossero tutti rispettosamente immobili in attesa di un comando da parte della loro preside, stavano tutti tremando, non notò la leggerezza dei loro vestiti che sembravano essere cuciti dalla seta più pura, non notò la mancanza dei mantelli o di scialli o sciarpe. Le ragazze indossavano un completo giacca-gonna, mentre i ragazzi un completo giacca-pantalone, entrambi vestiti completamente di quel azzurro celeste. Non notò neppure gli sguardi preoccupati rivolti al castello.
«Whelk è già arrivato?» chiese Madame Maxime.
«Dovrebbe essere qui tra pochissimo» le rispose Malory. «Immagino abbiate molto freddo, preferite aspettare con noi il suo arrivo o entrare a scaldarvi?»
«Scaldarsci, sì» preferì Madame Maxime. Preoccupata però aggiunse: «Ma i scevalli...»
«Il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche è molto lieto di potersene occupare» la interruppe Malory. «Non vi preoccupate.»
«Questi esemplari hanno bisogno di... come dire... una mano descisa» aggiunse Madame Maxime convinta che nessun insegnante di Cura delle Creatur Magiche di Hogwarts potesse davvero prendersi cura di loro. «Sono tanto forti» ribadì.
«Sono certo che il nostro Dittley ha le competenze per occuparsene al meglio» la rassicurò ulteriormente con un sorriso.
«Très bien» disse Madame Maxime e fece un piccolo inchino. «Voleva dire a questo Dittlei che i scevalli bevono solamente whisky di malto, s'il vous plaît
«Non mancherò di informarlo» rispose Malory e fece a sua volta un inchino.
«Vous venez» disse Madame Maxime, come se fosse un comando, ai suoi ragazzi, e gli studenti di Hogwarts aprirono un varco per farli passare, lasciandoli nelle mani della vicepreside Mullen.
«Secondo voi quanto saranno grandi i cavalli di Durmstrang?» chiese un ragazzo del terzo anno.
«Guarda, se sono più grandi di questi, neppure Dittley riuscirebbe a controllarli, perciò speriamo in bene» gli risposero.
Si erano di nuovo sistemati in attesa che arrivasse la delegazione di Durmstrang. Il sole era sceso, il cielo si stava man mano oscurando e molti di loro iniziarono a tremare; ciò però non gli impedì di continuare a guardare il cielo. I ragazzi non parlavano, non si muovevano, si potevano sentire i denti battere e gli sbuffi e gli scalpitii dei cavalli di Madama Maxime.
Ad un tratto Noah disse: «Sentite qualcosa?»
Blue tese l'orecchio, cercando di captare ogni minimo rumore: un suono si stava facendo sempre più forte, un suono strano e non riconosciuto che sembrava si avvicinasse sempre. Un rumore, che ai nati babbani ricordò quello di un aspirapolvere.
«Il lago!» urlo Prokopenko indicandolo. «Guardate il lago!»
Da quella posizione si poteva vedere in lontananza la superficie nera del lago, ma che non era più come al solito liscia e piatta. Al centro si potevano vedere strane onde allargarsi sempre più, come quando si lascia un sasso in acqua. Queste onde si facevano sempre più veloci e sempre più grandi fino alla formazione di un vortice: un vortice al centro del lago.
La prima cosa che si poté vedere uscire da questo vortice fu un lungo palo nero, a cui seguì un sartiame.
«È un albero maestro!» disse Henry appena riconobbe le parti che affioravano dal lago.
Con lentezza, maestosità la nave crebbe dall'acqua, illuminata solo dalla luce della luna. La luce del sole era totalmente scomparsa e il cielo si era scurito. Non sembrava la classica nave a cui Noah era abituato, sembrava quasi la nave fantasma di pirati, risorta dopo un naufragio. Quando finalmente comparve totalmente, il vortice si chiuse e l'unico rumore che si poté udire era il suono dell'acqua e delle onde che si infrangevano sulla barca mentre scivolava lentamente e silenziosamente verso la riva. Si sentì poi scorrere la catena dell'ancora, si sentì l'ancora rompere lo specchio d'acqua e la si sentì toccare il fondale; si sentì il suono di una passerella che veniva allungata verso riva, affinché la delegazione di Durmstrang potesse scendere.
I passeggeri iniziarono a scendere. Si avviarono verso il castello, solo quando tutti quanti furono scesi dalla barca. Blue li osservava per niente affascinata dal loro mezzo di trasporto e cercava di raccogliere maggiori dettagli. Già da lontano apparivano totalmente diversi dalla delegazione di Beauxbatons, già da lontano si poteva capire quanto erano massicci e alti. Al contrario si poteva capire che erano abituati alle basse temperature, indossavano dei mantelli scuri di una pelliccia apparentemente molto folta e molto morbida. Blue avrebbe voluto accarezzare quella pelliccia per capire se fosse vero pelo: l'idea che avessero potuto uccidere degli animali per fare quei mantelli le fece odiare tutti i ragazzi di Durmstrang.
Mentre risalivano la collina avvicinandosi al castello, una persona dalle retrovie avanzò gridando: «Malory! Che piacere rivederti! Come stai, amico? Da quanto tempo!»
Le venne un brivido sentendolo parlare: la sua voce melliflua, così untuosa e leziosa.
Blue da lontano non riuscì a cogliere molti dettagli di quell'uomo che immaginava fosse il preside della scuola di Durmstrang. Aveva i capelli corti e scuri. Vide che era un uomo alto e sottile, giovane. Troppo giovane. Quanti anni poteva avere? Venticinque? Massimo trenta. Non poteva essere il loro preside.
«Benissimo, grazie, professor Whelk» rispose Malory, non avvicinandosi, come aveva fatto con Madame Maxime, ma aspettando che arrivasse all'ingresso per poterlo salutare.
Quando Whelk lo raggiunse si strinsero la mano, in segno di benvenuto e di ospitalità.
«Cara vecchia Hogwarts, quanto tempo è passato» fisse alzando gli occhi al castello con un sorriso che Blue non seppe come interpretare, un sorriso che però non raggiunse gli occhi, che rimasero freddi. Aveva denti giallissimi, come se nel corso della vita avesse fumato davvero tanto, davvero troppo. Difficile da credere vista la sua giovane età. «È davvero bello essere qui dopo anni, com'è bello. Ronan, entriamo, così ci scaldiamo e asciughiamo tutta l'umidità. Non ti dispiace, Malory? Ronan è un po' raffreddato.»
Blue non seppe cosa glielo fece pensare, cosa le suggerì che quella fosse una provocazione nei confronti di Malory, il quale fu molto bravo a non coglierla.
Accanto a Whelk comparve uno dei suoi studenti, non per sua scelta, ma perché Whelk stesso lo aveva avvicinato a sé. La folla si aprì di nuovo per fare passare l'intero gruppo con a capo il preside e il ragazzo, Ronan. Blue ebbe solo il tempo di vedere la sua testa pressoché rasata e gli occhi azzurri, che intorno a lei iniziarono a bisbigliare con sorpresa creando, al contrario del desiderato, un gran fracasso.
«È Lynch

 


Ecco a voi il quarto capitolo della storia, tratto dal dodicesimo capitolo di Harry Potter e il calice di fuoco.
Come potete vedere ho tenuto Madame Maxime, questo perché non sono riuscita a trovare un personaggio che la potesse sostituire. Per questo motivo, visto anche il modo in cui parla, ho deciso di tenere fedeli i suoi discorsi, che sono copiati pari pari dall'opera originale.
Spero che questa storia vi stia piacendo.
Dal prossimo capitolo inizieranno ad esserci qualche maggiori differenze rispetto ai capitoli originali, perciò si inizierà con l'effetto sorpresa.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va.
Con affetto,
Luce

   
 
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