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Autore: Testechevolano    19/11/2019    0 recensioni
Una bambina viene abbandonata misteriosamente sulla porta di un monastero con una croce che sembra portare il peso di quell'azione. Viene chiamata Suryan, come il sole che sembra portare dentro.
Sembrava che quella croce le volesse cadere addosso ma era solo un'incisione, non poteva. Ma la donna sapeva che se avesse potuto l'avrebbe già schiacciata[...]Se lo meritava.
Ella viene allevata dalle suore del convento e segue le loro orme insieme alla sua inseparabile amica Judit.
Judit, nonostante fosse contro le regole, aiutò Suryan a sistemarsi. Sapevano che la vera arma per mantenere un segreto era quella di non farne parola nemmeno fra di loro.
Il passato di Suryan però non ha niente di più lontano dalla chiesa, anzi. Il suo passato parla di perseguitazioni, di superstizione, mistero ma soprattutto di una profezia.
Beatrix fece volare il bicchiere con un solo gesto e lo face finire in grembo al cugino, che sorridendo lo fece fluttuare alzando semplicemente lo sguardo. Il contenuto del bicchiere tremò. I due cugini si guardarono negli occhi.
Bombe. Spari. Urla.
-Benvenuto all'inferno, cugino.

Coppie principali femslash ed het.
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
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XVI


Q
uella notte era piovuto. Le piante erano coperte di rugiada e l'aria era umida.
Per mantenere una copertura, l'Hidden pub era rimasto aperto tutti i giorni e, con fatica, i ragazzi lo avevano gestito tra un allenamento e l'altro.
Hector come cameriere era stato il pezzo forte delle loro giornate. Vestito di tutto punto: una stretta camicia bianca, un panciotto nero ed un papillon avevano contribuito a renderlo attraente agli occhi della clientela. In realtà, non era necessaria un'uniforme, ma Jalice, per qualche motivo, aveva insistito.
Theron osservava il gruppo di Hector starnazzare tra un bicchiere e l'altro. Lui ne avrebbe decisamente fatto a meno, dopo l'altra sera.
Guardò Helga, i cerotti applicati sul viso spiccavano sulla pelle martoriata. Teneva ancora i capelli legati dietro la nuca, come una donna adulta, chissà per quale motivo... Forse il fidanzamento con Jhonny l'aveva fatta sentire più adulta. Dopo la fuga di Helga, Claudius aveva spiegato a tutti il motivo del suo cattivo umore e Theron fu forse l'unico a non esserne stato sorpreso. Conosceva i modi di fare di Helga e sentiva che prima o poi avrebbe ceduto.
Quello che non capiva era Jasper. Si era rintanato nelle sue stanze, quella notte, e si era fatto vedere la mattina dopo, comportandosi come se nulla fosse successo. Faceva gli occhi dolci a Suryan e intanto stava male per Helga. Che fosse caduto in un dilemma?
Guardò Jalice. Anche lui era caduto in un dilemma. Non capiva cosa fosse successo quella notte e, da un lato, voleva chiederlo a Jalice, dall'altro si vergognava a farlo.
Era proprio complicato, l'amore!
 
Hector, stanco di fare il cameriere acchiappa femmine, si era stravaccato su una poltrona sul fondo del locale, sotto gli occhi incuriositi del suo gruppo.
Mentre la ragazza di nome Helga era intenta a prendere le ordinazioni al posto suo, Daraen si chiedeva per quale motivo Kirk si scolasse ogni santo giorno quintali di aceto di mele.
Era così da quando lo aveva conosciuto, si chiese se lo fosse stato anche prima.
Dopotutto, la guerra nei boschi della Luna aveva visibilmente traumatizzato Olivia, che non voleva mai parlarne; nemmeno Kirk osava accennare all'argomento.
-Un brindisi al culo di Daraen!
Il suddetto si schiaffeggiò la mano sul viso. Per qualche motivo, quando era ubriaco, Kirk parlava sempre di lui. Di quanto fosse carino, del suo didietro... Mantenne la mano sul viso per evitare di farsi vedere rosso da Olivia. Tutto ciò lo imbarazzava, in fondo era un maschio, non una donzella cui fare apprezzamenti.
-Uh uh, interessante.
La cugina di Hector sbucò dal nulla dietro Daraen, facendolo sussultare.
-Come sarebbe il suo culo?
-Ha una forma così bella.. e secondo me è anche sodo!
-Basta!- non ne poté più.
Si alzò in tutta fretta e si diresse verso l'uscita. Sentiva ancora odore di pioggia all'aperto.
-Daraen, perché te ne sei andato?
Il cretino l'aveva seguito.
Fece un bel respiro, prima di parlare: - Vuoi smetterla?! Non sono una ragazza! Non voglio essere trattato in quel mod...
Kirk lo prese da un braccio e lo fece voltare. I loro occhi si incontrarono ed entrambi si specchiarono in essi, constatando quanto i loro volti fossero in fiamme.
-Io ti vedo come un uomo, sappilo.
Fu con quelle parole che se ne andò, lasciando che Daraen si afflosciasse per terra, più confuso e rosso di prima.
 
 
Era mezzogiorno e come di consueto erano tutti a tavola, Jalice aveva appena chiuso il pub per la pausa pranzo, Helga aveva finito di lavare i tavoli e Beatrix scherzava animatamente con il cugino.
Tutto sembrava normale; Suryan, però, osservava la scena con preoccupazione. E se tutta quella quotidianità a cui era abituata stesse per sgretolarsi per sempre?
-Sur, passa il pane appena sfornato!
Un grido di esultanza riempì la stanza, Hector e il suo gruppo erano i più rumorosi di tutti. Adoravano il cibo di Jalice e ogni piccola prelibatezza era accompagnata dalle recensioni di Kirk, Daraen e Olivia. Quest’ultima sembrava particolarmente burbera, molto chiusa e riservata. Per questo aveva colpito fin da subito Suryan, nonostante da tre settimane a questa parte tra le due non ci sia mai stato alcun dialogo.
-Eccolo!
La ragazza sorrise, cercando di allontanare dalla sua mente quelle nuvole minacciose. Qualcosa però la costringeva a pensare. Che fosse un presentimento? Suryan non se ne sarebbe stupita, ormai non si concedeva più nessun limite, soprattutto se riguardava se stessa.
Finito di mangiare decise di uscire fuori, per prendere un po’ d’aria pulita. La primavera era alle porte e gli alberi sembravano già pronti a sbocciare, a vestirsi di colori affascinanti. I rami ormai agghindati, quasi a festa, cadevano pesanti verso la terra. Il prato verde sembrava una distesa infinita e rilassante, quasi celestiale, quasi più bella e infinita del cielo. Gli uccellini cinguettavano da un albero all’altro, i mille insetti sembravano percorrere strade di mille colori e le globisplendenti erano accompagnate da quell’irresistibile profumo di fiori.
Quel profumo di vita le ricordava l’allegria di Suor Caroline. Chissà se da qualche parte, ovunque fosse, potesse vedere tutto quello che circondava Suryan.
La morte di Suor Caroline riecheggiava nelle sue orecchie, non tanto quanto dolore bensì come allarme. Era convinta che non fosse stata una casualità e sentiva il bisogno di salvaguardare se stessa, i suoi amici e fare giustizia per la donna che l’aveva allevata.
-Quando tornerò dalla missione…
-Quando tornerai dalla missione, cosa?
La ragazza sussultò e spaventata si girò verso l’amica corvina.
-Ma sei forse impazzita? Non si arriva MAI alle spalle!
Beatrix rise di gusto e fece cenno a Suryan di sedersi in una panchina poco più avanti.
-Sei preoccupata?
La corvina guardò con attenzione l’amica: sapeva quanto fosse importante per lei quella missione.
-Tu no?
Suryan incrociò il suo sguardo. Gli occhi nocciola dell’amica infondevano forza e sicurezza, pensò sospirando.
Chissà cosa pensa dei miei…
-Sì, un po’. So che è una missione abbastanza complicata però ci siamo impegnati tanto per questo momento. Io da quando ne ho memoria.
-Perché è così importante Hidden, per voi?
-È la nostra regina. Noi tutti abbiamo giurato di dare la vita per lei. Il nostro compito ora è trovarla, metterla al corrente del suo ruolo ed essere sempre a sua disposizione.
Suryan osservò e comprese la serietà delle parole di Beatrix, l’importanza data a quella ragazza, la sua Judit, era impossibile da misurare. Tutta quella devozione, per qualcuno che non si conosce, che non si sa come sia fatto, quale siano i suoi obiettivi, i suoi pensieri… e se veramente Hidden fosse stata la principessa che sta a quel palazzo, e di cui tutti parlano male, l’avrebbero comunque seguita ciecamente?
Tutto le sembrava così assurdo, probabilmente, anche sforzandosi, non sarebbe mai riuscita ad essere così devota verso qualcuno. L’aveva capito da come aveva allontanato la fede dalla sua vita. La sua è sempre stata falsa devozione, un obbligo necessario per la sua sopravvivenza. Ma ora?
-Ti ricordi quando mi hai rivelato di quella ragazza di cui ti eri innamorata? Non mi hai mai detto più niente su di lei.
Beatrix l’osservò, attentamente, per carpire il reale sentimento dell’amica. A volte le veniva difficile riconoscere il cambiamento che aveva stravolto Suryan.
-Non è per niente una bella storia. Si chiama July, faceva parte di questa congrega. Per lei avrei fatto di tutto, lei forse un po’ meno.
-Ora dov’è?
-Fa sempre parte della Congrega dell’Occhio ma è in un altro villaggio, si chiama Mercury, è a quattro ore da Osternia. Si è trasferita con la famiglia e il fidanzato.
-Fidanzato?
-Già. Ai suoi genitori non andava bene e, probabilmente, stava con me solo per la mia posizione sociale. O forse era troppo immatura come il sentimento che diceva di provare.
Suryan non sapeva come rispondere, cosa dire su quell’argomento così delicato. Vedeva negli occhi di Beatrix il sentimento che provava per July. Era ancora lì, quasi palpabile. Effettivamente, era da lei: quando Beatrix si lasciava andare, dava senza misura.
-Grazie per avermelo raccontato. Ora dovrebbe toccare a me, ma se vuoi posso raccontarti di quei cori in monastero che letteralmente odiavo!
Tra le due si levò una risata, sincera. Sembrava quasi aver scrollato le nuvole che sopra di loro si facevano sempre più fitte.
-E Judit? Ti piace?
Suryan sgranò gli occhi esterrefatta. Come poteva insinuare che le piacesse una ragazza, per di più la sua migliore amica?
-Non mi piacciono le donne né tantomeno Judit, è come una sorella!
Beatrix la guardò in silenzio, sembrò quasi che volesse, con qualche assurdo potere, spogliarla da tutti quegli strati di superficialità.
-Sicura?
-Sì.
Era sicura?
 
 
Theron faceva avanti e indietro nel salone, in preda all’ansia e al timore. Doveva buttarsi e aprire il suo cuore per paura di non avere una possibilità in futuro, o lasciare che tutto facesse il suo corso?
-Dovresti dirglielo.
Jasper si avvicinò all’amico, mettendogli una mano sulla spalla. La serietà di quelle parole sembravano provenire da un sentimento di rimorso e di rimpianto.
-Non lo so, amico. Lei mi vede come un fratello. Glielo direi per cosa? Darle un pensiero in più?
Theron si stravaccò sul divano e lo sguardo vacuo sembrava sottolineare il suo stato confusionale.
Jasper prese una sedia e si sedette, a cavallo, verso l’amico.
-Ti ricordi di quando hai preso quell’aquilegia per lei?
Theron sgranò gli occhi: Jasper sapeva del fiore raccolto nella Terra del Sole.
-Come fai a saperlo?
-Helga era convinta che da un momento all’altro l’avresti dato a Jalice, per questo me l’ha raccontato. Sono passati mesi, però. Perché non lo hai fatto?
Ricordava ancora quanto valore aveva dato a quel fiore, amore nascosto, sembrava quasi una reliquia. La paura aveva preso il sopravvento anche quella volta, non gli concedeva la possibilità di esternare quell’amore che lo infuocava tutti i giorni, soprattutto di notte, quando sognava di averla a fianco.
-Ho avuto paura. Ce l’ho ancora, conservato. L’inverno è passato e si è appassito, ma è ancora nel mio cassetto.
-Che stai aspettando?
Effettivamente, cosa stava aspettando?
 
 
Jasper stava osservando fuori dalla finestra, il paesaggio era maestoso, le foglie verdi trattenevano la rugiada che ancora qualche volta si divertiva a cadere dal cielo. Il profumo di primavera ed erba bagnata era un connubio irresistibile, avrebbe fatto ritrovare la pace anche a persone come lui, che avevano sofferto tanto.
Sulla panchina, da sola, Suryan si guardava intorno, affascinata.
Era una bella ragazza, sicuramente affascinante, sembrava attirare a sé tutto quello che le stava intorno. Jasper si chiese il motivo di questo suo ascendente, che fosse per la sua natura?
Se il suo cuore non fosse stato così oscuro, probabilmente anche lui avrebbe abboccato.
Con ai piedi i grossi scarponi militari, ancora sporchi di fango, si avvicinò alla ragazza. Era arrivato il momento di spingersi oltre, l’occasione per la sua rivincita era alle porte e ancora non era riuscito a fare breccia nel suo cuore, come se fosse protetto da dei muri.
-Hei, ciao. Come mai tutta sola?
La ragazza si slegò i capelli scuri e puntò i suoi occhi verdi sull’amico. Erano davvero particolari, un contorno dorato girava la pupilla. Questi occhi li aveva già visti, parecchie volte.
Era lei, non c’era alcun dubbio.
-Mi godevo un po’ questa ultima giornata di serenità. Ho un cattivo presagio ma non riesco a capire se possa essere affidabile.
Jasper si spostò un ricciolo che gli era caduto davanti l’occhio.
-Credo sia normale, l’ansia, la preoccupazione, sapere che riabbraccerai la tua amica… ti sembra poco?
Le fece l’occhiolino e ammiccò, accorgendosi subito di aver raggiunto l’effetto sperato: si era rasserenata.
-Non so come farei senza di te.
Appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi. Sentiva la tranquillità avvolgerla come una coperta.
Delle labbra sfiorarono le sue, la seconda volta in modo più deciso. Aprì velocemente gli occhi e rimase a fissare esterrefatta Jasper, che sorrideva. L’aveva baciata, con delicatezza ma con una punta di soddisfazione.
-Scusami ma mi ero ripromesso di farlo. Non mi sarei mai perdonato di essere partito senza averti rivelato e dimostrato cosa provo per te.
Suryan non riusciva a capire cosa provasse e cosa pensasse. Doveva dare esito positivo alla proposta del ragazzo o dimostrare apertamente la sua confusione?
Ti piace Judit?
Abbozzò mezzo sorriso e si riavvicinò alla bocca del ragazzo.
Passarono le restanti ore del pomeriggio a baciarsi, senza dire alcuna parola di troppo.
Stava baciando il ragazzo di cui era innamorata la sua amica, questo la definiva pessima?
Alla fine sta per sposarsi con un altro…
 
Jalice armeggiava con la spazzola specchiandosi nella sua toilette, quando il rumore prodotto da una mano che picchiava il legno la indusse ad alzarsi per vedere chi stava bussando.
Dapprima non vide nessuno oltre la porta, poi una scatolina ai piedi di essa entrò nella sua visuale, quando abbassò lo sguardo.
C'era un foglio piegato con su scritto: "Per Jalice, con affetto, Theron" poggiato su di essa.
La scatola era in legno, non vi era nessuna incisione o segno particolare.
Sorrise e rientrò, dirigendosi verso il letto.
Non sapeva che aspettarsi. Quando la aprì, vide l'ultima cosa che si aspettava di trovare: un fiore appassito.
Lo fissò per qualche minuto con aria interrogativa. Perché mai Theron le avrebbe dovuto regalare un fiore nel momento della sua decadenza?
Lo squadrò bene, cercando di capire che tipo di fiore fosse.
-Un'aquilegia...
-Toc toc, hai dimenticato la porta aperta.
L'ingresso di Beatrix la distrasse dal fiore. L'amica richiuse la porta alle spalle e si sedette accanto a lei. -Per quale ragione hai in mano un fiore appassito?
-Me l'ha regalato Theron- a Bea poteva dirlo, si fidava di lei ciecamente. - Nel linguaggio dei fiori significa: "amore nascosto". 
Lo sguardo di Jalice si incupì. Cosa voleva dire Theron con quel fiore? Che provava qualcosa per lei? Poteva dire lo stesso? No, lei..
-A te piace quel troglodita di mio cugino- l'anticipò Beatrix.
Jalice annuì, sempre più cupa in viso. Non si era mai mostrata in quello stato a qualcuno, se non a Bea ed Helga.
-E hai paura che, ora che sai di Theron, la vostra amicizia..
-È ROVINATA- scoppiò Jalice.
Poco ci mancava che si mettesse a piangere. Capiva perché Theron lo avesse fatto: stavano andando in missione, una missione pericolosa e lui aveva voluto dirglielo prima di partire. Perché lei, tra tutte? La sua migliore amica!
-Però, se ci fai caso- disse Bea, -il fiore è appassito, magari vuol dire che quel sentimento è sciamato col tempo.
-Che senso avrebbe allora? No, Theron non mi turberebbe mai inutilmente...
Strinse la scatola contenente il fiore. La paura che la loro amicizia sarebbe stata rovinata la invase. Erano cresciuti insieme, insieme avevano affrontato le difficoltà, avevano riso, pianto... non poteva finire tutto in quel modo. Avrebbe lottato perché tutto andasse per il meglio.
Prese in mano il fiore, da cui cadde un petalo che fluttuò lentamente fino a cadere per terra. Si confuse con il pavimento, entrambi erano consunti.
 
Suryan era appena rientrata al Pub, la testa sembrava un tornado e tutto le sembrava confuso. Troppe emozioni quel giorno, aveva bisogno di mettersi in pausa.
-Devo andare da Beatrix-
Cercò la ragazza per tutta la locanda ma sembrava sparita, un unico posto era rimasto.
Mentre la ragazza saliva le scale scricchiolanti avvertì i sentimenti che l’avevano pervasa l’ultima volta in cui era stata in quel luogo. La prima volta in cui aveva conosciuto la vera Beatrix.
Sorrise, era lì.
-Ti ho cercata ovunque!
Beatrix si girò di scatto e inarcò un sopracciglio. I capelli neri, lunghi e mossi si muovevano col vento, sembravano quasi danzare.
-Vieni qui, dai.
Suryan si sedette sulle tegole, vicino l’amica. Il vento le risultava piacevole, nonostante fosse piuttosto forte.
-Mi mancherà tutto questo. Ho paura, sento, che non tornerò presto.
Beatrix strinse la mano di Suryan, cercando di confortarla. Dentro di sé, però, iniziava a dare più peso alle sensazioni dell’amica, soprattutto dopo le ultime scoperte sul suo conto.
-Andrà tutto bene, ci sarò sempre io a coprirti le spalle.
-Jasper oggi mi ha rivelato i suoi sentimenti e ci siamo baciati.
Lo disse di getto, come a voler togliersi un peso.
-Immaginavo.
Suryan rimase perplessa dalla reazione di Beatrix, si aspettava fuoco e fiamme o domande a riguardo. La ragazza, invece, era imperturbabile.
-L’importante è che tu sia felice.
Aggiunse, accorgendosi del silenzio che era calato fra le due. In quel momento voleva solo che Suryan le parlasse all’infinito, che fra di loro non ci fosse più quella sensazione di inadeguatezza e confusione. Le dava fastidio avvertire sensazioni così negative.
-Ed Helga?
-Helga ha preso la sua decisione e se Jasper è interessato a te, forse è meglio che sia andata così.
Suryan annuì anche se qualcosa in tutta quella storia così confusa, non le tornava. Quella sensazione negativa era come uno spettro che le girava intorno.
-BEATRIX? SURYAN? SCENDETE, SI PARTE!
 
Carol era appena salita nel suo lussuoso SUV ed era già annoiata. Era certa che sarebbe stato un viaggio lunghissimo e che la stregaccia accanto a lei non sarebbe stata di alcuna compagnia.
L’odore di fiori e di nascita delle piante circostanti le dava il voltastomaco, quel profumo dolciastro la irritava.
Era però interessante osservare il paesaggio, guardare oltre la finestra della sua camera. I palazzi sembravano correre, così come gli alberi. Tutto passava così veloce che fece quasi fatica a mettere a fuoco gli oggetti, imprimerli nella sua memoria.
Il cielo era così luminoso, le nuvole sembravano appena accarezzarlo di qua e di là; le infondeva sicurezza e tranquillità, sensazioni quasi sconosciute per lei.
-Ha degli affari in sospeso col conte?- chiese Carol, mentre si lisciava i capelli dorati.
-Può darsi.
La vecchia si voltò verso il finestrino e per le restanti ore rimase ferma come una mummia. Chissà se fosse un suo potere, si chiese la principessa sovrappensiero.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì vide davanti a sé una collina: sembrava artificiale. Era così perfetta ché riusciva a contenere perfettamente l’imponente castello che vi era sopra. Da lontano sembrava un po’ cupo ma certamente incantevole.
-Ci siamo quasi.
La mummia sembrò ridestarsi dal suo torpore quasi eterno.
Il SUV si fermò davanti le grandi inferriate nere, ad aspettarla c’era il conte, con un grande e luminoso sorriso. Il sole sembrava baciarlo, rendendolo ancora più affascinante del solito. Quell’aria da generale non sembrava abbandonarlo mai.
-Benvenuta, principessa.
Max le porse la mano, per aiutarla e farle strada verso la sua dimora.
Carol la strinse e dentro di sé sentì un’esplosione di emozioni. Sentiva quasi del calore come se, il conte, con i suoi raggi, riuscisse a riscaldare il suo cuore di ghiaccio.
 
Il gruppo di Hector stava riorganizzando i grossi zaini con le poche provviste che avevano deciso di comune accordo di portare. Sarebbero andati a piedi, ciascun gruppo per la sua strada, con le proprie provviste, per non dare troppo nell’occhio. Per la verità, Claudius aveva pensato che la sua macchina o quella di Romina avrebbero potuto attirare l’attenzione, ed andare e tornare per le strade affollate durante il periodo dell’incursione avrebbe significato dare certezza della loro colpevolezza alle autorità del luogo.
Suryan guardava Helga mentre comunicava con la penna magica. Jhonny aveva fornito loro istruzioni circa la struttura del palazzo ed ora la ragazza lo stava ringraziando con parole fredde e distaccate. Jalice la guardava con aria triste, lo stesso Claudius. Jasper sembrava evitarla.
Non ebbe il tempo di formulare un pensiero a riguardo che Hector l’approcciò circondandola con il suo lungo braccio.
-Dimmi un po’, Suryan, come ti senti? Stiamo andando a salvare Judit, finalmente!
Suryan lo guardò con aria interrogativa. L’ansia che provava in vista della spedizione non era nulla a confronto della gioia che l’idea di rivederla le infondeva. Hector doveva saperlo benissimo, quella le sembrava una scusa per parlare di Judit. E non le piaceva.
-Lasciala stare, è ovvio che è un brodo di giuggiole!- si intromise Olivia.
-Che noia, volevo parlare con lei!- Hector la lasciò andare.
-Sono felice, grazie dell’opportunità. Se non fosse stato per voi, a quest’ora non avrei saputo nemmeno dove trovarla!
Hector sorrise e raggiunse Kirk e Daraen. Olivia le si avvicinò.
-Tutto bene?
Suryan fu sorpresa da quella domanda. Decise di ringraziarla rispondendole con sincerità. -In realtà sono preoccupata. Nonostante l’allenamento, non mi sento pronta. Ho paura per Judit, se non riuscissimo a salvarla?
-Stai tranquilla- la rassicurò, -hai con te i migliori taccheggiatori di tutto il mondo delle streghe. Beh, a eccezione di quell’idiota che si è fatto imprigionare.
Non seppe se quelle parole la avessero rassicurata o gettata ancora di più nello sconforto.
Ad ogni modo, ormai vi era poco tempo a disposizione per chiacchierare. I preparativi sembravano ultimati.
Tutti uscirono dal pub e si misero vicino ad Hector, capo del gruppo Sole di mezzanotte, come Kirk sosteneva si facessero chiamare. Hector e il suo gruppo iniziarono a mettere in spalla gli zaini e a dirigersi verso sinistra, gli altri sarebbero andati a destra, percorrendo la strada più lunga, ma più libera dai controlli.
Prima di incamminarsi, guardarono un’ultima volta il pub. Suryan promise a se stessa di tornare a quei giorni pieni di allegria, tristezza, risate e pianti. Il pub l’avrebbe sempre accolta, ne era sicura.

 

   
 
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