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Autore: IndianaJones25    20/11/2019    4 recensioni
Dopo quasi quarant’anni, Indiana Jones fa ritorno sulle alture interne del Perù per raggiungere ancora una volta il tempio dei Chachapoyan dove, in gioventù, tra mille difficoltà, rinvenne l’idolo d’oro della fertilità. Ma nel tempio era celato molto più di una piccola e semplice statua d’oro, qualcosa di davvero unico e prezioso: un sorprendente segreto, rimasto custodito in quel luogo per migliaia di anni, che l’anziano archeologo intende finalmente riportare alla luce.
In questa nuova occasione, però, ad accompagnarlo ci sarà sua figlia, perché solo unendo le forze i due Jones potranno svelare quell’antico mistero, che sembra provenire da una galassia lontana lontana...
Genere: Avventura, Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Henry Walton Jones Jr., Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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4 - RIFLESSIONI
   
       Fu necessaria almeno un’ora abbondante perché ogni singolo macchinario fosse accuratamente smontato, la grotta completamente svuotata e tutto il carico immagazzinato con attenzione a bordo delle capienti stive del Millennium Falcon.
       Tanto Katy quanto Indy offrirono a più riprese il proprio aiuto - anche perché, tutto sommato, questo avrebbe significato poter dare un’occhiata più da vicino all’astronave e ai suoi misteriosi recessi - ma i tre viaggiatori dello spazio lo rifiutarono categoricamente, asserendo che erano loro ospiti e che non dovevano in alcuna maniera faticare per loro, soprattutto considerato che Indy avesse messo a serio repentaglio la propria vita per poter salvare l’Arca, quell’arma pericolosissima che loro stessi avevano condotto sul pianeta. Il fatto che fossero trascorsi quasi quarant’anni, da quei giorni, non parve interessargli minimamente, come se per loro mezz’ora o quattro decenni avessero la medesima valenza.
       Così, costretti loro malgrado a fare da semplici spettatori, Katy e Indy si misero a sedere sopra una sporgenza nella roccia ed ebbero abbastanza tempo a loro disposizione per discutere riguardo alcune delle cose che li lasciavano perplessi. Ce n’erano parecchie, a dire la verità, ma la giovane puntò per prima cosa su ciò che l’aveva sconvolta più di ogni altra cosa.
       «Ma, quindi, quando moriamo ci reincarniamo?» chiese, a bassa voce. Quell’idea, da un lato confortante, la spaventava parecchio ed avrebbe preferito non parlarne, eppure al medesimo tempo si sentiva così attratta da essa che non fu in grado di sottrarsi dal porre una simile domanda.
       Jones non rispose subito, pensando a tutti gli amici che aveva perduto nel corso degli anni, amici che, molto spesso, gli mancavano fino allo sfinimento; sarebbe stato confortevole, certo, credere che non se ne fossero andati per sempre, ma che vivessero ancora dentro altre persone, lì sulla Terra o in chissà quale altro punto dell’universo sconfinato, in epoche passate, presenti o remotissime nel futuro. Ma poteva sul serio accettare una simile possibilità?
       D’altra parte, anche se a tratti si facevano sempre più confusi e remoti, i pensieri e i ricordi di Han Solo erano prepotentemente riemersi dentro di lui, non poteva affatto negarlo; questo, quindi, doveva per forza voler dire qualcosa. Tuttavia, per un razionalista come lui, che anche di fronte ad evidenti miracoli aveva sempre cercato un’altra spiegazione, non era semplice accogliere un concetto del genere, neppure adesso che le prove a suo carico sembravano quantomeno inconfutabili.
       Per quello che lo riguardava, e nessuno gli avrebbe mai fatto cambiare idea in proposito, l’essere umano era semplicemente una perfetta macchina biologica, differente dagli altri animali solo per la grandissima capacità di concepire pensieri profondi e articolati, ma nulla di più; e, come qualsiasi altra macchina, quando sopraggiungeva un guasto irreparabile o, più semplicemente, finiva la benzina, doveva essere messo da parte e rottamato. Eppure… eppure doveva riconoscere che, quella che dentro quella macchina di carne vivesse qualcosa di staccato da essa, un’anima o in qualsiasi altro modo la si volesse chiamare, era una possibilità che, per quanto remota, non poteva più continuare ad ignorare come se niente fosse.
       «Non lo so, Katy, davvero non lo» si trovò ad ammettere, scuotendo la testa e carezzandosi piano il mento coperto di barba ispida. «Secondo certe religioni orientali, come ad esempio nell’Induismo, la reincarnazione è un dato di fatto inoppugnabile. Un corpo fisico muore e la sua anima immateriale passa in un altro, come un filo che vada sempre avanti a tessere una trama complicata, fino a raggiungere la perfezione… l’anima è praticamente la forza pulsante e immortale che, svestitasi di abiti vecchi e laceri, indossi qualcosa di nuovo e pulito, sempre più elegante con il passare del tempo. Ho trascorso vario tempo, in India, e laggiù mi sono reso conto che questa viene considerata la pura e semplice realtà, senza porsi troppi problemi in merito. Ma quello è davvero un mondo differente ed a tratti incomprensibile, persino oggi, persino per chi pensa di avere sempre la verità a portata di mano…»
       Katy rifletté su quelle parole, giocherellando con le sue scurissime ciocche.
       «Però» obiettò, «nelle altre religioni non è così. Vuoi forse dirmi che le religioni dell’Oriente sono più vere, rispetto alle altre?»
       Jones riordinò un momento le idee, prima di risponderle.
       «Non è un’esclusiva delle religioni orientali, però» puntualizzò, continuando a stuzzicarsi il mento. «Come dovrebbe averti bene insegnato il professor Jennings, infatti, anche diversi pensatori antichi, come il filosofo greco Platone - che, in fondo, potremmo persino considerare il padre fondatore del nostro modello di pensiero occidentale, insieme poi agli usi ed ai costumi di Roma, soprattutto a causa della mole di suoi scritti che sono giunti fino a noi - erano certi che l’anima si reincarnasse in un altro corpo, dopo la morte dell’individuo fisico. Socrate, il maestro di Platone, a dire il vero la pensava in maniera differente, ma ora non è affatto il caso di mettersi a dissertare della differenza di vedute dei filosofi ateniesi di due millenni e mezzo fa. Prima di Platone, uno dei primi a parlare di rinascita delle anime, comunque, fu Pitagora, il quale arrivò persino a descrivere con puntiglio le sue vite precedenti; e, certi autori antichi, furono davvero convinti di aver individuato le sue successive rinascite, dopo la sua uccisione da parte dei cittadini di Crotone.»
       La ragazza annuì con aria leggermente disgustata, tenendo le mani aperte di fronte al viso e osservandosi le unghie.
       «Jennings ci ha fatto una verifica a sorpresa sulla metempsicosi, gli ultimi giorni, poco prima degli esami» ricordò, parlando con tono aspro. «Dato che ero l’unica ad aver preso un bel voto, quella deficiente di Elaine ha cominciato a prendermi in giro. È stata quella volta che l’ho aspettata nella doccia e le ho insegnato a non rompermi i…»
       «Ehi!» la interruppe suo padre. «Piano con le parole!» Prima che lei potesse ribattere, ricominciò: «Comunque, persino i cristiani, in un primo momento, accettarono come vera e inoppugnabile la trasmigrazione delle anime, in base ad alcuni passaggi contenuti nei Vangeli, nonché proprio grazie a Platone che, nei primi tempi, per via della sua dottrina delle idee e per quello che scrisse nel Timeo, venne quasi considerato un precursore del Cristianesimo, cosa che, naturalmente, è del tutto ridicola, col senno di poi.»
       «Mutt, quando sono andata a trovarlo in California, mi ha fatto conoscere alcuni hippie» intervenne Katy, continuando ad osservarsi le unghie tutte rovinate.
       Jones sbiancò a quella notizia.
       «Cosa?!» sbottò. «Quando?!»
       Esaminò attentamente la figlia, provando il terrore che qualcuno di quei degenerati le avesse fatto ingurgitare qualcuna di quelle schifezze sintetiche senza cui non riuscivano ad arrivare a fine giornata. Possibile che Junior fosse stato tanto sconsiderato e incosciente da trascinare sua sorella al cospetto di gente del genere? Appena gli fosse capitato di incontrarlo, gliene avrebbe dette quattro…
       «L’ultima volta che sono stata da lui, appena finita la scuola» continuò invece Katy, candidamente, ricominciando a mangiucchiarsi le dita. «E, ora che mi ricordo, ce n’era uno che biascicava a proposito della vita eterna…»
       «Non devi dare retta a personaggi simili!» proruppe suo padre, indignato al solo pensiero. «Hai visto il modo in cui vanno in giro conciati…?»
       «A dire il vero, in casa, girano tutti nudi…»
       «Che?!» Per poco, ad Indy non venne un infarto. «Tu sei stata a casa… tu hai visto…?»
       «Erano tre ragazzi e due ragazze» rispose lei, con un’alzata di spalle.
       Jones aveva quasi paura a domandarlo. «E… che cosa… ti hanno… fatto?!» Dentro di sé, cominciò a provare un vero e proprio istinto omicida nei confronti di quella gentaglia.
       «Cosa vuoi che mi abbiano fatto, Old J?» ribatté Katy, con una risatina. «Io ho solo accompagnato Mutt, che voleva farsi pagare, dato che gli aveva aggiustato la macchina da più di un mese ma loro non avevano ancora tirato fuori nemmeno un soldo.» Rise ancora più forte. «Ma erano tutti talmente fatti, quando siamo arrivati, che non si sono nemmeno accorti di noi. Allora, Mutt ha guardato in giro, ha trovato in un cassetto i soldi che cercava e siamo venuti via. Anzi, nel vederli in quelle condizioni, mi ha messo una mano sugli occhi e mi ha detto di scendere da basso e aspettarlo in strada…»
       «E bravo, Junior, ogni tanto ne combini una giusta pure tu…» pensò Indy, con un sospiro di sollievo.
       Ma non aveva ancora finito di formulare quel pensiero che Katy soggiunse: «Però, io mica sono scesa! Ho aspettato che fosse andato nell’altra stanza a cercare i soldi e sono rientrata!»
       «Hai fatto malissimo!» ruggì Jones.
       «Ma c’erano quei ragazzi nudi e io…» Katy si morse le labbra, arrossendo fino alla punta delle orecchie a quel ricordo e non sentendosi sicura di poterne parlare liberamente di fronte a quel vecchio scorbutico del suo genitore.
       «E tu…?» la incalzò suo padre, temendo la risposta.
       «Be’, non mi era mai capitato di vederne uno tutto nudo, no?» squillò la ragazza. «Cioè, in realtà ho visto Abner, un sacco di volte, e pure quando fa le sue schifezze con i giornaletti… ma lui è mio fratello e mica conta… allora, per vedere meglio, mi sono seduta sul divano, accanto a uno di loro, che si è svegliato…»
        Indy avrebbe voluto mettersi a piangere. Non era possibile che la sua bambina avesse…
       «In realtà, non era proprio sveglio» si corresse lei, cambiando il dito che stava masticando. «Era mezzo andato, tutto in tilt. E si è messo a blaterare ad alta voce sulla vita eterna… chi lo sa, forse sarebbe stato persino un discorso interessante, da ascoltare. Solo che, intanto, Mutt è ritornato, mi ha trovata ancora lì, mi ha presa per un braccio e mi ha trascinata via, dicendomi che non dovevo avvicinarmi a certa gente…!»
       Jones si appuntò mentalmente di dire a Marion che, da quel momento in avanti, i viaggi per Katy in California sarebbero stati vietati.
       «Queste cose avrei preferito non saperle!» grugnì, schifato. «Si può sapere perché diavolo hai tirato fuori questa storia, poi?»
       Katy, che intanto aveva cominciato a far riposare le dita indolenzite tornando ad affondarsele tra i capelli, scrollò le spalle.
       «Be’, Old J, stavamo parlando di vita dopo la morte, no? E, allora, mi è venuto in mente quello che…»
       «Dimenticati una volta per sempre quei cretini!» sbottò suo padre. «Togliti dalla mente loro e i loro deliri New Age! Io sto parlando di cose serie, non di visioni indotte dalla droga che si bevono a colazione! E, se tuo fratello ci prova ancora, a portarti in posti del genere, giuro che lo diseredo!»
       La giovane comprese di aver toccato l’argomento sbagliato.
       Evidentemente, c’erano cose di cui poteva parlare liberamente con il vecchio ed altre no: lui poteva in qualche modo tollerare che lei avesse messo fuori combattimento una decina di compagne di classe, sotto la doccia, e che in quel momento nessuna di loro - lei compresa - indossasse nulla, ma solo perché erano tutte ragazze; oppure poteva ascoltarla raccontare di aver spiato Abner mentre faceva certe cose, perché in fondo quello era suo fratello e non ne sarebbe derivato nulla di male. Guai se, però, scopriva che c’erano anche degli altri ragazzi, coinvolti nelle sue faccende, specialmente figli dei fiori che lui considerava alla stregua di criminali pericolosi.
       Ma, da questo punto di vista, avrebbe potuto rassicurarlo senza problemi: a lei gli hippie non piacevano, non piacevano proprio per nulla, li trovava sporchi, brutti e puzzolenti, oltre che stupidi e privi di intelligenza.
       «Guarda che, a me, quegli hippie nudi e strafatti di chissà cosa, facevano vomitare!» esclamò, sperando che bastasse a fare pace. «Ero solo curiosa ma, per il resto, non mi avvicinerei a loro nemmeno con i guanti!»
       Suo padre, in parte sollevato, le diede una pacca dietro la nuca.
       «Mi fa piacere sentirlo, bella» le rispose, con la sua solita voce roca. «Quella è gente strana. Oddio, non tutti, eh… ne ho conosciuti anche alcuni abbastanza messi bene, ma la maggior parte… gente che passa il tempo a farsi di droga dalla mattina alla sera. Purtroppo, la droga sta distruggendo la gioventù… in questo secolo abbiamo avuto tanti mali, ma il vero cancro del Ventesimo secolo è proprio la droga e, per come la vedo io, lo sarà sempre di più… dai retta a me, stanne fuori…»
       Anche su questo punto, Katy poté rassicurare suo padre. Per lei, infatti, l’evasione non era data da un’iniezione di qualche strana sostanza, bensì dal poter ammirare un tramonto, o dal visitare una città, dal viaggiare, dal conoscere luoghi nuovi, dal vivere sulla propria pelle l’emozione della scoperta o, ancora, dalla lettura di un buon libro o dalla possibilità di pensare e riflettere. Cercare rifugio in qualcosa che avrebbe inevitabilmente condotto a una morte più rapida e inutile, come se quello fosse l’unico sistema per sentirsi diversi ed in pace, non faceva certo per lei.
       «Tranquillo, Old J» disse, dunque. «Io voglio studiare per diventare un’archeologa, proprio come te. Non mi importa di ridurmi ad essere uno scheletro schifoso, col rischio di perdere tutti i capelli…!» Quel semplice pensiero la fece tremare dalla paura. Tutto, ma non i capelli!
       «Me l’hai detto adesso ma giurami che non te lo dimenticherai mai!» la pregò Indy, in tono quasi supplichevole. «I libri, la musica, l’arte in genere, un buon film, la curiosità, la conoscenza e il sapersi stupire o emozionare, quelle sono le vere e uniche sostanze stupefacenti. Il resto è puro veleno!»
       «Te lo giuro!» promise Katy, sollevandosi per depositargli un leggero bacio sulla guancia crespa di barba e sentendosi felicissima nel vederlo sorridere.
       A dire il vero, c’era persino una terza cosa su cui avrebbe potuto rassicurare suo padre, rifletté, mentre tornava a infilarsi un’unghia tra i denti.
       Aveva avvertito chiaramente il suo tono spaventato quando lei gli aveva detto di essersi seduta accanto a quel ragazzo nudo, quasi avesse avuto paura di quello che sarebbe potuto accadere, come se, vinta dalla troppa curiosità, si fosse potuta lasciar andare a chissà che cosa.
       Ma, dentro di sé, Katy era sicura che non sarebbe accaduto proprio nulla, in un frangente simile, perché trovava molto più belle ed affascinanti le ragazze, piuttosto che i maschi; anzi, le trovava tanto attraenti che, a scuola, aspettava sempre molto volentieri l’ora di ginnastica per via delle docce in comune nello spogliatoio femminile. E doveva anche ammettere che, quando aveva picchiato quelle sceme, non si era sentita soddisfatta solo per i pugni e i calci che gli aveva dato, ma anche per come si agitavano i loro corpi, per come si muovevano, per come erano apparsi morbidi sotto le sue mani… Per quanto le odiasse, non poteva certo nascondere che fosse stato divertente poterle toccare un po’ più del solito.
       Quest’ultima considerazione, tuttavia, preferì tenerla per sé, perché era certa che lui non l’avrebbe compresa, dato che lei per prima, ancora, non riusciva a capire che cosa significasse per davvero.
       Suo padre, l’uomo che lei più ammirava ed adorava al mondo, era un uomo moderno ma, sotto certi aspetti, era veramente arretrato, pertanto non poteva pretendere che capisse un suo stato d’animo, quando neppure lei, pur avendoci riflettuto a lungo, riusciva a spiegarselo per bene.
       Quindi, decise di lasciar perdere e di tornare sull’argomento della reincarnazione, che avevano bruscamente interrotto.
       «Allora, se per i mistici orientali, per quelli cristiani e pure per Platone la reincarnazione esiste, dobbiamo crederci per forza?»
       Jones osservò la figlia che si maciullava le piccola dita che, altrimenti, sarebbero apparse molto graziose, resistendo alla tentazione di chiederle di smetterla, conscio che avrebbe soltanto sprecato il fiato.
       «In teoria, sì» rispose, invece. «Se vogliamo dar loro credito, dobbiamo accettarla come vera.» Tacque un momento, per togliersi il cappello e rigirarselo tra le mani con aria pensosa. «Ma io non sono né un mistico né un filosofo, né tantomeno un credente. Sono un archeologo. Io bado alla concretezza dei fatti, alle fonti, a tutto ciò che può essere visto, toccato e dimostrato. Non prendo nulla per vero soltanto perché qualcuno dice che debba essere per forza così, trincerandosi dietro ipse dixit, misteri della fede o altre cose del genere. Per me, mezze verità o quelli che potrebbero essere considerati indizi, ma che non sono per nulla dimostrabili e verificabili, non hanno alcun tipo di valore accademico.»
       «In pratica, Old J, non ci credi!» riassunse brevemente Katy.
       Il vecchio ammiccò leggermente.
       «Credo che il tuo professor Jennings avrebbe dovuto insistere un po’ di più su questo punto, che è uno dei capisaldi del pensiero del nostro secolo» continuò. «Tutto ciò che esula dalla nostra realtà quotidiana, per come la vedo io - e non solo io, a dirla tutta - è semplicemente un abbaglio, una pura illusione, uno specchietto per le allodole, una specie di contentino da dare a tutti coloro che, ancora, hanno paura del buio e si perdono nel sonno della ragione, popolato di creature mostruose e di paure impalpabili… Ma ricordati, Katy, che il buio è soltanto l’assenza di luce e che basta allungare una mano e premere un piccolo interruttore, un gesto semplice e banale, perché tutto si chiarisca.»
       «Vuoi dire che, quelli che vanno a messa o ad altre cose del genere, sono tutti dei cretini totali come le mie compagne di classe?»
       Indy scosse il capo, con un ghigno divertito per il modo spicciolo in cui la figlia risolveva tutte le questioni. Nelle sue parole, gli sembrava veramente di rimembrare il se stesso di tanti anni prima, quello che non si era fatto ancora contagiare dalla logorrea accademica, quello che preferiva agire alla spicciolata, tenendo la bocca chiusa.
       «No, no, Katy» la rimproverò con dolcezza. «Non ci sei. Non puoi definire “cretino” qualcuno solo perché vede il mondo in maniera differente da come lo vedi tu. È arroganza bella e buona, capisci? Bisogna imparare ad avere rispetto di tutto e di tutti, per quanto le opinioni degli altri, a volte, ci paiano davvero sciocche. È da qui, infatti, che nasce il confronto ed è da qui che la scienza ha la possibilità di progredire. Lo so che, spesso e volentieri, ci capita di sentire discorsi talmente stupidi che ci verrebbe voglia di prendere a calci nel sedere chi li emette, ma questa non è quasi mai la soluzione corretta, per quanto io stesso debba riconoscere che sia parecchio efficace e rapida.»
       Pensosa, la ragazza si tolse di bocca le dita e le osservò per qualche istante, prima di passare all’altro suo passatempo preferito, il controllo delle doppie punte. Mentre si teneva una ciocca di capelli di fronte agli occhi incrociati, provò a rispondere.
       «Ma, allora, se da una parte c’è chi ci crede e dall’altra chi non lo fa, dov’è la verità? Insomma, possibile che nessuno sia ancora riuscito a dare una risposta definitiva a tutto questo? Voglio dire, se sono migliaia di anni che c’è gente che se ne sta occupando qualcosa si dovrebbe pur sapere…»
       Jones osservò la sua figlia adorata quasi con una certa invidia per la sua sete di sapere tutto subito, un tratto tipico dell’adolescenza che lui aveva ormai dimenticato.
       «La verità…» ribatté, in tono quasi trasognato. «La verità non ce l’ha nessuno in tasca. La verità è un concetto estraneo al nostro discorso. Solo qualche filosofo con la testa tra le nuvole - o quegli hippie decerebrati che si imbottiscono il cervello di metedrina dalla mattina alla sera - potrebbe credere di conoscere la verità.»
       Katy era una ragazza molto intelligente, su questo non c’erano dubbi, ma quel discorso la stava mandando un po’ in crisi. Più che altro, non riusciva a capire che cosa intendesse dire suo padre di preciso.
       «Insomma, ma tu che cosa pensi, Old J? Ci credi o no, in queste cose?»
        «Io no, Katy» rispose l’archeologo. «Ma altre persone sì. In fondo, è quello che citavo prima, quello che potremmo definire il mistero della fede, no? Un dogma inconoscibile, un mistero in cui l’uomo crede da sempre e che, per questo motivo, è ancora pienamente radicato nelle coscienze, anche adesso che Dio ci sta dando l’innegabile prova della sua inesistenza, come dimostrano benissimo tutte le guerre o le stragi che lui, essere onnipotente e supremo, non ha saputo fermare, oppure come sta ben scritto nel pianeta che muore a poco a poco sotto la spinta dell’inquinamento e del cemento, senza che nessuna divinità superiore metta le mani avanti per impedirlo…»
       «E se la prova che non ci sia nulla di divino è tanto lampante, perché diamine ci credono?» domandò la giovane. «Vedi che sono tutti deficienti?»
       «Non dire così, Katy! Semplicemente, qualche cattolico potrebbe replicare che Dio ha dato all’uomo il libero arbitrio» spiegò suo padre, dandole una pacca sulla gamba. Fece una breve pausa, andando con la memoria ai tempi della seconda guerra mondiale, e aggiunse: «Anche se questo, a dire il vero, non mi ha mai spiegato dove stia la libertà di scegliere di chi viene ucciso spietatamente senza neppure potersi difendere.»
       Il vecchio archeologo fece un ghigno amaro, nel ripensare ai troppi fatti tremendi di cui era stato testimone nel corso di una vita lunghissima e zeppa di avvenimenti drammatici, ma poi sorrise incoraggiante: «Però, non voglio essere io a dirti in che cosa credere o meno, sarebbe ingiusto e persino arrogante da parte mia. Perché io sono un uomo e, come tale, sono sottoposto all’errore, di continuo: forse, nel professarmi ateo, mi sto semplicemente sbagliando, chi potrebbe dirlo.»
       «Io credo che il mondo sia abitato da un sacco di cretini, ecco che cosa credo!» ribatté Katy con molta decisione, riprendendo a logorarsi le unghie con i denti. «Cretini e deficienti, come le mie compagne di classe! Ma so io come fare a sistemarla, certa gente! Un bel calcio assestato dove dico io e vedrai come impareranno a distinguere il vero dal falso e…»
       «Katy…» la richiamò suo padre, parlando con voce dolce. «Hai studiato filosofia ed antropologia, a scuola, ma pare che Jennings non ti abbia poi dato chissà quali lezioni. Se vuoi diventare una brava archeologa e girare il mondo per conoscere altri popoli ed altre culture, devi per prima cosa apprendere il rispetto. Dimentica pregiudizi e sentenze troppo frettolose ed impara a capire chi hai di fronte. Solo così potrai fare bene il tuo lavoro ed aprire del tutto la mente.»
       «Ma negare ciò che non si vede non vuol già dire avere la mente aperta?» domandò la ragazza. «Insomma, penso di avere la mente più aperta io, che credo solo in ciò che posso prendere a calci, piuttosto che una qualche vecchia bigotta baciapile che pensa di avere la verità in tasca solo perché qualche altro ipocrita l’ha istruita in tal senso!»
       «In parte è così, d’accordo, ma negare tutto a priori non significa essere aperti, anzi direi piuttosto che voglia dire essere abbastanza ottusi» replicò Indy, con convinzione. Osservò per qualche istante C-3PO e R2-D2 battibeccare sul modo migliore per portare a bordo un apparecchio molto sofisticato e dall’aria particolarmente delicata, quindi riprese il discorso: «Essere di mente aperta vuol dire, semmai, essere disposti ad accordare fiducia a tutto, anche se entro un certo limite. Persino alla scienza, perché la scienza, per quanto sia importante, non è capace di dirci tutto e, spesso e volentieri, è costretta a riconoscere i propri errori e i propri limiti, magari ritornando anche sui suoi passi.»
       «Quindi uno può credere nella reincarnazione finché qualcuno non gli dimostra il contrario?» chiese Katy.
       «Più o meno» ammise suo padre, tormentandosi la barba. «Ma non è proprio così. Nessuno mi ha dimostrato matematicamente che la vita oltre la morte non esista, ma io continuo a negarla con fermezza. Oppure c’è chi è portato a non crederci, ma al medesimo tempo, come dire, ci spera, perché pensa che una vita eterna sia meglio di un nulla interminabile; e questo, poi, porta a chiedersi che cosa sia il nulla, come venga recepito, sempre che sia recepibile davvero... Alla fine, di fronte al divino ed al trascendente, sta a ciascuno di noi crederci ed accettarlo come vero, in maniera assoluta, senza porsi interrogativi in merito, oppure rifiutarlo in toto o ancora, come ti ho detto, sperarci e tormentarsi la mente a furia di pensarci. La vita oltre la morte non può essere spiegata e analizzata, quindi che ci sia o non ci sia dipende esclusivamente da quello che vogliamo credere dentro di noi.» Fece una breve pausa, continuando ad accarezzarsi il mento, prima di andare avanti. «Io, personalmente, credo ciecamente alla scienza e la scienza mi dà risposte più che logiche al riguardo, senza bisogno di andare a scomodare divinità, angeli e quant’altro di quelle cose lì; eppure, è anche appurato che non sia in grado di dirmi se esista un’anima che, dopo la morte del corpo, finisca da un’altra parte. Nessuno sa con esattezza che cosa accada a quel punto, questo lo devo ammettere e sarebbe stupido e presuntuoso affermare il contrario.»
       La ragazza rifletté un istante, lisciandosi i capelli con le dita.
       Soltanto un’oretta prima, quando ancora non erano discesi nelle profondità del tempio, suo padre le aveva confessato che, adesso, credeva che potesse esistere qualcosa di trascendentale; ora, però, messo di fronte all’evidenza, la sua mente scettica sembrava essere tornata a prendere completamente il sopravvento sulla sua capacità di raziocinio, togliendogli la possibilità di credere che non tutto si limitasse al mondo fisico, anche se poteva accettare che non ogni cosa fosse razionalmente spiegabile.
       Evidentemente, per un uomo cresciuto e invecchiato nel più completo disincanto, certe cose continuavano ad essere fuori portata, per quanto si sforzasse di accettarle e comprenderle. Anche quando sembrava avere fatto un passo in tale direzione - e chi avrebbe potuto dire se fosse un passo in avanti oppure indietro? - la sua mente lo bloccava e lo riportava alla griglia di partenza, lungo la quale si sentiva molto più a suo agio.
       «Non capisco, Old J. Mi stai mettendo più confusione che altro.»
       «Perché?» borbottò Jones, che credeva di aver parlato chiaramente.
       Katy scrollò le spalle, quasi non sapendo da dove cominciare a spiegarsi.
       «Be’, ecco…» disse, dandosi un leggero morso al labbro. «Tu mi dici che a certe cose non ci credi per nulla, però subito dopo mi dici anche che bisogna rispettarle, anche perché non sono state spiegate e quindi…»
       L’archeologo, a quel punto, comprese ciò che la figlia voleva dire.
       «Ho capito» ammise. «Pensi che io mi stia rimbambendo e mi contraddica da solo?»
       Katy trattenne a stento una risata.
       «Old J, quelle pillole che ti ha dato il dottore… alla tua età…»
       «Alla mia età, niente!» grugnì suo padre. Non era arrabbiato con lei, anzi era parecchio divertito. «Ho ancora le idee abbastanza chiare, in testa. Solo che, così a parole, non è facile da far capire quello che penso…»
       La ragazza mosse piano il piede calzato nel pesante scarpone sulla superficie coperta di una sabbia sottilissima. «Non puoi provare a fare uno schema?»
       «Come a scuola…» pensò il vecchio docente, prima di chinarsi e di cominciare a tracciare dei segni con le dita.
       «Okay, guarda qui. Scommetto che Jennings non ti ha mai insegnato nulla del genere!»
       Katy sollevò un sopracciglio. «Old J, non è che per caso sei geloso di lui?»
       «Uhmm…» brontolò Indy, concentrato.
       A dire il vero, era gelosissimo di quell’affascinante trentenne vestito sempre in maniera elegante e dall’aspetto di un poeta maledetto, con i capelli castani lunghi e ondulati che arrivavano a lambirgli le spalle, baffetti sottili e lo sguardo languido. Non tanto per gli insegnamenti che aveva dato a Katy, bensì perché lo considerava un belloccio che attirava tutte le donne nella sua rete: persino Marion aveva sempre insistito per incontrarsi lei stessa con lui, nei giorni dei colloqui. Ma non lo avrebbe ammesso mai, specialmente non davanti a sua figlia.
       «Ecco qui» disse, rimettendosi dritto con un grugnito e con la schiena che scricchiolava sinistramente.
       Katy osservò con curiosità il piccolo disegno tracciato da suo padre: era un cerchio approssimativo, con tre croci, una all’interno del cerchio stesso, una sulla sua circonferenza, l’ultima all’esterno.
       «Quello è il mondo» spiegò Jones, indicando il cerchio. «E la croce al suo interno indica coloro che credono solamente in ciò che possono vedere e toccare in esso, quelli che potremmo definire atei. So che molti si offendono, di fronte a una tale definizione, ma in poche parole sono quello che sono. Ci sei?»
       «Ci sono» rispose la ragazza che, fin qui, aveva già capito tutto.
       «Bene» riprese Indy. «La croce all’esterno del cerchio, invece, indica coloro che credono che possa esserci qualcosa di trascendente, di divino, diciamo. Sia gli uni che gli altri non si pongono domande di sorta. I primi sono convinti che sia reale solamente ciò che hanno costantemente sotto il naso e che può essere scientificamente provato. I secondi, invece, danno per scontato che il mondo sia come una sorta di passaggio obbligato prima di andare nell’oltremondo, nell’aldilà o come diavolo vorresti chiamarlo. Questa gente, ultimamente, è un po’ in declino, perlomeno in Occidente, dove c’è il Cristianesimo, mentre ce ne sono parecchi del genere tra i fedeli di altre religioni. Ma anche in America, tra predicatori, santoni, visionari e membri di sette quasi ermetiche, ne abbiamo persino troppi, a mio avviso.»
       «E quelli chi sono, Old J?» domandò Katy, indicando la terza croce, disegnata a metà strada tra le altre due.
       «Quelli sono quella gran massa di persone che, pur credendo o nella scienza o in Dio, o meglio in entrambe le cose insieme, non danno nulla per scontato e riescono a coniugare la propria fede religiosa con le conoscenze scientifiche. Oggi come oggi, la maggior parte degli esseri umani si schiera su quella linea.»
       «E lì ci sei anche tu?» chiese ancora la figlia.
       «Sì e no» fu la sibillina risposta di suo padre.
       «Old J, spiegati… per favore…»
       «Io sono tra queste persone per il semplice fatto che mi sono reso conto che ci sono cose, nel mondo e oltre, a cui la scienza non ha saputo dare una risposta e che, forse, non potranno mai essere spiegate. Ma non sono lì in quanto fedele di una religione, o di credente nell’anima od in altre cose simili. Mi trovo tra quelle persone perché, mio malgrado, ho visto certe cose che…» Si interruppe un momento per deglutire, quindi ricominciò: «Insomma, sono ateo ma non al punto di chiudermi totalmente all’idea che possa esserci qualcosa di trascendente o inspiegabile, e non sono aperto di mente fino a vedermi il cervello cadere in terra[1]. Mi sono spiegato?»
       Questa volta, suo padre aveva parlato un po’ più semplicemente ed aveva schiarito le idee della figlia. Mordicchiandosi l’anulare destro, ripensò ad una conversazione simile che aveva avuto con sua madre.
       «La mamma, una volta, mi ha detto di essere agnostica» disse.
       Jones annuì. «Lo so e, questo, ti dimostra ancora una volta quanto lei sia migliore di me, sotto ogni aspetto» ammise, compiaciuto di aver sposato una donna tanto straordinaria. «Essere agnostica è una dimostrazione di quanto mi sia intellettualmente superiore. Sai quell’apertura mentale di cui abbiamo parlato? Ecco, lei ne ha una che io non sono mai riuscito a raggiungere, mi piaccia o no doverlo dire.»
       «In che senso, Old J?»
       «Nel senso che credere in qualcosa che non si vede per partito preso è un conto e negare totalmente l’esistenza di qualcosa che trascenda da questo mondo è praticamente lo stesso. Sono due forme di arroganza che vanno di pari passo, lo so.» Indy scrollò le spalle. «Persino prendere in considerazione l’idea che possa esserci qualcosa che vada un pochino oltre le spiegazioni più logiche, come faccio io, non è poi questa gran cosa. Ma riuscire a pensare che ci siano cose su cui, al momento, non dobbiamo interessarci, su cui non si possa ragionare, per il naturale motivo che la nostra mente non può giungere a concepire una conclusione su ciò che le sfugge… be’, vuol dire essere migliori di parecchi di noi. A volte la invidio, ma non potrò mai scendere dalle mie posizioni, perché… be’, perché è così, ecco. Sarà per via del mio modo di vivere, non so… una volta, un celebre filosofo ha detto che molti credono per superstizione, molti non credono per libertinaggio e pochi, infine, stanno tra questi due estremi e aspettano[2]. Evidentemente, mi considererebbe un libertino e, detta tra noi, non penso di aver mai fatto molto per non esserlo.»
       Quel discorso stava cominciando a farsi fin troppo complesso per Katy, adesso, ed il diagramma tracciato da suo padre, che fino ad istante prima le aveva fatto capire molte cose, cominciava a farsi troppo nebuloso. Avevano iniziato a discutere di reincarnazione ma, adesso, l’intera conversazione stava cominciando a prendere una piega decisamente troppo intellettuale. Forse, avrebbe fatto meglio a riportarla sui binari iniziali.
       «Ma, Old J» disse, indicando i due droidi ed il Wookiee ancora indaffarati, «al di là di tutto quello che possiamo dire e pensare, loro dicono che tu eri quell’Han Solo… e, poi, lo hai visto anche tu il fantasma di quel Luke Skywalker…»
       Indy le diede un colpetto affettuoso dietro la nuca, accarezzando i suoi lunghi capelli nerissimi che scivolavano fuori dal cappello di paglia come una fluente cascata lucente. Per lui, non c’erano doppie punte che tenessero: la sua bambina era magnifica e se ne sentiva ogni giorno più orgoglioso.
       «Come ho cercato di farti capire, non possiamo spiegare tutto, Katy, specialmente quando si parla di vita e di morte. E ci sono cose che si apprendono un poco alla volta, solamente con l’età. Forse, tu ancora non hai raggiunto il momento più adatto per interessarti a certi discorsi…»
       Su questo punto, lei concordava perfettamente con suo padre.
       Anzi, a dire il vero, nella sua ottica da diciassettenne innamorata della vita e convinta di poter fare tutto, c’era soltanto una cosa, dinnanzi a sé, ossia l’eternità, l’immortalità; e tutto il resto, in fondo, non la riguardava, non la sfiorava neppure di striscio. La morte non era qualcosa che le appartenesse e, proprio per questo, pensò che fosse venuto il mento di smetterla con quei macabri discorsi che le provocavano solamente la pelle d’oca.
       Fece un cenno verso Chewbacca che, in quel momento, con sbuffi nervosi, stava ascoltando alcune lamentazioni di C-3PO.
       «Stupido ammasso di peli!» stava dicendo il droide. «Attento, quando ti muovi, o mi farai saltare i circuiti! Povero me, che cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?»
       «Secondo te, com’è possibile che sia così vecchio?» domandò, curiosa di sapere se suo padre, che pareva sempre preparato su tutto, avesse una risposta anche per quello. «Da quelle proiezioni che abbiamo visto prima, lui era vivo migliaia di anni or sono. Ora, capisco i droidi, che sono di metallo e ingranaggi, ma lui…» Perché, se da una parte Katy poteva accettare la propria personale immortalità di adolescente, non poteva certo spiegarsi come fosse possibile che quello strano essere peloso avesse attraversato indenne così tanti secoli.
       Indy indossò nuovamente il cappello ed appoggiò la testa ai pugni chiusi, con i gomiti sulle gambe. Osservò la figura slanciata di quello che era stato l’amico più fidato di Han Solo - memorie sempre più nebulose e distanti, ormai simili ai frammenti di sogni che restano ancora impigliati negli occhi la mattina appena svegli, prima di essere definitivamente cancellati da altri pensieri - e provò a ragionare sulla domanda affatto stupida di sua figlia.
       «Non sono un vero e proprio esperto di fisica» confessò, «ma qualcosina, al riguardo, ho capito pure io. Ho avuto l’immensa fortuna di conoscere il grande Albert Einstein, prima che tu nascessi, ed abbiamo avuto una lunga e fruttuosa chiacchierata.»
       «Non me l’hai mai detto, Old J!» esclamò Katy, stupita. «Ma quante ne hai fatte?»
       «Be’, qualcuna…» rispose Jones che, ne era certo, avrebbe avuto bisogno di un’intera enciclopedia per poter raccogliere tutte le sue memorie. «Era un noiosissimo ricevimento istituzionale, ci stavamo addormentando tutti e due sopra un divano… ma, quando mi si è accasciato addosso, siamo scoppiati a ridere ed abbiamo cominciato a parlare delle nostre professioni.»
       Anche la ragazza ridacchiò.
       «Pure a me è successa una cosa simile, una volta» ricordò con un sorrisetto, attorcigliandosi una ciocca attorno alla mano. «A scuola…»
       «Non ti sarai mica addormentata sul banco, spero!» sbottò Jones, indignandosi al solo pensiero. Lui, in gioventù, non era mai stato uno studente diligente - perlomeno, non credeva di potersi definire tale, considerate le numerose volte che, trovando troppo monotona la lezione del suo insegnante alle scuole elementari, era fuggito dalla finestra dell’aula per evadere da quel tedio - però, almeno, non era mai cascato dal sonno sul suo tavolo da lavoro.
       «No, non sul banco.» continuò Katy. «In aula magna. A una conferenza a cui ci hanno portato, un incontro con il governatore dello stato, un vecchio bavoso che non faceva che ripetere paroloni e paroloni di cui non capivo nemmeno in significato preciso. La poltroncina era comoda… e…»
       «E?» indagò suo padre.
       «Mi sono rovesciata addosso a Jimmy Stevens! Dormivo e nel sonno gli sono finita addosso!» scoppiò a ridere ancora più forte Katy. «Mi sono svegliata all’improvviso e, per la sorpresa, gli ho piantato per sbaglio un pugno nelle palle…»
       «Katy!» ruggì Indy. «Ti ho detto mille volte che non devi…»
       «Le cose vanno chiamate col loro nome!» ribadì lei, come faceva sempre quando suo padre la rimproverava per il linguaggio.
       «Sono d’accordo» replicò suo padre, sollevando un dito. «Ma c’è nome e nome e…»
       «Comunque» continuò Katy, a voce altissima, «il pugno che gli ho mollato è stato così forte che ha urlato come un pazzo, il governatore si è interrotto e tutti si sono voltati a guardarci!» Il solo pensiero di quella scena la fece ridere nuovamente. «Quella megera della Campbell è schizzata in piedi, ci ha presi per le braccia e ci ha portati nel suo ufficio! E, più tardi, è arrivato il preside…»
       «Che cosa?!» sbraitò Jones, alzando la testa di scatto e fissandola con occhi infuocati. «E com’è che, queste cose, le vengo a sapere solo adesso?»
       «Be’, mica potevo dirtele, no? Il preside era su tutte le furie e ha scritto una lettera da consegnare a te e alla mamma, ma io l’ho buttata nel cesso e ho tirato l’acqua…»
       L’archeologo era quasi esasperato. «E perché diavolo me le dici adesso?»
       «Old J, ormai mi sono diplomata ed in quella scuola non dovrò più rimetterci piede, no?»
       Indy si calmò. Effettivamente, Katy aveva ragione e non c’era più motivo di preoccuparsi o di prendersela per quei fatti ormai passati.
       «Posso almeno sapere che cosa c’era scritto, in quella lettera?» domandò, ritrovando il suo solito tono basso e profondo.
       Katy alzò le spalle, grattandosi dietro un orecchio e rigirando uno dei piccoli orecchini d’argento che portava ai lobi.
       «C’erano scritte delle stronzate…»
       Questa volta, Jones fu ad un passo dal perdere veramente il controllo.
       «Insomma, Katy!» ruggì, sbattendosi un pugno sul ginocchio così forte da farsi male. «Non so chi ti abbia insegnato questo turpiloquio, ma io pretendo che…»
       «Ma se tu e la mamma, quando ve la prendete per qualcosa, parlate peggio di due scaricatori di porto!» squillò la giovane, innocentemente. «Chi vuoi che mi abbia insegnato a parlare così…?»
       «Lascia perdere» grugnì suo padre, massaggiandosi adagio il ginocchio indolenzito. «In ogni caso, tu non devi ripetere queste cose!»
       «Ma, Old J, sei tu che mi dici sempre cose del tipo “guarda e impara” oppure “osserva qui, figliola, e prendi esempio”! Allora, deciditi!»
       Katy si era profusa in una tale imitazione della sua voce profonda che, ascoltandola, il vecchio archeologo non riuscì a trattenere una sonora risata. Scosse il capo con divertimento, prima di domandare: «Allora, quella lettera…?»
       «Nulla» tagliò corto Katy. «Quei due imbecilli della Campbell e del preside si erano convinti che, io e Jimmy, approfittando del buio, stessimo facendo cose brutte!»
       Jones sollevò un sopracciglio. «Che tipo di cose?» investigò.
       Katy avvampò. «Quelle cose… lì… e, comunque, non era vero niente! Io mi ero solo addormentata perché quel lumacone del governatore era peggio di un sonnifero!»
       Indy la guardò con un sorrisetto malizioso. Lui e Marion si erano conosciuti quando lei aveva la stessa età che aveva adesso Katy, ma la sua futura consorte non si era certo fatta troppi problemi a scatenarsi praticamente da subito in ciò che, invece, la loro bambina chiamava ancora “quelle cose lì”. Si domandò se i tempi fossero cambiati o, più semplicemente, fossero stati loro un po’ troppo precoci.
       Obbligò la ragazza a togliersi di bocca il dito a cui aveva appena ricominciato a torturare l’unghia e, sorridendo, disse: «Lo so bene che non potresti mai fare quelle cose lì con Jimmy. L’ho visto, qualche volta, e ti assicuro che ti meriti di molto, molto meglio.»
       Quel discorso imbarazzò ancora di più Katy, che preferì tornare a ciò di cui suo padre stava parlando.
       «Che cosa mi dicevi, di Einstein?» chiese in fretta.
        «Ah, sì» replicò lui, perdendosi nell’oceano dei suoi ricordi. «Un uomo veramente alla mano, un genio assoluto, non mi sono mai più trovato al cospetto di un personaggio simile… sono quelle occasioni che capitano una volta sola e che bisogna prendere al volo, tant’è che ho praticamente lasciato che parlasse solo lui, anche perché ascoltarlo era un vero piacere…»
       «Tu che rinunci a uno dei tuoi monologhi, Old J» rise la ragazza, ricominciando ad accarezzarsi i capelli.
       Jones scrollò le spalle. «Io non faccio monologhi» borbottò. «Comunque, in soldoni, per non fartela pesante, anche perché non credo di essere il più adatto a ripetere le sue teorie - che, per quello che ne so, non sono solamente teorie - ciò che mi ha spiegato - e che, devo ammetterlo, per un archeologo come me è stato alquanto sconvolgente - è che tutto quanto esista nell’universo è relativo al punto di vista dell’osservatore e delle condizioni in cui ci si trova in quel momento. La luce, il moto, persino il tempo…»
       «Il tempo?» ripeté Katy, sbalordita. «Ma il tempo non dovrebbe essere uguale per tutti?»
       Suo padre annuì adagio, ripensando all’incontro che aveva avuto con il celebre scienziato, nel 1952, durante un convegno inerente le ultime scoperte in campo scientifico organizzato al Barnett College di New York, dove lui stesso aveva insegnato fino a pochi anni prima.
       «Il tempo scorre in una sola direzione, in avanti, su questo non ci sono dubbi. Non è possibile viaggiare avanti e indietro attraverso di esso, perlomeno non allo stato attuale delle conoscenze.»
       Gettò un’occhiata di sottecchi al Millennium Falcon e gli venne voglia di correggersi: non era possibile viaggiare nel tempo allo stato attuale delle conoscenze terrestri, certo, ma chi avrebbe potuto sostenere che, altrove nell’universo, qualcuno non avesse già scoperto e messo in atto quel segreto per il momento inarrivabile? Per un istante, gli tornò alla mente lo spazio tra gli spazi di cui, tanto tempo prima, gli aveva parlato il suo vecchio amico Harold Oxley, un concetto molto simile a quello di iperspazio di cui Einstein stesso si era occupato.
       In effetti, con la sua risposta a Katy, stava proprio andare a parare in una direzione simile, verso quella possibilità remota ma forse non così assurda.
       «Ma, se ci allontaniamo dal centro della Terra e dall’attrazione gravitazionale, allora tutto cambia, persino il modo in cui muta la velocità del tempo» riprese a spiegare. «Secondo questa teoria, potremmo mettere in pratica uno di quelli che Einstein chiamava esperimenti concettuali, ossia dimostrabili solo nella mente, in mancanza di tecnologie adatte: se ci fossero due fratelli gemelli, ed uno di essi compisse un viaggio nello spazio alla velocità della luce, mentre l’altro rimanesse ad attenderlo sulla Terra, ebbene… quando il fratello viaggiatore facesse ritorno, apparirebbe praticamente identico al momento della partenza, perché per lui sarebbero trascorse soltanto poche ore, mentre l’altro gemello rimasto ad aspettarlo sarebbe sensibilmente invecchiato, perché per lui, invece, sarebbero passati mesi o addirittura anni.»
       Quella teoria era affascinante, Katy doveva convenirne, ma non era affatto semplice da afferrare, così su due piedi. Per fortuna, era dotata di un’intelligenza analitica che le avrebbe permesso di comprendere ed interiorizzare in poco tempo anche quelle nuove conoscenze.
       «Quindi…» ricapitolò, per fare ordine nella propria mente, mentre avvolgeva e svolgeva rapidamente una ciocca nerissima attorno al dito martoriato, «se Chewbacca viaggiasse spesso a bordo di quell’astronave a velocità della luce od anche di più, potrebbe invecchiare in maniera differente rispetto a noi che restiamo sempre qui?»
       «L’idea è proprio quella» borbottò Jones, a sua volta un po’ confuso. «Anche se, a dire il vero, secondo le concezioni odierne è impossibile viaggiare a velocità luce, almeno per un corpo fisico: soltanto la luce, i fotoni, per quello che ne sappiamo, ci possono riuscire, ed è appunto per questo che si parla di velocità della luce; per la luce, da quel che ne so, il tempo non esiste affatto ed è per questo motivo che essa può giungere a noi del tutto intatta, pur essendo stata emessa migliaia o milioni di anni fa, come accade ogni notte, quando alziamo gli occhi ad un cielo stellato.»
       «Ah…» sbottò la ragazza. «Quindi, fammi capire, Old J: le stelle non sono, come dire, in diretta?»
       «No, anzi, sono in una differita pazzesca» rispose Indy. «Come un film del passato trasmesso con parecchi anni di distanza dal momento in cui fu girato.» Tacque un istante, massaggiandosi lentamente il mento punteggiato di barba bianca con aria assorta. «Ma il fatto è che… che io non ci ho mai capito molto, con queste cose. La gravità, la curvatura dello spazio-tempo, i buchi neri… questi concetti non fanno per me. Purtroppo, le mie conoscenze di fisica non sono mai andate molto oltre il calcolo del raggio di un’esplosione, quando ne provocavo una, o la portata di tiro del cannone di un carro armato…» con un leggero ghigno, ripensò a certi avvenimenti di cui era stato suo malgrado protagonista, in passato, «…e devo ammettere che, anche in quei casi, non sono mai stato proprio un asso, al riguardo.»
       Katy sospirò profondamente, guardando senza più vederlo C-3PO che, in un delirio di onnipotenza, dava ordini a Chewbacca, senza che il Wookiee paresse prestargli troppa attenzione.
       Sebbene un po’ alla lontana, suo padre aveva tirato in ballo un’idea che l’aveva affascinata fin da quando era piccolissima, un sogno che non aveva mai scordato e che aveva continuato a coltivare in segreto dentro di sé, ossia la possibilità di viaggiare nel tempo, non tanto per vedere come sarebbe stato il futuro, bensì per poter assistere in diretta ai grandi eventi del passato; però, senza volerlo, il vecchio le aveva persino dato conferma della loro totale impossibilità
       Ciò nonostante, sognare non costava nulla e non si sarebbe mai arresa, da quel punto di vista.
       «Pensi che, un giorno, sarà possibile muoversi a piacere avanti e indietro nel tempo?» domandò, curiosa di sapere quale fosse l’opinione in merito dell’archeologo.
       Lui scrollò le spalle. «Non saprei…» grugnì.
       Indy era perfettamente a conoscenza del fatto che, una sua vecchia amica, la dottoressa Sophia Hapgood, che insieme a lui aveva scoperto Atlantide e Cibola, stava da lunghi anni lavorando a progetti che prevedevano proprio di raggiungere un risultato simile, grazie all’applicazione di un minerale rarissimo, di una piccola parte del quale lei era riuscita ad impadronirsi; tuttavia, l’ultima volta che si erano parlati, un paio d’anni prima, lei gli aveva confessato di essere ancora in alto mare, con le sue sperimentazioni, sebbene si sentisse sicura di ciò che stava facendo e fosse intenzionata ad andare avanti con le sue ricerche fino a quando le fosse rimasto un po’ di fiato in corpo.
       Sfortunatamente per Katy, Jones le aveva giurato solennemente di non rivelare a nessuno di quei suoi lavori, che se usati in maniera scorretta avrebbero potuto rivelarsi di una portata sconvolgente e devastante; specialmente, non avrebbe dovuto parlarne ad una ragazzina di diciassette anni che, colta dall’entusiasmo, e fin troppo chiacchierona com’era, avrebbe potuto farsi poi scappare quel segreto con chissà chi.
       «Neppure una piccola ipotesi al riguardo?» insistette lei. «La sai sempre lunga su tutto, Old J, non dirmi che, su un argomento del genere, non ti sei fatto neppure una mezza idea! Insomma, la possibilità di cambiare epoca e vedere direttamente dal vivo la nascita, lo sviluppo e la morte di tutte quelle civiltà di cui ti occupi, di cui spesso rinvieni soltanto pochissime tracce sbiadite nel terreno, ti avrà pur solleticato la fantasia, di quando in quando. Non dirmi che non ci hai pensato nemmeno una volta, perché non ci crederei mai!»
       Jones guardò gli occhi chiari e luminosi di sua figlia, resi ancora più espressivi dal leggero sorriso che le faceva arricciare le labbra un poco screpolate e che spiccavano nettamente in mezzo al suo visino dolce e solo lievemente spruzzato da quell’acne che, invece, lei riteneva così irritante e fastidiosa.
       Trovava sempre stupefacente constatare come paresse proprio che Katy sembrasse semplicemente Marion ringiovanita di qualche anno, con il suo stesso aspetto e con il suo medesimo carattere. Da genitore, non avrebbe mai potuto ammetterlo ad alta voce ma, tra i suoi figli, Katy era senza dubbio la sua preferita; e, proprio per questo, tenerle nascosto quello che sapeva gli pareva un vero delitto.
       Ma aveva anche dato la propria parola ed intendeva rispettarla; non poteva tradire la fiducia che Sophia aveva riposto in lui, nemmeno con sua figlia; per cui, semplicemente per accontentarla, si limitò a profetizzare, con un sorrisetto: «Sono certo che tu sarai la prima viaggiatrice del tempo.»
       Katy ammiccò, portandosi un dito alla bocca e mordendosi un’unghia senza neppure accorgersene.
       «Ne sarei felicissima, Old J» rispose. «E, ovviamente, tu verrai con me, vero?»
    Il sorriso di Indy si accentuò, diventando molto più sincero e spontaneo. Non poteva fare a meno di volere un bene dell’anima alla sua piccolina e sentirla dire di essere felice era sufficiente a scaldargli fin del profondo il suo vecchio cuore.
       «Certamente, Katy, ci andremo insieme.»
       La ragazza avrebbe tanto desiderato che quelle parole, che era più che consapevole che suo padre avesse pronunciato giusto per dirle qualcosa su quell’argomento di cui, evidentemente, non sapeva davvero nulla, potessero avverarsi sul serio, nella sua vita.
       Ma quando mai? Eppure, non avrebbe mai gettato la spugna, soprattutto non dopo essersi trovata sul punto di realizzare anche quest’altro sogno incredibile: stare per compiere un viaggio a bordo di una vera astronave proveniente da un’altra galassia.


=== Nota ===

[1]: Frase attribuita all’illusionista canadese James Randi
[2]: Frase di Blaise Pascal (1623 - 1662)

 
   
 
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