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Autore: Stria93    20/11/2019    4 recensioni
Raccolta di One-Shots, più o meno brevi, a tema Aziraphale/Crowley ispirate alle canzoni dei Queen.
[...]
11 - Pain is so close to pleasure..........21 - I'm going slightly mad............31 - Funny how love is
12 - Somebody to love......................22 - Let me live............................32 - '39
13 - Good old fashioned lover boy.......23 - Hammer to fall......................33 - Radio Ga-Ga
14 - Don't try suicide.........................24 - Innuendo (Halloween shot).....34 - Brighton Rock
15 - Delilah......................................25 - Ride the wild wind..................35 - You take my breath away
16 - You're my best friend..................26 - You and I (Halloween shot)
17 - A kind of magic.........................27 - Made in heaven
18 - One vision................................28 - Jealousy
19 - Killer Queen..............................29 - A winter's tale
20 - Back chat.................................30 - You don't fool me
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Oh jealousy you tripped me up

Jealousy you brought me down

You bring me sorrow you cause me pain

Jealousy when will you let go?

Gotta hold of my possessive mind

Turned me into a jealous kind

How how how all my jealousy

I wasn’t man enough to let you

hurt my pride

Now I’m only left with my own jealousy



Jealousy, Queen, 1978





Aziraphale tamburellava nervosamente con le dita sul tavolo, aspettando che lo snervante Tùù-Tùù del telefono accostato al suo orecchio venisse sostituito dalla voce di Crowley.
Quando finalmente il demone rispose, l'angelo liberò il respiro che solo a quel punto si accorse di aver trattenuto.
- Ciao Crowley. Come stai? -
- Oh, non c'è male. - rispose l'altro, vago.
Ed ecco la prima goccia di pioggia sul morale di Aziraphale, il quale si sarebbe aspettato come minimo che l'amico gli restituisse la domanda, anche solo per dovere di cortesia, anche solo con un misero: “e tu?”. Ma ciò non avvenne e l'angelo proseguì, sforzandosi di conservare un tono allegro.
- Senti, ehm... ti andrebbe di pranzare insieme oggi? Hanno aperto un nuovo ristorante thailandese qui vicino e... -
Il demone non gli permise neppure di portare a termine la frase. - Mi dispiace, angelo, ma temo di avere già un impegno. -
Aziraphale venne afferrato dalla solita sgradevole sensazione che provava ultimamente quando Crowley rifiutava di vederlo; era come ricevere una secchiata d'acqua gelida dritta sulla testa... acqua gelida e mattoni. Una secchiata di mattoni fatti di ghiaccio.
- Capisco. - mormorò Aziraphale, senza neanche preoccuparsi di mascherare la propria delusione dietro una parvenza di leggerezza.
- Scusa, ora devo proprio andare. - si congedò Crowley, frettoloso. - Ti chiamo io, d'accordo? -
- Ma Crowley, va tutto... ?- iniziò, ma la voce del demone era stata di nuovo sostituita dall'ipnotico suono che annunciava la linea libera. Aveva riattaccato senza nemmeno attendere la sua risposta, senza neanche aspettare di ricevere un suo saluto.
Aziraphale esalò un lungo sospiro rassegnato e ripose la cornetta.
Era l'ennesima volta in poco più di due settimane che il suo migliore amico declinava la sua offerta di trascorrere qualche ora in reciproca compagnia, accampando scuse generiche che avevano un inequivocabile retrogusto amaro di bugia.
L'angelo non riusciva a figurarsi un motivo valido per quel suo comportamento. Aveva anche passato mentalmente in rassegna i loro ultimi incontri, nel tentativo di individuare una frase sbagliata o un gesto casuale e involontario che avessero potuto offenderlo e farlo allontanare da lui; ma non era riuscito a trovare alcun ricordo che potesse far propendere per quella spiegazione. Tra loro non c'era stato nessun litigio, nessuna discussione, neanche un piccolo diverbio che fosse in grado di fornire un pretesto a quella sequela di inviti rigettati.
Doveva esserci un'altra ragione, per forza.
Aziraphale non riteneva probabile che Crowley stesse passando dei guai con i suoi dirigenti, poiché quelle rare volte che lo incontrava o che lo contattava al telefono, il demone gli pareva più distratto che preoccupato. Del resto, sia il Paradiso che l'Inferno, memori di ciò che era accaduto il primo giorno dopo la mancata Apocalisse, sembravano aver rinunciato (almeno temporaneamente) all'idea di vendicarsi di loro.
Era piuttosto come se l'amico avesse continuamente la testa fra le nuvole, come se tutta la sua mente fosse occupata da pensieri segreti ai quali Aziraphale non aveva accesso, dai quali era escluso. Ogni volta che l'angelo provava ad affrontare l'argomento, Crowley svicolava e cambiava discorso all'istante, eludendo le sue domande.
Aziraphale si sforzava di non prendersela; dopotutto era un diritto del demone quello di tenere per sé certi aspetti della propria vita. Non era tenuto a condividere tutto con lui, anche se era il suo migliore amico; anche se avevano alle spalle ben seimila anni di vissuti comuni; anche se insieme avevano contribuito a fermare l'Armageddon (più o meno); anche se si erano salvati la vita a vicenda scambiandosi i corpi... Oh, al diavolo! Chi voleva prendere per il naso?! Certo che Crowley era tenuto a metterlo al corrente di ciò che gli stava capitando, e il fatto che questo non fosse ancora avvenuto poteva significare solo una cosa: lui, Aziraphale, non avrebbe approvato.
Ma, qualunque fosse la misteriosa motivazione, essa stava tenendo il demone lontano da lui e tanto bastava per disapprovare a priori.
Il non sapere lo mandava ai matti. Avrebbe di gran lunga preferito essere messo a parte di una verità spiacevole piuttosto che sostare in quel limbo di dubbi e incertezze.


Ma, per un crudele scherzo del destino (o forse dell'Onnipotente), quella verità spiacevole gli venne accidentalmente rivelata un pomeriggio della settimana seguente.
Quella mattina Aziraphale aveva invitato Crowley a bere un tè, ma la sua proposta era andata a sbattere contro il solito muro di “No”.
- Mi dispiace, angelo, ma ho un impegno. -
- Sei sempre impegnato! - aveva sbottato Aziraphale senza riuscire a trattenersi. - Non so perché, ma mi stai evitando. È evidente! -
- Ma che dici? Non essere sciocco! -
- Allora dimmi cosa sono tutti questi “impegni” che ti impediscono di trovare anche solo un'ora di tempo per una maledettissima tazza di tè. -
Crowley era rimasto in silenzio per qualche secondo, forse spiazzato dall'imprecazione dell'angelo.
- Senti, - aveva poi esordito con voce più conciliante. - sto portando avanti un, ehm... un affare piuttosto delicato. Sono a un passo dall'ottenere ciò che voglio ed è davvero importante, quindi ti prego di avere ancora un po' di pazienza. Ti spiegherò tutto quando questa storia sarà finita. -
Poi era accaduta una cosa al limite del bizzarro: Aziraphale aveva udito distintamente una voce in sottofondo. Una voce femminile!
- Crowley? Ma c'è qualcuno lì con te? - aveva domandato, incredulo.
- Ma certo che no! È solo la ehm... la televisione. - aveva ribattuto l'altro, la voce fattasi improvvisamente acuta e nervosa. - Ora devo andare. Stammi bene, angelo. -
Il demone aveva riagganciato in tutta fretta e Aziraphale era rimasto ancora una volta solo con l'irritante Tùù-Tùù del telefono a pulsargli nell'orecchio.
Non era la televisione. Aziraphale era certo di ciò che aveva sentito e, a meno che la BBC non stesse trasmettendo una soap opera in cui una donna chiamava “Anthonyyy? Vieni o no? Lo champagne si riscalda.”, c'era decisamente qualcuno nell'appartamento insieme a lui.
Che egli sapesse, Crowley non riceveva mai visite a casa, a meno che l'ospite non fosse lui, ovviamente, e se non si contava quella volta in cui Hastur e Ligur si erano presentati alla sua porta per catturarlo e portarlo all'Inferno: visita che si era conclusa con la tragica dipartita di Ligur per mezzo di una formidabile secchiata di acqua santa.
No, Crowley non era proprio il tipo da inviti e la sua ristretta cerchia di amici si componeva fondamentalmente di un unico individuo: Aziraphale stesso.
Ma allora come poteva spiegarsi ciò che aveva udito? Chi poteva mai essere quella donna? Cosa ci faceva in casa del demone e per quale dannata ragione il suo migliore amico non gliene aveva mai fatto cenno?
Aziraphale si era macerato in quelle domande fino al pomeriggio, quando aveva stabilito che un po' d'aria fresca gli avrebbe fatto bene per distrarsi e ritrovare la lucidità.
Dato che il suo invito era stato declinato, sarebbe andato da solo a bersi quella tazza di tè. D'altra parte, non aveva certo bisogno di Crowley al suo fianco per ogni minima cosa, no? Insomma, non stava scritto da nessuna parte che lui non potesse uscire in compagnia unicamente di se stesso, di tanto in tanto.
Arrivò alla sala da tè e sedette al solito tavolino rotondo, fingendo che la visione della sedia vuota di fronte a sé non lo disturbasse affatto.
Ordinò una tazza di rooibos* aromatizzato al cacao e si guardò intorno, rigirandosi i pollici a disagio. Il locale era pieno di coppiette e gruppi di amici che ridevano e chiacchieravano spensieratamente tra loro. Quante volte lui e Crowley si erano seduti a quello stesso tavolo, parlando di tutto e di niente. Quante volte il demone l'aveva preso in giro per il fatto che, dopo aver sfogliato la carta dei dolci per mezz'ora, egli scegliesse sempre la solita fetta di torta alle fragole e crema chantilly, della quale gli offriva ogni volta un assaggio.
La nostalgia lo assalì come un animale feroce, che lo strinse tra i suoi artigli affilati. Non era la stessa cosa senza Crowley. Il suo migliore amico gli mancava terribilmente e neanche l'aroma squisito del rooibos fumante riuscì a cancellare il sapore amaro che Aziraphale avvertiva in gola.
A un tratto, l'angelo alzò lo sguardo desolato verso la finestra e fu allora che la vide: una Bentley d'epoca tirata a lucido parcheggiata proprio lì di fronte, dall'altro lato della strada.
Aziraphale ebbe un tuffo al cuore: quell'auto poteva appartenere solo a una persona. Che Crowley avesse cambiato idea e avesse deciso di raggiungerlo?
Ma ben presto fu chiaro che quell'ipotesi fosse da scartare perché davanti agli occhi allibiti dell'angelo si svolse una scena che ebbe dell'inverosimile.
Crowley camminava verso la macchina ma non era solo; accanto a lui, appesa al suo braccio e con il corpo decisamente troppo vicino a quello del demone, c'era una donna. Aziraphale calcolò che dovesse avere circa quarant'anni: era alta (o forse era solo merito dei tacchi vertiginosi che indossava), il fisico slanciato ma formoso fasciato in un tailleur dalla scollatura generosa, la gonna troppo corta le lasciava scoperte le lunghe gambe e i folti capelli biondi le incorniciavano un viso dai lineamenti forse un un po' troppo marcati ma, nell'insieme, non sgradevole. Le sue labbra carnose scolpite dal rossetto (e quasi sicuramente da un piccolo aiutino da parte di qualche chirurgo plastico) erano distese in un sorriso smagliante, come se stesse ridendo per una battuta particolarmente esilarante.
Crowley, dal canto suo, sembrava non dispiacersi della vicinanza con quella donna e rideva a sua volta. Quando arrivarono alla Bentley, il demone aprì lo sportello del passeggero e, usando una certa galanteria, aiutò la sua accompagnatrice a salire a bordo, dopodiché fece il giro per raggiungere il posto di guida. Aziraphale si ritrasse dalla finestra nel timore che il demone volgesse lo sguardo verso la sala da tè e lo sorprendesse lì ad osservarlo. Quando osò accostarsi di nuovo alla vetrata, la Bentley stava già sfrecciando verso quella che era inconfondibilmente la direzione per Mayfair.
A un tratto, Aziraphale si sentì travolgere da un accesso di vertigini e un moto di nausea. Lasciò a metà la tazza di tè e abbandonò la fetta di torta praticamente ancora intatta. Si recò alla cassa per pagare e si precipitò fuori dal locale, il cui interno si era fatto improvvisamente soffocante, insopportabile.


L'angelo rientrò alla libreria come alla cieca. I suoi piedi lo conducevano automaticamente verso la meta, ma la sua testa non ne voleva sapere di concentrarsi sul tragitto. La scena alla quale aveva appena assistito l'aveva lasciato scosso, deluso, triste, arrabbiato.
Allora era quello l'affare a cui Crowley si riferiva? Be', l'affare in questione aveva un gran bel paio di gambe e una dotazione di curve da fare invidia a un circuito di Formula 1.
Non avrebbe mai pensato che il demone potesse provare quel tipo di interesse per gli esseri umani ma, forse, dopo tutto quel tempo trascorso sulla Terra, aveva deciso di aprirsi a nuove esperienze. O magari Crowley aveva già avuto avventure carnali di cui egli non era al corrente. In fondo doveva ammettere che nell'arco dei secoli, lui e l'amico non si erano frequentati molto assiduamente, almeno non fino agli ultimi anni. Che ne sapeva delle attività alle quali il demone si dedicava quando non era impegnato a indurre in tentazione i mortali? Che ne sapeva delle sue frequentazioni, dei suoi passatempi, dei suoi svaghi, del modo in cui era solito occupare il proprio tempo?
Aziraphale aveva trovato le sue piccole distrazioni nella lettura, nella musica, nel cibo, nell'arte dell'illusionismo... forse Crowley aveva scovato i suoi diversivi nella lussuria, nel piacere procuratogli dai corpi altrui. Gli angeli erano, per loro natura, del tutto estranei a quel tipo di appagamento, ma forse i demoni... se avessero voluto...
Sarebbe stato del tutto normale, e comunque Aziraphale sapeva che la faccenda non lo riguardava. Eppure non poteva fare a meno di sentirsi ferito, amareggiato e... tradito.
Si sorprese a sbattere la porta della libreria con una veemenza che non gli apparteneva. Che gli stava succedendo? Perché, tutto d'un tratto, si sentiva come se il suo animo fosse stato avvelenato? Cos'era quella bile che si stava impossessando dei suoi pensieri, corrompendoli?
L'angelo si rese conto di quelle potenti sensazioni aliene e ne fu spaventato. Doveva fare qualcosa, dedicarsi ad un'occupazione che potesse distoglierlo dal ricordo di quanto aveva visto.
Decise di riordinare la sezione della libreria dove conservava le opere di Shakespeare, tanto avrebbe dovuto farlo comunque, prima o poi.
Aziraphale prese un treppiedi, si rimboccò le maniche e si mise al lavoro.


L'impresa di riordino si rivelò più infruttuosa di quanto Aziraphale avesse sperato.
Per quanto tentasse di canalizzare la propria attenzione sui volumi polverosi, questa sfuggiva ad ogni briglia per tornare sempre all'immagine di Crowley e della donna misteriosa abbracciata a lui.
- Maledizione! - inveì Aziraphale, tirando un pugno allo scaffale per poi emettere un gemito di dolore: quel legno massello era più duro di quanto credesse. Il suo gesto aveva scosso leggermente la mensola e quella minima vibrazione aveva fatto sì che uno dei libri in bilico sulla superficie cadesse a terra, aperto sul dorso.
Aziraphale si stava ancora massaggiando la mano dolorante ma si affrettò a scendere dal treppiedi e a sollevare il malcapitato tomo, sentendosi lievemente in colpa per averlo fatto precipitare dallo scaffale. L'occhio gli cadde su una delle pagine alle quali il libro si era spontaneamente aperto nell'impatto con il suolo.
Si trattava di un passo dell'Otello, atto III, scena III:
Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre. Beato vive quel cornuto il quale, conscio della sua sorte, non ama la donna che lo tradisce: ma oh, come conta i minuti della sua dannazione chi ama e sospetta; sospetta e si strugge d'amore!
L'angelo lesse quelle accorate parole di avvertimento più e più volte, come incantato e, all'improvviso, tutto gli fu chiaro. Era questo che provava? Gelosia? Questa era la spiegazione che si celava dietro alla fiele che gli stava corrodendo anima e mente?
Aziraphale si lasciò cadere su una poltrona, con il volume ancora aperto tra le mani. Non aveva mai capito a fondo il dramma di Otello: la gelosia era un sentimento che gli era ignoto, non gli apparteneva e non l'aveva mai sperimentato. Ma ora, con davanti a sé il vivido fotogramma mentale di Crowley e della sconosciuta avvinghiata al suo braccio che ridevano per qualcosa che a lui non era dato sapere, il tragico eroe shakespeariano aveva tutta la sua comprensione.


Da quel giorno, Aziraphale non provò più a contattare Crowley. Cessò di telefonargli, di implorare la sua compagnia, di elemosinare un po' di quell'attenzione che, a quanto pareva, il demone dedicava interamente alla sua nuova fiamma.
Fu Crowley stesso a farsi vivo una settimana dopo.
Il telefono della libreria squillò e Aziraphale rispose, la voce un po' più brusca del solito. - Mi dispiace, ma temo che siamo proprio chiusi. -
- Angelo, sono io. Ma si può sapere dove sei sparito negli ultimi giorni? -
Aziraphale si sentì mancare. Nonostante il veleno della gelosia non si fosse ancora stemperato, risentire la voce dell'amico gli provocò una scintilla di gioia.
- Non sono sparito da nessuna parte, caro. - rispose, sforzandosi di non lasciar trasparire alcun sentimento. - Ero qui come sempre, solo che, sai, ero impegnato. -
- Ah. - Crowley rimase interdetto, evidentemente non gli era sfuggita la pungente sfumatura sarcastica, ma si riprese quasi subito. - Senti, pensavo di passare a trovarti oggi pomeriggio. Devo mostrarti una cosa che ti farà piacere. -
Aziraphale pensò che quella fosse l'occasione perfetta per restituire pan per focaccia al demone e, per quanto ogni cellula del suo corpo materiale e spirituale premesse per fargli accettare la proposta, l'angelo s'impose con fermezza di non farlo.
- Oh, non lo so, Crowley. Sai, sono molto occupato e non credo che troverei il tempo. -
L'interpretazione non gli riuscì per nulla convincente. Le sue doti attoriali erano sempre state oltremodo scarse.
- Angelo? Che ti prende? Mi dici per quale motivo ti comporti in modo tanto strano? -
- Strano? Trovi che io sia strano, caro? Non so cosa dirti, sono sempre il solito. -
- Smettila, Aziraphale. - gli intimò Crowley, severo. - Con questa tua patetica performance stai facendo rivoltare nella tomba tutti i grandi attori e drammaturghi del passato, oltre a insultare la mia intelligenza. Allora, cosa c'è? Perché sei arrabbiato con me? Ho forse fatto o detto qualcosa di male? -
Aziraphale avrebbe voluto fare il sostenuto ancora per un po', invece...
- FATTO O DETTO QUALCOSA DI MALE?! - esclamò. - Tu... tu sei l'essere più irritante e incredibile che abbia mai conosciuto! Ti fai negare per settimane senza darmi la minima spiegazione, mi dai buca ogni volta che ti propongo di vederci e non ti degni di farmi neanche una telefonata se non sono io a cercarti. E poi cosa succede? Ti trovo in compagnia di quella... quella sciacquetta tutta curve e silicone che ride come una cretina e ti si struscia contro mangiandoti con gli occhi! Proprio il giorno in cui ti avevo invitato a bere una tazza di tè e tu hai rifiutato blaterando qualcosa riguardo a un affare delicato che stavi per portare a termine. Be', il tuo affare non mi è parso poi un granché, lasciatelo dire, caro! -
Il silenzio che seguì venne intaccato solo dall'ansimare tremante di Aziraphale, intento a riprendere fiato dopo quello sfogo.
- Tu... tu mi hai visto con lei? - fece Crowley, con voce strozzata.
- Pfff, ma certo che ti ho visto. - sbottò l'angelo. - Non è che la tua ragazza facesse poi molto per passare inosservata, sai? E, un piccolo consiglio: la prossima volta che vuoi girare per Londra in incognito, lascia a casa la Bentley. -
- Aspetta, la mia ragazza? -
- Sì, è quello che ho detto. - ribatté Aziraphale, glaciale. - La sua vocetta stridula ti ha per caso reso sordo, Anthony? -
- Va bene. Basta così. Credo che tu abbia urgente bisogno di una spiegazione. - stabilì il demone. - Lascia perdere oggi pomeriggio, vengo subito da te. Sarò lì tra dieci minuti. Non ti muovere. -
- Oh, non ti disturbare, caro. Non vorrei mai che “il tuo affare” si ingelosisse. -
Tùù-Tùù, Tùù-Tùù...
Aziraphale si accorse di come la sua ultima replica al vetriolo fosse caduta nel vuoto e ripose la cornetta con un gesto secco. Stupido di un demone!
Ma non poteva negare che la prospettiva di vederlo di lì a pochi minuti lo elettrizzasse.


Crowley entrò nella libreria col solito passo ancheggiante. Sottobraccio teneva un oggetto avvolto in una carta da pacco marrone.
- Angelo? Dove ti sei cacciato? -
Aziraphale uscì dal retro senza fretta, dominandosi per non cedere all'istinto di corrergli incontro.
- Buongiorno, Crowley. Stavo per mettere a bollire l'acqua per il tè ma non sapevo se dovessi preparare due o tre tazze. -
Il demone colse l'allusione e gli scoccò uno sguardo torvo. - Ti stai comportando come un idiota, Aziraphale. Ma sono sicuro che cambierai atteggiamento quando avrai sentito come sono andate le cose. -
- Sono tutto orecchi, caro. - soffiò l'angelo in tono dolce, dopodiché si accomodò compostamente sulla poltrona, accavallò le gambe e allacciò le dita in grembo in una posa che trasudava calma e dignità, come se fosse pronto ad ascoltare un lungo racconto e avesse tutte le intenzioni di non lasciarsi turbare da alcunché.
Crowley si appollaiò su un bracciolo del divano. - Innanzitutto, hai idea di chi fosse quella donna? -
Aziraphale si strinse nelle spalle. - Ovviamente no. Qualcuno che dovrei conoscere, forse? Perché temo che noi due non frequentiamo gli stessi ambienti. -
Crowley finse di non aver sentito l'ultima parte. - Era Betsy Jones.** -
Il contegno sostenuto di Aziraphale vacillò. - Cosa? Quella Betsy Jones? Stai scherzando? -
Il demone scosse la testa, serio. - Per niente. Era proprio lei, in carne, ossa... e plastica. -
L'angelo aggrottò la fronte, perplesso. - Ma che diavolo avete da spartire voi due? -
- Te. - rispose semplicemente Crowley.
Aziraphale stralunò gli occhi. - Prego? -
L'altro sospirò come se gli toccasse sottolineare l'ovvio e la cosa lo infastidisse particolarmente. - Tempo fa mi hai detto che una tale Betsy Jones possedeva una rarissima prima edizione de I promessi sposi di Alessandro Manzoni, acquistata da un suo antenato durante un viaggio a Milano, e che le tue telefonate per convincerla a vedertela erano sempre state un buco nell'acqua. Eri ossessionato da quel dannato libro, mi tiravi scemo ogni volta che ci vedevamo, come se aggiungerlo alla tua collezione fosse una questione di importanza vitale. -
- Sì, in effetti ci tenevo molto. - ammise Aziraphale. - Però continuo a non capire come questo abbia a che fare con... -
Ma il demone gli stava porgendo il pacco con uno sguardo eloquente e un sopracciglio inarcato.
L'angelo squadrò dapprima l'involto, poi Crowley, poi di nuovo l'oggetto misterioso.
- No, non può essere. - mormorò con un filo di voce.
Prese con delicatezza il pacco dalle mani del demone e iniziò a scartarlo attentamente. Ad ogni pezzo di carta che scivolava via e rivelava un nuovo frammento del suo contenuto, Aziraphale avvertiva l'eccitazione aumentare sempre di più, finché non si ritrovò tra le dita tremanti la prima edizione de I promessi sposi che tanto aveva anelato.
- Per Gesù, Giuseppe, Maria e tutto il presepe! È proprio lui! -
Dovette ricorrere ad un grande sforzo di volontà per sollevare gli occhi dal volume e dirigerli verso Crowley.
Il demone annuì e confermò. - Già. È proprio lui. -
- Ma... ma come hai fatto? - domandò l'angelo con voce strozzata. - Io avrò tentato un centinaio di volte di convincere la signorina Jones a vedermelo, ma si è sempre rifiutata. Diceva che apparteneva alla sua famiglia da generazioni e che non voleva separarsene per nessuna cifra al mondo. -
Crowley scrollò le spalle. - Be', forse io sono più persuasivo di te, angelo. E poi, - fece una smorfia, - diciamo che non erano tanto le cifre a interessarle. -
Un lampo di comprensione balenò sul viso di Aziraphale. - Allora quell'affare di cui mi parlavi e quando vi ho visti insieme... -
L'amico annuì di nuovo. - Sì, stavo cercando di ottenere quello stupido libro per te, razza di idiota. E, per la cronaca, non hai idea di quello che ho dovuto subire, di quello che ho dovuto sopportare per arrivare a farla cedere. Quella donna ama farsi pregare, non c'è dubbio. Queste ultime settimane sono state un vero inferno, e lo dico da uno che all'Inferno ci ha vissuto! -
Crowley rabbrividì, come se il solo ricordo dei giorni precedenti gli suscitasse un moto di ribrezzo. - Se avessi saputo che avresti ripagato il mio sacrificio comportandoti come una ragazzina isterica e gelosa, non mi sarei dato tanto disturbo. Sei stato davvero insopportabile al telefono e... -
Ma il demone non poté terminare il discorso perché Aziraphale si alzò dalla poltrona e lo raggiunse in un battibaleno, gettandogli le braccia al collo e stringendolo a sé fin quasi a soffocarlo.
- Oh, Crowley! Sono stato un tale stupido! Non avevo capito niente e ho pensato... Ho pensato... -
- Sì, ho capito perfettamente quale idea ti fossi fatto, angelo. E sì, sei stato davvero uno stupido. - esalò l'altro, stretto nell'abbraccio che gli comprimeva il petto e la gola, mozzandogli il respiro, e che pure non gli dispiaceva neanche un po'.
Aziraphale lo lasciò andare e gli regalò un sorriso luminoso come il sole a mezzogiorno, gli occhi azzurri brillavano di contentezza. - Non so proprio come ringraziarti, caro. -
Il demone tentò di non lasciarsi sopraffare dalla violenta scarica di emozioni che lo attraversò alla vista del volto dell'angelo risplendente di felicità. - Lascia stare, non serve. -
Ma Aziraphale scosse la testa con decisione. - Oh, no. Non se ne parla. Mi sono comportato in modo odioso mentre tu stavi cercando di procurarti questo libro per me. È giusto che mi sdebiti. -
Un moto di fastidio assalì Crowley. - Non c'è nessun debito, angelo. L'ho fatto perché mi faceva piacere. Non devi ricambiare proprio niente. -
Aziraphale ci pensò su per qualche istante, prima di distendere di nuovo le labbra in un sorriso raggiante. - E se ti proponessi una cena al Ritz stasera? Non per sdebitarmi, - aggiunse in fretta. - solo per passare una serata insieme, visto che è da un po' che non ne abbiamo occasione. -
Crowley parve prendersi qualche secondo per soppesare l'offerta, dopodiché sogghignò furbescamente. - Sai, Betsy si metteva sempre un vestito nero di pizzo quando uscivamo a cena. -
L'espressione di Aziraphale si raggelò all'istante, indurendosi quanto la sua voce. - Come? -
Il demone ridacchiò. - Rilassati, angelo. Volevo solo stuzzicarti un po', e poi non l'ho mai portata al Ritz, come avrei potuto? - disse, con un sorriso ammiccante che poteva avere un solo significato: “Quella è una cosa nostra e solo nostra.”
- Cretino. - rispose l'angelo, senza riuscire a dissimulare a sua volta un sorriso divertito ma che tradiva anche un po' di sollievo.
Col senno di poi, era stato veramente un perfetto idiota a sospettare che Crowley avesse una relazione con quella donna. Spesso, la gelosia porta ad immaginarsi gli scenari più assurdi e a credere ciecamente alle proprie peggiori paure. Ora lo sapeva anche l'angelo e si ripromise, in futuro, di guardarsi bene da quel subdolo sentimento.





* Il rooibos, detto anche tè rosso africano, è una varietà di tè nota soprattutto per le sue proprietà antiossidanti, l'assenza di caffeina e il ridotto contenuto di tannini.


** Elizabeth (Betsy) Jones non è un riferimento a qualcuno in particolare. Ho preso semplicemente un nome e un cognome comunissimi in Inghilterra e li ho uniti. Sforzo di fantasia pari a zero. Ma Elizabeth mi pareva troppo raffinato per il tipo di personaggio che avevo in mente, e così l'ho reso un po' più frivolo. A questo proposito, mi scuso con tutte le Betsy del mondo.

  
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