Anime & Manga > Capitan Harlock
Segui la storia  |      
Autore: Happy_Ely    20/11/2019    1 recensioni
Dal testo:
Io e mio fratello ci guardammo preoccupati, i sospetti di nostro padre erano fondati, d’istinto gli strinsi la mano. Quel timore, che lo aveva perseguitato nelle settimane precedenti, quasi ossesionandolo, di poter essere attaccati da un momento all’altro si stava rivelando fondato, dovevamo stare attenti.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Raflesia
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer: Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Tutti i personaggi di Capitan Harlock, e tutti quelli appartenenti alle altre serie collegate ad esso, sono ©di Leiji Matsumoto. I personaggi che invece non ne fanno parte sono di proprietà della autrice ©Happy_Ely, quall’ora volessero essere utilizzati in altre storie bisogna chiederne il permesso alla sottoscritta.

 “[…]È suprema tranquillità, perché non soggiace ai despoti, i quali, ancora sulla sua superficie stessa, possono invece continuare ad esercitare iniqui diritti, e battersi, e divorarsi, trasportandovi tutti gli orrori terrestri. Ma a trenta piedi sotto il suo livello, la loro influenza si estingue ed il loro potere scompare! Ah, signore, vivete, vivete in seno al mare... Lì soltanto, c’è indipendenza! Lì, non ho padroni! Lì, sono libero!”
Jules Verne
- Capitan Harlock -
- Ventimila leghe spaziali lontani dalla terra -


Capitolo uno: il Pennant.

Erano passate circa due settimane dalla morte di nostro padre e tante cose erano successe e cambiate, misteriosamente le sue ricerhe erano sparite, sia quelle nel computer sia le copie cartace, volatilizzate nel nulla. Il laboratorio dove lavorare insieme a mio fratello, Tadashi, era stato chiuso fino a nuovo ordine, non ci avevano neanche permesso di prendere i suoi effetti personali dal laboratorio, in poco tempo il nostro mondo c’era crollato a dosso e anche se entrambi cercavamo di resistere era difficile.
Dopo il suo funerale, io e il mio fratellino avevamo ricevuto un comunicato da parte del primo ministro, oltre alle sue condoglianze nel comunicato era richiesta la nostra presenza all’assemblea che il professor Kuzco era riuscito ad ottenere dopo tanti tentativi, non so con quale forza di volontà avevamo accettato la proposta, erano stati i nostri ministri a permettere l’omicidio di nostro padre, loro non avevano mosso neache un dito per evitarlo.
- Sei pronto Tadashi? - Chiesi io mentre prendevo le chiavi della macchina, mi guardai allo specchio: le occhiaie sui miei occhi erano profonde e marcate, non dormivo bene da molto tempo, anche se era nella mia natura, essere iperattiva e dormire poche ore durate la notte, in quel periodo il sonno era solo un nemico dal quale cercavo costantemente di fuggiure, impegnandomi a sistemare la casa, i vestiti di papà e le lezioni per i miei studenti universitari.
- Sì, sono qui, ho trovato questo, sono solo dei post-it in cui sono annotati dei nomi, vorrei farli vedere al professor Kuzco, magari lui sa chi sono. - Disse mentre chiudeva la porta di casa, era strano chiudere a chiave la nostra casa, non eravamo abituati a farlo.
- Va bene, mettiamoli in borsa, Tadashi… per favore…non perdere la calma durante l’assemblea, so che i nostri politici sono degli inetti, ma ti prego non minacciarli di morte o non picchiarli, siamo intesi? - Mi fermai davanti alla portiera della macchina, avevo paura, l’unica persona cara che mi era rimasta era Tadashi, il mio unico fratellino.
Dopo la morte di nostro padre si era chiuso ancora di più in se stesso, era sempre irrequieto e con i sensi sempre sull’attenti1. Non si perdonava per non essere riuscito a salvarlo, a soli diciassette anni si attribuiva colpe che non erano sue e cercava di sembrare più adulto del necessario, quando in realtà era ancora un ragazzo che voleva continuare a sognare ad occhi aperti.
- Se questo è l’unico modo per agionare con loro cos'altro, possiamo fare noi? - Rispose mio fratello mentre sprofondava nel sedile del passeggero, il suo tono era pieno di rabbia e frustrazione, ogni singola cellula del suo corpo era tesa e pronta a esplodere.
Non si era ancora confidato con me dopo la morte di nostro padre, lo sentivo lontano e ciò mi rendeva ancora più timorosa, avevo paurache si cacciasse nei guai o in brutti giri dai quali era difficile uscire.
- L’ultima cosa che voglio è vederti portare in prigione da Kirita…Tadashi sei l’unica persona che mi è rimasta e ho promesso a mamma e a papà che mi sarei presa cura di te, finchè non fossi stato abbastanza grande…ti prego…parlami… - Risposi cercando di non fa scendere le lacrime dagli occhi, mentre con una lieve nota di sgomento notavo che le mie mani avevano preso a tremare sul volante.
Dovevo mostrarmi forte e non cedere di nuovo al dolore, dovevo aiutare mio fratello ed entrambi dovevamo andare avanti anche se la strada era una salita così ripida da schiacciare tutti gli animi volenterosi.
- Perdonami sorellona, ma…ancora non ci riesco…io mi sento…così inutile in questo momento, non riesco a pensare niente che mi permetta di vedere la fine di questo dolore, io… io non sono forte come te…sento di aver perso l’equilibrio… - Disse il mio fratellino mentre posava le sue mani sulle mie e le stringeva forte, cercava di tranquillizzarmi quando in realtà l’avrei dovuto fare io.
Entrambi avevamo perso l’equilibrio a cuasa del tanto dolore che avevamo, in un certo senso, paura di rialzarci e di ritrovarlo.
- Sarò sempre con te. - Disse mentre posava la sua testa sulla mia spalla, d’istino lo abbracciai e lui ricambiò la stretta. Eravamo soli al mondo e dovevamo combattere, era l’unica cosa che potevamo fare.
Dopo esserci sciolti entrambi dall’abbraccio accesi la macchina, la riunione si sarebbe tenuta a breve, dovevamo arrivare il prima possibile.
Il silenzio calò all’interno dell’abitacolo, Tadashi guardava fuori dal finestrino scrutando i palazzi grigi e le grandi insegne publicitarie che cambiavano continuamente. La terra stava morendo, anche se il nostro governo diceva il contrario.
- Elena… - La voce di mio fratello era così bassa che all’inizio pensai di essermelo immagginato.
-Dimmi Tadashi... - Risposi mentre aguzzavo la vista, ci stavamo avvicinando al parlamento, dovevo iniziare a cercare posto, era sempre difficile trovarlo.
- No, nulla… - Il suo tono era strano, se lo conoscevo bene Tadashi, stava pensando a qualcosa che non mi sarebbe piaciuto e se avessi insistito lui, si sarebbe chiuso ancora di più a riccio.
- Va bene… - Sospirai e dentro di me mi chiesi se stavo agendo nella maniera più corretta, sentivo che il rapporto con mio fratello si stava pian piano sgretolando.
Nonostante i nostri dieci anni di differenza d’età eravamo stati sempre uniti, in fondo potevo dire tranquillamente di averlo cresciuto io, c’ero sempre stata io quando i nostri genitori erano impegnati, c’ero sempre stata io quando dopo la morte della mamma nostro padre si era buttato a capofitto nel suo lavoro, coinvolgendo poi Tadashi mentre io isegnavo all’università, forse già in quel periodo il nostro rapporto si stava iniziando a incrinare.
Sospirai di nuovo mentre cervavo un posto dove lasciare la macchina, il tempo aveva peggiorato le cose.

 
ﻮﻮﻮ

Dopo aver parcheggiato, fortunatamente avevamo trovato un posto molto vicino, andammo verso il palazzo, da fuori la struttura sembrava una di quelle vecchie macchine per scrivere che si usavano qualche secolo fa, prima che la tecnologia prendesse il sopravvento.
Fuori l’edifico si notava la figura del ministro della difesa, Kirita, era intento a giocare con il suo frustino e sembrava che ci stesse aspettando.
Tadashi si avvicinò a me e prese il braccio, nessuno di noi due vedeva il generale di buon occhio, molte volte le sue azioni si erano rivelate meschine e crudeli. Ricordavo ancora bene, durante i miei anni universitari, i mezzi poco ortodossi per stroncare le rivolte o sopprimerle del tutto. Sentivo ancora i segni sulla mia pelle.
Kirita era un uomo alto, molto più di me doveva essere circa un metro e settantotto o un mentro e ottanta, aveva le spalle larghe e il busto leggermente più piccolo. Il suo portamento era fiero e senza timore, non era cambiato in tutti questi anni.
I suoi capelli erano neri, anche se ultimamente non era più intenso, ma quasi un misto tra nero e grigio, un nerastro quasi, il tempo passava anche per lui. Gli occhi invece erano come quelli di un falco, attenti e dallo sguardo tagliente, molte volte mi avevano messo in soggezione quando mi scrutvano, quegli occhi marroni spesso mi davano fastidio.
- Ben arrivati, cari fratelli Daiba. - Disse lui mentre sul suo volto appariva un ghigno sinistro e per niente piacevole, la sua voce era profonda, ma allo stesso tempo si poteva senitre una nota stonata, come se gli fosse capitato qualcosa durante una missione.
- Come state, vi siete ripresi? - Continuò lui con un finto tono preoccupato, sentivo lunghi brividi attraversarmi la schiena e istintivamente strinsi di più il braccio di mio fratello, Kirita si era avvicinato a noi e quella vicinanza mi faceva paura, era capace di tutto anche di accusare improvvisamente mio fratello e portarmelo via o fare la stessa cosa con me o peggio rinchiuderci entrambi in una delle prigioni più orribili della galassia.
Falso. Ecco cosa era, falso. Falso come i nostri politici, come il primo ministro e come ogni singola idiozia che quei farabutti mandavano sulle nostre tv, per farci pensare che andava tutto bene. L’unica vera e certa verità era che la Terra era abitata per la maggior parte da inetti che avevano paura di tutto e meschini a tal punto da rinchiudere o esliare la brava gente.
- Con il tempo ci stiamo riprendendo, grazie del suo interessamento. - Risposi cercando di mantenere un tono neutro, non dovevo mostrare nessun segno di cedimento.
- La riunione inizierà tra poco, noi la precediamo. - Disse mio fratello Tadashi mentre stringeva il mio braccio, anche dopo averlo superato, sentivamo il suo sguardo da predatore su di noi, non era un buon segno.
Dovevamo stare attenti alle nostre mosse.   
- Ho una brutta sensazione Tadashi…Kirita…quello spor… - Iniziai io mentre affrettavo il passo, ma fui interrotta da mio fratello che prontamente mi tappo la bocca mentre uno dei sottoposti di Kirita passava davanti a noi.
- Shh…non una parola qua, neanche in una lingua morta o aliena, se scoprono che lo hai insulto apertamente è oltraggio e pubblico ufficiale… - Disse Tadashi dopo che la guardia uscì dalla sala, mi guardava male, sospirai e annui, aveva ragione non potevo farmi sopraffare dal mio odio nei confronti di Kirita.
- Va bene, non dirò una parola, cerchiamo il professor Kuzco, voglio salutarlo e chiedergli qualche informazione sui post-it di nostro padre.- Risposi io mentre un sospiro usciva dalla mia bocca, il professor Kuzco era un caro amico di nostro padre, avevano studiato assieme fino alla fine del liceo per poi prendere strade diverse. 
Nostro padre si era specializzato in astronomia e scienze, diventando un brillante scienziato mentre il professore in lingue e culture antiche.
Tra me e me sorrisi, ricordavo con piacere le sue lezioni private per aiutarmi a prendere la mia seconda laurea nella sua materia, i pomeriggi passati con lui a tradurre vari testi dai più antichi a quelli più moderni in tutte le lingue morte e aliene che esistevano. Pesanti ma così interessanti che mi gettavo a capofitto in quelle traduzioni, ai tempi era anche un modo che il professore aveva attuato per aiutarmi a superare la morte di mia madre, distraendo me e mio fratello, grazie a lui l’oscurità non ci aveva completamente avvolto, al contrario il professore non era riuscito a fare niente per aiutare nostro padre se non standogli accanto come un fedele amico.
- Professor Kuzco! - Chiamò poco dopo Tadashi aveva intravisto il capello nero e il poncho viola del professore, erano sempre gli stessi, inconfondibili.
- Elena, Tadashi! Quanto sono felice di rivedervi ragazzi miei! - Disse il professore girandosi verso di noi, sul suo volto si poteva vedere il passare del tempo, ma il suo sorriso riusciva a lenire anche i cuori più tristi e distrutti.
Era come un secondo padre.
- Non sa quanto lo siamo noi! Come sta? Ha avuto ancora quella sensazione di essere osservato? Vuole restare da noi per il momento? - Chiese Tadashi mentre si guardava in giro con circospezione.
Il professore ci aveva abbracciati e dopo di che ci aveva posato le sue mani sulle spalle per vedere quanto eravamo cresciuti: - Quanto tempo è passato dall’ultima volta? No Tadashi, al momento quelle sensazioni sono diminuite, però voglio che anche voi due stiate attenti! Elena come procedono le tue lezioni? Ci sono studenti brillanti? - La voce del professore era calda e tranquilla, sul suo volto si era dipinta un’espressione serena che mal si sposava con il suo tremore alle mani, era teso, molto probabilmente quella sensazione di cui aveva parlato non l’aveva lasciato completamente.
 Mio fratello, dopo qualche tempo mi aveva confessato che la morte di nostro padre non era stata una rapina finita male come mi aveva riferito la polizia, e che a ucciderlo era stata una donna che bruciava come la carta, mi aveva anche fatto vedere il filmato del laboratorio e per poco non svenni, da allora eravamo stati più attenti, anche perché questa volta nessuno ci avrebbe salvato.
Tadashi era stato salvato dal ricercato numero uno della galassia, capitan Harlock, anche lui da qualche tempo aveva osservato gli strani omicidi che avevano colpito il nostro paese, e anche lui aveva dei sospetti.
Harlock era stato utilizzato come capro espriatorio dal nostro governo, ne avevano bisogno per mantenere una calma apparente. Nostro padre si fidava di lui, lo aveva sempre difeso e non aveva mai pensato che i recenti omicidi fossero opera sua. 
Strinsi la mano del professore e sorridendo gli raccontai delle lezioni e degli studenti che avevo in quel semestre e di come le loro facce sbiancavano quando vedevano i testi da tradurre.
- Professore, questi nomi le dicono niente? - Chiesi poi mentre mostravo il post-it di nostro padre, erano tutti nomi di diverse nazionalità, sia di uomini sia di donne ma non li avevo mai sentiti pronunciare da nostro padre. 

- Sono nostri ex compagni di scuola e colleghi con cui avevamo stretto amicizia durante l’università, molti di loro sono scienziati o ricercatori in vari campi, forse voleva organizzare una reimpatriata, non ne sono sicuro, sono molti anni che non li sento. -  Rispose il professore, il suo tono era serio e i suoi occhi scrutavano il corridoio nel quale stavamo camminnado, poi sussurando aggiunse: - In caso di necessità ricordate questa parola: Zeitgeist1, ora andate a prendere posto, sarà una lunga riunione, voglio sperare  nel meglio. -

-Che strana parola, cosa vuol dire? - Il tono di Tadashi era sorpreso quanto il suo sguardo.

- Non può essere tradotta, o anzi è meglio dire che non esiste una traduzione corretta nella nostra lingua, spirito che pervade un dato popolo in un certo momento, possiamo interndere così il significato. È molto strano, non riesco a ricordare, dove l’ho già sentita…- Risposi a mio fratello mentre ci incamminavamo verso la sala delle riunioni.

Che cosa voleva dire il professore con quella parola? Perché era così importante?

ﻮﻮﻮ

- Signori, approfittiamo della pausa per far parlare il professor Kuzco riguardo agli avvenimenti degli ultimi giorni. - Il primo ministro si era alzato in piedi per cercare di ottenere l’attenzione degli altri politici, erano tutti intenti a guardare corse di cavalli e a scommettere sottobanco.
- Sarà una lunga riunione. - Sussurai a mio fratello mentre prendevamo posto, Tadashi annui e si sedette accanto a me, intanto il professore Kuzco aveva preso posto nella scrivania centrale e dopo aver proiettato l’immagine del Pennant iniziò a parlare.
- Vorrei prima di tutto ringraziare lei signore ministro e i suoi colleghi per il tempo che mi state dedicando. Mettendo da parte i convenevoli, voglio subito andare a parlare della questione riguardo alla sfera che non meno di tre settimane fa è caduta sulla terra distruggendo parte della nostra città. Questa sfera nera è un Pennant! È un avvertimento da parte di un altro popolo. - Disse Il professor Kuzco dosando bene le sue parole, cercando di attirare l’attenzione del primo ministro e dei suoi collaboratori.
Per un attimo calò il silenzio nella sala.
 Io e mio fratello ci guardammo preoccupati, i sospetti di nostro padre erano fondati, d’istinto gli strinsi la mano. Quel timore, che lo aveva perseguitato nelle settimane precedenti, quasi ossesionandolo, di poter essere attaccati da un momento all’altro si stava rivelando fondato, dovevamo stare attenti.
Dopo un primo, minuscolo, silenzio i nostri ministri iniziarono a ridere senza ritegno, mentre il mio sangue ribolliva dalla rabbia.
- Professore, quali popoli umanoidi vorrebbero ad attaccarci, le ricordo che tempo fa siamo riusciti a scacciare gli Illumidas2 dal nostro pianeta e a riprendere il controllo. - Disse il primo ministro dopo essersi ripreso dalle risate, stringeva forte il suo sigaro tra i denti, le gambe erano messe sopra la scrivania.
- Signore primo ministro, le vorrei ricordare che siamo riusciti a sconfiggere quella razza aliena grazie ad un uomo! - Ribattè il professor Kuzco alterando la sua voce, e di nuovo il silenzio cadde nella sala.
- Qui la situazione si sta scaldando troppo. - Sussurò Tadashi mentre gurdava i vari ministri mettersi a sussurare tra di loro.
- Professore, potrebbe per favore dirci cosa significano quelle iscrizioni sulla sfera? - Chiese a quel punto uno dei ministri per cercare di alleviare la situazione, mentre altri ministri iniziavano a guardare male il professore.
- Il professor Kuzco ha toccato un tasto dolente per il ministro sono i suoi collaboratori. Anche se ha ragione questo gesto è stato troppo avventato. - Dissi a bassa voce, mio fratello aveva ragione la situazione si stava scaldando.
Fino a sette anni fa, gli Illumidas erano i padroni della terra. Erano dei veri e propri dittatori, che avevano deciso di colonizzare la Terra per i loro scopi.
Era stato grazie all’intervento di un uomo, gli umanoidi vennero scacciati e il genere umano tornò a essere il solo e unico padrone della Terra, o almeno era quello che tutti quanti noi avevamo pensato in tutti questi anni.
- Il ministro Kirita si è allontanato, non prevedo nulla di buono. - Tadashi mi aveva fatto un cenno con la testa, Kirita era sparito improvvisamente dall’assemblea.
- Questa è la seconda patria dell’onnipotente Mazone. - Disse il professore mentre faceva scorrere le incisioni del Pennant sul monitor principale.
- Da quello che ho potuto notare nelle scritte, questo popolo è arrivato prima di noi esseri umani, mescolandosi poi alla nostra razza e passando inosservato per tutti questi secoli. Anche se, non si sa per quale motivo, non ha mai tentato di invaderci. - Il professore si fermo e iniziò a osservare tutta la sala.
- Signori, dobbioma intervenire subito, queste mazoniane… - Ma non riuscì a terminare la frase, uno dei ministri aveva appena annunciato che la corsa dei cavalli era riniziata da poco e tutti i ministri si erano fiondati a guardarla dai loro piccoli monitor.
- Il genere unamo è veramente caduto in basso, quasi in un abassisso. - Dissi mentre mi passavo una mano sugli occhi, forse essere nuovamente invasi avrebbe sistemato la situazione.
- Sorellona il professore è appena uscito dalla stanza, andiamo da lui a parlare. - Disse invece mio fratello mentre mi prendeva la borsa e mi trascinava via da quelle cove di fumatori incalliti.
Uscimmo dalla sala e iniziammo a percorrere i corridoi per cercare di trovare il professor Kuzko. Ma più correvamo per cercarlo più dentro di me cresceva la sensazione di essere osservata da qualcuno.
- Professor Kuzko! - Chiamai con tutta la voce che avevo in gola, ma il professore sembrava essersi dileguato nel nulla, mi guardai in giro cercando qualcosa che potesse indicarmi il suo passaggio, ma niente, era veramente scomparso nel nulla.
- Tadashi, l’hai visto andare da qualche parte? Non può essere sparito così all’improvviso! - E se fosse stato rapito o peggio eliminato per quello che aveva detto? Mi giravo e rigiravo tra i corridoi del parlamento per capire cosa potessere essere successo al profesorre e mi sentivo di impazzire.
- No, è continuo ad avere la strana sensazione che qualcuno ci osservi, non mi piace tutto ciò, Elena, andiamocene via di qua. - Tadashi mi dava le spalle e anche lui guardava con circospezione il luogo nel quale ci trovavamo, la moquete rossa mi trasmetteva un senso di vertigine che mi costrinse ad appoggiarmi alla parete.
A un tratto sentii una mano posarsi sulla mia spalla e in quel momento gridai per lo spavento.
- Su non dovete avere paura signorina.- Era il generela Kirita e con il suo solito sorrisetto stampato sul volto, aggiunse: - Sembra che abbiate visto un fantasma…comunque il primo ministro vi ha convocato nel suo ufficio, desidera avere un colloqui privato con lei e con il suo fratellino. -
Tadashi mi reggeva per la vita, lo spavento che mi era preso mi era costato qualche otto anni di vita, respiravo affannosamente, come se qualcosa mi avesse perforato i polmoni.
- Restami vicino. - Disse Tadashi mentre mi aiutava a camminare, annui con un gesto della testa.

 
ﻮﻮﻮ

Percorremmo un lungo corridoio fino ad arrivare davanti ad un ascensore con davanti due guardie che ci attendevano, appena il generale Kirita arrivò davanti a loro i due uomini si misero sull’attenti, dopo di che uno di loro chiamò l’ascensore per poi spostarsi per far entrare Kirita, entrammo dopo di lui e infine le due guardie di prima salirono con noi.
Era strana tutta quella sorveglianza, non era mai stata così elevate, sembrava essere un piano malefico architettato nei minimi dettagli.
- Signore primo ministro, come da lei chiesto, le ho portato i fratelli Daiba. - Kirita aveva utilizzato il suo tono più melenso e lecchino e un lungo brivido mi percorse la schiena, la sensazione che quella fosse una messa in scena per riuscire a trarci in tranello era troppo forte, ogni mio senso era all’erta.
Mi tenni a Tadashi, cercando di sembrare il più naturale possibile anche se il tremore delle mie mani faceva pensare il contrario.
Mio fratello lo notò e per questo mi strinse forte la mano con la sua, poi prese la parola cercando in ogni modo di non essere sgarbato.
- Signor primo ministro perché ci ha canvocato a quest’ora? È molto tardi ed io e mia sorella abbiamo degli affari personali da sbrigare. - Lo percepivo da suo tono che era teso e per niente entusiasta della situazione, nemmeno io lo ero ma dovevamo mostrarci tranquilli, fare buon viso a cattivo gioco.
- Per discutere di progetti non ci sono una vera e propria ora no? Cari fratelli Daiba siete tali e quali ai vostri genitori, anche se spero non siate come loro di carattere ma più apprensivi. - Rispose il primo ministro mentre cercava di centrare la buca del suo mini golf personale, il suo tono era finto.
- Dipende dalle richieste. - Risposi io mentre distoglievo lo sgaurdo, l’aria era satura di alcool e di sigaro, mi dava fastidio quella miscela d’odori...
- Senza altri convenevoli potrebbe gentilmente arrivare al punto, io e mia sorella vorremmo tornare a casa. - Disse Tadashi mentre mi stringeva ancora più forte la mia mano, la strinsi a mia volta mentre portavo una ciocca dei miei capelli biondi dietro l’orecchio.
- Ecco guardate pure sul tavolo la giù ci sono dei progetti. - Disse il ministro mentre indicava la scrivaniva,  mi staccai da Tadashi e li andai a visionare e in quel momento non riuscì più a trattenermi.
- È lei pensa che sia il momento di costruire un campo da golf nella zona dove tutte le case sono state distrutte dal Pennant? Per giunta tagliano i fondi all’università per le ricerche, i master e le borse di studio per gli studenti? Se lo scordi! Anzi faccia una cosa decente almeno nella sua inutile carriera, ricostruisca le case che sono state distrutte, ridia un lavoro alle persone che l’hanno perso e usi i soldi che spendete nelle corse e nelle fastose feste che date sempre invece di intaccare i fondi universitari! - Il mio tono era esasperato ma non m’importava, volava la nostra collaborazione? Si sarebbe dovuto sotterrare per averla. Avevo battuto le mani sulla scrivania facendo così cadere tutti i progetti sul tavolo.
- Suvvia mia cara ragazza, stiamo già provvedendo! E non sia così acida non le giova alla bellezza, è molto dimagrita in questo periodo! Certo capisco che gestire un fratello problematico come il suo e mandare avanti la casa è molto difficile per una donna nubile come lei, e anche il suo lavoro all’università non sarà facile, un’ambiente così maschilista la soffoca non è vero?  Sa forse avrebbe bisogno dell’aiuto di qualcuno… - Il primo ministro si era seduto sulla sua scrivania iniziando a fumare un sigaro e a buttare gli sbuvvi verso di me, aveva palesemente ignorato quello che avevo detto prima solo per provocarmi.
- Ha sentito cosa ha detto mia sorella o è sordo? Non approveremo mai il suo progetto. – Tadashi si era avvicinato a me per darmi manforte, dovevamo scappare da quella situazione.
- Buona serata. - Dissi fredda mentre facevo cenno a Tadashi di seguirmi, così senza nessun indugio io e mio fratello ci dirigemmo verso la porta, ma prima di poter attraversarla qualcuno mi prese la mano.
- Io penserei bene alla proposta del primo ministro. - Kirita mi stringeva forte la mano, quasi come se la volesse rompere.
- Stia pure tranquillo che io e mio fratello sappiamo come cavarcela. - Risposi decisa mentre cercavo di divincolarmi. Anche se Kirita stava cercando di incutermi paura, non gliela avrei data vinta.
Il sorriso che mi rivolse mi gelò il sangue, c’era qualcosa che non quadrava in quella strana situazione, prima il professor Kuzko spariva misteriosamente e poi io e mio fratello venivano chiamati dal primo ministro verso notte fonda per discutere di campi da golf.
- Li lasci andare Kirita, stia tranquilla, molto probabilmente i fratelli Daiba sono stanchi. Spero che un sano riposo vi possa far cambiare idea e riflettere su alcune proposte. Buonanotte cari. -
Kirita mi lascio andare e insieme a mio fratello ci dirigemmo alla parta scortati da due guardie.
- Vuoi che guidi io? - Chiese Tadashi dopo essere usciti dal parlamento, mi sentivo molto stanca e provata dalla giornata, inoltre il polso mi faceva malissimo, e così annuii e gli passai le chiavi.
- Mi spiace per quello che è successo, avrei dovuto portarti subito via... Da quanto non dormi decentemente? Per giunta sono quasi le tre del mattino, ci hanno solo fatto perdere tempo. - Il tono di mio fratello era molto preoccupato, in quei tempi dormivo male e spesso non riuscivo a mangiare decentemente.
- Non ti preoccupare Tadashi, va tutto bene… voglio provare a mettermi in contatto il professorf Kuzko, vorrei sapere di più sull’incisione che ha tradotto, sembrava molto simile al maya antico anche se ho alcuni dubbi. - Risposi mentre armeggiavo con il telefono della macchina.
- Forse ha deciso di ritornare nel suo albergo e si è fatto prendere subito da un taxi, prova a vedere se è rientrato. - Propose Tadashi mentre si arrestava al semaforo, la sua misteriosa sparizione non piaceva a nessuno di noi due, in cuor mio sperari che il professore fosse al sicuro nella sua camera d’albergo.
Mentre digitavo il numero dell’albergo una miriade di sirene ci passarno accanto e  improvvisamente, in un batter di ciglia, ci ritrovammo accerchiati dalla polizia e dall’esercito.
- Non è possibile! - Gridai mentre una guardia apriva lo sportello per far scendere me e mio fratello, ci fecero mettere le mani in vista dietro la testa mentre perquisivano il mio veicolo.
- Kirtia cosa sta succedendo?! Questa situazione è improponibile! State violando i nostri diritti! - Dissi mentre provavo ad avanzare verso quel bastardo, ghignava era felice di quello che stava succedendo, adorava abusare del suo potere.
- Sono appena stato informato che non meno di venti minuti fa è stato trovato il corpo senza vità del professor Kuzco. - Disse mentre si avvicinava a me e prendeva il mio volto tra le mani, spalancai gli occhi, non era possibile!
- Sta mentendo! - Disse Tadashi mettendosi tra me e Kirita, il suoi muscoli erano tesi e fui scotretta a prenderlo per le spalle, stava per attaccare Kirita.
Nel suo sguardo non riuscivo a vedere nessuna menzogna, era vero quello che ci aveva riferito.
- Cosa vuole da noi? - Chiesi con la voce incrinata, ero sull’orlo di una crisi isterica,perché un’altra persona a noi cara era morta, lascindoci soli e vulnerabili.
- Suo fratello minore è in aresto, è stato visto salire a bordo dell’Arcadia, è un simpatizzante di Harlock! - Kirita aveva puntato il suo frustino contro di noi mentre io istintivamente stringevo ancora di più la giacca di mio fratello.
Me lo stavano portando via.
- Non è vero! Quelloc he dice è solo una assurdità! - Gli diedi uno schiaffo così forte da far girare tutti i suoi uomini verso di noi, poi venni presa per le braccia e sbattuta contro il cruscotto della macchina mentre quel bastardo si avvicinava a Tadashi e gli sussurava qualcosa nell’orecchio.
- Non starlo a sentire Tadashi! Qualunque cosa ti dica non lo devi ascoltare! - Gridai con tutto il fiato che avevo in gola, venni sbattuta di nuovo sul metalo, i sottoposti di Kirita cercavano di zittirmi.
Non riuscii a capire cosa avesse detto Kirita a mio fratello, il freddo e la pioggia mi stavano annebbiando i sensi. Vidi quel mostro di Kirita mettere le manette a mio fratello e portarlo via, mentre i suoi uomini mi lasciavano andare.
Provai a raggiungere Tadashi per liberarlo ma venni bloccata dalla polizia, lo chiamai a gran voce mentre le lacrime scendavano dai miei occhi.
Incrociai il suo sguardo e lui mi sorrise, era un sorriso forzato.
Lo stavo perdendo per sempre.
Venni buttata a terra mentre portavano via mio fratello.
Gridai con tutto il fiato che avevo in gola e per un tempo infinito restai ferma sotto la pioggia.
Mi avevano strappato via tutto, ma dovevo riprendermelo ad ogni costo.

 
ﻮﻮﻮ

Inizialmente non sapevo cosa fare, era come se mi trovassi dentro una bolla d’acqua. Ero tornata a casa, avevo guidato senza accorgermene e ora mi ritrovavo sulle scale interne della mia casa, con la testa tra le mania domandarmi cosa potessi fare.
Se fossi riuscita a far evadere Tadashi, in qualsiasi modo, lui non sarebbe potuto restare, sarebbe dovuto scappare lontano, in un altro pianeta per essere al sicuro.
Scossi la testa, non sarebbe mai stata più al sicuro e io non potevo difenderlo, di lì a breve mi avrebbero sicuramente contattato per cercare di convincermi a passare dalla loro parte e avere il mio aiuto.
Gridai e lanciai la borsa verso la porta, ma avevo preso male la mira e feci cadere tutti gli oggetti sul comodino. Li guardai uno ad uno finchè una strana bussola d’orata non attirò la mia attenzione. Come ipnotizzata presi quell’oggetto da terra e lo guardai bene, esternamente sembrava una bussola, si camuffava perfettamente come un oggetto antico, ma al suo intenro era presente un ricetrasmittente ed un segnalatore ad onde radio ad alta frequenza3 e sopra di questo era inciso un teschio con le tibie incrociate.
Era il vesillo di Harlock.
Improvvisamente nella mia testa era apparsa la soluzione: Tadashi doveva salire a bordo dell’Arcadia, solo così sarebbe stato salvo e avrebbe potuto indagare sul mistero delle mazoniane.
Corsi veloce e presi il telefono, avevo ancora qualche amico dentro la prigione dove era stato portato Tadashi, era un piano folle e quasi impossibile da realizzare, ma dovevo tentarci.
- Pronto…Elena da quanto tempo… Tesoro al momento…- Era la voce di Andreas un mio vecchio amico del liceo, lavorava come guardia giurata, era il mio asso nella manica.
- Ho bisgno che mi restituisci quel favore. - Dissi senza giri di parole con il tono più serio che possedevo, Andreas mi conosceva bene, lo sentii sospirare e anche il suo tono si fece serio.
- Cosa ti serve? - Chiese semplicemente con un tono calmo e sicuro di se.
- Una evasione, mio fratello è stato portato nel tuo carcere, ho bisogno del tuo aiuto per farlo uscire, al resto ci penserò io, Andreas è una questione di vita o di morte mi spiace coinvolgerti ma sei l’unica persona di cui mi fido. -  Dissi mentre stringevo forte la trasmittende dell’Arcadia nella mia mano, era qualcosa di assurdo, ma dovevo tentare il tutto per tutto.
Lo sentii sospirare, gli stavo chiedendo la luna ma avevo bisogno del suo aiuto.
- Come ai vecchi tempi quindi, va bene, ti aiuterò, tra quanto passerai? - Tirai un sospiro di sollievo, e gli spiegai per filo e per segno il piano che si era delineato nella mia mente.
Dopo di che chiusi la telefonata e corsi a prepare lo zaino per mio fratello, infilai tutto lo stretto necessario per sopravvivre nello spazio, insieme ad una nostra foto di quando eravamo bambini. Non l’avrei rivisto per molto tempo, ne ero pienamente consapevole, ma era l’unico modo per tenerlo al sicuro, separarsi da me.
Sentii una fitta tremenda all’altezza dello sterno,  sembrava che, al solo pensiero di rimanere sola, il mio corpo volesse impedirmi di fare la cosa giusta. Mi portai una mano nel punto in cui faceva male e iniziai a massaggiarlo mentre respiravo profondamente, non ero mai riuscita ad essere eogoista con me stessa.
Respirai di nuovo, buttando tutta l’aria che avevo dentro i polmoni e respirandola subito dopo, era la cosa giusta da fare.
Presi lo zaino e la mia borsa e scesi velocemente le scale, dovevo affrettarmi: avevo fatto partire il segnale della ricetrasmittente, e dopo aver visto che l’avevono ricevuto mandai le cordinate del punto di incontro.
Fuori dalla città, in luogo isolato difficile da raggiungere se non si conosceva bene la strada, vicino ad una antico maniero ormai in rovina.
Corsi verso la macchina di mio padre, la mia era troppo riconoscibile, posai le borse sul sedile del passeggero e misi in moto, il tempo stringeva e io avevo solo due ore per far si che il piano funzionasse.
In poco tempo era orrivata vicino alla prigione, avevo bruciato una miriade di semafori, ma poco mi importava, ero arrivata in tempo per prendere Tadashi.
Il piano era semplice, Andreas avrebbe creato una scusa per prendere Tadashi in custodia, farlo travestire da guardia e poi portalro all’esterno, facendolo uscire dall’entrata principale.
Sarebbero andati fino al bar davanti alla progione per poi uscire dalla porta del bagno che dava sul retro e lì Tadashi sarebbe salito in macchina e poi saremmo corsi via verso il punto di incontro, nel mentre gli avrei spiegato il piano e poi lo avrei salutato.
In seguito avrei fatto perdere le mie tracce e mi sarei resa irreperibile, di sicuro Kirita mi avrebbe indicata come prima sospettata per la fuga di mio fratello.
Avevo il cuore che batteva forte, mi guardavo continuamente intorno, calando bene il capello che mi ero messa per coprire i capelli e gli occhi , per cercare di rimanere nell’anonimato.
Poi qualcuno bussò sulla macchina, tre colpi netti, era il segnale.
Tolsi la sicura e aprii velocemento lo sportello, Tadashi si fiondò subito sul sedile del passeggero e Andreas richiuse la portiera immediatamente, poi mi fece cenno di abbassare il finestrino: - Avete venti minuti di vantaggio, prendi la vecchia autostrada, quella che porta fuori città. - Disse A bassa voce mentre si tirava indietro.
- Grazie di tutto Andreas. - Dissi mentre mettevo in moto. Gli sorrisi, sapevo che stava rischiando la sua carriera e di questo gli ero riconoscente e dentro di me sperai con tutto il cuore che riuscisse a cavarsela.
- Per te questo e altro Rubia4, ora scappate presto. - E così facendo si allontanmò dalla macchina mentre io partivo a tutto gas, dovevamo sbrigarci.
- COSA DIAVOLO TI È SALTATO IN TESTA! - Tadashi mi guardava con uno sguardo furente, come se avessi comesso un crimine orrendo. 
- TI STO SALVADO LA PELLE! Ora ascolta bene, ho mandato le coordinate delle vecchie rovine, quelle che mamma e papà ci facevano visitare sempre, all’Arcadia, tu ti devi imbarcare su quella nave e non devi più tornare sulla terra, almeno finchè qua non si sistema tutto. - Gli avevo risposto a tono, alzando la voce, non l’avevo mai fatto con mio fratello, ma quella era una situazione drastica.
- Io non ti lascio qua sola! Viene con me, vieni sull’Arcadia! - Il suo tono era più calmo, era una supplica  di un ragazzo che stava perdendo tutto.
Sospirai, quasi ansimai a causa delle lacrime che stavano per scendere dai miei occhi.
- Tadashi, ascoltami, io non posso venire questa volta…- Cercavo di trattenere i singhiozi e gli ansiti, dovevo restare ferma sulle miei decisioni e stare attenta alla strada a breve sarebbe comparsa l’uscita per andare alle rovine.
- Elena ascolta…non posso permettere che ti facciano qualcosa! La tua vita diventerà peggio dell’inferno… Ti prego… - Tadashi aveva il tono incrinato, acuto e spezzato, nei suoi occhi si potevano vedere le lacrime che cercava di trattenere.
- Tadashi… - Lasciai cadere la frase, non avevo le forze per ribattere, mi morsi le labbra e accellerai, non potevo avere ripensamenti all’ultimo momento.
Scalai di marcia, eravamo vicini al luogo dell’incontro, strinsi forte il volante per cercare di scaricare la tensione.
Nessuno di noi due osò più parlare finchè non spensi la macchina, per fortuna quel vecchio maniero diroccato era disabitto da tanto tempo e nessuno ci veniva più. Era uno dei luoghi più importatni della nostra infanzia, quante volte avevamo giocato assieme ai pirati sotto lo sguardo divertito dei nostri genitori.
- Tadashi ascoltami bene… Io ho già fatto la mia scelta tanto tempo fa, tu mi sei sempre stato vicino e ti sei sempre preoccupato per me, non so quante volte ho ringraziato Dio per aver avuto un fratello come te che mi ha dato la forza e la motivazione di andare avanti, giorno dopo giorno. Ma ora lascia che sia io a protegerti, lascia che la tua sorellona ti protegga. - Dissi non appena giungemmo davanti alle vecchie mura del castello.
Quel luogo era rimasto immutato nel tempo. Guardai il cielo, le nubi si stavano dirandando mentre un’ombra scendeva verso di noi.
- Non puoi fare questo! - Tadashi mi aveva preso per le spalle, i suoi occhi guardavano a terra, come se volesse nascondermi qualcosa, stava tremando.
Lo abbracciai istintivamente, più forte che potevo mentre iniziava a piangere.
- Eii… i ragazzi come te non devono versare lacrime, sennò le ragazze non ti inseguiranno più. - Gli sussurai all’orecchio, mentre lo continuavo a stringere forte, era una frase che gli dicevo sempre quando eravamo piccoli, quando lui correva verso di me perché qualche bullo lo aveva picchiato o preso in giro.
Lo sentii ridere lievemente, continuava a stringermi forte mentre il vento si alzava e l’Alcadia atterrava  vicino a noi.
- Almento tu si libero, Tadashi. - Dissi mentre gli passavo i polpastrelli sugli occhi per fermare le lacrime. Cercavo di sorridere anche se e lacrime continuavano a scendermi dagli occhi.
- Tadashi ero certo che ti saresti unito a noi. - Alle nostre orecchie arrivò chiara e limpida la voce di un uomo. Capitan Harlock era a pochi passi da noi, era sceso silenziosamente osservandoci.
Lo guardai allungo, analizzando ogni suo dettaglio: dalla cicatrice che sfreggiava una parte del volto all’unico occhio buono che aveva e improvvisamente mi persi dentro la determinazione e la malinconia che vi leggevo. Il mantello nero gli dava un aspetto misterioso, quasi pauroso, ma in realtà non era così. Quell’uomo non avrebbe mai mosso un dito contro un suo simile e avrebbe rischiato la vita per proteggere la nostra terra.
Avanzava verso di noi, sul suo volto sembrava esserci l’ombra di un sorriso, il ortamento era fiero e senza timori.
Sembrava essere un uomo di altri tempi forgiato dagli ideali più nobili.
Mi salutò con un cenno del capo, abbozzando un piccolo inchino: - Non deve temere nulla, Tadashi sarà al sicuro sull’Alkadia. - Disse non appena fu ad un passo da noi. Lo continuai a guardare, era come se la mia mente cercasse un qualsiasi dettaglio che mi facesse cambiare idea, mentre il mio cuore suggeriva ben altro, e per una volta scelsi di seguire il mio istinto invece delle mia ragione.
- Lo affido a voi capitan Harlock, prendetevi cura di mio fratello. - Risposi, cercai di sorridere e di mostrarmi tranquilla, era difficile, stavo per affidare la vita di mio fratello ad un completo estraneo, nonché il ricercato numero uno della galassia.
Ma mi fidavo di lui.
- Forza Tadashi, va prima che gli uomini di Kirita ci trovino… - Dissi abbracciandolo nuovamente, lo sentii irrigidirsi e poi scigliersi in quell’abbraccio.
Era dura anche per lui.
- Tornerò a prenderti, e allora saremo liberi assieme! - Mi stringeva forte le mani, e per un secondo al posto di mio fratello vidi un uomo maturo e pronto a battersi in ciò che credeva.
- Sarò qua ad aspettarsi… Scopri cosa si nasconde dietro il Pennant e vendica la morte di nostro padre, e sta attento! - Gli diedi lo zaino e gli sorrisi.
Lui mi sorrise di rimando e si avviò verso il ponte dell’Alkadia, Harlock rimase qualche isttante in più guardandomi dritta negli occhi, come per rassicurarmi e poi si voltò seguendo Tadashi. Di li a pocò L’Alkadia iniziò i preparativi per il decollo, vidi tutti gli uomini della nave salutare calorosamente Tadashi.
Sentii una stretta al cuore mentre vedevo la nave partire, non ci pensai due volte, corsi verso la torretta più vicina e salii sulle scale il più velocemente possibile finchè non arrivai in cima.
L’Alkadia era alla mia stessa altezza e lo sportello principale non si era ancora chiuso, era come se la nave mi stesse aspettando.
- TADASHI…HASTA LA VICTORIA SIEMPRE5! -  Gridai con tutto il fiato che avevo nei polmoni e agitando la mano.
Mio fratello mio aveva sentito, sorrideva con le lacrime agli occhi, aveva sollevato il braccio in segno di saluto mentre l’angar della nave si chiudeva.
E così com’era apparsa L’Alkadia sparì tra le nuvole, lasciandomi sola in un vecchio maniero circondato dai fiori del ragno rosso6 , erano sempre sbocciati quando le persone a me più care erano venunte a mancare, ma dentro di me sapevo che avrei presto rivisto Tadashi.
Presto saremmo stati di nuovo insieme.
 
Angolo Autrice:  
Buona sera a tutti coloro che sono riusciti ad arrivare fino alla fine di questo primo capitolo, si lo so, è lughissimo e non finisce mai, ma per una volta ho lasciato l’immaginazione correre senza fermarla un secondo e sono molto soddisfatta del risultato.
Sapete questa storia mi ha fatto penare per ben quattro anni, l’avrei dovuta pubblicare molto tempo fa, ma non ero per niente soddisfatta del risultato ( l’avevo finita tutta! )  e ho deciso di cancellarla e di riscriverla tutta da capo. Una impresa un po’ ardua, ma non rinpiango la mia decisone, sono felice di averlo fatto.
Come avrete ben capito quasta storia è narrata dal punto di vista del mio Oc, Elena Daiba, sorella maggiore di Tadashi e affascinante traduttrice di lingue morte e aliene. Spero di riuscire a farvi piacere questo mio personaggio, di non farlo cadere nel banale ( nonostante io ami molto vedere Harlock insieme alla sua adorata Maya o insieme a Yuki o Meene, ma per una volta volevo provare a scrivere qualcosa di diverso, l’avevo fatto nel lontano 2014, in questa fanfiction Oh Capitano mio Capitano , e poi ci sono poche fiction di questo tipo) e anche di non farvi leggere qualcosa di scadente.
Detto questo vi saluto, sono un po’ stanca per la lunga giornata di studio.
Aspetto le vostre recensioni!
Baci
Happy_Ely

Legenda:
[1] Zeitgeist: parola presa dal tedesca è una parola che non ha un vero e proprio termine nella lingua italiana, tenetela bene a mente tornerà presto nella storia.
[2] Illumidas: riferimento alla serie SSX, tornerò presto a parlare di loro, anche se in questa parte di storia verranno solo citati, le vere “ cattive ” saranno le mazioniane.
[3] quella sorta di ricetrasmittente: diciamo che in questo caso ho interpretato l’immagine che appare nell’anime e nel manga, in questo cosa mi affido al vostro parere, se lo riterrete cambierò la descrizione.
[4] Rubia: viene dallo spagnolo, è un soprannome che verrà utilizzato molto spesso, significa bionda, e devo dire che quando ho sentito per la prima volta questa parola sia il suono che il significato mi sono piaciuti a tal punto che dovevo inserirli per forza nella storia.
[5] HASTA LA VICTORIA SIEMPRE: credo che non serve una spiegazione a questa frase, tutti sapiamo cosa significa e da chi è stata detto, mio padre me la ripeteva sempre quando andavo a scuola, era una sorta di mantra per ogni volta che avevo un compito, la cosa belle è che portava sempre fortuna!
[6] Fiori del ragno rosso: o meglio conosciuti come red spider lily o Lycoris radiata in latino, è una pianta molto bella, vi consiglio di andarla a guardare sia per l’aspetto che per la sua storia, infatti in Giappone uno dei significati che possiede è quello di sbocciare quando qualcuno a noi caro se ne va via e si ha il presentimento che non lo si rivedrà più.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Capitan Harlock / Vai alla pagina dell'autore: Happy_Ely