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Autore: NPC_Stories    21/11/2019    21 recensioni
Anche gli amici possono ingannare, perché è il metodo più facile per ottenere ciò che si vuole. Un elfo che ha deciso di essere amico di un drow dovrebbe semplicemente metterlo in conto - anche se sono white lies.
Pun intended.
.
Storia breve con personaggi originali (che poi sono i personaggi di quasi tutti i miei racconti)
Genere: Comico, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1357 DR: White lies


Autunno inoltrato, in una locanda vicino a Secomber

L’elfo si rigirò fra le dita il piccolo oggetto di legno, chiedendosi se sarebbe stato all’altezza del compito. Fino a quel momento non aveva avuto molto successo. Ci aveva provato, una o due volte, ma si era solo coperto di ridicolo e di sostanze appiccicose.
La creatura davanti a lui non sembrava affatto collaborativa. Si agitava come un gatto in un sacco, emetteva versi che per le sue orecchie sensibili erano quasi dolorosi, e soprattutto non aveva alcuna intenzione di piegarsi al suo volere.
“Jaylah, ti prego. Mangia la pappa” implorò, con voce disperata. Avvicinò di nuovo il cucchiaio alle labbra di sua figlia, ma la bambina chiuse la bocca di scatto e girò la testa.
“Mh mh mh” piagnucolò la piccola, a labbra serrate. Johel aveva la sensazione che con quei versi volesse chiamare sua madre, perché era già capace di dire “ma”, solo che non si fidava ad aprire la bocca in quel momento.
“Su, tesoro, ti piaceva la mela grattugiata… fino a ieri… perché mi fai questo?”
Jaylah non era una bambina cattiva. Nove gloriosi mesi di esistenza non l’avevano resa cattiva, ma di certo sembrava fiera di sé mentre agitava le braccia come un’indemoniata per disarmare suo padre e fargli cadere il cucchiaio. L’elfo però ormai conosceva quella mossa e schivò il colpo. Un po’ di pappa di mele gli cadde sui vestiti. La prima macchia di disonore. Per quel giorno, almeno.
Riempì di nuovo il cucchiaio e si preparò psicologicamente a tentare ancora.

Molti minuti e molte macchie di mela più tardi, un altro avventore della locanda li raggiunse in cucina, con il passo leggero di chi non ha una preoccupazione al mondo perché non ha figli.
Il nuovo arrivato era un drow, cosa che avrebbe dovuto mettere Johel in allerta se non fosse stato una persona che conosceva molto bene. Nonostante la leggendaria faida fra elfi di Superficie ed elfi scuri, i malvagi abitanti del Buio Profondo, Johel e questo particolare drow erano amici di vecchia data.
“Daren” lo salutò l’elfo dei boschi, senza nemmeno distogliere lo sguardo dalla pericolosa creatura abbarbicata sul seggiolone. Jaylah ormai lo stava guardando con cupo risentimento e vera ostilità. Era riuscito a farle mangiare tre o quattro cucchiai di pappa, mentre lei avrebbe voluto starsene a giocare nel suo piccolo recinto per bambini, dove aveva la palla di stracci, il suo orsacchiotto e una bella coperta di lana da mordicchiare.
L’elfo scuro si sedette su un tavolo, cosa che non avrebbe mai osato fare se la locandiera, sua sorella Krystel, fosse stata nei paraggi. Era rischioso quanto andare in un tempio e sedersi su un altare.
“E alla nostra destra possiamo vedere il prode ranger Johlariel del clan Arnavel, vanto della foresta di Sarenestar, uccisore di mostri e giganti, eroe esploratore di dungeon, messo alle strette da una bambina di nove mesi.” Annunciò, con un tono da guida turistica.
“Vaffanculo” rispose l’elfo come reazione automatica. Era chiaro ormai che anche il drow più civilizzato manteneva una vena di sadismo e malvagità. Daren la esprimeva con le sue spietate prese in giro, e Jaylah… che per fortuna era solo mezza drow… dava il meglio di sé con quel comportamento testardo e indisponente. “Siete creature malvagie.” Affermò, lapidario.
Il guerriero rise di gusto, divertito dalla situazione e dalle sue lamentele.
“Guarda, ho pietà di te. Ti assicuro che è un sentimento molto poco drow. Spostati, lo faccio io.” Scese dal tavolo, avvicinandosi al seggiolone della bimba.
Johel si alzò dalla sedia per cedergli il posto. Sapeva benissimo che quella dell’amico non era pietà, solo senso di competizione: voleva dimostrargli che era più bravo di lui a fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Di norma l’avrebbe trovato irritante, ma come dicevano gli umani, a caval donato non si guarda in bocca.
“Prego” lo invitò con un sorriso sarcastico, mettendogli in mano la ciotola di pappa e il cucchiaio. L'elfo scuro accettò quegli oggetti impiastricciati e appiccicosi con una smorfia di disgusto, ma non disse nulla, deciso a mostrarsi stoico.
Johel rimase in piedi alle sue spalle, gongolando in attesa del suo fallimento.

Jaylah conosceva quest’altro adulto. Non era in grado di capire cosa fosse uno zio, ma faceva parte del gruppo di persone che le gravitavano intorno ogni giorno. Di norma gli avrebbe sorriso, ma era ancora di cattivo umore per la prolungata prigionia nel seggiolone.
Poi accadde una cosa incredibile: dalla mano nera dell’adulto scaturirono tante piccole palline di luce che si misero a fluttuare nell’aria. Jaylah rimase a bocca aperta. Erano come stelle, anche se lei non aveva molta esperienza delle stelle. Però erano bellissime, e come tutti i bambini anche lei era affascinata dalle cose luminose.
“Cosa stai facendo?” domandò Johel, curioso come un gatto.
“La distraggo, è ovvio. Sono un maestro negli attacchi a sorpresa.”
“Non puoi attaccare a sorpresa mia figlia!” Protestò l’elfo, perché sentiva di doverlo fare. Non era preoccupato che Daren facesse del male alla bambina, ma la sua scelta di parole rivelava la sua impostazione mentale da combattente. Qualsiasi cosa poteva essere ridotta a un conflitto.
“Ah no? Guardami mentre lo faccio” annunciò il drow, infilando una cucchiaiata di mela grattugiata nella bocca aperta di Jaylah. “L’attacco furtivo non è uno stile di combattimento, è uno stile di vita. È la soluzione a tutti i problemi.”
La bimbetta all’inizio fece una smorfia buffa, lasciò colare un po’ di pappa lungo il mento, ma era troppo intenta a guardare le lucine fluttuanti per dar peso alla cosa. Daren recuperò la mela sbrodolata e cominciò a imboccare la bimba con una mano, mentre con l’altra mano direzionava le luci qua e là. Era importante non mandarle troppo lontano, perché Jaylah stava cercando di prenderle e rischiava di sbilanciarsi e farsi male. Ogni tanto lui le permetteva di acchiappare una pallina di luce, ma poi ovviamente non poteva trattenerla.
All’inizio lei tollerava il cibo come uno scotto da pagare per poter restare lì a giocare, ma poi lo zio ebbe l'idea di mettere le luci direttamente sul cucchiaio, e la bambina cominciò a mangiare di gusto, convinta di star mangiando le sferette luminose. Dopo molto tempo, abbastanza da mettere alla prova la pazienza del drow, finalmente la ciotola fu vuota e ben pulita.
“Incredibile” mormorò Johel, scuotendo la testa. “È così facile fregarli quando sono piccoli?”
“A volte è facile anche quando sono grandi” scherzò Daren, lanciando un’occhiata significativa all’elfo dei boschi. “E a proposito di fregare… ora che ha mangiato, ti dovrai occupare tu delle conseguenze.”
“Quali conseg… ah” mormorò l’elfo, perché una zaffata di odore poco edificante l’aveva raggiunto proprio in quel momento. “Accidenti, ma quando torna Krystel? Doveva stare via solo uno o due giorni.”
Daren assottigliò pericolosamente lo sguardo.
“Se stai chiedendo a me chi dev'essere la persona deputata a cambiare le fasce ai bambini, fra un maschio elfo e una femmina drow…”
“Non tirare fuori questa storia” lo fermò Johel, aggrottando la fronte. “Hai lasciato la tua società matriarcale di pazze assassine più di cent’anni fa, non far finta di esserne ancora condizionato.” Poi riconobbe il tentativo di sviare il discorso per quello che realmente era, perché Johel forse non era una cima, ma era abituato agli inganni del suo amico. “Aspetta… vuoi solo distrarmi per farmi scordare che oggi toccava a te pulire Jaylah.”
“Così come a te toccava darle da mangiare, ma non sei stato in grado. Quindi ora fai la tua parte.”
Johel aprì bocca per protestare, ma all’improvviso fu tutto buio. Il guerriero l’aveva avvolto in una sfera di oscurità perfetta, un potere innato della sua razza malvagia. L’elfo dei boschi scattò di lato, per uscire da quella trappola, e fu facile orientarsi perché Jaylah aveva cominciato a piagnucolare.
Pensando che Daren avesse avvolto anche lei nell’oscurità Johel si mosse verso quel suono, furioso all’idea di trovare la bambina terrorizzata. Invece no, l’area di buio soprannaturale si interrompeva molto prima del seggiolone. Jaylah stava facendo i capricci solo perché le lucine fatate erano sparite.
E con loro il drow.
L’attacco furtivo è uno stile di vita, aveva detto lo stronzo, e Johel comprese davvero quella logica quando si ritrovò in cucina tutto solo con una bimbetta da cambiare.

   
 
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