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Autore: fedegelmi    22/11/2019    2 recensioni
È una raccolta di storie ispirate dai vincitori del concorso mensile che organizzo ogni primo lunedì del mese.
"Nostre" perché ogni storia è il frutto di due menti.
Per maggiori informazioni sul concorso, troverete tutto nelle storie in evidenza di Instagram "Concorso mensile" al mio profilo "fedegelmi".
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Piccola introduzione:

Questa è la prima storia che scrivo sulla base del concorso mensile che ho proposto sul mio account di Instagram (fedegelmi); l'idea mi è stata proposta da Elena ed è la seguente: thriller psicologico che riguarda una donna che viene sedotta da un tipo bello, ma losco; dev'esserci di mezzo anche un morto (decisione di come, quando e con quali mezzi lasciata all'autrice).


 

Storia (buona lettura):

Camminava sui ciottoli facendo ben attenzione a dove metteva i piedi: quella mattina, quando si era svegliata, non pensava che sarebbe dovuta accorrere su una scena del crimine in aperta campagna, per quel motivo ora sfoggiava dei laccati tacchi neri al posto di comode scarpe da tennis.

«Cosa abbiamo qui?» chiese una volta giunta sul luogo del delitto.

«Roba brutta, terribile» sospirò un uomo alzandosi da terra.

Mario Sanna era il medico legale più sensibile e catastrofico che avesse mai conosciuto nei suoi trentacinque anni di vita - non che prima di entrare in polizia ne avesse mai conosciuti -; ogni morto in cui incappava, per lui, era il peggiore che avesse mai visto.

Questa volta, però, dovette dargli ragione, perché davanti ai suoi occhi non vedeva altro che un macello, letteralmente: non era rimasto praticamente nulla di integro della donna rimasta vittima di questo sfacelo perché era stata fatta a fettine e poi ricomposta a casaccio.

Ormai i conati di vomito non le venivano più, però non poteva dire di essersi abituata, quello no.

Si girò dando le spalle al cadavere e prese un profondo respiro.

Non si era accorta che, da lontano, qualcuno la stava osservando.

 

-

 

Quando rientrò in centrale non si aspettava di certo di ritrovarsi attaccata dai giornalisti avvoltoi.

«Come diavolo hanno fatto a scoprirlo così in fretta?» sbottò al collega che l'aveva raggiunta sulla scena del crimine dopo alcuni minuti dal suo arrivo.

«Non ne ho idea» sospirò in risposta.

Luigi Carbone le era stato assegnato come spalla per quel caso e non avrebbero potuto scegliere uomo migliore, perché lui, di orrori, ne aveva visti parecchi nei suoi cinquantotto anni di vita.

Uscirono con qualche difficoltà dall'auto ignari che la macchina che si era fermata poco più indietro li avesse seguiti dal luogo del delitto fino alla centrale.

L'uomo che la guidava li osservava in silenzio con le mani strette sul volante, le nocche bianche per la presa troppo salda.

Osservò la donna finché non sparì dietro al portone d'ingresso, dopodiché si rilassò abbassando il finestrino.

Si accese una sigaretta, mentre con lo sguardo non perdeva di vista nemmeno per un secondo il punto dentro cui l'aveva vista sparire.

 

-

 

Uscì dalla centrale che era appena calata la luce.

Erano giorni che lavoravano al caso, ma si trovavano ad un punto morto e non erano ancora riusciti a cavare un ragno dal buco.

Decise, quindi, di recarsi a casa per farsi una doccia e, successivamente, di andare a cenare fuori: non aveva voglia di stare sola.

Rimuginò su quello che sapevano.

La vittima si chiamava Valeria Morelli, aveva la sua stessa età e, sin da quando l'aveva scoperto, l'aveva sconvolta la somiglianza con lei: lunghi capelli biondi, occhi nocciola e lineamenti dolci. Si era inorridita quando si era resa conto che non aveva potuto notarlo prima a causa delle condizioni in cui verteva il suo cadavere e, dopo la perizia, aveva provato un forte senso di dispiacere nell'apprendere che era stata fatta a pezzi quando era ancora viva, sebbene non nello stesso luogo nel quale era stata trovata.

Con l'acqua calda cercò di lavare via i brutti pensieri e decise di smetterla di pensare al lavoro e, invece, cominciare a concentrarsi sulla serata non ancora iniziata; si sarebbe dedicata solo a sé stessa.

 

-

 

Entrò nel solito pub sotto casa salutando il proprietario.

«Tavolo per due?» chiese speranzoso guardando alle sue spalle come se, da un momento all'altro, potesse apparire un accompagnatore.

«Il solito» rispose la donna sorridendo.

Quella domanda così abituale, la divertiva e intristiva allo tempo stesso ogni volta che andava al Piede di Porco - e ormai accadeva davvero spesso.

Si accomodò al solito tavolo e ordinò del buon cibo e una birra.

Non appena arrivo quanto chiesto, cominciò a mangiare, ma venne subito interrotta da un affascinante uomo che le si sedette davanti prendendo una sedia dal tavolo di fianco.

«Cosa ci fa una splendida donna come te, da sola in questo pub?» le domandò con un sorriso gentile.

«Magari questa donna non ha mai trovato la compagnia giusta» gli rispose a tono incuriosita da questo approccio inaspettato.

Si chiese se l'avesse notata a causa dello shampoo nuovo che aveva testato proprio quella sera.

«Mi chiamo Matteo» disse porgendole la mano.

«Gemma» ricambiò.

«Un nome azzeccato, direi. Gemma... una donna tutta pepe, che ama darsi da fare; detesta la pigrizia, deve sempre fare qualcosa per sentirsi appagata. Le principali qualità che le vengono riconosciute sono la forza e la determinazione⁽¹⁾. Non ti conosco ancora, ma sento che sia esattamente così, non è vero?»

La bionda strabuzzò gli occhi stupita, ma diffidente, e forse fu questo a spingere l'uomo a giustificarsi.

«Studio gli antroponimi per passione, in sostanza sarebbe lo studio del significato e dell'origine dei nomi propri».

«Molto interessante» rispose colpita. «E allora il tuo nome cosa indica?»

«Beh, secondo gli studi ho una personalità poliedrica, sono un grande osservatore e so come comportarmi in ogni situazione; sono sempre disponibile con gli altri e sono generoso⁽¹⁾».

«E ti ci ritrovi in questa descrizione?» gli chiese ammiccando.

«Generalmente sì. A te, invece, non ho bisogno di chiederlo, giusto?»

La donna lo guardò inclinando la testa, non riuscendo a capire cosa volesse dire.

«Il distintivo» le disse lui indicando l'oggetto posto sopra al tavolo. «La tua determinazione e la tua forza devono essere tutte riposte lì, anche se potrebbe essere proprio questo il motivo per cui sei sola... Lo usi come scudo dagli uomini? Per questo lo appoggi in bella vista?»

Gemma inarcò un sopracciglio non capendo se fosse attratta o infastidita dalla presenza dell'uomo: i loro scambi di battute erano contrastanti, ma i suoi occhi blu e il suo sorriso erano una certezza.

«Fai lo psicologo di professione o cosa?»

«Devi scusarmi, dev'essere un'abitudine del passato. Ho studiato psicologia da ragazzo, ma poi sono finito per fare il segretario di una psicologa» disse cercando di mascherare la frustrazione con una risata.

«Anche io temo di farmi prendere spesso dalle abitudini» commentò pensierosa. «Che ne dici di continuare a farmi compagnia ordinando qualcosa?» gli propose, poi, ricordandosi della promessa che si era fatta prima di uscire di casa: si sarebbe dedicata solo a sé stessa.

«Molto volentieri».

 

-

 

Chiacchierarono e flirtarono per qualche ora, fino a quando il pub non cominciò a svuotarsi.

«Mi spiace Gemma, ma devo proprio chiudere» disse il proprietario avvicinandosi al loro tavolo.

«Nessun problema, Gio! Ce ne andiamo subito».

Prima di dirigersi verso la cassa per farli pagare, le fece un cenno di intesa felice che finalmente avesse trovato compagnia.

Ma sì, pensò lei, per una volta posso anche permettermi di avere un'avventura da una notte e via, anche se non dovrei più avere l'età per farlo.

Si accinsero all'uscita, ma prima che la donna potesse fare qualsiasi cosa, Matteo la anticipò.

«Pago tutto io» disse tirando fuori qualche banconota.

«Non devi farlo per forza!» commentò Gemma mettendogli una mano sulla spalla.

«Non lo faccio per forza, ma perché voglio. Non preoccupartene» la liquidò con un sorriso accarezzandole la mano affettuosamente.

Decise di non insistere e accettare quel gesto, per una volta, così uscì dal locale per accendersi una sigaretta.

Lui la raggiunse qualche secondo dopo imitandola.

Fumarono all'esterno del pub continuando a parlare del più e del meno finché, ormai in dirittura d'arrivo, la poliziotta decise di fare quello che, ne era certa, avrebbe desiderato anche lui. «Senti, ti andrebbe di salire da me per un caffè? O un digestivo, come preferisci. Abito proprio sopra il Piede di Porco».

«Il digestivo magari no, dopo tutte quelle birre, ma un caffè volentieri».

Spensero le sigarette nel posacenere davanti all'ingresso del locale e si diressero al portone.

Non appena furono dentro casa, bastò uno sguardo per far sì che i loro corpi si attraessero come calamite iniziando a baciarsi e spogliarsi.

Lasciarono una scia di vestiti dietro di loro fino alla camera da letto, dove, nudi, approfondirono i baci accompagnandoli alle carezze, mentre facevano scoprire i loro corpi l'una all'altro.

Si unirono in quello che non poteva essere definito "amore" perché privo di qualsivoglia attenzione, ma carico di passione allo stato puro.

Goderono del piacere fino allo sfinimento lasciando che la stanza si impregnasse dei loro odori, infine si stesero sul letto stremati ma leggeri, come se si fossero appena liberati dei problemi.

Rimasero in silenzio qualche minuto, in sottofondo solo il suono dei loro respiri che si facevano via via meno accelerati, fino a che Matteo non interruppe la quiete.

«Wow» commentò voltandosi verso di lei. «Sei stata incredibile».

«Già, è stato proprio wow» gli rispose ricambiando lo sguardo.

Si sorrisero e Gemma scivolò verso di lui appoggiando la testa sul suo petto, mentre lui la circondò con il braccio.

Si sentì bene, protetta, ma sapeva che era solo una sensazione dovuta al sesso appena fatto.

«Sai, mi è stato detto che in qualcuno si nasconde la chiave per guarire i miei demoni» mormorò dopo qualche minuto Matteo, accarezzandole il capo dolcemente.

«E chi te l'avrebbe detto?» sorrise lei passando un dito sul suo petto nudo.

«Una... persona di cui mi fido ciecamente. E vuoi sapere un'altra cosa?». La donna annuì, spronandolo a continuare. «Mi ha detto che quel qualcuno avrebbe avuto lunghi capelli biondi, occhi color nocciola e lineamenti dolci».

La donna perse un battito: le sembrava una dichiarazione d'amore bella e buona e lei non cercava affatto quello, ma solo sesso.

Si alzò reggendosi su un gomito e, con la testa bassa, sospirò. «Ascolta, Matteo, non fraintendermi, ma io...» alzò lo sguardo e l'ultima cosa che vide furono i suoi occhi: non erano più del blu intenso che ricordava, erano diventati puro e freddo ghiaccio.

 

-

 

Quella donna gli sembrava più impertinente delle altre: a differenza loro, lei, prima che le facesse perdere i sensi, aveva intavolato la classica frase per scaricare un uomo.

Il suo scopo finale sarebbe stato comunque quello di farla svenire per poi avere la possibilità di farle ciò che più gli interessava, ma aveva affrettato le cose a causa di quel suo intervento presuntuoso.

«Già vi odio, maledette,» disse ad alta voce rivolto a Gemma, ancora priva di sensi. «se poi tu osi rifiutarmi dopo avermi scopato, non fai che aumentare questo sentimento». La trascinò lungo la camera da letto per poi legarla al calorifero. «Non vedo l'ora di farti a pezzi per trovare la mia chiave».

 

 

Nota⁽¹⁾: le informazioni sono state tutte prese dal sito "paginainizio.com nomi".

   
 
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