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Autore: Jaiku    22/11/2019    0 recensioni
Versailles è diventata il sogno proibito di ogni parigino e l'incubo di ogni nobile, ma per Luigi XIV è l'emblema della sua magnificenza e della gloria di Dio.
Minette è una cameriera, invisibile agli occhi delle altezzose donne nobili che ogni giorno serve con finta devozione solamente per avere un tetto sopra la testa e qualcosa da mangiare. Per destino incontra di persona il fratello del re, Filippo d'Orleans, creando una sorta di intesa con lui. Quando scoppia " l'affare dei Veleni" il re decide di utilizzare l'invisibilità di Minette per scoprire chi ha iniziato quel crudele massacro e porre fine a tutto. Senza rendersene conto si troverà incastrata in una ragnatela avvelenata dove nessuno ne uscirà illeso.
Tra amori, veleni e tradimenti si svolge la storia di una donna che diventerà essenziale nella vita del re, ma nascosta agli occhi di tutti.
Genere: Erotico, Storico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo | Contesto: Storico
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Dov'è che vorresti andare?- chiese Filippo d'Orleans inclinando leggermente la testa.
-A cavalcare, hai sentito- rispose il re senza indugiare troppo.
-Cosa ho combinato?-
-Nulla. Ma devi venire- replicò il re. Si era presentato li circa un quarto d'ora fa per convincerlo ad andare a cavalcare con lui, cosa che però suo fratello non aveva intenzione di fare.
-Allora che senso ha? Perché non chiami uno dei tuoi ministri o un nobile a caso? Darebbero il loro braccio destro per poter essere invitati- parlò con lingua tagliente, per nulla interessato a lasciare la camera. Forse più tardi sarebbe andato a giocare a carte nei salotti ma non era sicuro di voler vedere lui.
-Ho chiesto a te invece-
-Oh no mio caro Luigi tu stai pretendendo che io venga con te. E la mia risposta è no! Poi mi domando cos'è tutta questa tua improvvisa voglia di cavalcare. Ieri hai dato un ballo come minimo dovresti essere in camera tua a lamentarti della stanchezza-
Luigi chiuse gli occhi e sospirò pesantemente -Si da il caso, Filippo, che io non sia te e che guardacaso sia il re. Non ho il tempo per poltrire-
Filippo d'Orleans sorrise sinceramente divertito incrociando le braccia -Però il tempo di andare a cavalcare lo trovi-
La faccia del re si imporporò. Non di vergogna ma di rabbia misto seccatura -Non osare. Tu vieni con me-
-Ti ho detto di no!- replicò quasi urlando.
-Finitela entrambi!- la voce femminile di Enrichetta si levò alta nella stanza. Nessuno, a parte Bontemps, l'aveva vista arrivare. Il re le sorrise calorosamente mentre il marito storse il naso. Era palese dove aveva passato la notte ma almeno avere la decenza di non presentarsi davanti a lui in déshabille... No, Enrichetta aveva deciso di non curarsene.
-Cosa sta succedendo?-
-Luigi, il mio carissimo fratellino e tuo amante, vuole costringermi ad andare a cavalcare- spiegò Filippo d'Orléans con voce stona infastidito dalla sua presenza e sottolineando la condizione della moglie.
Enrichetta sospirò -Filippo è una cavalcata- disse lei tranquillamente non capendo il motivo che aveva nel non volerci andare.
-Oh perfetto... allora vacci tu. Te ne intendi- soffiò gelido.
-Sai, mio caro, tutto... questo- disse indicando lei stessa e il re -non sarebbe accaduto se solo provassi interesse per le donne- replicò Enrichetta senza cattiveria.
Voleva bene a Filippo e sapeva delle sue preferenze sessuali fin da giovane. Poi per costume la madre di Filippo, la regina Anna d'Austria, li aveva obbligati a convolare a nozze e Filippo aveva finito con l'accettare la relazione tra il fratello e la moglie; ma quando si accendevano i battibecchi tra i due raramente Filippo riusciva dal trattenersi dal tirare in ballo quella situazione. Non che davvero gli importasse visto che aveva una relazione con Filippo di Lorena e, anche se altalenante, la trovava molto appagante. -Dettagli- replicò con un pigro gesto della mano.
Enrichetta gli si avvicinò posandogli una mano sul braccio. -Filippo è solo una cavalcata per i giardini. Non un viaggio diplomatico- parlò con voce bassa e calma, il tono che riusciva a convincere Filippo ogni volta.
Il principe roteò gli occhi. Per quanto il loro matrimonio non fosse idilliaco Enrichetta rimaneva l'unica amica che aveva in quella gabbia dorata che stava costruendo suo fratello e, perché no, l'unica certezza. Filippo d'Orléans guardò il fratello portandogli un dito contro come per ammonirlo -Solo una cavalcata Luigi. Ho mal di testa-
Il re inarcò il sopracciglio, un sorriso vittorioso si disegnò sul volto -Non è vero-
-No- replicò veritiero Filippo -Ma sono sicuro mi verrà-.
Andò a chiamare i valletti per vestirlo.

Minette era da quando si era svegliata che non si era fermata un attimo. Susie, la sua compagna di stanza, l'aveva svegliata in modo brusco scuotendola e urlando che era tardi cosa che, tra parentesi, non era vero. Aveva pulito poi i camini dalla cenere di numerose stanze, compreso quello dove la sera prima c'era stato il ballo. Dentro aveva trovato anche un bigné e l'insulto che aveva tirato era riecheggiato all'interno della sala. Quello, si disse, era tipico dei nobili: l'assoluto menefreghismo per chi, come lei, doveva lavorare come un mulo per avere da mangiare. Per loro era tutto dovuto e il rispetto non sapevano che cosa diavolo fosse!
Dopo, visto che i nobili avevano finalmente finito di prepararsi, avrebbe iniziato il giro per pulire le camere e rifare i letti.
-Minette!-
Sobbalzò tirando fuori la testa dal camino. Davanti a lei c'era Marcel, uno dei maggiordomi. Aveva il viso che ricordava un topo, le orecchie a sventola e non parlava mai se non era necessario. Tutto il contrario di lei che di tenere a freno la lingua sembrava non esserne dotata.
-Sei tutta sporca- constatò storcendo il naso. Era anche insopportabilmente ossessionato dal pulito.
Minette si tirò in piedi -Beh sai com'è, la cenere fa questo- replicò prendendo poi in mano il secchio con le spazzole di ferro per pulire il camino -Hai bisogno?-
-La signora Dupaq ti vuole-
-Adesso?- esclamò guardandosi in giro -Mi mancano ancora sei sale-
Marcel scrollò le spalle e Minette sbuffò pesantemente raccogliendo il lenzuolo davanti al camino e andando verso il passaggio per la servitù nascosto dietro un quadro. Sia mai che i nobili vedessero una sguattera che lavorava.
-Che hai combinato?- gli chiese Marcel a voce alta.
Minette si girò allargando le braccia occupate dal secchio e dal lenzuolo -Sai benissimo che quella megera mi odia-
-Fai in modo che non ti senta- replicò per poi tornare al lavoro con un leggero sorriso.
Quando era arrivata davanti alla stanza della signora Dupaq si era fermata con la mano a mezz'aria chiusa in un pugno. Era la governante della reggia, si occupava di tutto il personale femminile e insieme al signor Boulè gestivano a dovere tutta Versailles. Non era vecchia, ma nelle tempie si vedevano file di capelli bianchi nascoste sotto la cuffietta. Ogni volta che camminava la sentivano; portava attaccata alla gonna un anello pieno di chiavi che tintinnavano ad ogni suo movimento. Susie lo definiva "il suono del tiranno" e non aveva tutti i torti: la signora Dupaq era nata senza compassione.
Deglutendo bussò ed entrò. La trovò seduta davanti al tavolino basso, stava rammentando un grembiule. -Mi volevate vedere?-
La governante la osservò da dietro gli occhiali sottili e vecchi -Si Minette. Siediti-
Brutto segno, pensò, bruttissimo. Con esitazione si sistemò a disagio sulla sedia davanti a lei.
-Mi è stato riferito dal Signor Boulè che una caraffa d'argento è stata rovinata e visto che ieri sera sei tornata nelle tue stanze a notte inoltrata non puoi che essere stata tu-
Minette fece un lungo sospiro, l'ansia le attanagliava lo stomaco -Ecco vede ieri sera Le Chevalier mi ha detto di portare da bere a Monsieur e quando sono entrata nella stanza... mi ha tirato contro un libro e io... mi dispiace non avrei dovuto fare cadere tutto-
La Signora Dupaq posò il grembiule -È la storia più assurda che io abbia sentito-
Minette sbatté più volte gli occhi incredula -Come?-
-Non per l'atteggiamento di Monsiur ma dal fatto Le Chevalier abbia chiesto a te di portare il vino a sua altezza il fratello del re, quando c'erano schiere di camerieri al ballo-
-Le sto dicendo la verità! Perche mai allora avrei preso la caraffa? Per giocarci?!- replicò sulla difensiva Minette. Lo sguardo di chi non poteva accettare di non essere creduta.
-Bada a fine parli Minette- esclamò la governante con voce dura -Parigi è piena di ragazze che possono sostituirti-
Mordendosi la lingua Minette sibilò delle scuse. Se solo avesse potuto dirle che cosa pensava di lei...
-Ammettiamo che sia successo...- disse la signora Dupaq come se stesse parlando di una cosa astratta a cui non credeva e mai avrebbe fatto -La prossima volta chiama un cameriere competente. E ora vedi di non rompere altri bicchieri o rovinare qualcosa quando porti il pranzo ai carpentieri-
Minette annuì e uscì andando nelle cucine a prendere i cestini. Un giorno sarebbe riuscita a mandarla la diavolo.

La cavalcata con Luigi era durata si e no un'ora. Poi era sceso da cavallo e si era messo a parlare con uno dei capi carpentieri lasciando Filippo impossibilitato nell'allontanarsi e obbligato a sentire dei noiosissimi discorsi su giardini, piante o fontane. Il tutto stava durando quasi più di due ore, un tempo lunghissimo per Filippo.
Sbadigliò senza curarsi di mettere la mano davanti alla bocca e tenendo le redini del cavallo salde nella mano destra, si guardava intorno. Luigi aveva preteso di non essere accompagnato da guardie e pertanto suo fratello era obbligato a tenere da sé le redini; Luigi invece le aveva dato a Bontemps che si accingeva a seguirlo con occhi pieni di orgoglio.
Annoiato si guardò in giro: carpentieri che finivano i lavori, personale di servizio che gli portavano da mangiare e a poco a poco il suono di zappe, carrucole e urla di ordini venne soppiantato dalla pace del giardino.
Mangiavano presto, saranno state quasi le undici o poco più, e li vide avventarsi sui cestini.
Socchiuse gli occhi finalmente trovando qualcosa di interessante dopo quelle noiosissime ore. Corpetto rosso, inguardabile, e gonna rosa, addirittura peggio del corpetto; erano i vestiti della ragazzina che ieri sera aveva imparato i rudimenti della nobile arte del colore. Distribuiva i cestini alternando piccolo sorrisi a degli sguardi persi. Ogni tanto si rivolgeva a una ragazza bionda e poi tornava al suo lavoro.
-Filippo ma mi stai ascoltando??-
Sbatté le palpebre più volte guardando poi suo fratello Luigi -Come dici?-
-Ti ho chiesto se mi stai ascoltando-
"Oh Luigi" avrebbe voluto dirgli "Sono quasi trentadue anni che non ti ascolto" ma, invece, gli sorrise serafico e si scusò dando la colpa all'interesse nel vedere i giardini che di bello avevano ben poco per via dei lavori.
Il re lo fissò -Riesci ad immaginarlo finito?- chiese con un spunta di eccitazione nella voce.
-No- replicò Filippo pacato -Hai cambiato idea sulla struttura dei giardini tre volte negli ultimi sei mesi-
-Devono essere perfetti-
-E lo saranno mon frère, ma se continui a cambiare idea tra dieci anni saremo punto a capo- constatò allargando le braccia fin troppo teatralmente.
Il re sorrise come per nascondere una leggera delusione -Non hai ascoltato una singola parola, vero?-
Filippo d'Orléans scrollò le spalle -Non mi interessano zolle di terra e fiori.-
Il re emise un verso strozzato. Stava cercando di rendere suo fratello partecipe al suo sogno ma di quelle tre ore, ora era palese, Filippo aveva passato il tempo a pensare chissà cosa. -Torniamo a palazzo-
-Era ora- sussurrò a se stesso Filippo salendo sul cavallo. Diede velocemente senza nemmeno pensarci, e domandandosi del perché lo avesse fatto, un'occhiata fugace dove prima aveva visto Minette. Non c'era più.

Arrivato a palazzo Filippo si stirò senza tante cerimonie. Alcuni nobili lo fissarono, altri lo ignorarono, o fecero finta. La cavalcata era stata noiosa se non peggio -Dannazione a me che do pure ascolto a mia moglie- sospirò.
-Oh eccoti qua!- una voce fin troppo familiare si rivolse a Filippo d'Orléans che per risposta si girò dalla parte opposta pronto per poterlo evitare. Scappare forse sarebbe stato più appropriato, ma quel vocabolo non sarebbe mai entrato nel suo vocabolario perciò l'espressione "Girarsi e contemplare la tenda sperando di non essere visti" diventava spesso e volentieri la sua sostituta.
-Filippo?-
Continuò a guardare la tende, di un orribile color verde bottiglia a suo parere, senza rispondere.
-Filippo... Filippo!- poco distante da lui Le Chevalier continuava a chiamarlo. Stava cominciando a spazientirsi e se Filippo d'Orléans si fosse girato avrebbe potuto vedere il biondo sopracciglio sinistro tremare leggermente per l'irritazione. Odiava essere ignorato, ancora di più se a farli era l'unica persona che all'interno di quelle mura significava qualcosa. Quasi in segno di disperazione sospirò -Mon amour sono due settimane che non mi rivolgi la parola-
-E intendo continuare- sbottò girandosi smettendo finalmente di ferire gli occhi guardando quel colore orribile. -E ora, se vuoi scusarmi mio fratello voleva vedermi-. Non era vero, che bugia colossale! Ma, se doveva scegliere tra due mali, avrebbe scelto di andare da Luigi. Con Le Chevalier non ci avrebbe parlato per un bel po': come aveva anche solo osato pensare che il vestito in broccato argentato che si era fatto confezionare appositamente da sarti viennesi non risaltava la sua figura? Aveva speso mille Luigini per nulla se lo si ascoltava.
Fece finta di incamminarsi per andare da suo fratello, poi al primo corridoio avrebbe deviato percorso e sarebbe andato con molta probabilità a giocare a carte. Oggi si sentiva fortunato.
Le Chevalier scoccò la lingua sul palato -Quindi immagino che le scarpe che ho fatto confezionare appositamente per te dovrò rimandarle indietro o regalarle a qualcun altro-
Filippo si fermò girandosi lentamente. Osservò il suo amante con occhio critico, quasi come se si aspettasse che ciò che avesse sentito fosse una bugia.
Le Chevalier nascose un sorriso trionfante dietro un'aria fintamente rammaricata -È un peccato, dopotutto si tratta di sera e oro-
Filippo storse la bocca in segno di resa e gli si avvicinò. Fino a trenta secondi fa non gli avrebbe dato nemmeno la speranza di poter rimediare a quelle parole che aveva pronunciato due settimane fa.
Ma per Dio, si disse, qui si parlava di scarpe!

   
 
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