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Autore: Deirbhile    22/11/2019    3 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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-          Oddio non la troveremo mai, potremmo andare più veloce!?

Chiara, aggrappata a Carmen, pericolosamente traballante seduta com’era sul porta pacchi della sua bicicletta rosa brillantinata, la incitò ad accelerare il passo, tamburellando a ritmo le dita sulle sue spalle. Carmen grugnì, fermandosi per riprendere l’equilibrio, gettando un’occhiata in basso per verificare se non si fosse macchiata i jeans nuovi.

-          Ma lo vedi che non riesco neanche a stare in equilibrio? Oh Signore, mi sono macchiata! – urlò non appena se ne accorse, con quel suo tono alto e drammatico che fece girare gli occhi a Chiara.

Aveva bisogno di arrivare al parco il prima possibile, e da casa di Carmen distava circa una mezz’ora a piedi, così avevano pensato bene di andare in bici, tutt’e due. Chiara era un po’ nervosa di affrontare Roberta, aveva paura che se la fosse presa visto il suo rifiuto secco di raggiungerla e passare il pomeriggio insieme, ma soprattutto era nervosa per tutto quello che aveva raccontato a Carmen poco prima. Avrebbe dovuto parlare con lei, come si erano accordate (Carmen, uscendo di casa- letteralmente trascinandola- le aveva fatto promettere solennemente di spiegare a Roberta cos’è che la turbasse, per smetterla una volta per tutte con quei teatrini imbarazzanti), e questo di certo non la aiutava.

Era una giornata mite, c’era un bel sole di tarda primavera, e il paese era placido, si respirava un’aria rilassata, quasi tutti stavano uscendo dagli uffici e i bar erano pieni di persone che bevevano bibite fresche accomodate ai tavolini esterni. Chiara si sentì euforica e terrorizzata e avrebbe voluto urlare, ma si limitò a piantare le unghie nelle spalle di Carmen, guadagnandosi una sua scrollata di spalle e un grugnito di dolore.

-          Senti forse è meglio che te la lascio e vai sola, che ne dici? -  le disse ad un certo punto, svoltando non senza difficoltà in una stradina, - Così posso evitare di finire piena di fango e scorticata… se questa è la tua delicatezza, non oso immaginare quella povera della tua fidanzata…-

-          NO! Ti prego, accompagnami almeno fino ai cancelli, ti prego, ti prego, ti prego! Mi sento come se stessi per esplodere e non mi fido di me stessa- sibilò di rimando Chiara, vedendo che mancava ancora qualche minuto e sarebbero arrivate al primo spiazzo del parco.

Carmen si voltò per un momento a guardarla, sorridendole di sottecchi.

-          Sei proprio carina da quando sei innamorata, è un peccato non poterti prendere in giro con gli altri!

Chiara le diede un colpetto al braccio, aggiungendo: - Per essere un’amica sei proprio stronza! Ma ti adoro, sei la migliore… ora svolta a sinistra e ci siamo quasi!

C’era un motivetto musicale che le ronzava in testa da quella mattina, una canzone allegra, estiva, pop, e ripeteva lo stesso giro di note per tranquillizzarsi, pensando che era meraviglioso essere così nervosa per qualcuno, piuttosto che per un compito di matematica. Che sarebbe arrivata a minuti e si sarebbe gettata fra le braccia di Roberta e si sarebbe aperta con lei, le avrebbe parlato, e tutto sarebbe andato bene. Che euforia e che spavento!

-          Eccoci, signorina. Fra me e Ivan non so chi dei due sia più prossimo a diventare il tuo autista personale… lascia una recensione alla fine della corsa e vedremo.

-          Che scema… grazie, Carmen, per tutto. Se mai le cose dovessero andare bene, ricordatelo, è praticamente quasi tutto merito tuo!

Carmen si buttò indietro i capelli, alzando le spalle come una vecchia diva cinematografica.

-          Fiera di essere l’artefice della prima volta della mia più cara amica al mondo.

-          CARMEN!

Le fece un ultimo occhiolino e proseguì per tornare al centro del paese. Chiara si voltò, ancora rossa in viso, e decise di respirare un momento prima di avviarsi verso il chiosco, dove era abbastanza sicura Roberta stesse disegnando o leggendo (ormai libera dalle interrogazioni, aveva finalmente iniziato il libro che le aveva regalato per il suo compleanno).

***

Roberta, invece, non era al chiosco, ma seduta poco distante sotto un albero col suo blocco da disegno, con lo sguardo fisso fra le pagine. Per tutti i cinque minuti in cui Chiara rimase, da lontano, ad osservarla, non aveva mai alzato la testa: aveva tutta l’aria di chi è così assorto nel proprio lavoro da non aver bisogno di rendersi conto di ciò che lo circonda. Quello era il suo piccolo mondo e a Chiara sembrò così bello poterla guardare che quasi si ricredette sull’idea di andare lì a parlarle.

Ma poi- probabilmente per verificare di star riproducendo fedelmente il suo modello, un grosso albero in fiore qualche metro accanto a Chiara- Roberta alzò la testa, trovandosi di fronte proprio Chiara, che sentendosi i suoi occhi azzurri addosso non poté far a meno di sentirsi in colpa per averla distratta, ma allo stesso tempo felice, così felice che la stesse guardando.

-Hey, che ci fai qui?-

La voce di Roberta suonò limpida e squillante alle sue orecchie, stava sorridendo e sembrava felice che invece dell’albero di pesche ci fosse lei. Erano a qualche metro di distanza, ma Chiara riusciva a scorgere l’espressione dei suoi occhi, e il modo in cui stava cercando di non sorridere troppo, così presa alla sprovvista, contraendo i muscoli ai lati della bocca, rendendo le due fossette delle guance più visibili. Cercò di schiarirsi la voce e di risponderle, ma non riusciva a capire dove fosse finita. La gola pulsava come se il cuore ci si stesse aggrappando, cercando di uscirle di bocca. Le dita le formicolavano, quella sensazione del fluire del sangue avanti e indietro sotto la pelle, un caos pulsante, troppo intenso per non lasciarla ogni volta trafelata. Così rimase in silenzio e le si avvicinò.

-          Ciao…

Si sedette accanto a lei, sorridendole timidamente. Roberta le fece spazio, spostando i fogli e le matite.

-          Passavo di qui con Carmen, e ho pensato di cercarti. Ti ho trovata qualche minuto fa, ma non volevo disturbarti.

Roberta piegò la testa verso di lei, guardandola ridendo.

-          Ma non mi disturbi, ero solo qui a disegnare un po’. Pensavo foste in giro per il pomeriggio fra amiche.

Chiara notò che attorno a loro c’era solo gente venuta a fare jogging, e che a tratti era deserto. La luce era ancora forte, erano le sei e mezza, e si abbandonò completamente sulle gambe della sua ragazza.

-          In realtà volevo vederti.

Con la guancia poggiata sul tessuto dei suoi jeans chiari, guardava assorta lontano, mentre Roberta le passava una mano fra i capelli. Chiuse gli occhi, sospirò piano. Era tutto così calmo, fluiva lento eppure veloce, aveva voglia di aggrapparsi a Roberta per fare in modo che non scivolasse via.

-          C’è qualcosa che non va?

Chiara si voltò, guardandola direttamente in viso per rassicurarla. Le sorrise, senza perdere la sua iniziale timidezza, godendosi quelle carezze morbide sulla fronte, le guance, le labbra, la punta del naso.

-          No, ma volevo stare con te, da sole.

Roberta si chinò- non prima di aver appurato che nei dintorni non ci fosse nessuno- e le lasciò un bacio veloce sulle labbra.

-          Ti va di ascoltare un po’ di musica?

-          Sì, ma prima volevo dirti una cosa.

Chiara si beccò un altro sguardo interrogativo. Non voleva farla preoccupare, per cui sospirando pensò bene di iniziare col soliloquio che aveva ripassato tante volte in quei giorni, ma tutto ciò che uscì dalla sua bocca furono poche parole.

-          Sono proprio innamorata di te.

Roberta per tutta risposta la baciò di nuovo, e Chiara si sentì spaccare in due dall’emozione che aveva dentro, lo stomaco sotto sopra a cui non aveva ancora fatto l’abitudine, le guance ardenti, le dita incapaci di metabolizzare tutti quegli impulsi nervosi e indecise se aggrapparsi ai suoi capelli o cingerle delicatamente il collo. Fu un bacio molto lento, ma profondo. Chiara si ricordò che era di questo di cui voleva parlarle, questa forza di cui si sentiva in balia ogni volta che la baciava, che le diceva “abbandonati, abbandonati”, come una ninnananna, un incantesimo sempre più profondo, che la lasciava intorpidita, elettrica, fuori da se stessa.

-          Anche io sono innamorata di te- sorrise Roberta, e lasciò andare indietro la testa, poggiandosi al tronco dell’albero, come cercando un sostegno.

Chiara le prese una mano, per attirare la sua attenzione. Poi le chiese: - La senti anche tu questa cosa?

-          Cosa?

-          Questa forza che mi attrae a te e mi fa impazzire, come se mi partisse dallo stomaco- se lo indicò, come a volersi sviscerare- a volte fa quasi male da quanto è intenso, non riesco a controllarlo.

-          Vuoi sapere se ti desidero?

A Chiara mancò un battito, tutto attorno a lei aveva perso definitivamente consistenza. Fluiva e correva e allo stesso tempo la lasciava pietrificata e immobile. Si sentiva scoppiare ma allo stesso tempo stretta in catene invisibili. Senza sapere come, un tremolante fece in tempo ad uscire dalla sua bocca prima che la chiudesse, mordendosi le labbra, in uno spasmo di nervosismo.

Roberta, vista da dove la osservava Chiara, dal basso verso l’alto, sembrava troneggiare su di lei, invadendola con una sensazione di completa e incredibile impotenza. Chiara si sorprese al desiderare non solo che fosse lei a prendere in mano la situazione, ma che addirittura le chiudesse la bocca costringendola a stare zitta e a smetterla con tutte quelle sue chiacchiere, quel suo nervosismo, perché non c’era bisogno, stava accadendo esattamente quello che doveva accadere e non c’era via d’uscita se non lasciarvisi completamente andare.

-          Io ti desidero- rispose infine, fissandola negli occhi, spostando una mano dalla sua guancia al collo.

-          Perfetto, perché ti desidero anche io e in questi giorni mi stavo torturando nel tentativo di capire se fossi l’unica.

Roberta rise, e il modo in cui rise sembrò- alle orecchie di Chiara- l’eco del modo ilare con cui aveva riso Carmen qualche ora prima. Era stata davvero lei quella assurda, a farsi tutti questi problemi?

-          Come potresti essere l’unica?

Chiara alzò le spalle.

-          Ti ricordi quando ci siamo conosciute? A Vienna, quella sera che mi parlasti di Massimo e di come ti eri sentita male perché lui voleva, insomma…

-          Sì, mi ricordo. Ma questo che c’entra?- Roberta rise di nuovo.

-          Non lo so, pensavo che avresti pensato lo stesso di me… che ti avrei messo pressione, ti giuro, non ne ho la più pallida idea. Io non ho mai provato una cosa del genere, non so neanche come si gestisce, cosa devo fare… non so assolutamente nulla.

Roberta con la mano le fece gesto di spostarsi più in là, in modo da potersi stendere anche lei sull’erba. Ora erano l’una di fronte all’altra, e si guardavano senza quasi sbattere le palpebre.

-          Io non ho idea di che cosa si debba fare, ma lo voglio- disse, dopo un po’ di silenzio – con te. Tu lo vuoi?-

Chiara mosse la testa, assentendo.

-          Quando mi baci o mi tocchi non c’è niente che voglia di più che tu non ti stacchi. Capisci cosa intendo? Con Massimo, con chiunque altro era un’agonia anche solo pensarci. Ma come puoi solo pensare di essere simile a loro? Io ti adoro, sei meravigliosa e quello che mi fai provare io cerco di esprimerlo ma a volte non ci riesco. Mi fai sentire al sicuro e sempre protetta, mi sento come dentro una piccola tenda nel mezzo del bosco.

-          È un’immagine carina.

-          Già, forse un giorno dovremmo andare in campeggio insieme.

-          Sì, ma solo se mi proteggi dagli insetti!

-          Affare fatto.

***

-Sabri, tu sei sicura di aver visto bene?

Sabrina guardò Riccardo dall’altro lato del tavolino del bar. Sorseggiò per un po’ la sua coca-cola, poi tornò a guardarlo. Pensò che fosse molto carino, nella sua maglietta bianca e pantaloncini da allenamento, con i capelli biondi un po’ sparati e gli occhi castani confusi, e che di sicuro ora aveva più possibilità con lui che non Chiara. Chiara, la sua compagna di scherzi, ormai così misteriosa per lei, come se vivesse anni luce dal suo pianeta. Perché, se ci aveva visto bene, Chiara non le aveva parlato? Era sinceramente arrabbiata con lei, ma non si seppe spiegare il perché. D’altronde, capiva che fosse una faccenda delicata e che magari non se la fosse sentita di dirglielo. Ma la convinzione che Carmen e Ivan sapessero (se ne era accorta quando era uscita con Ivan e lui aveva accuratamente evitato di portare avanti l’argomento) le diede molta amarezza, come se lei fosse sempre l’ultima ruota del carro, e non solo Chiara non si fidasse di lei, ma nemmeno ne avesse un’opinione tale dal giudicarla meritevole di un tale segreto. Che poi in ballo ci fosse la sua omosessualità o meno, a Sabrina non poteva importare di meno. Per come la vedeva lei, non c’era neanche da discuterne. Certo, forse si sarebbe potuto parlare di come si fosse scelta proprio Della Corte- colei che le aveva vessate per anni, non solo Chiara, ma anche lei stessa, Sabrina dai capelli colorati e i voti sempre più bassi, lei e le sue insicurezze sempre prese di mira, lei che non era niente di che a confronto con i suoi amici-, ma per il resto, beh, che facesse pure quello che le pareva. Quello che però non le andava a genio era il fatto che, ancora una volta, lei fosse giudicata a priori di poca importanza.

-          Ti dico di sì, pensavo fosse te che stesse baciando, ma tu non hai i capelli neri, Ricky, e decisamente non ti metti la matita e il mascara.

Riccardo, d’altronde, era abbastanza sotto shock.  Chiara, il suo amore impossibile… insomma, era lesbica? No, non voleva crederci. Sabrina, ne era sicuro, se lo stava inventando per farlo desistere dal riprovarci con lei. Non era impossibile, dopo tutto. Era convinto che avesse una cotta segreta per lui.

-          Okay ma quindi che succede, stanno insieme? Magari erano ubriache e, non so, volevano esercitarsi. Voi ragazze lo fate, vero?- chiese ormai senza alcuna speranza, suonando ridicolo perfino a se stesso.

-          No Ricky, noi ragazze non lo facciamo. O almeno, non nel modo in cui lo stavano facendo loro…

-          Oh mio dio. Sono sconvolto.

-          Già, non dirlo a me. Io sono solo la stupida che fa ridere tutti, ma nessuno si degna mai di darmi una spiegazione.

Riccardo aveva ancora la testa fra le mani e lo sguardo vacuo perso a fissare il marmo del tavolino, quando Sabrina aggiunse, con finta nonchalance:

-          Allora, ti va di andare al cinema sabato sera?

**

-          Darling! Ma dove sei stata tutto il giorno? Ho chiamato la madre di Carmen e mi ha detto che siete uscite. Si può sapere perché non rispondi mai ai messaggi?

Chiara entrò in cucina come un fulmine, aprendo il frigo e cercando dell’acqua. Il sole stava tramontando, e si sentiva così piena di energia che dubitava avrebbe avuto la pazienza di sedersi a tavola a mangiare la cena. Margaret triturava il prezzemolo e di tanto in tanto lo aggiungeva ad un filetto di trota che bolliva in padella.

-          Eravamo al parco, abbiamo perso la concezione del tempo.

-          Siete incredibili, neanche il tempo di finire la scuola che già siete in giro a bighellonare a tutte le ore.

Chiara le si avvicinò per darle un abbraccio.

-          Ma ce lo siamo meritate, vero? Abbiamo lavorato sodo quest’anno.

Margaret sospirò, sapeva che sua figlia aveva ragione.

-          Sì, ma questo non impedisce a voi signorine di rispondere alle chiamate!

-          Non devi sempre preoccuparti per me! Ho quasi diciassette anni mamma!

-          Già, una vera donna vissuta… ne riparliamo dopo questo weekend che passerai sola a casa, piccola, voglio vedere come te la cavi senza chiamarmi nemmeno una volta! Te l’ho detto, vero, che io e tuo padre abbiamo anticipato la nostra piccola vacanza? È incredibile quell’uomo, non riesce a trovare un momento libero neanche d’estate! Bisogna approfittare del periodo poco impegnato. Ma tranquilla… saremo di ritorno per lunedì, in tempo per vedere la tua pagella di quest’anno.

-          Vedrai che non vi deluderò, sono una figlia modello, io!

Chiara cercò di non farsi notare mentre sorrideva sorniona. Oh, aveva già piani per quel fine settimana. E di sicuro non avrebbe sentito alcun bisogno di chiamare sua madre.

  
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