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Autore: T612    23/11/2019    3 recensioni
Tony, Pepper e il Cipriani: Venezia è un'esperienza tragicomica che ti allaga l'anima, è una "bellezza grigia"... forse è romantica, ma probabilmente non nel modo in cui la pensate voi.
[Pre-Iron Man >> Endgame // Missing moments // What if?]
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Avviso dalla regia:
Tony, Pepper e il Cipriani… se la pensate come un quadretto idilliaco e romantico non avete mai vissuto Venezia. Ho sempre minacciato di scrivere questa long e, da veneta e veneziana “di adozione”, vi invito a tuffarvi in mezzo a questa esperienza che ha del tragicomico… Venezia è una bellezza grigia, forse è romantica, ma probabilmente non nel modo in cui la pensate voi.



 

Maybe I'm in the black, maybe I'm on my knees
Maybe I'm in the gap between the two trapezes
But my heart is beating and my pulses start

Cathedrals in my heart
[Every teardrop is a waterfall - Coldplay]



 

La prima volta che Tony mette piede a Venezia ha quasi venticinque anni, la voglia di vivere sepolta sotto le scarpe insieme alle due anime interrate a Santa Monica e ha apertamente dichiarato ancora un paio di anni prima che l’alcol era diventato il suo miglior amico. 

Obie gli aveva assicurato che le Stark Industries sarebbero andate avanti anche senza di lui, che aveva tutto il diritto di staccare la spina da tutto e da tutti per elaborare il lutto, litigando con una zia Peggy inviperita che, al contrario, sosteneva convinta che dopo quattro anni doveva mettersi nelle condizioni di voltare pagina e rimettere in moto gli ingranaggi della sua vita, che l’ostinarsi ad annegare nell’alcol le dinamiche assurde di un incidente d’auto non era d’aiuto per nessuno – e forse Zia aveva ragione, aveva sempre ragione, anche se conservava dei metodi poco ortodossi per costringerlo a darle ascolto. Era stata lei a metterlo su un volo di nove ore spedendolo per tre giorni in Italia, con la tacita speranza di vederlo rimettersi in sesto facendolo disintossicare dalla vita caotica della Grande Mela augurandogli di ritrovarsi nel “silenzio” della laguna, ironizzando che con ogni probabilità un “battesimo” era esattamente ciò che gli serviva.

Al termine del secondo giorno di vacanza, con la valigia già pronta al Cipriani per far ritorno negli Stati Uniti il mattino dopo, Tony ancora ignorava dove si trovasse il famoso “silenzio” decantato da zia Peg o a cosa si riferisse di preciso con quel fantomatico “battesimo”... ma era arrivato alla conclusione che – senza ombra di dubbio – avrebbe vissuto bene anche senza scoprirlo, soprattutto perché dopo aver raggiunto la soglia dell’ultimo bacaro aveva più alcol in corpo che sangue e le parole di zia Peg avevano smesso di avere un qualche significato ancora il pomeriggio prima, quando aveva deliberatamente deciso che il bacaro-tour non era poi una cattiva idea, azzerando il vociare caotico di Piazza S.Marco con il primo bicchierino di una lunga serie… e lo sapeva che non era quello il “silenzio” a cui la zia si riferiva, che con ogni probabilità la stava deludendo ad ogni sorso scolato d’un fiato in quella insensata e folle corsa al coma etilico – e no, non avrebbe dovuto congratularsi con se stesso per aver avuto uno raro sprazzo di buon senso ed essersi scritto con l’indelebile il recapito telefonico della casa a Londra sul braccio, nel caso avessero dovuto pescarlo in un qualche posto poco consono alla salvaguardia della sua carcassa ubriaca. 

Nel viaggio di ritorno verso l’hotel a notte fonda si era ritrovato a maledire chiunque avesse avuto la brillante idea di prenotargli una suite al Cipriani, perdendosi in mezzo alle calli alla disperata ricerca del ponte che avrebbe dovuto portarlo alla Giudecca – escludendo di riuscire a decifrare i cartelli con scritti gli attracchi del vaporetto notturno in quelle condizioni, ne di riuscire a ricordarsi mezza parola di italiano per chiedere indicazioni, appurando che a quell’ora in giro per Venezia non c’era nessuno – ondeggiando pericolosamente a filo dei canali.

Tony arrancava in mezzo alla calle deserta quando era stato colto da un’epifania improvvisa, realizzando cosa diavolo intendesse zia Peggy con il termine “battesimo” quando era ormai troppo tardi per tirarsi indietro – o per definire l’esperienza mistica in termini tecnici, la sua caviglia non aveva più retto l’ennesima sbandata ed era finito per tuffarsi di muso nell’acqua torbida della laguna.

Tony annaspa scosso dai brividi, arrampicandosi sui gradini ricoperti di muschio ed alghe che risalgono lo scolo, collassando steso sulla pietra del pavimento ondulato della calle con il sapore di salsedine arrugginita in bocca, i polmoni in fiamme, l’anima fradicia e gli occhi nocciola puntati sul cielo sorprendendosi di riuscire a vedere così tante stelle… e in quel preciso istante l’aveva sentito, il silenzio, spezzato da un sottile refolo di vento che viaggiava a pelo d’acqua – intenso, totalizzante… catartico.

Probabilmente era colpa del tasso alcolico che gli saturava le vene, ma aveva avuto la netta percezione di essere sdraiato sul dorso di una creatura millenaria dormiente, un Leviatano che russava lieve gonfiando ritmicamente le onde che si dibattevano ripetitive contro il laterizio rosso dei canali, generando il cigolio lontano degli ormeggi delle gondole attraccate sui moli, sospinte dalla brezza salmastra che diluiva i banchi di nebbiolina leggera mal illuminata dai pochi lampioni sporadici. Il tempo sembrava essersi bloccato, ritrovandosi a respirare a ritmo con il mostro mitologico rintanato sotto le palafitte, mentre il ronzio sordo sussurrato dal vento gli fa sanguinare i timpani peggio del ruggito della folla sguinzagliata in Piazza durante il giorno… e la capisce, zia Peggy, quando diceva che un po’ di silenzio era tutto ciò che gli serviva per ripartire, perché non c’è anima viva lungo quella calle dispersa nel buio della notte e riesce a sentire il rumore distinto del battito del proprio cuore che galoppa indomabile minacciando di spaccargli lo sterno. 

Si sente vivo, forse come non si sentiva da troppi mesi… insensibile al freddo bagnato che gli incolla i vestiti alla pelle, ma non a quel vuoto ricolmo dello sciabordio delle onde che lo riporta lentamente al mondo.

Fa scalo a Londra prima di ritornare nella Grande Mela, incollandosi al campanello fin quando zia Peggy gli apre la porta di casa e si tuffa a capofitto tra le sue braccia con un tacito grazie impresso sulle labbra… porgendole i resti di una calla in vetro colorato estratti dalla propria valigia, perché è terribilmente maldestro e non importa se il commerciante aveva incartato il fiore in vetro soffiato in un triplo strato di pluriball su sua espressa richiesta, ma Zia sorride e lo rassicura accarezzandogli i capelli dicendogli che il fiore rotto in mille pezzi ed aggiustato con la colla gli piaceva anche di più.

Lo stringe in un abbraccio e gli chiede cosa ha intenzione di fare ora che ritorna a New York – senza sottrarsi al contatto una volta tanto, stringendole le braccia intorno al busto cercando quel sentimento di protezione ed amore illimitato rimasto immutato in tutti quegli anni a discapito di tutte le cazzate che ha combinato negli ultimi tempi, e sa che sono tante perché ha smesso di contarle –, confidandole di volersi trasferire a Malibú ed esprimendo il desiderio di buttare giù la parete del salotto per fare spazio al pianoforte di sua madre, anticipandole la sua volontà di rimettersi al lavoro al più presto nel vero senso della parola per dare del filo da torcere ad Obie, riflettendo che per farlo forse ha bisogno di un’assistente che gli copra le spalle.

Forse quel qualcuno gli eviterà di cadere nei canali di scolo della propria esistenza caotica… perché la sua vita è davvero un garbuglio senza capo né coda, ha iniziato solo da qualche ora a rimetterla in piedi e non sa già più dove girarsi.

 

***

 

La seconda volta che Tony mette piede a Venezia è per un evento di beneficenza terribilmente noioso che aveva approvato ancora mesi prima autografando ad occhi chiusi il plico di fogli che gli aveva recapitato Pepper – annotandosi mentalmente che in futuro era meglio se si prendeva la briga di leggere i documenti che gli venivano consegnati –, alloggiando al Cipriani per tre giorni con la porta della suite che confinava con quella della sua segretaria, mettendo a tacere la vocina nella sua testa che tenta di ritrattare i suoi slanci filantropici affidandole il compito di stilare il programma per il paio di giorni seguenti, nella tacita speranza che lei riesca a rendere il suoi giorni “da turista” culturalmente più stimolanti della sua ultima visita solitaria in suolo veneziano.

Tony avrebbe dovuto dare retta alla sua vocina interiore, pentendosi prevedibilmente ed amaramente della propria scelta, consapevole che lasciare carta bianca a Pepper in tema di cultura si traduceva nel dover correrle dietro tra i saloni di un qualche museo, fingendo un vivo interesse mentre gli illustrava vita, morte e miracoli dei vari artisti esposti alle Gallerie dell’Accademia… almeno era un solo edificio, poteva sopravvivere per qualche ora e farla contenta comportandosi civilmente, reprimendo i propri istinti infantili dato che in fin dei conti quella era stata una sua proposta. Forse Tony avrebbe dovuto porsi qualche quesito in più quando la donna l’aveva fatto salire su un taxi, che invece di attraversare l’insenatura si era spinto fino a Piazza S.Marco e l’aveva superata attraccando ai Giardini, rivoltandogli lo stomaco a causa delle onde che s'infrangevano impetuose contro il motoscafo, inciampando quando era sbarcato sulla piattaforma galleggiante dell’attracco, che era sprofondata di colpo rispetto a dove la pensava a causa della risacca… e Tony era pronto all’idea di un museo delimitato da quattro mura e sviluppato al massimo su tre piani, quantificabile in tre ore di vaneggiamenti e passi trascinati sul parquet, non era psicologicamente preparato alla vista sconfinata del parco su cui si affacciavano i padiglioni della Biennale, rassegnandosi al fatto di doverci perdere l’intera giornata dietro a quadri, sculture ed installazioni di dubbia interpretazione.

Pepper, a differenza sua, sembrava una bambina di cinque anni con le tasche piene di biglietti per salire su ogni singola giostra della fiera, sfoggiando uno sguardo azzurro cielo scintillante mentre azzardava interpretazioni sconclusionate in merito alle opere d’arte contemporanea, che agli occhi di Tony sembravano solamente un accozzaglia di cianfrusaglie allestite in modo da sembrare interessanti e sensate… aveva provato ad esternare questo suo pensiero ad alta voce, ma aveva appurato come la cosa non fosse stata una buona idea quando Pepper gli aveva rifilato un occhiata di fuoco, replicando puntigliosa che l’aveva richiesta espressamente lui la giornata all’insegna della cultura

La donna era stata ripagata dall’universo per la sua infinita pazienza, perché Tony lo sapeva di essere odioso e non nascondeva di provare un certo gusto nel causarle un aneurisma per sport, quando all’ora di pranzo – nel mentre che si lamentava della calura sfiancante di luglio, stravaccato su un tavolino di un chioschetto mentre giocava con le stanghette degli occhiali da sole – aveva visto il proprio pasto spiccare il volo tra gli artigli di un simpaticissimo pennuto affamato… era rimasto così sconvolto dalla situazione che Pepper aveva raggiunto le lacrime agli occhi per le risate soffocate, scusandosi con un sorrisetto ironico che si pentiva di non aver avuto una macchinetta fotografica per immortalare la sua espressione allibita, allungandogli il proprio piatto nella sua direzione proponendogli di condividere il pranzo come tentativo di riappacificazione.

Il tramonto aveva messo fine a quel calvario estenuante – guardandosi bene dal esprimersi con quella terminologia esatta –, collassando su una panchina con le ginocchia a pezzi delirando per la stanchezza, negandosi perentorio quando Pepper aveva obiettato facendogli notare che avevano visitato solo i Giardini e non l’Arsenale.

Il mattino dopo aveva fatto colazione da solo con estrema calma, abbandonato a se stesso nel silenzio assordante della camera d’albergo in favore di una mostra di dubbia sensatezza, sentendosi perso senza Pepper a gravitargli intorno a cui dare il tormento, annoiandosi al punto che era stato colto da un moto di nostalgia del suo ultimo soggiorno, scendendo tra le calli alla ricerca del vero silenzio… ma non l’aveva trovato, scarpinando in lungo e in largo chiedendo indicazioni ai passanti scontrandosi con il dilemma esistenziale causato da quella babele linguistica.

C’era voluta tutta la sua pazienza nel tentare di decifrare l’inglese stentato di terzi e provando al contempo a rendere loro comprensibile il suo italiano arrugginito, ma alla fine era riuscito nell’ardua impresa approdando sul bagnasciuga del Lido, fregandosene di sporcare i pantaloni sedendosi sulla sabbia, scalciando via le scarpe per lasciare i piedi nudi in ammollo, assaporando una briciola di quella stramba quiete perché le poche persone che si avventuravano in zona si tenevano a debita distanza dall’acqua… e l’esperienza in sé era abbastanza surreale, ma forse quella era solo un sua sua suggestione, riflettendo che forse lui era ormai avvezzo al via vai costante e brulicante di bagnanti e surfisti lungo la spiaggia di Malibú.

Tony aveva chiuso gli occhi, lasciandosi cullare dallo sciabordio delle onde… anni prima si era trasferito in California nella speranza di ritrovare una briciola di quel silenzio sperimentato riverso sul pavimento corroso dal tempo della calle, ma non ne era mai stato in grado, probabilmente a causa della vita frenetica che conduceva oltreoceano che non gli lasciava mai un attimo di respiro, ammettendo a se stesso di aver firmato ad occhi chiusi la partecipazione all’evento di beneficenza suggestionato dal suo inconscio bisogno geolocalizzato di distacco. 

Tony non bramava il tuffarsi tra le braccia della creatura mitologica che dormiva sui fondali della laguna, ma sognava il suo respiro, quella sensazione impalpabile di essere solo un minuscolo granello di carne che passeggiava sulla schiena di quel mostro, molleggiando sulle ginocchia ad ogni passo quando camminava sui moli degli attracchi sospinti dall’espansione di quei polmoni d’acqua sommersi… a volte gli piaceva fantasticare pensando a Venezia come l’incarnazione di una moderna Atlantide, arrivando a credere che ci fosse davvero un Leviatano a dormire sotto le palafitte a scatenare le maree, come un drago sottomarino a guardia di quella reggia incantata che gli pesava sulla schiena. Forse desiderava riconnettersi al mostro perché sentiva puzza di guai nell’aria e necessitava di uno sprone per sentirsi vivo e vigile, alla ricerca catartica di una sorta di scarica elettrica sottopelle che faceva fremere i circuiti del suo apparato sanguigno, scambiandola per eccitazione all’idea della presentazione del Jericho da lì ad un paio di mesi, fiero del suo nuovo giocattolo e dei profitti che poteva farne… poi aveva messo piede in Afghanistan e si era reso conto nel peggiore dei modi che in confronto l’essere masticato e rigurgitato sulla calle dal Leviatano era davvero una bazzecola.

Nei mesi seguenti Tony aveva avuto a malapena il tempo di vivere, figurarsi quello per provare un qualche sentimento non auto-distruttivo… e dopo il disastro di Monaco gli sembrava di aver toccato una soglia massima proponendo un “ritiro aziendale” in laguna, ma Pepper aveva obiettato con un sorriso di circostanza sulle labbra che non tutti gli esseri umani funzionavano a batterie, che staccare la spina per ritemprarsi nel silenzio di un respiro impalpabile e mitologico non era un’opzione consigliabile.

Dopo l’Expo le cose avevano finalmente iniziato a girare per il verso giusto, aveva spezzato una lancia in favore di suo padre, era finito nel mirino dello SHIELD come Consulente ed aveva finalmente definito la situazione con Pepper avvalendosi a un po’ di garanzie concrete e promesse che era intenzionato a mantenere… e Tony era finito per accantonare l’idea di Venezia, accontentandosi dello sciabordio della risacca di Malibú.

 

***

 

La terza volta che Tony mette piede a Venezia non è propriamente sicuro di essere al mondo, portandosi dietro una valigia ricolma di vestiti per una vacanza dai tempi indefiniti al Cipriani, considerando le dita di Pepper strette attorno al suo polso come la sua unica àncora di salvezza e sola certezza inconfutabile nell’intero universo, soprattutto nei momenti in cui il suo sguardo si ricopriva di cenere, che svolazzava intorno a lui leggera infilandosi dappertutto, chiudendogli le vie respiratorie ed otturandogli il cervello. 

C’erano volte in cui si svegliava con il cuore in gola – spesso, troppo spesso… sognando Titano, gli occhi terrorizzati di Peter e il suo corpo che si dissolveva tra le sue braccia, in istantanee che contribuivano solamente ad alimentare i suoi incubi grotteschi – e Pepper se lo stringeva addosso ricordandogli che il mondo non era finito, che erano fortunati, che erano vivi.

Prenotare un biglietto di sola andata e tornare a Venezia era stato estremamente naturale, prima o poi avrebbero fatto ritorno, ma per un po’ l’unico desiderio di Tony era quello di scollegarsi dal mondo e re-imparare a respirare… e a differenza del resto del mondo la sua Atlantide personale non era ridotta ad uno scenario post-apocalittico, la cenere lungo le calli era stata portata via dalle maree e chi era rimasto si era rimboccato le maniche ed aveva tirato avanti in un lutto silenzioso, forse perchè abituati da secoli ad avere a che fare con un mostro mitologico lunatico che toglieva e ridava vita con la sola forza dell’acqua su cui la città si reggeva. 

Sembrava che chiunque in laguna volesse negare gli effetti devastanti della Decimazione, a primo acchito lo scenario che si dipingeva agli occhi di Tony era una fotografia impolverata e sbiadita cristallizzata nel tempo, un’istantanea fintamente rassicurante che aveva l’incredibile capacità di far galleggiare a pelo d’acqua la sua anima consumata… sospeso, alla deriva, sospinto tra i flutti dal respiro di un Leviatano che in tutti quei secoli non si era mai curato degli abitanti passeggeri che gli pesavano sulla schiena. La differenza si nascondeva subdola nei dettagli che nessuno notava, negli avvisi di scomparsa appesi agli attracchi, nello sguardo perso della folla sporadica che svuotava la Piazza ad intervalli regolari, nella poca affluenza di gondole nei canali, nella sensibile riduzione dei topi a causa dei gatti randagi. 

Tony si sentiva bloccato come parte integrante di quella istantanea, beandosi di quella visione fintamente rassicurante che tuttavia non riusciva a sedare o guarire la sua anima inquieta, lasciandosi andare in balia delle correnti impervie di novembre… aspettava una catarsi, lasciandosi annegare in quel limbo metaforico, ritrovandosi per volere di Pepper a bordo di una gondola che ondeggiava instabile, sfilando lenta lungo i canali.

Riscopre quasi per sbaglio il suono della propria risata dopo mesi di silenzio emotivo, amplificato in un vuoto sonoro ovattato da cumuli di cenere perenne… ed è un suono rauco, altisonante, a tratti inceppato che si era finalmente liberato da una gabbia invisibile quando Pepper si era ritratta schifata addossandosi d’impeto a lui quando aveva avvistato un topo intrufolarsi tra i vicoli stretti che gli sfilavano affianco, fulminandolo in risposta quando si era messo a sghignazzare di fronte a quella reazione a suo avviso esagerata, minacciandolo di gettarlo in acqua quando lui non aveva dato segno di smetterla.

E poi la risata si era spenta di colpo riducendosi a religioso silenzio, in un cambio così repentino da aver insospettito Pepper, spingendola a guardarsi intorno tentando di capire cosa gli fosse preso… e poi l’aveva percepito – il silenzio, il cambiamento di luce, l’innalzarsi di un refolo di vento, la manifestazione fisica di quel microclima in grado di chiudere la città sotto ad una cappa di nebbiolina leggera –, sorpassando l’ombra del ponte dei sospiri uscendo dal canale, trattenendo il fiato con riverenza di fronte ad una veduta di Piazza S.Marco allagata ed avvolta nella nebbia, dandogli la netta impressione di essere di fronte ad una cartolina in acquaforte nata per sbaglio da una macchia d’inchiostro nero diluito rovesciato su una lastra di zinco.

Venezia al crepuscolo assumeva le sembianza di una bellezza grigia, come se fosse rivestita d’argento e la Basilica risplendesse al chiaro di una Luna fatta di nebbia lattiginosa che ne celava le guglie e le cupole, specchiandosi nell'acqua che ricopriva il pavimento mentre i rintocchi del campanile risuonano tra le calli minacciando di risvegliare il Leviatano… e Tony trattiene il fiato, come a fare meno rumore possibile, camminando in punta di piedi sul molo d’attracco allungando una mano a Pepper per aiutarla a scendere dall’imbarcazione, perdendosi nei suoi occhi meravigliati fin quando non compie il primo passo e la scarpa affonda nell’acqua salmastra.

Ride, sollevando Pepper di peso da terra strappandole un sorriso mentre allaccia una mano sul retro della sua nuca, sguazzando con l’acqua alle caviglie fino alla prima passerella… e con i piedi in ammollo la cenere scompare per un paio di secondi, come a svegliarsi da un brutto incubo con una secchiata d’acqua gelata, nulla gli impedisce di riaddormentarsi ma Pepper gli sorride e gli sembra un buon incentivo per non risprofondare in quel limbo fatto di cenere.

Tony ha i calzini bagnati, ma non ha più nessuna importanza.




 

Breve guida per sopravvivere a Venezia:
Se non si fosse capito, l’acqua è onnipresente (leggenda vuole che sia anche radioattiva) – caldo e freddo umido, nebbia perenne, pioggia a caso ed ovviamente “l’acqua alta”, che è più facile trovare… sempre, meno che d’estate.

In vent’anni che giro Venezia credo di non aver mai fatto la stessa strada più di due volte per raggiungere S.Marco, orientarsi con i cartelli è circa inutile e pure Google Maps a un certo punto ti saluta e ti augura di non cadere in un qualche canale (in realtà Maps ti propone di camminare sulle acque, ma sono dettagli), ma il bello di Venezia è anche perdersi.
Per chi non fosse pratico della mirabolante lingua veneta, i bacari sono delle tipiche osterie veneziane e non è mai una buona idea affrontarne il tour, soprattutto perché ci si muove rigorosamente a piedi o sui vaporetti e i canali non sono "recintati".
E niente, Venezia è una bellezza grigia, spero di essere riuscita a stamparvi quella cartolina in testa.

   
 
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