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Autore: Chipsnfish    24/11/2019    0 recensioni
Alice crede fortemente nell'amore, ma quel che non si aspetta è di dovervi rinunciare senza nessun preavviso e non per propria scelta. Dovrà fare i conti con un sentimento prima d'allora sconosciuto, la solitudine, e la voglia di ricrearsi e riprendere il controllo della propria vita.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Buonasera a chi leggerà la mia storia. Prima di cominciare, ci tengo a premettere che questo è il primo tentativo di scrittura dopo anni di inattività, pertanto se vi viene in mente di recensire dandomi congli e suggerimenti, o anche solo per lanciarmi pomodori, ogni opinione sarà ben accetta. Buona lettura!

***

 
Era raro vedere una notte così limpida, priva di nuvole, sopratutto in una sera di Dicembre: la luna era in fase di gibbosa calante e il cielo era punteggiato da stelle, quella sera più brillanti del solito. Tra gli alberi regnava però il buio, e l’unico punto di riferimento per orientarsi, era il gorgoglio del ruscello agli inizi del bosco.
Alice contemplava il buio, immersa nei suoi pensieri, e intanto camminava piano tra foglie cadute e steli d’erba coperti di brina notturna. L’unico altro rumore, oltre al borbogliare del fiumiciattolo, era il quasi impercettibile scricchiolio degli stivali di gomma della ragazza sull’erba indurita dal freddo.
Sua madre aveva rinunciato a protestare ogni volta che Alice, dopo cena, si infilava su le scarpe e usciva, a prescindere da quale fosse la fase della giornata. Ad essere sinceri, preferiva il buio, lo aveva sempre preferito: era più facile che i suoi pensieri si facessero trasportare e viaggiassero in luoghi inesplorati, durante la notte. Ma quella sera non c’era tempo per lasciare che la mente viaggiasse da sola.
Anche perché Alice non si aspettava che sarebbe rimasta da sola a lungo, sul limitare della pineta: difatti, due mani calde e grandi le si appoggiarono sugli occhi, coprendole per qualche istante la visuale, già compromessa dal buio.
La giovane donna sorrise, sorpresa dal modo silenzioso in cui la figura alle sue spalle era riuscita a raggiungerla e sorprenderla.
“Dovresti smetterla di cercare di spaventarmi, non ci riesci più ormai!” era una mezza bugia, la sua. Ogni volta che lei e Giulio dovevano incontrarsi, e lui si palesava in quel modo, un po’ di paura lei l’aveva, nonostante ormai conoscesse alla perfezione ogni segno sulla pelle dell’uomo.
Quando stavano insieme era come se entrambi tornassero un po’ bambini.
“Sai che non ci credi neanche tu a quello che hai appena detto!” lui spostò le mani dal viso di lei e le posò sulle mani della ragazza, incitandola a voltarsi verso di sé.
Il “Ciao” uscì dalle labbra di entrambi all’unisono, in un sussurro, come se temessero di farsi scoprire da qualcun altro, nonostante attorno a loro ci fosse solo vegetazione e oscurità.
Dopotutto, avevano una buona ragione per temere d’essere visti!
“Ti ha seguito qualcuno?” chiese Giulio, dopo averle rubato una serie di baci veloci sulle labbra.
“No, sono sempre attenta, lo sai.”
E lei lo era, era sempre attenta a non farsi vedere, nella strada tra casa sua e quel bosco, luogo di incontri clandestini tra i due amanti. Sulle labbra di Alice il sorriso si fece più accentuato, quasi puerile: lei si aspettava un riconoscimento per la premura nel non farsi beccare con le mani nel sacco. Non si aspettava invece quello che Giulio era sul punto di dirle.
Lui si fece serio, quasi malinconico, e nonostante l’oscurità, lei capì che qualcosa non andava.
“Che succede?”
“Ascolta” disse lui “Questa cosa.. questi incontri, non possiamo più farli. Letizia è incinta, ha fatto il test oggi, e io devo starle accanto”.
No, Alice non si aspettava che l’uomo che amava e che l’amava, la lasciasse così, di punto in bianco, per sua moglie. Fu una doccia ghiacciata, per lei, capire che Letizia non era rimasta incinta da sola: Giulio le aveva sempre fatto capire che non amava sua moglie da tempo, che il sentimento e l’attrazione per quella donna erano svaniti da anni ormai, e che era sul punto di firmare le carte per il divorzio.
“Io.. non capisco. Come è possibile?” la domanda le uscì con solo un filo di voce, si sentiva troppo incredula per riuscire a dire qualcosa di più.
“E’ pur sempre mia moglie, Alice, e tu sei partita per una settimana, il mese scorso. Mi sentivo solo, cerca di capirmi.”
No, Alice non capiva come lui, il suo grande amore, potesse aver deciso che la loro relazione valesse così poco da non poter aspettare sette giorni. Di improvviso il freddo scomparve, non fece più parte di lei, sostituito dal calore di una rabbia inarrestabile. Il primo istinto fu di schiaffeggiare quella faccia che tanto le aveva sempre illuminato il cuore fino ad allora, ma lei non era il tipo che alzava le mani.
“Vorrei poterti capire, ma la verità è che in questo momento provo solo un enorme disgusto. Sei uno stronzo!” Ed ecco che oltre alla rabbia, arrivarono le lacrime. Pungevano, e man mano che ne perdeva il controllo le scaldavano le guance “Devo andare a casa ora”.
Lui la fissò, gli si leggeva sul viso che era dispiaciuto, o forse Alice volle crederci per non rendere la loro storia completamente priva di senso.
“Aspetta, Alice. Resta qui con me, un altro po’, per l’ultima volta.”
Restare ancora avrebbe significato fare l’amore ancora, e ancora, ed era esattamente l’ultima delle cose di cui Alice aveva bisogno. Vero era che la tentazione di cedere, di lasciarsi andare ad altri baci e alle sue carezze, non era debole. Sarebbe stato dolce farsi cullare dall’illusione dell’amore di Giulio verso di lei, ma la parte  più razionale di lei sapeva che avrebbe reso l’addio ancora più doloroso.
“No, io devo andare” balbettò, in evidente difficoltà. Si sentì afferrare dolcemente il braccio e riconobbe il segnale che precedeva il momento in cui solitamente i loro corpi si univano nell’atto più intimo che si possa immaginare, e stavolta si ritrasse. Un brivido le attraversò l’arto, corse fino alla schiena e la fece esitare, ma durò un istante, dopodiché la ragazza fece diversi passi indietro, distogliendo lo sguardo dal viso del suo ormai ex uomo.
“Alice, torna qua!” sentì gridare lei, ma ormai si era voltata e stava già percorrendo al contrario il sentiero che l’aveva portata nel posto che per lei, fino a mezz’ora prima, era il suo angolo di paradiso. Sembrava tutto ovattato, persino il rumore del ruscello appariva meno nitido.
La strada verso casa non le era mai sembrata così lunga come quella sera, ma dopo una corsa che parve interminabile, raggiunse l’unico posto che in quel momento avrebbe potuto rappresentare un luogo sicuro. Aprì la porta di casa e incrociò subito lo sguardo di sua madre, che prima fu sorpresa di vederla rincasare così presto rispetto al solito, e immediatamente dopo fu preoccupata nel vedere gli occhi della figlia inondati di lacrime.
Alice, com’era solita fare con sua madre, le confidò tutto quello che lei e Giulio si erano detti, che Letizia era incinta e che quello che Alice pensava vero amore, non significava niente. Come si aspettava, sua madre fu comprensiva, non reagì in modo esasperato e cercò di calmarla a modo suo: una tazza di tè e una buona dormita, per lei, risolvevano ogni problema. E fu così che mentre scaldava l’acqua nel bollitore, accompagnò la figlia a letto, le rimboccò le coperte come quando era bambina e la coccolò, esattamente com’era solita fare decenni prima, prima che sua figlia raggiungesse i dieci anni.
Alice si addormentò così, tra carezze e tè, e le parole dolci di sua madre la cullarono portandola, per un attimo, a smettere di sentire quel dolore al petto.



L’indomani mattina, fu svegliata da un fascio di luce che entrava dalla finestra davanti al suo letto. Ebbe bisogno di qualche istante per prendere coscienza di quanto accaduto la sera prima, ma quando vi riuscì, ecco tornare quella fitta al petto, accompagnata da una strana malinconia. Chiudere gli occhi ancora significava tornare al viso di Giulio, tracciarne con la mente i lineamenti delicati, la barba rossiccia e quasi trascurata, i capelli tenuti costantemente su da un elastico.. No, non poteva restare a letto a rimuginare su di lui, sul fatto che nel giro di pochi istanti una relazione di tre anni fosse finita.
Per distogliere l’attenzione dal suo ormai ex amante, Alice si concentrò sul profumo di pancake e burro che arrivava dalla cucina alla sua stanza, che ad occhio e croce erano distanti forse un paio di metri.
Come ogni mattina, prese fiato e cercò di rendere il distacco dal piumone più indolore possibile, togliendoselo da sopra nel giro di una frazione di secondi. Il freddo le pervase le ossa e le provocò ripetuti brividi, ma era niente rispetto al momento in cui avrebbe appoggiato i piedi nudi sulle assi di parquet, più fredde dell’aria della stanza. Alice si infilò le pantofole, godendo del pelo caldo e morbido delle calzature, e si incamminò in cucina, dove trovò sua madre impegnata sui fornelli. Sua madre era il suo modello: 50 anni alle spalle, aveva avuto la prima figlia, l’unica sorella di Alice, a 20 anni, e Alice era nata che sua madre aveva appena compiuto 25 anni. Dalla morte del marito, Arianna aveva cresciuto le due figlie da sola, giurando che non avrebbe mai accettato di rimpiazzare il suo vero grande amore solo per una questione di comodità. Si era rimboccata le maniche e si era data da fare per riuscire a lavorare e crescere le sue bambine senza che mancasse loro niente, neanche la figura paterna.
Ora, appena entrata nella sua sesta decade, aveva la stessa forza d’animo di cui era dotata già dalla morte del padre delle figlie, ed entrambe la consideravano un portento e la loro migliore amica, oltre che figura di riferimento. Alice si sedette sullo sgabello vicino al tavolo, nel centro della stanza e sbadigliò un “Buongiorno”. Arianna si voltò con un grande sorriso stampato sul viso.
“Bambina mia! Buongiorno! Stamattina la mamma ti fa una colazione speciale, sei contenta?”
Alice ricambiò il sorriso, troppo assonnata per esprimere assenso col linguaggio verbale. Ed era davvero contenta che sua madre si fosse lanciata in questo esperimento culinario mattutino, specialmente perché nel giro di tre ore la ragazza sarebbe dovuta essere al lavoro, per il suo entusiasmo.
Arianna le piazzò davanti il piatto con la torre di pancake affogati nello sciroppo d’acero e le diede un bacio sulla fronte “Buon inizio di giornata, amore della mamma”. Certo che sarebbe stato meraviglioso ricevere questa coccola ogni giorno, ma Alice era perfettamente consapevole che il motivo dietro era semplicemente il proprio cuore spezzato.
In quel momento il suo telefono suonò: era la notifica di un messaggio.
La ragazza se la prese con calma nell’andare a scoprire chi le potesse aver scritto così presto di mattina.
Era Giulio.

Amore mio, ti prego, parliamo. Ho bisogno di vederti.
   
 
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