Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: Napee    24/11/2019    7 recensioni
Gli amori finiscono, gli amanti si lasciano, ed i due "ex", a volte, vorrebbero non vedersi mai più.
Ma cosa accadrebbe se ,per un sadico gioco del destino, ci si ritrovasse il proprio ex come capo?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
9. Ragnatela



La notta era ormai calata e la città si era popolata di giovani festaioli in cerca di divertimento.
Le luci dei locali illuminavano le vie con le loro insegne al neon colorate.
Dalla finestra del soggiorno di InuYasha, sembrava un giorno come un altro.
Una notte come un’altra. Come tante altre e altre ancora che sarebbero arrivate.
Nessuno sapeva, nessuno poteva sapere quanto l’animo del grande Sesshomaru potesse essere dilaniato da sentimenti così forti e violenti ai quali neppure era abituato.
Seduto sulla poltrona in pelle di fianco alla finestra, Sesshomaru scrutava fuori dal vetro con la mente assorta e piena di mille dubbi e domande che giravano tutte intorno a lei.
Dov’era?
Come stava?
Era ferita?
L’aura enorme e pregna di apprensione rendeva l’abitacolo teso e cupo.
Persino il piccolo Hoshi era riuscito a percepire l’aura dello zio e, spaventato da essa, aveva iniziato a piangere senza sosta. Neppure i genitori erano stati in grado di calmarlo del tutto.
InuYasha aveva prontamente avvertito le autorità asserendo che il rapitore potesse essere armato, pericoloso e in grado di potersi difendere con la magia.
Era certo che gli agenti avrebbero setacciato ogni vicolo della città e che i demoni che nutrivano ancora rispetto per ciò che la famiglia No Taisho era stata un tempo, avrebbero cercato quel bastardo e ne avrebbero fatto coriandoli, portando poi la testa in regalo a Sesshomaru.
Dal canto suo, il demone bianco se ne stava su quella dannata poltrona a ribollire di rabbia e frustrazione.
InuYasha lo aveva allontanato dal caso di Rin perché era troppo emotivamente coinvolto. Aveva ragione, dannazione, non era mai stato così emotivamente coinvolto in qualcosa in vita sua e con così tanto impeto.
Ma proprio per questo, starsene con le mani in mano ad attendere gli sviluppi di qualcosa che non poteva controllare, lo stava dilaniando dentro.
Kagome gli aveva preparato un decotto rilassante, mettendoci dentro praticamente tutte le scorte di erbe mediche che aveva a disposizione a giudicare dall’odore.
Aveva spiegato che serviva un gran numero di foglie e erbe per calmare un demone, figurarsi un demone maggiore con l’aura talmente instabile che avrebbe potuto radere al suolo l’intera città con uno starnuto.
E aveva senso, per un po’ era anche riuscito a stordirlo quando bastava per permettere ad InuYasha di convincerlo a restare lì seduto nel suo soggiorno.
In quel momento di apparente calma, Sesshomaru aveva avuto modo di pensare a lungo e esplorare quella vasta gamma di sensazioni che lo scombussolavano.
Erano potenti e devastanti, come una maledizione. Quelle emozioni così forti, così cariche erano ciò di più devastante avesse mai provato. E Rin ne era la causa. Lei era dappertutto.
Era la sua benedizione e la sua maledizione. Ringraziava gli Dei per avergliela messa sul suo cammino millenario, ma malediceva quel giorno imputandolo come il primo del suo declino da grande demone.
La verità era che lei non aveva fatto altro che renderlo umano. Terreno. Grazie a lei aveva imparato lo scorrere del tempo e la sua importanza, le piccole cose per farla sorridere, quelle attenzioni in più che non aveva riservato mai a nessuno nemmeno a sé stesso.
Lei lo aveva reso debole con gli anni, ma era anche la sua forza. Sentiva il suo potere demoniaco ribollire di rabbia e impazienza, sentiva di poter distruggere qualsiasi cosa sul suo passaggio. Sentiva che il demone selvaggio che mieteva vittime solo per il gusto di farlo, era ancora dentro di lui.
Solo lei era riuscita a farlo acquietare, come solo la sua scomparsa era riuscita a farlo risvegliare.
Il problema era subentrato dopo, quando il suo metabolismo aveva smaltito le tossine del decotto e la sua aura era esplosa con la stessa intensità di una bomba atomica mescolandosi alla rabbia e la voglia di vendicarsi. E restarsene seduto lì era diventato impensabile.
Quindi si era alzato e se ne era andato, spiccando il volo verso il polo nord e incurante delle proteste della cognata che gli urlava dietro di non fare pazzie.
Non avrebbe commesso stupidaggini, lui non ne faceva mai. Ma qualcosa dentro di lui parlava. Una sorta di voce bisbigliante, un sesto senso che gli suggeriva che tutto quello che stava capitando a Rin altro non era che una ritorsione del suo ultimo lavoro.
Una specie di effetto collaterale.
Volare al carcere gli era sembrata la cosa più sensata. Dare retta al suo istinto demoniaco, seguire la pista che più gli sembrava plausibile, era il suo lavoro dopotutto.
Interrogare Naraku, il demone che aveva fatto arrestare quando aveva lasciato Rin, sarebbe stato il primo passo.


Il Polo Nord era quella fredda landa desolata cosparsa di neve che era sempre stata. Dall’arrivo del demone furioso, i ghiacci iniziarono ad incrinarsi con rumori secchi sotto al peso dei suoi passi.
La poca fauna si dileguò velocemente percependo la pericolosità di quell’animale che era Sesshomaru.
Nemmeno le guardie all’ingresso poterono nulla contro la sua aura nera. I sigilli s’incendiarono, i rosari magici esplosero in mille pezzi e l’aura devastante del demone costrinse i sacerdoti a terra incoscienti, schiacciati da una forza così potente e millenaria in grado di annichilire anche i loro poteri purificatori.
Fu il direttore del carcere l’unico essere che osò impedire l’avanzata del figlio.
Sesshomaru lo scrutò a lungo e in silenzio, caricando nello sguardo tutto il suo sdegno per quel tentativo di ostacolarlo.
“Non posso farti passare, disintegrerai il carcere se non ti calmi!” Gli aveva urlato contro Inu, sfoderando Tessaiga: la spada che teneva sempre in vita in segno di difesa.
Sesshomaru guardò quel gesto con estremo biasimo.
“Che razza di genitore leva l’arma contro al figlio?” Chiese retoricamente prima di estrarre anche la sua fedele Bakusaiga dal suo corpo. La katana fuoriuscì dal suo braccio con un sibilo sinistro, raggiante di una strana luce verde acido che splendeva sulla lama stessa come la livrea di un rettile.
“Non voglio farti del male, figliolo.” Precisò Inu cercando un dialogo, cercando di farlo ragionare e calmare, mentre i ghiacciai intorno a loro andavano frantumandosi con una semplicità disarmante. Le onde si innalzavano minacciose appena i cumulo di ghiaccio precipitavano in mare. La marea andava alzandosi sempre di più, gorgogliando instancabile come il lamento di un bambino spaventato.
“Come se ne fossi in grado!” Lo schernì Sesshomaru con tracotanza e sprezzo, prima di attaccarlo con un balzo frontale.
Un lampo verdastro derivante dall’impatto delle due spade illuminò la zona a giorno.
Sesshomaru attaccò frontalmente, cercando di penetrare la difesa del genitore con la mera forza bruta.
Inu resisteva con orgoglio, affondando nella neve umidiccia ogni secondo di più.
I muscoli delle braccia erano esausti e gridavano sofferenza tanto più a lungo Inu cercasse di contrastare il figlio. I bicipiti erano ormai in fiamme e si era visto costretto ad afferrare la lama della sua spada con una mano per non desistere.
Quel segno di debolezza aveva gonfiato a dismisura l’ego di Sesshomaru.
Per lui, dopo anni di silenzioso rancore verso il genitore messi a tacere dalla quotidianità, prendersi quella rivincita era come un’elogio impagabile.
Riuscire a surclassare colui che aveva sempre ammirato e che poi lo aveva deluso e umiliato, altri non era che la ricompensa che il suo orgoglio andava cercando da troppi secoli ormai.
Poi fu inatteso quanto inspiegabile: una nuova aura giunse nelle vicinanze. Un’aura familiare, conosciuta, altezzosa e fiera, ma tanto antica e potente.
Che diamine ci faceva sua madre?
“L’hai chiamata tu, vigliacco?” Chiese ringhiando Sesshomaru, con il volto a pochi centimetri dalla lama di Bakusaiga.
“Non è un piacere nemmeno per me rivederla.” Replicò il genitore giustificandosi con un sorrisetto.
Poco prima, quando ancora era nel suo ufficio a compilare le scartoffie, aveva percepito l’aura distruttiva di Sesshomaru in veloce avvicinamento. Aveva mandato subito i sacerdoti a contrastarlo sui ghiacci, sperando che loro potessero fermare la sua avanzata prima che giungesse al carcere dato che, con la sua aura impazzita, avrebbe rischiato di far vacillare la barriera sacra e i detenuti non ci avrebbero messo molto a tentare una fuga. Era stata Izayoi a suggerirgli di avvisare Inukimi.
In un primo momento gli era parsa una vera follia, ma aveva scelto comunque di fidarsi di sua moglie e telefonare velocemente alla madre di Sesshomaru prima di scendere sui ghiacci in aperto scontro con suo figlio.
Ma così non era stato. I monaci giacevano a terra svenuti intorno a loro e Inu si rendeva conto solo in quel momento di quanto potere potesse avere Sesshomaru se nutrito di rabbia e rancore.
Affondò ancora nella neve che ormai gli arrivava fino a metà polpaccio, quando Sesshomaru si allontanò da lui improvvisamente.
La sua aura ancora chiamava sangue e vendetta, ma il rispetto verso sua madre lo aveva portato ad esibire un comportamento composto.
Scivolò in ginocchio, Inu, ormai stanco e stremato da quello scontro dal sapore di vecchi rancori mai dimenticati.
Il frammento del medaglione blu che teneva stretto al collo come protezione contro la barriera sacra, scivolò in avanti fuoriuscendo dalla camicia chiara.
Quel particolare attirò lo sguardo di Sesshomaru e una sorta di pessima sensazione andò concretizzandosi nel suo animo.
Un brivido gelido gli corse lungo la schiena. La voce del suo sesto senso parlava chiaro, parlava ancora e gli diceva che il medaglione di sua madre centrava con tutta quella storia e con Rin.
Naraku era ossessionato da quel gioiello magico, progettava di uccidere tutti gli umani e donare nuovamente il mondo in mano ai demoni grazie a quel medaglione. E proprio per questo che Sesshomaru era stato chiamato come agente speciale per aiutare ad arrestare e imprigionare quel pazzo.
E Sesshomaru era certo che quella situazione, quello che era successo a Rin, fosse solo una diretta conseguenza del suo lavoro e dell’arresto di Naraku. Quel bastardo glielo aveva detto chiaramente.
Vedeva gli elementi davanti a sé, capiva che Naraku stava solo manovrando i fili dietro le quinte, ma il come e il perché erano oscuri a lui.
Inukimi si palesò dinanzi ai due demoni con il suo incedere elegante e raffinato. Sfrontata e altezzosa, esibiva il suo garbato sorriso come un trofeo prestigioso.
Sesshomaru digrignò i denti appena la donna gli fu vicina. Inu si rimise in piedi e si scrollò la neve dai pantaloni. Mascherava a stento l’affanno, un po’ per orgoglio e un po’ per vergogna nel farsi scoprire così fuori forma.
“È un evento più unico che raro il fatto che tu mi contatti per qualcosa che non riguarda il lavoro, Inu.” Esordì pacata, lisciando il cappotto elegante che copriva la sua figura con un gesto lento della mano.
“Abbiamo un figlio insieme, mi pare giusto avvisarti delle sue follie.” Rispose tenendole testa con un sorrisetto sfrontato pronto a mascherare quanto quella rimpatriata lo turbasse nel profondo.
Vedere Inukimi non era mai una bella esperienza per lui. Il loro era stato un matrimonio triste, infelice, di mera convenienza.
Non si amavano neppure e fino al giorno delle nozze non si erano nemmeno mai visti in faccia. Le loro famiglie avevano organizzato le nozze unendo i clan più prestigiosi di demoni cane sotto un unico nome che sarebbe stato ricordato nei secoli.
Nessuno però aveva posto attenzione ai due sposi e quanto quell’unione forzata avesse creato un cratere fra i due sconosciuti.
La loro unica unione fu meccanica e doverosa e da essa nacque presto Sesshomaru. Grazie a quel cucciolo erano riusciti a tollerarsi diversi secoli, nascondendo l’odio che provavano l’uno nei confronti dell’altra sotto strati e strati di indifferenza.
Poi erano subentrati i loro ruoli importanti come protagonisti del mondo nuovo dopo la grande guerra contro gli umani.
Inukimi rappresentava l’intera popolazione demoniaca al cospetto dei grandi capi mondiali. Era sempre stata un’abile stratega e non aveva avuto problemi a scalare la tortuosa e insidiosa scala della politica fino alla vetta.
Inu invece era un guerriero dentro e non aveva avuto problemi ad assumere il comando delle armate di demoni e riconvertirle in squadroni per il pattugliamento ed il controllo della nuova alleanza. Era un incarico più umile, il suo, grazie al quale era riuscito ad incontrare Izayoi e innamorarsene.
Quando poi era nato InuYasha, la storia con Inukimi era già morta da tempo, ma il secondo genito vi aveva messo un punto fermo che Sesshomaru invece non aveva potuto ignorare.
C’erano voluti anni prima che accettasse la realtà dei fatti e forse ancora non lo aveva fatto davvero.
D’istinto, Inu voltò lo sguardo su di lui. Ribolliva di rabbia. La sua aura era un continuo espandersi minacciosa e poi crollare su sé stessa per impedire di arrecare ulteriori danni. Poi di nuovo eccola guizzare impazzita e poi venire repressa. Una continua altalena sfiancante che lo avrebbe portato fino al collasso.
In risposta allo sguardo del genitore, Sesshomaru mostrò i denti ringhiando feroce.
Inukimi in risposta ampliò il suo sorriso vittorioso vedendo che il suo erede odiava suo padre quasi quanto lo odiava lei stessa.
“Potevate scegliere un luogo più confortevole per questa bizzarra riunione di famiglia.” Constatò la donna incrociando le braccia al petto e squadrando il figlio gelidamente.
Sesshomaru percepì in quello sguardo tutta l’insofferenza che la sua sola presenza provocava alla sua stessa genitrice. Non era un mistero che lei non lo amasse.
Non si era risparmiata nel ricordargli quando poteva che la sua sola vista la disgustasse perché gli riportava alla mente suo padre.
Digrignò i denti ancora di più, Sesshomaru, percependo la sua aura impazzire provocata da quello sguardo indifferente.
“Voglio vedere quel bastardo, non ho tempo per questo teatrino del cazzo.” Sibilò furente il demone bianco, rinfoderando la spada con un gesto meccanico del braccio.
Inukimi sorrise ironica.
“Questo linguaggio lo ha ereditato da te, immagino.”
Inu in risposta roteò gli occhi al cielo e la ignorò.
“Naraku è un prigioniero politico, non posso permettere che tu lo infastidisca come l’altra volta.”
Al sol udire quel nome, Inukimi sgranò gli occhi esterrefatta.
“Onigumo?” Chiese per sicurezza e quando Inu fece un cenno d’assenso con la testa, la donna azzerò la distanza che la separava dal figlio e gli lanciò uno schiaffo sulla guancia.
Il rumore dello schiocco echeggiò nel silenzio della vallata di neve. Si propagò nello spazio come un’onda, infrangendosi contro gli ostacoli naturali che quel territorio inospitale aveva da offrire.
Sesshomaru rimase immobile. Impassibile.
Sentiva la sua rabbia esplodere in lui come un’onda e anch’essa si andava espandendo sempre di più, come il suono devastante di un’esplosione.
Guardò la madre con lo stesso sguardo gelido che lei prima gli aveva riservato.
“Non osare toccarmi mai più.” Sibilò micidiale, racchiudendo in quelle poche parole tutto l’odio e il rancore che aveva accumulato nei secoli verso di lei.
“E tu allora smettila di importunare quel demone!” Rispose allora lei piccata.
“Ha agganci con i potenti di tutto il mondo e solo il cielo sa quanto ho dovuto faticare per farlo rinchiudere dove sapevo che sarebbe rimasto per molto tempo!”
“È un pazzoide, come può avere tanti agganci?” S’intromise Inu fra i due separandoli con il suo corpo. Era certo che Sesshomaru non avrebbe mai levato la mano contro sua madre, nutriva troppo rispetto per l’unica persona che lo aveva cresciuto nonostante avesse scandito i suoi giorni con la fredda distanza. Tuttavia non si fidava poi molto di quell’aura instabile e pericolosa che puzzava di rabbia e vendetta.
Sesshomaru calmo era una cosa, ma soggiogato dalla voglia di sangue, non era lo stesso. E quello schiaffo non era stato un gesto troppo saggio da parte di Inukimi. Inu non si sarebbe stupito di vederla senza una mano se avesse ritentato il gesto.
“Sono tutti politici corrotti, non mi stupirei se avesse promesso loro qualche vantaggio economico.”
“Sarebbe plausibile che lo abbiano finanziato invece.” Ragionò Sesshomaru facendo mente locale sul caso di Naraku.
In effetti c’era sempre stato qualcosa che non gli tornava…
“Che vuoi dire?” Chiese suo padre facendosi attento.
“L’organizzazione di Naraku aveva solo pochi membri che si sporcavano le mani e Naraku stesso come cervello a dirigere tutti dietro le quinte. Ma erano solo briganti da strada o ragazzini alle prime armi… pesci piccoli che sono stati subito catturati e hanno collaborato in cambio di una riduzione della pena.” Spiegò inizialmente Sesshomaru, illustrando l’organizzazione che aveva sventato nei mesi in cui era stato lontano da Rin.
“Però Naraku mirava a stravolgere la società per come la conosciamo e riportare i demoni sul trono del mondo, come avrebbe potuto farlo con dei ragazzini?” Constatò Inukimi e gli altri demoni rimasero in silenzio senza riuscire a darle alcuna risposta.
“Una volta incarcerato, il caso è stato archiviato e le domande senza risposta sono rimaste tali.” Concluse infine Sesshomaru, incrociando le braccia al petto e squadrando i due genitori freddamente.
“Per questo devo parlare con quel bastardo e capire cosa vuole da Rin.” Non ebbe neppure il tempo di terminare la frase che il suo telefono vibrò due volte nella sua tasca.
Il demone lo prese al volo e controllò lo schermo. C’erano due sms arrivati a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro provenienti dallo stesso numero sconosciuto.
Inizialmente aveva sperato in qualche svolta positiva sul caso di Rin… una volta ogni tanto suo fratello gli avrebbe fornito un motivo vero per gioire della sua esistenza.
Aprì i messaggi e lesse:

“Lux e co. Porta il medaglione blu. La tua bella ti aspetta.”

Il secondo era una foto di Rin incosciente su un materasso sporgo e logoro.
La rabbia di Sesshomaru esplose in un boato assordante.
Il ghiaccio di spaccò a metà con un rumore sinistro che non lasciava affatto buon presagire.
Strinse il pugno attorno al telefono e questo si fracassò fra le sue mani scivolandogli via dalle dita come fosse sabbia.
“Sesshomaru!” Lo richiamò sua madre, afferrandogli il pugno rimasto a mezz’aria ormai vuoto.
Sesshomaru alzò lo sguardo per osservarla, ma un peculiare bagliore rossastro gli annebbiava la vista come non gli accadeva ormai da tempo.
“Non puoi trasformarti, sai che è illegale!” Lo redarguì all’istante, pensando già allo scandaloso equivoco su cui i media avrebbero banchettato. E già si figurava i titoli sgargianti in cui annunciavano che il figlio della diplomatica No Taisho infrangeva la legge senza pudore.
Ma Sesshomaru si voltò invece verso suo padre ignorandola.
Non chiese aiuto, non gli passò neppure per la mente una cosa del genere. Semplicemente racchiuse una serie di emozioni in poche parole. Nascose il tutto dietro un muro altissimo di gelida indifferenza e lasciò che fosse Inu a leggerlo dentro.
“Hanno Rin. Vogliono che li incontri al Lux e co.” 
Aiutami.
“La vecchia fabbrica di vernici?”
“Penso di sì.”
“È una trappola.” S’intromise Inukimi.
“L’odore della vernice nasconderà quello dell’umana, non è un caso che abbiano scelto quel luogo.”
“Vogliono il medaglione blu.” Aggiunse Sesshomaru rivolgendosi direttamente alla proprietaria del gioiello.
Inukimi sobbalzò stupita, ma si riebbe all’istante e si slacciò il giaccone quel tanto che bastava per sfilarsi il medaglione dal collo.
Senza esitare lo consegnò al figlio con un mesto sorriso sulle labbra.
“Non permettergli di ricongiungerlo al frammento che ha tuo padre.” Aggiunse infine come monito, guardandolo severamente negli occhi finché Sesshomaru non le rivolse un cenno d’assenso.
“Succedono cose orribili quando il potere del medaglione si trova in mani sbagliate.”
“Allora tienilo tu il frammento.” Si aggiunse Inu, sfilandosi la sua collana e consegnandola alla ex compagna.
“Io vado con lui e non sarebbe saggio portare entrambi i pezzi nello stesso posto, non ti pare?”
“Va bene. Io resterò qui nel carcere a fare amicizia con tua moglie.” Gli rispose antipatica, stuzzicandolo giocosamente con un sorrisetto insopportabile.
Inu sorrise di rimando.
“So che sarà in mani sicure.” Aggiunse infine come ultime parole di congedo.
I due demoni si alzarono in volo come due nuvole bianche e si mescolarono al buio della notte perdendosi nel firmamento.
Inukimi restò immobile finché non li vide sparire lontano. Un senso di inquietudine le attagliò il petto, ma cercò di non darvi peso alcuno.
Erano secoli che i suoi poteri di chiaroveggenza non tornavano a farle sbirciare gli esiti delle sorti incerte, perché sarebbero dovuti tornare proprio in quel momento?
Era una sciocchezza, una mera stupidaggine…
Aveva perduto la sua Vista dopo aver perso la sua purezza con Inu e da quel momento mai più era stata in grado di percepire gli intrecci del tempo. I suoi occhi non avevano mai scrutato la forma del futuro, ma il suo corpo poteva sentirlo chiaramente.
Ogni emozione, ogni sensazione che le avvolgeva il corpo era un frammento di un futuro prossimo che le si annunciava mesto.
Cercò di lasciarsi alle spalle quella sensazione scomoda, cercò di lasciarsela scivolare addosso come la neve fresca sul suo cappotto.
Ma allora perché mentre si appropinquava per entrare nel carcere, sentiva sempre più opprimente la sensazione di essere appena caduta in trappola?
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Napee