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Autore: Keeper of Memories    25/11/2019    0 recensioni
"La determinazione del giovane templare bruciava nel suo sguardo, infondendone anche a lei, che mai come allora si era sentita forte e risoluta nell'affrontare il suo dovere.
"Nel tuo cuore arderà una fiamma inestinguibile", pensò e mai parole furono più adatte a quel momento.
Tutti loro alimentavano quella fiamma e lei l'avrebbe usata per far luce in quell'epoca oscura, per riportare ordine in quel caos, la giustizia a coloro che la cercavano."
La storia dell'Inquisitrice Trevelyan, della sua insolita famiglia e della loro altrettanto insolita sorte.
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Inquisitore, Nuovo personaggio
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A voi, Miei secondogeniti, concedo questo dono,
nel vostro cuore arderà
una fiamma inestinguibile,
divorante e mai sazia.

Trenodie 5:7 2-5
 

Selene volse lo sguardo al cielo verso l’enorme squarcio, il cuore batteva a mille quasi volesse uscire dal petto. Alle sue spalle, Solas stava urlando qualcosa ai templari lì radunati ma non sentì cosa, il rumore dei suoi pensieri era troppo forte. Erano al tempio delle Sacre Ceneri, dove migliaia di persone riunite per discutere di pace avevano perso la vita, dove una misteriosa donna l’aveva fatta uscire da uno squarcio, dove l’Inquisizione era nata.
«Procedi pure» l’avvertì Cassandra, stringendole la spalla. Selene sollevò la mano marchiata che reagì immediatamente alla presenza del varco, risucchiando la vita dal suo corpo come la prima volta che ci aveva provato. Ci fu una sorta di urlo indefinito, poi un clangore metallico. Attorno a lei, i templari erano caduti in inginocchio, la lama stretta tra le mani, le menti concentrate nel deprivare di energia magica lo squarcio. Finalmente, Selene sentì che l’energia non stava più abbandonando il suo corpo, sentì di poter chiudere anche quel varco come aveva fatto con quelli più piccoli, sentì che avrebbe funzionato e così fu: dopo pochi minuti, l’orrore verde che attraversava il cielo sopra le Montagne Gelide sparì. Ce l’avevano fatta.
 
Haven era in festa, numerosi falò erano stati accesi per l’occasione, l’aria riempita dalla musica e dalle risate gioiose degli abitanti e dei membri dell’Inquisizione. Selene era seduta su un muretto non lontano da uno dei tanti fuochi, sollevata, anche se, per qualche ragione, non riusciva a scrollarsi di dosso una brutta sensazione.
«Ho parlato con Solas, ha confermato il nostro successo lady Selene» le disse Cassandra, accomodandosi accanto a lei «Diversi squarci minori persistono, come del resto molte domande, ma questa è una vittoria. Il tuo eroismo è ormai sulla bocca di tutti.»
«È una vittoria certo, ma non sappiamo ancora cos’ha causato tutto questo» sospirò, stringendosi negli abiti pesanti «Non credo riuscirò a starmene tranquilla finché non troveremo il colpevole.»
«Sono d’accordo» rispose la Cercatrice, facendosi seria «chiudendo il varco abbiamo solo scongiurato un pericolo imminente ma altri ci attendono in futuro. Come Inquisizione non possiamo ignorarli.»
Prima che Selene potesse rispondere, Faust si parò davanti alle due donne.
«Scusate Lady Cercatrice ma stasera mia sorella quei pericoli li ignorerà e verrà a fare festa con noi» disse, tirando la Trevelyan per il braccio.
«Ehi, che fai?» esclamò Selene, senza però opporsi al fratello.
«Sorellona, dovresti rilassarti una volta tanto o ti verranno le rughe.»
«Va bene, va bene vengo. Non tirarmi.»
Selene venne letteralmente scaraventata in mezzo alla folla danzante. Aveva perso di vista il fratello e, sentendosi soffocare, stava cercando di allontanarsi facendosi strada tra i ballerini, quando uno di questi la urtò.
«Mi dispiace, non volevo-» iniziò a dire alla persona che aveva attutito la sua caduta, ma s’interruppe quando lo sconosciuto si voltò «Cullen?»
«Lady Selene… tutto bene?»
«Io, ehm… Sto cercando di uscire da qui.»
«Non sei l’unica» spiegò, curvando appena gli angoli della bocca. Cullen le posò una mano sulla schiena e con delicatezza l’accompagnò lontano dal falò, dove entrambi tirarono un sospiro di sollievo.
«Sicura di stare bene? Cioè, prima quella pozione, poi il varco… dev’essere stancante essere l’Araldo di Andraste.» insistette l’ex-templare.
«Sto bene. Il merito va anche ai templari che abbiamo contattato, chiedere il loro aiuto è stata un’ottima idea, comandante.»
«Pensavo li avessimo contattati per soccorrere tuo fratello.»
Selene non rispose subito. Soccorrere suo fratello era stata la prima cosa a cui aveva pensato, quella settimana prima al Bazar d’Estate, quando lo aveva visto allontanarsi assieme a Lucius. Tuttavia, conosceva Faust, l’aveva visto allenarsi. Era bravo, molto bravo. Abbastanza da tenere testa al padre con la spada, se non altro. Chiunque avrebbe convenuto che tenere testa al Macellaio del Mare del Risveglio non era cosa da poco, quindi non aveva motivo di temere della sua vita.
«Mio fratello è un Trevelyan» rispose a Cullen «Non ha bisogno di essere soccorso. Ho scelto i templari per una questione di affidabilità.»
Era vero, almeno in parte: dovendo scegliere tra templari e maghi ribelli, quest’ultimi le erano sembrati troppo imprevedibili e disperati per meritare fiducia. D’altro canto, conosceva bene l’Ordine Templare, guerrieri formidabili e ligi al dovere, che molte volte aveva visto in azione quando, da bambina, andava a trovare il padre al Circolo di Faxhold: era semplicemente la scelta più logica e sicura per l’Inquisizione, si diceva, ma in cuor suo sapeva anche che Faust le mancava molto, soprattutto ora che i loro genitori erano tornati a fianco del Creatore.
La sua risposta sembrava aver messo in difficoltà Cullen, forse per la sicurezza nella sua voce o forse per quel cognome così importante che portava non senza orgoglio, ma non ebbe mai modo di indagare: il suono della campana sovrastò la musica e le risate, annunciando un attacco imminente.
 
Cullen e Selene si precipitarono alle porte del villaggio, dove Josephine, Faust, Cassandra e Leliana si erano già riuniti. Quest’ultima, in particolare stava parlottando con un suo agente, l’espressione tesa ben evidente sotto il cappuccio.
«Leliana? Aggiornami.»
«Uno dei miei agenti ha fatto rapporto. Un esercito nemico è in avvicinamento, il grosso appena dietro la montagna» rispose questa brevemente, indicando la catena montuosa che faceva da sfondo all’orizzonte.
«Qual è lo stendardo?» chiese Josephine.
«Nessuno.»
«Nessuno?»
All’improvviso, un lampo aldilà del cancello chiuso attirò la loro attenzione, seguito da una voce maschile.
«Ehi! Se qualcuno potesse aprire, lo apprezzerei molto!»
Senza esitazione, Selene si precipitò ad aprire il cancello, seguita a ruota dal fratello e da Cullen. Un mago dagli abiti insoliti era accasciato a terra, la carnagione olivastra e i capelli corvini lasciavano intendere non fosse del posto. Cullen era accanto a lei, la spada sguainata e puntata contro lo sconosciuto.
«Ah! Sono qui per avvertirvi. Elegantemente in ritardo, temo.» disse, in un marcato accento del Tevinter, mentre puntava il bastone a terra in un maldestro tentativo di rialzarsi, che appunto non ebbe buon fine. Il mago sarebbe finito nuovamente a terra, se non fosse stato per i riflessi rapidi di Faust, che lo aveva preso al volo.
«Sono un po' stanco, non preoccupatevi» bofonchiò, cercando di allontanarsi dal templare. Faust, invece, lo attirò a sé, cingendogli la vita con un braccio ed esibendosi in uno dei suoi migliori sorrisi.
«Per così poco? Pensavo che saresti durato di più.»
Il mago si esibì in alcuni colpi di tosse finti per nascondere l’imbarazzo.
«Puoi rimandare il corteggiamento a dopo Faust?» intervenne Selene, roteando gli occhi, quindi si rivolse al nuovo arrivato «Dicci tutto quello che sai su quell’esercito.»
«Certo, certo. Il mio nome è Dorian e sono venuto qui per dirvi cos’è successo con i maghi a Redcliff. Fidatevi, non vi piacerà.»
«C’è un esercito alle porte di Haven, sicuramente non mi piacerà.»
«Sono i Venatori, una setta agli ordini di un certo Antico.»
«Un nome che non mi è nuovo, ser mago» mormorò Selene. Dorian annuì, quindi indicò la montagna alle sue spalle, dove migliaia di puntini luminosi si stavano riunendo come formiche.
«Calpernia guida i Venatori, facendo le veci di questo Antico. Marciano verso Haven, ho rischiato la mia vita per arrivare qui prima di loro.»
Selene strinse le labbra. Come aveva fatto la situazione a degenerare in così poco tempo?
«Faust, porta dentro il nostro ospite.»
«Con piacere, sorella.»
«Cullen, ho bisogno di sapere cosa possiamo fare con le fortificazioni che sei riuscito a mettere in piedi.»
L’espressione di Cullen si rabbuiò. «Non molto, abbiamo appena qualche trabucco. Haven non è una fortezza, se vogliamo avere qualche speranza, dobbiamo controllare la battaglia.»
«Spiegati» disse, facendogli cenno di rientrare nel villaggio.
«Andare là fuori e attaccare con tutto ciò che abbiamo.»
Selene annuì, rivolgendosi anche a Cassandra e Leliana. «Mi fido del tuo giudizio, Cullen. Radunate i civili nella chiesa e armatevi. Sarà una lunga notte.»
 
Cullen si mosse rapidamente verso le truppe appena riunite.
«Soldati! Riunite la popolazione e fate attenzione alle squadre d’avanscoperta» tuonò, portando ogni soldato sull’attenti.
«Inquisizione!» La risposta collettiva delle truppe risuonò nel villaggio mentre Cullen sguainava la spada. «Con l’Araldo!» gridò, sollevando la spada al cielo «Per le vostre vite! Per tutti noi!»
Selene rimase quasi ipnotizzata da ogni parola di Cullen e da ogni reazione che riusciva a suscitare nella folla, quasi fosse uno dei carismatici protagonisti di quei romanzi d’avventura che leggeva da giovane. Fu Cassandra a riportarla alla realtà.
«Lady Selene? Dobbiamo sbrigarci.»
«Certo» mormorò, dirigendosi verso il suo alloggio, dove aveva lasciato il suo arco.
 
«Quindi, qual è la prossima mossa, Freccia?» chiese Varric, mentre il gruppetto attraversava il villaggio.
«Abbiamo dei trabucchi. Dobbiamo fare in modo che non cadano in mano al nemico» rispose prontamente Cassandra.
«Un piano semplice ma efficace, quindi» commentò Solas.
«Semplicemente non ne abbiamo altri, Solas» sbuffò Selene, accelerando il passo mentre superavano un gruppetto di templari diretto nella loro stessa direzione.
«Selene!» si sentì chiamare. Alle sue spalle, Faust indossava di nuovo l’armatura da templare. Stringeva l’elmo sottobraccio e la stava fissando con un mezzo sorriso. «Cerca di non farti ammazzare.»
Selene a sua volta abbozzò un sorriso. «Non preoccuparti!»
 
Selene tese l’arco è scoccò la freccia, che in un attimo trafisse il cranio di un incantatore venatori sul punto di lanciare il suo incantesimo.
«Bel colpo, Freccia!» commentò Varric, mentre Bianca schioccava l’ennesimo dardo.
«Il nemico si sta ritirando» osservò Solas, imprigionando nel ghiaccio il nemico davanti a sé, prontamente disintegrato da una scudata di Cassandra.
«È troppo presto per cantare vittoria» commentò quest’ultima.
Cassandra aveva ragione, le postazioni dei trabucchi erano ormai quasi completamente libere ma quella ritirata era quantomai insolita. Che avessero intenzione di riorganizzarsi e sferrare un colpo massiccio con il grosso dell’esercito? Perché allora non farlo fin da subito? Selene aveva come la sensazione che fino ad allora si fossero limitati a tenerli impegnati.
«Fuoco!» senti gridare in lontananza, e contemporaneamente i trabucchi scagliarono i loro enormi proiettili contro il fianco della montagna, provocando una valanga che travolse quasi completamente l’esercito nemico. Grida di gioia si diffusero tra le fila dell’Inquisizione.
Quella battaglia così improvvisa sembrava ormai virare verso la loro vittoria, quando il trabucco accanto a Selene esplose in una fiammata, scagliando la Trevelyan a terra con forza.
«Un drago!» sentì urlare Solas, mentre Varric l’aiutava ad alzarsi, ancora frastornata.
«Santissima Andraste…» mormorò guardando l’enorme rettile nero librarsi in aria e incendiare il villaggio.
«Dobbiamo andarcene da qui» intervenne Cassandra, scuotendola dallo sgomento.
«Ritirata! Suonate la ritirata!» iniziò a gridare ai soldati attorno a lei. Un soldato prese un corno dalla bisaccia e ci soffio a pieni polmoni, segnalando la ritirata al resto dell’esercito. Selene fece cenno ai suoi compagni e insieme corsero verso i cancelli del villaggio, facendosi strada tra i pochi nemici sbandati rimasti indietro.
«Muovetevi!» gridava Cullen ai suoi uomini dal cancello, che chiuse poco dopo il loro passaggio.
«Cullen, ti prego, dimmi che hai un piano!» disse Selene, il cuore che le scoppiava in petto. Sapeva già qual era la risposta, sapeva che un esercito si poteva battere con l’astuzia e una buona strategia, ma non un drago. Eppure, in cuor suo, sperava che non fosse così, che il comandante avesse un piano brillante che avrebbe salvato tutti e che quella loro Inquisizione non sarebbe morta quel giorno, sotto le fiamme di un drago. Lo sguardo di Cullen però era molto serio e tutt’altro che speranzoso.
«Dobbiamo radunare tutti alla chiesa. È l’unico edificio che potrebbe resistere a quella… bestia. A questo punto, che si sudino la vittoria.»
A quelle parole, Selene si sentì morire dentro. Era finita, l’Inquisizione sarebbe stata incenerita, assieme a tutti gli innocenti che avevano deciso di sostenerla. Sarebbero morti tutti, di nuovo, come al Conclave, la sua famiglia, i suoi amici, tutte le persone che si erano affidate a lei. Guardò quel marchio sulla sua mano, la loro salvezza, la sua maledizione. Perché lei? Perché il Creatore aveva deciso di giocarle quel brutto scherzo? “Araldo di Andraste” la chiamavano, eppure aveva dimostrato solo di essere un fallimento, una delusione per tutti. Si guardò intorno, febbricitante, le grida degli abitanti che si alzavano dalle case, in fiamme a causa del drago e dei venatori rimasti, che così tanto sembravano amare il fuoco. Impugnò l’arco e s’inoltrò nel villaggio, qualcuno la stava chiamando ma, chiunque fosse, lo ignorò. Voleva salvare quelle persone. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di credere che tutto quello che aveva fatto fino ad allora non era stato vano.
 
«Sei impazzita, Freccia?» La voce di Varric la scosse, mentre il nano la trascinava nella chiesa quasi di peso e la costringeva a sedersi.
«Li ho salvati tutti però» rispose con voce atona.
«Beh, in quel discorso sull’avere più cura di te stessa che ci siamo fatti un po' di tempo fa era incluso anche il non morire, sai?»
Il cigolio del portone ligneo della chiesa interruppe la loro discussione e Dorian fece il suo ingresso, trascinando quello che Selene riconobbe essere il cancelliere Roderick.
«Un uomo coraggioso. Si è parato davanti a uno dei venatori» commentò, giustificando le vesti bruciate del chierico.
«Lady Selene!» Un trafelato Cullen si precipitò verso di lei. «La situazione è critica. Quel drago si è portato via qualunque possibilità di fuga che abbiamo tentato di guadagnare.»
Selene fece un respiro profondo, cercando di darsi un contegno. «Qualche richiesta dal nemico?»
«Nulla, nessuna richiesta.»
«Non c’è stato modo di contrattare nemmeno con i maghi. Sembra che questo Antico sia abituato a ottenere sempre ciò che vuole.» aggiunse Dorian «Da quello che ho scoperto a Redcliff, è venuto fin qua per il vostro Araldo.»
«Se servirà a salvare questa gente, andrò a parlare con questo Antico.»
«Non servirà» Cole apparve al suo fianco, il cappello a falda larga calcato sul volto e la voce tremante «Vuole ucciderti, gli altri non contano ma li distruggerà, li ucciderà comunque.»
«Selene, non esiste alcuna tattica che ci permetterà di uscire vivi da qui» sottolineò Cullen, ponendo enfasi sul suo nome. I loro sguardi s’incrociarono brevemente e, per la prima volta, davanti a lei non c’era più l’abile e valoroso guerriero che aveva conosciuto. C’era un essere umano, spaventato e insicuro, rassegnato ad un destino inevitabile, proprio come lei. Nonostante la situazione disperata e tragica, per qualche motivo, Selene si sentì meno sola.
«Possiamo usare quei trabucchi. Danneggiarli il più possibile, causare ingenti perdite» disse alzandosi e muovendo qualche passo pensoso.
«Sarà sufficiente puntarne uno sulla montagna sopra Haven.»
La Trevelyan non disse nulla, si limitò a fissare Cullen con gli occhi sbarrati.
«Moriremo. Ma saremo noi a decidere come» mormorò l’ex-templare.
«Beh, non è accettabile» s’intromise Dorian, avvicinandosi ai due «Non ho corso fin qua solo per farmi travolgere da una valanga.»
«Dovremmo arrenderci? Consegnarci a questo Antico?»
«Morire di solito è l’ultima opzione, non la prima! Per essere un templare, pensate fin troppo come un mago del sangue.»
«C’è una strada.»
La voce affannata di Roderick interruppe la discussione. Il chierico sembrava voler aggiungere altro ma solo rantoli indistinti uscirono dalla sua bocca. Dorian gli si avvicinò, chinandosi sulla bruciatura principale che si allargava all’altezza del ventre.
«Dannazione. Quel dardo infuocato non era solo infuocato, ma anche velenoso.»
«Ce la farà?» chiese la Trevelyan.
«Le bruciature si possono medicare, ma l’antidoto per questo veleno è irreperibile se non nella mia terra natale e comunque troppo lungo da preparare.»
«Si quello.» A dar voce ai pensieri di Roderick era Cole, apparso accanto a Dorian come solo lui sapeva fare «Dietro il villaggio, il pellegrinaggio d’estate che solo io ho fatto. Andraste mi ha condotto qui, per salvarci tutti. Non è un caso, lei non è un caso, lei è molto di più. Lei è l’Araldo.»
Gli occhi di Selene erano puntati sul cancelliere, la speranza nascosta dietro agli occhi appannati del malato. «A voi…» sussurrò con voce impastata «concederò questo dono. Nel vostro cuore arderà una fiamma inestinguibile.»
Selene riconobbe subito i versi del Canto della Luce. Si avvicinò al chierico e gli accarezzò brevemente la fronte rugosa, trovandola calda al contatto con la pelle. «Dall’Oblio vi ho creati, e all’Oblio ritornerete, ogni notte nei sogni, affinché possiate per sempre ricordarmi. Non ci dimenticheremo di lei, cancelliere.»
Il chierico annuì e, con rinnovata speranza, la Trevelyan si rivolse a Cullen. «Pensi possa funzionare?»
«Si, è possibile. Dobbiamo farci dire dov’è il sentiero.»
Selene annuì. «Trova un guaritore e cerca di alleviare le sue sofferenze. Quando sarete aldilà della linea degli alberi, fate in modo di segnalarmelo, così potrò azionare il trabucco.»
«Che mi dici della tua via di fuga?»
Istintivamente, Selene abbassò lo sguardo. Il silenzio che seguì era sufficientemente eloquente.
«Troverai un modo» concluse l’ex-templare.
«Lo troverò.»
 
Haven pullulava di Venatori, non c’era modo di raggiungere il trabucco più vicino senza incappare in uno di essi, perciò Selene decise di giocarsela d’astuzia, attirando uno dei maghi dietro ad una casa grazie all’ausilio di un vecchio amico: un sasso. Il povero mago non si aspettava proprio che la persona che le aveva lanciato quell’innocuo sassolino in testa gli avrebbe trapassato la gola da parte a parte con una freccia, ma così accadde. La Trevelyan spogliò il malcapitato delle proprie vesti e le indossò sopra i suoi abiti, calando bene il cappuccio sul volto. Non aveva modo di nascondere l’arco che portava sulla schiena, ma sperava che il grosso bastone della sua vittima servisse a distrarre chiunque avesse la sfortuna d’incrociare.
Con quel travestimento e il cuore che scoppiava in petto, Selene serpeggiò tra le capanne lignee di Haven, i pochi nemici che incontrò non sembrarono dare peso alla sua presenza. Aggirò con attenzione lo spiazzo con le fortificazioni dove si trovava uno dei trabucchi, immergendosi nella boscaglia dove, liberatasi da quelle vesti ingombranti, s’arrampicò su un albero.
Attorno al trabucco contò 6 nemici, due guerrieri armati di spada, due maghi, un arciere e una sesta persona che a prima vista non riconobbe, non indossando gli abiti della setta. La Trevelyan aguzzò la vista. Dove aveva visto quell’elfa minuta e dai capelli scuri? Decise che la sua origine non era importante, quanto il bastone che stringeva in mano e che la identificavano come maga.
«Creatore, non abbandonarmi proprio ora» mormorò, mentre incoccava una freccia e traeva l’arco.
La prima freccia trapassò silenziosa la testa di uno dei maghi. Quando uno dei restanti venatori se ne accorse, infatti, anche il secondo mago era ormai a terra boccheggiante, una freccia conficcata in gola. L’arciere però aveva individuato la sua posizione e urlò qualcosa ai due guerrieri, che presto accorsero verso di lei. La terza freccia colpì l’arciere al ventre, all’altezza dello stomaco, dove i muscoli non avrebbero protetto gli organi interni: il poveraccio cadde a terra con un rantolo. I due guerrieri erano ormai vicini e la Trevelyan fu costretta a balzare giù dal ramo su cui era appollaiata, ma non prima di aver lasciato cadere un paio di boccette addosso ai nemici. Stavano caricando verso di lei quando la “freccia speciale” che le aveva insegnato a fabbricare Varric esplose ai loro piedi, dando alle fiamme le loro vesti, fiamme che non si sarebbero acquietate grazie all’intruglio infiammabile che aveva preparato Adan. Si appuntò mentalmente di ringraziare il nano e l’alchimista.
Selene stava per prendere l’ennesima freccia dalla faretra quando un fulmine la colpì alla gamba, strappando alla giovane un grido di dolore. Ad alcuni passi da lei, l’elfa che ora riconobbe essere la Grande Incantatrice Fiona, brandiva il suo bastone con fermezza, concentrando l’energia magica per l’attacco successivo.
«Incantatrice! Forse potremmo-» la chiamò, sperando di poter risolvere la situazione in maniera pacifica, ma l’elfa le lanciò addosso un altro fulmine, come se non la stesse sentendo. Fortunatamente, la Trevelyan scartò di lato appena in tempo e, decisa a portare a termine il suo compito, non le diede altra possibilità: l’ultima freccia di Selene si conficcò nell’occhio della maga prima che questa riuscisse a concentrare sufficiente energia magica per l’incantesimo successivo.
 
L’ingranaggio del trabucco era più pesante di quanto si aspettasse, ma, dopo quella che a Selene parve un’eternità, la macchina d’assedio era in posizione. Uno improvviso e acuto strillo però portò la sua attenzione al cielo, appena in tempo per notare l’enorme drago puntare verso di lei. Iniziò a correre con tutte le forze rimastele in corpo, ma un’esplosione alle sue spalle la scagliò a terra, facendole battere la testa. Si alzò a fatica, mentre l’incendio divampava attorno a lei, notando però con sollievo che la macchina d’assedio era ancora intatta.
Dalle fiamme vide avvicinarsi una figura umana, imponente ma sottile. L’Antico si parò davanti a lei, una creatura che Selene avrebbe identificato come l’orribile fusione tra un essere umano e un prole oscura, le braccia sottili che terminavano in lunghi artigli, il volto e il corpo coperti da escrescenze malsane fuse con quelle che un tempo dovevano essere delle vesti, tanto da non essere più chiaro dove iniziasse la pelle e finisse la stoffa.
 Alle sue spalle, il drago atterrò con un boato, emettendo di nuovo quel suo verso stridulo. Di tutti i libri sui draghi che aveva letto, nessuno di essi citava mai una creatura simile, nera come il carbone e dalla struttura ossea a vista, priva di qualunque tipo di pelle o scaglia. Quello non era un drago qualunque, realizzò, ma un arcidemone.
«Basta!» tuonò l’Antico e, con un gesto del braccio, zittì la bestia. «Stai giocando con forze che vanno aldilà della tua comprensione, impostore.»
«Qualunque cosa tu sia, non ti temo!» sbraitò Selene, guardando negli occhi l’assassino della sua famiglia.
«Parole che i mortali spesso gridano all’oscurità. Una volta erano mie. Tutte bugie. Guardami, guarda chi hai finto di essere! Loda l’Antico, la volontà che è Corypheus! Ora, inchinati a me.»
«Tu… tu non avrai nulla da me.»
«Resisterai. Resistete sempre. Ma non importa.» con un gesto della mano, Corypheus attivò il marchio sulla sua mano, mentre con l’altra reggeva una sfera intrisa di magia «Sono qui per l’Ancora. Il processo per rimuoverla inizia adesso.»
Selene urlò mentre un dolore lancinante le attraversava la mano marchiata, facendola cadere sulle ginocchia mentre fiamme verdi si espandevano sulla sua mano.
«È colpa tua, “Araldo”. Hai interrotto un rituale che ha richiesto tre anni di preparazione e invece di morire, ti sei appropriata del suo scopo. Non so come sei sopravvissuta, ma ciò che ti definisce come benedetta, ciò che sferzi contro gli squarci, io l’ho costruito per assalire i Cieli.» Corypheus strinse la mano a pugno e le fiamme verdi sulla mano crebbero d’intensità «E tu lo usi per disfare il mio operato. Che faccia tosta!»
«Cosa dovrebbe fare allora, questa cosa?!» chiese Selene in un rantolo, stringendo il polso della mano marchiata con la mano libera.
«Serve a portare certezza dove certezza non si trova. Per te, la certezza che verrò sempre a cercarla.»
Corypheus ridusse la distanza che li separava con poche falcate, quindi l’afferrò per il braccio e la sollevò a mezz’aria, gli artigli conficcati nella carne.
«Un tempo ho attraversato il Velo, in nome di qualcun altro, per servire gli Antichi Dei dell’Impero di persona. Ho trovato solo caos e corruzione, sussurri morenti. Per migliaia di anni sono rimasto confuso ma ora non è più così. Ho raccolto la volontà per tornare sotto nessun’altro nome se non il mio, per diventare il campione del decadente Tevinter e correggere questo mondo corrotto. Prega affinché io abbia successo, poiché ho visto il trono degli dei, ed era vuoto.»
Corypheus la scagliò lontano con un unico ed ampio gesto, facendole sbattere la testa contro il legno del trabucco. Selene cercò di rialzarsi il più in fretta possibile, ignorando la fitta alla testa, e raccolse la spada di uno dei soldati morti a terra.
«L’Ancora è permanente. L’hai rovinata con il tuo incespicare. E sia, inizierò daccapo, troverò un altro modo per dare a questo mondo la nazione e il dio di cui ha bisogno.»
Lo sguardo di Selene si levò verso l’orizzonte, oltre Corypheus e il suo arcidemone, oltre le barricate in fiamme, verso le montagne. Un’unica fiammella, il segnale che stava attendendo.
«Non intendo penare nemmeno per un rivale ignaro. Morirai qui “Araldo”.»
Selene strinse la spada davanti a sé. «La tua arroganza ti acceca. Buono a sapersi. Se morirò però, non sarà oggi!»
Con un calcio, Selene attivò il meccanismo della macchina d’assedio. L’enorme masso franò sul pendio della montagna, provocando una valanga diretta sulle loro teste, l’ultima valanga che Haven avrebbe mai visto.
   
 
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