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Autore: MoonlightSophi3    25/11/2019    2 recensioni
Sergio non le aveva offerto una vita su un'isola paradisiaca, non le aveva proposto di vivere la loro storia d'amore come in una favola -perché spesso litigavano e quando succedeva erano capaci di farsi notare anche nella piazza più rumorosa e popolosa di Madrid, non si trattava solo di godersi i soldi di un colpo geniale oppure l'attuazione di una pazza idea di un uomo innamorato. A Raquel era stata data un'opportunità.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Il professore, Raquel Murillo
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Salve a tutti, è da tantissimo tempo che non scrivevo su questo sito, ultimamente ho sentito il bisogno di provare a buttare giù qualche riga, perciò mi sono cimentata nella rischiosa impresa di scribacchiare una fanfiction sulla Casa di Carta, nello specifico su Raquel Murillo e il Professore, spero che possa piacervi... In caso contrario, grazie solo per essere passati di qui.
Vi lascio alla lettura, buona giornata a tutti gli autori e lettori di EFP.
-Sophie 





Ogni coppia è unica a modo suo, così come lo sono i piccoli gesti quotidiani che gli amanti si scambiano tra loro, così come lo sono le parole, i nomignoli, le carezze, i baci. Per quanto singolare possa sembrare, anche Sergio Marquina aveva i suoi gesti quotidiani, quelli riservati solo a Raquel. Spesso la guardava dormire, perché lui era un tipo nottambulo e perché da quando suo fratello non c'era più il rimorso di non essere riuscito a salvarlo tornava a torturarlo nei sogni. C'erano anche volte in cui, dopo aver preso sonno e dormito qualche ora, decideva di svegliarla. A modo suo, naturalmente. Sergio amava sfiorare con la punta dell'indice il corpo nudo della sua compagna, accarezzare la pelle morbida, sentire il calore  sotto le sue mani. Lei si svegliava dolcemente, sorrideva, si stringevano forte fino a fondere il respiro, e poi facevano l'amore. Questo aspetto passionale di Sergio fu una vera sorpresa per Raquel, che nella sua mente lo dipinse come un tipo pacato, regolare, per niente trasgressivo. Forse era stata la spiaggia, il sole o l'acqua salata del mare che lo avevano cambiato, oppure le aveva mostrato chi era realmente.
Una di quelle mattine Raquel era appoggiata sul suo petto con gli occhi chiusi e lui le accarezzava la schiena, le onde che si ritraevano e poi si consumavano sulla spiaggia offrivano un suono rilassante. Lì ogni problema, anche la morte, era lontano.
«Sergio?»
«Si?»
«Dobbiamo proprio alzarci?», lui sorrise e le baciò la fronte poi si avvicinò al suo viso per poterle sussurrare
«È davvero una pigrona, ispettrice...» si baciarono dolcemente
«Facciamo così, questa pigrona adesso si alza e va a preparare la colazione per tutti. Purtroppo con te mi sento come un'adolescente in piena tempesta ormonale, ma sono figlia di una madre anziana e madre di una bambina, e come tale ho dei doveri da rispettare».
Le giornate a Palawan trascorrevano lente, come una vacanza, Paula cresceva sotto l'ombra di una palma, con i capelli raccolti in trecce e abbellite da nastri colorati, con il sorriso stampato sul volto, e velocemente stava imparando anche il dialetto locale. La madre di Raquel invece si dedicava ai tipici passatempi in compagnia delle donne dell'isola: si raccontavano storie in cui si lasciavano andare anche a grosse risate, intrecciavano corde per creare reti da pesca, creavano gioielli artigianali, leggevano insieme un libro, bevevano qualcosa sulla spiaggia oppure con foglie di palma creavano ceste da frutta. Poi però succedeva che Marivì, la madre di Raquel, si distaccava dal presente e i suoi occhi perdevano la loro luce e quando la figlia li guardava non vedeva assolutamente niente. Marivì era altrove. E tutti gli anni, i ricordi, scivolavano dal soffitto e cadevano su di loro come biglie destinate a frantumarsi, una dopo l'altra. 
Fortunatamente quel giorno era più arzilla che mai e sorseggiava una tisana, la nipote era seduta sullo sgabello vicino la penisola della cucina e beveva il suo latte
«Buongiorno al mio angelo»disse Mariví rivolgendosi alla figlia, si scambiarono una serie di baci affettuosi a mo di saluto. Poi fecero colazione, Paula ricordò alla madre che quel giorno sarebbero dovuti andare a fare un giro in barca, che Sergio l'avrebbe portata sulla spiaggia dell'isola del coniglio e che avrebbero raccolto insieme dei fiori per lei. Parlava veloce, la felicità che provava per i progetti della giornata era evidente, continuò dicendo che Sergio era molto più bravo di tutti i suoi maestri a scuola, infatti mamma se tu vuoi sposarti con lui io sarò felice, disse d'un fiato. Raquel rispose con un ampio sorriso e la promessa che lei non avrebbe dovuto preoccuparsi più di niente, che la loro vita era qui, proprio ora, in questo istante.
Sergio raggiunse la cucina, si era vestito ed era pronto per l'uscita in barca, prima però prese dell'uva e cominciò a mangiarne i chicchi appoggiato ai mobili della cucina, accanto a Mariví.
«Il mio Sergio» gli diede un bacio sulla guancia stringendo il viso tra le mani, l'enfasi della presa fece spostare gli occhiali del professore.
«Ti trovo bene questa mattina, mamma.» Commentò l'ispettrice Murillo mentre diede un morso a un pezzo di brioches con mele e cannella che aveva preparato una delle cameriere la sera prima. A lei non piaceva avere del personale in casa, non era abituata, non era quel tipo di donna, a Raquel però piaceva più darsi da fare che essere servita. Lì poi aveva tanto tempo libero, che sfruttava per poter leggere alcuni dei libri che prendeva in prestito dalla biblioteca di Sergio, a volte girava per le strade di Puerto princesa e si lasciava travolgere dai colori, dagli aromi, dai suoni. Altre volte passeggiava lungo la spiaggia e in silenzio osservava il sole tramontare.
«Sei tu che sei raggiante, figlia mia» le diede un pizzicotto affettuoso poi si girò verso Sergio «avete fatto l'amore, vero?»
Raquel si riempì di imbarazzo, Paula rise e Sergio per poco non si strozzava per colpa del chicco d'uva. Mariví rise di gusto e spiegò che non c'era niente di strano in ciò che aveva chiesto, fare l'amore era una cosa naturale, una cosa che non si deve nascondere, non avete mica ucciso qualcuno continuò per giustificare la sua domanda.
«Beh...» Sergio si aggiustò gli occhiali sul naso e si schiarì Mariví scosse energicamente la testa dicendo che non era importante saperlo poi gli sussurrò all'orecchio qualcosa che aveva a che fare con la felicità, la prosperità e dei nipotini, Sergio si limitò a sorridere imbarazzato poi decise di cambiare argomento rivolgendosi a Paula
«Dunque, il mio fidato braccio destro è pronto per una nuova ed incredibile avventura in mare?» Paula scattò in piedi come un soldato e si portò la mano alla testa come si fa per il saluto militare
«Sì, capitano.»
Sergio rispose con uguale entusiasmo, la prese in braccio e insieme andarono verso la spiaggia.

Sergio non era il padre di Paula e questo lei lo sapeva ma non le importava, perché per la bambina la parola "papà" era un termine come un altro, come albero, sasso, casa, foglia. Lei sapeva la verità ma sentiva anche che lui era perfetto come padre, così come Sergio avvertiva un legame molto forte per la bambina. Quindi tra i due c'era un patto silenzioso: io so che non è così, ma in realtà tu sei molto di più.
Mentre Raquel era seduta sulla riva della spiaggia con le gambe incrociate e le mani che affondavano nella calda sabbia bianca, osservò i suoi due grandi amori scherzare tra loro.
La bambina alzava degli schizzi, lui la prendeva in braccio e tra un urlo e una risata la buttava in acqua. Poi le insegnò a stare a galla, tenendo sempre una mano a un palmo dalla sua schiena e senza mai uscire dal suo campo visivo, era tutto un seguirsi di tranquilla lasciati trasportare, rilassati, stai andando bene, sei una campionessa, vero mamma?
Ogni giorno Sergio la portava sulla spiaggia per poterle insegnare a nuotare. Facevano delle gare tra di loro, in cui lei ne usciva misteriosamente vincitrice. La cosa che più le piaceva, era il momento in cui Paula trovava qualcosa di suo interesse e chiedeva informazioni a Sergio come se lui avesse una risposta a tutte le domande, e nella maggior parte dei casi ce l'aveva per davvero.
Per lei era meno piacevole l'istante in cui li vedeva riemergere dall'acqua e con i loro corpi bagnati cominciavano a correre verso di lei, Sergio la bloccava, Paula le faceva il solletico sull'addome, e poi veniva buttata in mare.
Erano lontani quei fantasmi del passato, il suo ex marito, sua sorella, le discussioni, i litigi, i maltrattamenti, l'umiliazione, le lotte contro chi la credeva una schizofrenica che accusava ingiustamente suo marito, il pallore della vita precedente, la puzza di sigarette e caffè sui suoi abiti da lavoro.
Non esistevano più.
Sergio non le aveva offerto una vita su un'isola paradisiaca, non le aveva proposto di vivere la loro storia d'amore come in una favola -perché spesso litigavano e quando succedeva erano capaci di farsi notare anche nella piazza più rumorosa e popolosa di Madrid, non si trattava solo di godersi i soldi di un colpo geniale oppure l'attuazione di una pazza idea di un uomo innamorato. A Raquel era stata data un'opportunità.
Decisero di mettersi sul bagnasciuga per godere dei raggi del sole. Sergio preferiva starsene sempre all'ombra a leggere qualcosa, a scrivere, a scarabocchiare su un taccuino, e quel giorno non fu diverso: Paula e Raquel erano esposte al sole mente lui se ne stava sotto l'ombrellone con i capelli gocciolanti sul viso.
Poco dopo si avvicinò un bambino, aveva un asciugamano sotto il braccio e due bibite fredde in mano, si fermò davanti la bambina e la salutò con uno spagnolo incerto, Sergio gli parlò in filippino e lo mise a suo agio.
I due parlarono per qualche minuto, il ragazzino voleva invitare la bambina a giocare con lui al bar e mostrò le bevande. Il professore si aggiustò gli occhiali e gli disse che non c'era nessun problema
«Grazie, signore.» disse il ragazzo «giocheremo a scacchi, voglio vedere se Paula è brava come dice, mi ha detto che il suo maestro è lei»
Sergio annuì e gli raccomandò di non sottovalutare la ragazzina. Poi chiamò a se la figlia dell'ispettrice, si assicurò che il suo amico fosse abbastanza lontano e disse a bassa voce
«Cercate di sedervi al tavolo vicino la finestra, ricordi ancora i segnali di pericolo?»
Lei annuì e fece per farne uno, ma l'uomo la fermò. «No, non farli. È una cosa che sappiamo tu ed io. Bene, divertiti» le diede un bacio sulla fronte e lei corse dall'amico. Insieme si allontanarono verso il chiostro. Quando Sergio girò lo sguardo si trovò gli occhi scuri di Raquel addosso, le sopracciglia aggrottate e le labbra tese. 
Era preoccupata.
«Cos'è questa storia dei segnali di pericolo? Non ne abbiamo mai parlato.» si raddrizzò e si mise a sedere, il compagno sospirò preoccupato tamburellò le dita sul bracciolo di legno della sedia poi scosse il capo e le disse che non avrebbe dovuto preoccuparsi, che tutto andava bene, ma lei continuò decisa per la sua linea
«Sergio non devi tenerti tutto dentro, ci siamo promessi di non avere segreti, di dirci ogni cosa. Siamo una squadra.» si alzò e andò sotto l'ombrellone. Lui le prese la mano e la fece sedere sulle sue gambe, lei gli accarezzò i capelli bruni e umidi, poi gli sfiorò il viso lasciando che la barba le solleticasse le dita.
«Non ti tradirò» gli disse, «non lo farei mai. Ho il diritto di sapere se mia figlia è in pericolo, così come merito di sapere se l'uomo che amo è turbato da qualcosa.» Appoggiò la sua fronte alla sua e chiuse gli occhi. «Ti seguirei anche in capo al mondo, farei qualunque cosa per te, ti difenderei a qualunque costo, ma ti prego, ti prego Sergio, non devi mentirmi. Non un'altra volta.» Aprì gli occhi e lo guardò con intensità e passione, lui le afferrò i polsi delicatamente e poi si liberò dal contatto.
«Mi dispiace Raquel ma ci sono cose che non posso dirti, è per la tua sicurezza.» La fece alzare e lui cominciò a rimettersi la camicia di lino
«Come puoi dirmi che sono al sicuro quando tu mi nascondi ogni cosa»
«Non è vero.»
«Sì che lo fai. Non mi parli mai di quando la notte in preda al panico lasci il letto e vai Dio solo sa dove e torni alle prime luci dell'alba, non so che cosa fai, con chi sei e dove vai. Tu mi parli di sicurezza, quando dovresti aprirti un po' di più con me.»
«Sono protocolli di sicurezza che non posso violare, è per il tuo bene, perché non capisci che non si può sempre fare a modo tuo?»
«A modo mio? Che significa?»
«Tu non hai la minima idea di cosa significa tenere tutto sotto controllo, per assicurarsi che non ci sia nemmeno una singola cosa che possa andare contro di te e la tua tranquillità. Non ne hai l'esperienza.»
«Sono stata in polizia per tanto tempo credo di sapere come gestire delle situazioni di pericolo.»
«Eppure non sei riuscita a catturare cinque ladri e sei andata a letto con il capo della banda. Non mi sembra che tu sappia gestire le situazioni.»
Gli diede uno schiaffo, uno così forte da spostare gli occhiali dal naso e lasciargli una lividura sullo zigomo sinistro. Era così strano che la persona che amava di più, era anche quella che poteva distruggerla con poche e semplici parole. Sergio sapeva perfettamente come farla sentire piccola, inutile e marginale. Raquel lo guardò piena di odio, di rabbia, di dolore. Trovò la forza di parlare senza piangere, di controllare quel tremolio del labbro inferiore che le impediva di articolare bene una frase.
«Credevo che fossimo innamorati, non che stavamo contando le scopate.» Pronunciò la frase con lentezza calcolata, enfatizzando la parte finale. Sergio si pietrificò per la violenza con cui quelle parole lo colpirono alla bocca dello stomaco. Lei si voltò e fece per andare via ma lui la trattenne per un braccio, Raquel gli urlò di non toccarla, di lasciarla in pace, lo spinse via con tutta la forza che aveva in corpo.
«Raquel...»
«Vaffanculo.» Si allontanò da lui senza più voltarsi indietro.
   
 
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