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Autore: Dihanabi    25/11/2019    0 recensioni
What if de 'Il conquistatore di Shamballa'
-Tornano a fargli visita nei momenti più inaspettati, quelle memorie.
Di tanto in tanto, come il dolore al braccio e alla gamba: un castigo per i suoi errori e una condanna per i suoi peccati.-
Accenni Elric x Heiderich
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alphons Heiderich, Edward Elric
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Epilogo: L’ombra di un uomo


La notte tra l’otto e il nove novembre la storia prende una piega inaspettata.

Il fuhurer inizia la marcia da Monaco e Berlino. Il portale di Shamballa si apre.

Edward era lì, a vedere suo padre sacrificarsi per lui, ha vedere il suo piccolo fratellino, l’innocente Alphonse, macchiarsi di crimini indicibili solo per poterlo riabbracciare… e l’altro Alphonse, l’Alphonse di Monaco, metterlo su un piccolo aereo per farlo tornare a casa, rischiando tutto per lui.

Gli aveva preso lo mano in un ultimo gesto di affetto, lo aveva guardato negli occhi e gli aveva detto che era il momento di tornare a casa.

In quel momento, per la prima volta, Edward non seppe più dire se era quello che voleva.

Il calore lo abbandonò, ma gli occhi azzurri non lo fecero neanche per un secondo.




Per chiudere il portale, per salvare la sua casa, suo fratello…Il suo mondo… era tornato a Monaco, una Monaco distrutta all’alba di un’altra guerra, se possibile ancora più sanguinosa e ingiusta della precedente.

Aveva guardato Mustang stringere suo fratello, giurare che lo avrebbe protetto.

Il colonnello lo aveva sempre fatto. A lui doveva tutto.

Non si era voltato a guardarli, mentre tornava dall’altra parte. Non sarebbe riuscito a muovere un passo in più, altrimenti.


Gli mancavano così tanto, così dolorosamente, che quando li aveva visti, solo per dirgli addio un’ultima volta, aveva fatto ancora più male.





A Monaco si era ritrovato in un vortice di solitudine e disperazione.

La prima cosa che vide fu Noa, in lacrime. La seconda il corpo di Alphonse.

Un turbine di disperazione e desolazione lo avvolse come un manto. Le lacrime minacciavano di cadere e le grida di dolore che stava trattenendo gli facevano dolere la gola.


Distrusse quel portale.

Si privò del sogno di tornare a casa, e rimase solo.

Solo nella sua bolla inconsistente di storie di un altro mondo e di ricordi dolorosi che non gli permettevano sogni tranquilli.

Solo in un mondo di guerra.




 

Nulla, è rimasto, di quel giovane uomo, se non un involucro spento contenente tanti ricordi quanti rimpianti.

 

 

 

 

Edward chiude gli occhi, impedendo al senso della vista di infrangere le sue illusioni. Il suono del fiume Wurm lo culla in uno stato vacillante e lui si sente proiettato innanzi ad un altro fiume, molto più modesto sia per grandezza che corrente d’acqua: quello del suo paese natale.

Gli pare quasi di vederselo lì davanti, il piccolo Alphonse con il capo tra le ginocchia sbucciate, gli occhi bassi rivolti all’acqua scura sotto il cielo cupo di una sera nuvolosa.

 

Ancora il bambino che era un tempo, prima che tutto prendesse quella piega che mai avrebbero immaginato.

 

Andiamo a casa, Al.” sussurra. La sua voce viene inghiottita da quel fiume, nascosta all’udito dal scosciare dell’acqua sotto quel vento incalzante.

I capelli si liberano al vento, lunghi, portando con loro quelle lacrime malinconiche di chi, per un secondo, ha avuto tutto e poi lo ha perso.

 

 

 

 

Riapre gli occhi e Resenbool diventa un’immagine sbiadita.

 

Monaco lo imprigiona fino a privarlo del suo stesso essere, cancellando la sua anima e abbandonando il guscio vuoto di ormai non più alchimista.

 

Sbiadito. Una fotografia vecchia conservata con insufficiente cura.

I suoi colori accesi fatti d’oro e rosso incandescente sfumano in un piatto grigio, quasi stesse andando scomparendo.

 

O, forse, come se non fosse mai stato lì.

 

 

Così appare, Edward Elric.

 

Come un fantasma, ombra di un uomo un tempo vissuto, che si aggira privo di qualsiasi meta per le strade di una Monaco all’alba di un’altra guerra.

 

Una visione incoerente e quasi stomachevole per chi avesse mai conosciuto quello che un tempo era l’Alchimista d’Acciaio.

 

Nel suo sguardo sembra quasi di scorgerlo, quel ricordo dei giorni passati: una giacca rossa come rubino, gli occhi accesi come ambra fusa e i capelli del color del grano tenuti raccolti in una morbida treccia. L’espressione determinata di chi vede solo il proprio obiettivo, quasi a dimenticare l’esistenza della vita circostante. Passi veloci, una vita troppo frenetica senza un tetto fisso sulla testa o una casa in cui tornare, ma mai da solo.

 

Alphonse.

 

 

 

 

 

Tornano a fargli visita nei momenti più inaspettati, quelle memorie.

Di tanto in tanto, come il dolore al braccio e alla gamba: un castigo per i suoi errori e condanna per i suoi peccati.

 

Le labbra gli si seccano, la lacrime si sono ormai asciugate da tempo.

 

 

Alphonse Heiderich inciso sul freddo granito. Accanto una piccola fotografia incolore, raffigurante dei tratti così familiari ma allo stesso tempo così diversi.

 

Mi dispiace Al.

 

 

 

 



Stanotte anche a te
si fa violenza,
luna d’autunno.

(Kobayashi Issa)

 

 

 

 

 

NOTE:

 

Riguardando per l’ennesima volta il Conquistatore di Shamballa mi sono chiesta “ma Edward, perché è tornato a Monaco?” Noi tutti sappiamo che alla fine gli va “bene” dato che Al lo segue e alla fine vive la sua vita lì col fratellino, ma se questo non fosse successo?

Edward si sarebbe trovato completamente solo, dopo innumerevoli sacrifici per giunta, in un mondo che non sentiva neppure come reale.

 

Sostanzialmente questo dilemma mi ha portato a scrivere questo orrore, ma dato che non lo ha letto mezza anima e questo era l’ultimo capitolo dichiaro questo esperimento FALLITO.

 

 

DIHANABI

  
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