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Autore: lagertha95    26/11/2019    11 recensioni
La vita è sempre una questione di scelte.
A volte obbligate, a volte naturali, a volte accolte con gioia, a volte dolorose.
Crescere è una scelta obbligata che a sua volta porta con sé scelte da fare.
Essere da soli è una scelta, si è convinti di farcela, facciamo di tutto per esserne in grado eppure chi non è mai stato colto da dubbi?
Breve OS introspettiva nata in un giorno di pioggia.
Storia prima classificata al contest “Cos'è una specie di magia?" indetto da Iamamorgenstern sul forum di EFP e giudicato da Soul_Shine
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia partecipante e prima classificata al contest "Cos'è, una specie di magia?"  indetto da Iamamorgenstern e giudicato da Soul_Shine sul forum di EFP.

Poche parole per questa storia, nata in un giorno di pioggia in cui la malinconia mi ha completamente assorbita.
Il contest diceva di farsi ispirare dal titolo di una canzone e io ho scelto "Without me" di Halsey. 
Nonostante affronti malvolentieri l'introspezione, questa storia è nata e cresciuta velocemente sull'onda di uno stato d'animo che ultimamente mi accompagna spesso. 
Dai molti spunti autobiografici (come spesso le mie originali), spero che vi piaccia.
Intanto buona lettura, 
A presto,
Baci Lagertha.


 
Choisir et Grandir

 

Non devo guardarmi indietro.

Me lo ripeto un migliaio di volte almeno mentre, con lo zaino in spalla e la Canon Eos 550D al collo, mi avvio verso il gate.

Non devo farlo, ho preso la mia decisione.

Il passo deciso, la testa alta, le spalle dritte: tutto di me dà a vedere al mondo quella sicurezza che in realtà non provo.

Mamma e papà ce la faranno, dopotutto non sto andando al patibolo.

Tutto quello che mi dico ha l’amaro sapore di una scusa, di una giustificazione.
Sto fuggendo e lo so perfettamente, ma non riesco a non andare avanti, a procedere passo dopo passo avvicinandomi alla hostess bionda, sorridente e perfetta che mi guarda e poi tende la mano.

Leith ce la farà, ormai è grande, non è più il fratellino piccolo che con il ciuccio e l’orsetto di peluche si rifugiava nel mio letto quando la notte aveva gli incubi.

Allungo passaporto e biglietto alla hostess che me li restituisce dopo aver controllato che tutto sia a posto.

“Prego, a diritto e poi a destra. In fondo al corridoio salga le scale. Il suo posto l’attende, spero faccia un buon viaggio signorina.”

Le sorrido, ma sento le labbra tremare e gli occhi riempirsi di lacrime. Sto per farlo davvero. Sto per partire, lasciarmi alle spalle casa mia, la mia famiglia. Mi sento grande, ma vorrei essere ancora bambina e rifugiarmi tra le braccia di papà per farmi coccolare e sentirmi protetta.

Con il suo splendente sorriso a trentadue candidi e perfetti denti la hostess mi indica la strada che io imbocco trattenendomi per l’ennesima volta dal guardarmi indietro.

Il posto 8A mi attende, libero. Accanto non ho nessuno. Sistemo lo zaino nella cappelliera stando attenta a non far sbattere la custodia della macchina fotografica, poi mi accomodo, avvolgendomi nel largo e grosso maglione di lana che mi ha fatto la nonna e guardo fuori dal finestrino.

Non piangere. Non è il momento. Sei grande, hai fatto la tua scelta, adesso affrontala.

L’aereo si riempie lentamente, la gente prende posto.
Per ora nessuno si è ancora seduto accanto a me.
Le hostess e gli stewards si prodigano, perfetti e sorridenti, aiutando le persone a sistemare i bagagli, a trovare il posto. Si prendono cura di noi, di tutti noi che siamo, per motivi diversi, su questo aereo.

“Signorina, se vuole qualcosa dallo zaino che messo nella cappelliera le conviene prenderlo adesso, prima che si trovi bloccata da chi si siederà accanto a lei.”

A parlarmi è la stessa hostess che ha controllato i miei documenti all’imbarco. La ringrazio con un sorriso e mi alzo.
Prendo il mio zaino, ci rovisto un po’ e prendo il libro che mi sono portata dietro: “Cent’anni di solitudine”.
Sembra quasi una presa di giro, in questo momento, che questo sia il libro che ho scelto e il mio libro preferito in assoluto fin da quando, a nove anni, ne ho letto un estratto – quello degli animaletti di zucchero di Ursula Iguaràn e della malattia del sonno – nell’antologia delle elementari.
Sorrido al destino che forse vuol farsi beffe di me e delle mie scelte.
Apro il libro e nella prima pagina, appena sotto il titolo in grassetto, la dedica di mamma e papà mi fa stringere il cuore: “Alla nostra piccola, non più tanto piccola, bambina che è leggera e libera come l’aria. Ti auguriamo di poter volare con le tue ali, sapendo che mamma e papà saranno sempre dietro di te, anche quando volerai via dal nido senza guardarti indietro. Ti amiamo con tutto il nostro cuore. M. e P.”

Non piangere, non piangere, non pianger-

“Tutto bene, signorina?”

Accanto a me si è seduto un anziano ed elegante signore che mi guarda con preoccupazione.
Lo rassicuro sorridendo nonostante gli occhi gonfi di lacrime e lo ringrazio.

“Andrà tutto bene, stia tranquilla.”

Non so se ha capito, probabilmente no, gli sorrido di nuovo e torno ad osservare il libro. Con la punta sfioro i lievi solchi lasciati dalla biro nera di mamma.

L’aereo decolla leggero, il rombo che mi risuona nelle orecchie nonostante le cuffie, l’accelerazione che mi schiaccia al sedile. Continuo a guardare fuori dal finestrino mentre la terra si allontana e viene sostituita da un candido e apparentemente morbido manto di nuvole.

Loro ce la faranno, senza di me.
Ma io, io ce la farò, senza di loro?

Guardo di nuovo giù, le nuvole sono sempre lì, terribilmente somiglianti alla panna che mettevo sempre sulle fragole quando, ad agosto, andavamo a raccoglierle per poi mangiarle. Il sole spunta da dietro, illuminando il cielo nonostante le nubi e allora so che cosa rispondermi.
Guardo il signore elegante che ogni tanto mi lancia delle occhiate – forse è un nonno che ha una nipote della mia età che gli ricordo – e gli sorrido sinceramente questa volta, senza lacrime che premono per uscire.

Io non sarò mai senza di loro, loro non saranno mai senza di me e sì, tutti noi ce la faremo.
   
 
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