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Autore: Mozaik    27/11/2019    6 recensioni
Noctis corre da tutta la vita.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Noctis Lucis Caelum
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ ironico quanto la vita di Noctis, nonostante la sua pigrizia, sia una perenne corsa.

 

Noctis corre da bambino per i corridoi del palazzo, cercando di attirare l’attenzione di suo padre, di farsi notare, di trascinarlo fuori dal suo guscio di impegni e responsabilità che lo attanaglia e lo trattiene via dal figlio. E si ferma solo quando si rende conto che la cosa è inutile e che, nonostante l'amore di Regis, nessuno sguardo potrà portarlo via dai suoi impegni, dal suo Regno, dal suo destino.

 

Noctis corre nei suoi sogni. Fugge dalle ombre che lo vogliono ghermire e portare nell’oscurità, dai ricordi terrificanti pieni di sangue e demoni, seguendo Carbuncle verso la salvezza. E si ferma solo quando si sveglia dal coma, cambiato, non più lo stesso bambino che si era addormentato qualche mese prima.

 

Noctis corre via da tutti, da ragazzino: da qualsiasi amico che potrebbe farsi, dall’affetto delle persone che ha accanto, dalle loro parole di conforto. Corre via da chiunque non sia Ignis e Gladio, e persino da loro – si chiude in una teca di cristallo, ignora qualsiasi cosa che abbia intorno, prosegue la sua vita velocemente e meccanicamente. E si ferma solo quando il sole lo acceca sotto forma di Prompto Argentum.

 

Noctis corre via dalle responsabilità del suo ruolo. Ignora i rapporti, assiste impaziente alle riunioni alla Cittadella, non ascolta nulla di ciò che riguarda il suo ruolo da principe, preferendo videogiochi e spensieratezza. Persino la scuola è qualcosa che affronta velocemente, senza impegno superiore alla sufficienza. E si ferma solo quando incrocia il volto di suo padre e si rende conto delle troppe rughe che l’uomo ha per la sua età e del maledetto anello al suo dito.

 

Noctis corre verso Galdin Quay e verso Luna, che non vede da così tanto tempo. Non necessariamente verso il loro matrimonio ma verso tutto ciò che rappresenta: libertà per la ragazza, salvezza per Lucis. La pace. Suo padre, senza più l’anello e la responsabilità della barriera.

E si ferma solo quando i suoi sogni si infrangono e si tramutano in fuliggine e cenere, nel corpo di suo padre abbandonato nelle rovine della Cittadella.

 

Noctis corre, fugge dall’Impero. Si nasconde per le campagne di Duscae ed i boschi di Cleigne, dorme lontano dalla civiltà per non destare nell’occhio, si tuffa insieme ai suoi compagni nelle foreste più fitte al solo suono di un motore nell’aria. E si ferma solo quando si rende conto che può contrattaccare, quando diventa abbastanza forte da controbattere, da fare la differenza.

 

Noctis corre verso i Siderei, sopportando le loro prove, i loro giudizi. Corre fra le rocce di Cauthless, evitando i pugni di Titano, e corre sotto la pioggia e la tempesta provocata da Ramuh. Corre per Altissima, evitando MTs e soldati imperiali e la furia di Leviatano. Ma in realtà corre verso Luna, ancora una volta, scavalcando tutto ciò che è necessario pur di raggiungerla. E corre verso di lei mentre si allontana nell’oscurità, cerca di salvarla in tutti i modi, si dimena – e si ferma solo quando le sue mani non possono più raggiungerla.

 

Noctis corre via dall’Anello, da ciò che lo ha distrutto. Da quel piccolo oggetto che è riuscito a portargli via tutto e che ferisce tutto ciò che tocca – suo padre, Lunafreya, Ignis. Scappa dalle accuse di Gladio che gli frantumano il cuore e dalle parole di conforto di Prompto che cercano di ricomporlo, scappa dalle responsabilità e sopratutto da Ignis, incapace di sopportare il peso di ciò che ha provocato, di ciò che lui gli ha fatto. Noctis corre, corre via da loro e dietro Ardyn, dietro le sue illusioni, e si ferma solo quando esse svaniscono con una spinta, un urlo, ed il suo migliore amico perso nella neve.

 

Noctis corre per la Fortezza di Zegnautus, solo, ferito, senza armi se non quel maledetto anello. Affronta di corsa tutti gli indovinelli, le porte chiuse, le combinazioni, corre per i suoi corridoi mentre la voce di Ardyn gli entra nell’anima e lo fa confondere, sbagliare, urlare di rabbia. Corre appresso a illusioni e lacrime - Prompto, non può perdere anche Prompto - e ai ricordi dei suoi continui fallimenti. Corre verso il Cristallo, corre verso la salvezza di Lucis. E si ferma solo quando il Cristallo stesso lo tradisce.

 

Noctis corre anche nel vuoto della luce del Cristallo – dieci anni passano in poche ore, li affronta velocemente, non c’è tempo da perdere. Quando si risveglia, nonostante il suo corpo maturo, per Noctis non è passato che poco tempo. Anni volati via come piume al vento.
E così, Noctis corre.

Corre verso Galdin Quay, ancora una volta, per capire cosa sia successo.

Corre verso Hammerhead, per ritrovare i suoi compagni.

Corre nelle sue spiegazioni, perché la notte dura da dieci anni e non ha il tempo per ricongiungersi con i suoi amici, per poter adeguatamente ritrovarsi dopo tutto questo tempo.

Corre verso Insomnia, smette di scappare da essa, per riprendersi il trono.

E corre verso l’alba, la morte, l’oblio finale, perché alla fine la verità è che l’intera esistenza di Noctis, fin dal momento in cui è venuto al mondo, è stata una corsa contro il tempo inesorabile, una vita vissuta in favore della sua fine.

 

E quando Noctis subisce i colpi dei suoi antenati, quando tende la spada verso suo padre, è con un sorriso ironico che finalmente si rende conto che ora può fermarsi.

E può finalmente riposare davvero.

















 

Ho scritto questa storia di getto, così, non so nemmeno da dove sia uscita! Non ho avuto nemmeno il tempo di sottoporla alla mia Beta (anche perché le spoilererei il gioco e non ci tengo), quindi potrebbe esserci qualche strafalcione. Non ho altro da dire, se non che spero che vi possa piacere! 

  
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