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Autore: Thiare    28/11/2019    1 recensioni
Si risvegliò di soprassalto nel suo letto chiamando il suo nome a gran voce.
Natasha accorse in maniche di camicia (enorme) e adorabile salopette blu, con un paio di guanti che le arrivavano fino al gomito.
“Ce ne hai messo di tempo a svegliarti, eh? Che succede?”
Niente sparo in testa, niente incidente per strada, niente uovo interspaziale, niente broccoli a pranzo, niente tanfo in casa. No, aspetta un attimo.
“Il lavandino del bagno è rotto?”
“Come hai fatto a capirlo?”
Clint si rigettò sul letto con un sospiro e gridò contro il cuscino. “NON DI NUOVO!!!”
[...]
Mentre osservava con sospetto tutti i presenti a mensa, Clint ripensava a che cosa l’aveva portato a rivivere il 13 maggio per la terza volta consecutiva. Perché era bloccato in quel loop di stranezze? E soprattutto, perché la giornata finiva sempre con Natasha che moriva?

[Clintasha] [Post The Avengers] [Divisa in due parti]
Genere: Comico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Maria Hill, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno della marmotta



Quella mattina si era svegliato a causa di un tanfo insopportabile e lui odiava essere svegliato.
“NATASHA!” Aveva cercato di gridare, ma gli era uscito solo un suono gutturale molto simile al verso di un pavone. Erano tornati tardi da Istanbul la sera prima e avrebbe preferito dormire altre sei ore buone, ma sapeva che sarebbero dovuti tornare presto da Fury a fare rapporto.
Si era alzato imprecando a bassa voce e quando aveva messo i piedi per terra questi erano affondati con un sonoro splash! sulla moquette zuppa e melmosa.
“NAT!”

Aveva seguito la scia di melma dalla sua stanza fino al bagno al lato della cucina; a ogni passo che affondava con uno squek orripilante, pensava a come avrebbe detto a Coulson di dover cambiare per l’ennesima volta quella dannata moquette. La prima volta Natasha si era premurata di disegnarci sopra dei bei ghirigori di sangue trascinando un cadavere per tutta la cucina. La seconda invece, beh, Freccia non aveva preso bene quel weekend lasciato solo a casa e quando erano tornati Clint aveva pregato che il gatto avesse imparato ad aprire la dispensa e che quella spalmata per tutto il perimetro del salone fosse Nutella.
Mentre girava il pomello del bagno gli venne una fitta al cuore. Giusto, Coulson non c’era più.


La scena all’interno del bagno era esilarante e lui avrebbe pure riso se Natasha non gli avesse fatto così paura.
“Ma dimmi, quanto ti ci vuole a svegliarti?!”
Era vestita con una graziosa salopette da elettricista, in maniche di camicia e i pantaloni tirati fino alle ginocchia.
“Che è successo?”
“Dev’essere saltato un tubo.” La rossa aveva preso a svitare il rubinetto del lavandino con maestria.
“Non sapevo che sapessi anche di idraulica.”
“Qualcuno deve fare l’uomo in questa casa.”
Gli occhi di Clint erano ridotti a due fessure. Si era girato nel piccolo bagno, ma prima di poter passare a Natasha la chiave inglese, era scivolato sul pupazzetto di Freccia e aveva battuto la testa sul bidè.
 
 
“Giornata iniziata male?”
“Chiudi quella bocca, Hill.” Clint si massaggiò la fronte dove aveva iniziato a gonfiarsi un grosso bernoccolo.
Maria Hill lo fulminò addentando un altro broccolo dal piatto.
“E’ tutto quello che servono a mensa?” chiese disgustato Clint.
“Se vuoi un pranzo di lusso perché non vai a lavorare al Plaza?!”
“Oh ci ho lavorato lì, tesoro. Un bellissimo lavoretto su due gambe spettacolari, bel balcone e vista niente male.”
“Porco.”
“Non chiamarmi porco se mi organizzi tu le missioni.”
Clint ringraziò l’arrivo di Natasha, aveva scambiato più battute con Maria Hill in quel momento che nei loro primi sei anni di conoscenza.
La russa posò il suo vassoio con uno sbuffo. “Hanno finito le patate, niente di interessante oggi a mensa.”
Clint la indicò con fare ovvio riferendosi alla Hill. “Visto?!”
Lei alzò gli occhi al cielo. “Ma se hai un bombolone alla crema, Natasha.”
“Era l’ultimo.” Ghignò Nat.
La bocca di Clint spalancata a forma di O. “Bastarda.”
“Hey” dito accusatorio puntato verso di lui. “Nessuno mi ha ringraziata per il lavoro di questa mattina.”
 



Il meeting in Sala Riunioni era uno dei più noiosi a cui lui avesse mai partecipato. Senza contare che parte della stanza stesse cadendo ancora a pezzi e una manciata di operai fosse indaffarata a sistemare il tetto con un set di scale e strumenti.
Nick Fury si schiarì la gola. “Squadre di azione e di ricerca stanno catalogando tutti gli oggetti non identificati ed extraterrestri che Loki ci ha gentilmente lasciato. Una delle tante cose che ci resta da identificare è questo.” Fury cacciò dal giaccone un piccolo oggetto della dimensione di un uovo dal colore fluorescente, avvolto in un fazzoletto. “Non sappiamo cos’è, cosa può fare e se può essere pericoloso.” Lo mise al centro del tavolo e gli agenti seduti attorno si sporsero. Clint rivide il riverbero della follia di Loki esplodergli per un secondo nella mente. Allungò la mano mentre le parole di Fury gli cadevano addosso. Agente Barton, lei si ricorda di qualcosa che ha potuto dire Loki a riguardo? Stava per sfiorare l’oggetto. Lo riconosce come parte del corpo di un Chitauro? Solo qualche millimetro. Agente Barton? Le sue dita si poggiarono sulla parte esteriore dell’oggetto, morbida e dura allo stesso tempo, in una combinazione così strana. Agente Barton!
Clint saltò indietro al tuono della voce di Fury mentre sentiva le dita bruciare. Si schiarì la voce.
“No, signore.”
In quel momento i tre addetti alla manutenzione caddero insieme in un tonfo di scale e altri oggetti metallici.
“Auch”
 



“Si può sapere che ti è preso oggi con Fury?” Gli aveva chiesto Natasha girando le chiavi nella porta di casa. Ne uscì subito il fetore immondo della perdita di quella mattina e i due si tapparono il naso entrando.
“Puzza più di quella volta che abbiamo nascosto il corpo dell’usciere per tre giorni nello sgabuzzino.” Fece Clint nasale.
Natasha posò le chiavi sul tavolino all’ingresso e andò verso la sua camera. Clint la vide fermarsi e arretrare piano portando una mano alla pistola che aveva sempre nascosta nella tasca posteriore.
“Nat?”
Ma prima che potesse fare altro un uomo incappucciato sbucò dalla stanza di Natasha con una pistola puntata su di lei.
“Hey!” aveva gridato tirando fuori anche la sua pistola, ma quello era stato troppo veloce, aveva premuto il grilletto e Nat era caduta a terra come un sacco di patate. I suoi capelli rossi mischiati al sangue che si allargava sul pavimento, come nei suoi peggiori incubi.
 
 



“NATASHA!” Aveva cercato di gridare, ma gli era uscito solo un suono gutturale molto simile al verso di un pavone.
Si guardò attorno affannato. Era nel suo letto, doveva essersi appena svegliato. La puzza di marcio per la casa era forte come la mattina precedente. Si alzò, ma affondò i piedi nella moquette zuppa. Di nuovo.
“NAT!” Gridò stavolta, in cerca della compagna. Che fosse stato solo un incubo?
Seguì la puzza di cadavere fino in cucina, quando sentì rumori provenire dal bagno e vi si affacciò.
Natasha era intenta a svitare il tubo del lavandino con una camicia enorme tirata sopra i gomiti e una salopette blu elettrico con i pantaloni arrotolati sopra le ginocchia.
Dev’essere stato un sogno. Che strano.
“Il tubo perde di nuovo?”
Nat si rese conto della sua presenza. “Ma dimmi, quanto ti ci vuole a svegliarti?!”
Che strana sensazione di déjà-vu.
“Mh?”
Nat si chinò sotto al lavabo. “Perché, perdeva già prima?”
“Beh, ieri mattina.”
La ragazza lo guardò confusa. “Ieri mattina eravamo ad Istanbul, che cavolo dici?”
Okay, decisamente strano.
Nat quella non è la mia camicia?”
Natasha lo abbagliò con un sorriso innocente. “Per favore?”
“Ti odio.”
“No, non è vero.”
Clint sbuffò. “Non ci crederai, stanotte ho fatto un sogno assurdo.”
“Mi passi la chiave inglese?”
Clint si girò a cercarla mentre continuava a raccontare. “Ho sognato che un tizio entrava in casa nostra e ti ammazzava.”
Nat strinse i denti mentre faceva forza per svitare il tubo sotto il lavandino. “Quindi… molto… verosimile.”
“E’ questo il punto!” Clint trovò la chiave inglese vicino al bidè, proprio dove il giocattolino di Freccia galleggiava nella melma. Non stavolta. Lo evitò con precisione, chinandosi per prendere lo strumento. “Tu non ti sei neanche difesa, non era da te!”
Si girò per passare la chiave a Nat, quando il tubo scoppiò del tutto e un bullone lo colpì in piena fronte.
 
 


“Giornata iniziata male?”
“Chiudi quella bocca, Hill.”
Non era la prima volta che provava quella sensazione di già visto.
“Sono finite le patate.” Nat si era seduta con loro.
Clint si teneva la testa con una mano. “E perché non offri metà di quel bombolone al tuo caro partner, visto che è l’ultimo?”
“Come fai a sapere che era l’ultimo?”
Clint si alzò con noia e andò verso la fila del buffet. Mentre ripensava a quanto assurda quella giornata era appena stata, voltò lo sguardo verso il grande orologio digitale appeso al muro. 13 maggio 2012
Non era possibile. Ieri era 13 maggio. Scosse la testa Si sarà rotto. Avanzò di un passo lungo la fila e voltando il capo notò una cosa strana. Una freccia, una sua freccia, abbandonata proprio dietro la cucina. Che ci faceva lì?
Allungò la testa verso la donna della mensa. “Hey Winnie, dolcezza” La donnona si volse verso di lui facendo ciondolare il doppio mento. “Avete trovato le mie frecce?”
“Ah sono tue? Ecco chi è stata la testa di cefalo che le ha lasciate, ma avrei dovuto aspettarmelo che eri tu, l’unico Robin Hood dell’edificio.”
Clint le mostrò educatamente il dito medio in risposta e Winnie ricambiò con una smorfia.
“Immagino che anche i tavoli e le sedie rotti siano merito tuo.”
Indicò con un ditone il retro della cucina dove c’erano ammassati i resti dell’ammobilio della mensa. Clint li guardò sorpreso. “No, quelli no.”
 
 


Nick aveva tirato fuori l’uovo interspaziale con sospetto e Nat e la Hill si erano avvicinate al tavolo di riflesso.
Clint, sovrappensiero, era rimasto a fissare il tetto rotto e gli operai sulle scale che lavoravano affaccendati.
Quando aveva visto l’uovo, però, non si era trattenuto dal toccarlo, di nuovo.
“Agente Barton!” Tuonò Fury e lui si volse come un cervo illuminato dai fari di un’auto senza riuscire a mormorare altro che “Le scale…”
Ma i tre poveri operai avevano già fatto un tonfo plateale.
 



Natasha guidava in silenzio con Clint al suo fianco che sospirava come una locomotiva.
“Si può sapere che è successo?”
Clint si accorse appena del suo commento che la sua attenzione venne attirata dal grande ingorgo di macchine sulla strada.
“Che è successo qui?”
Nat si sporse in avanti oltre il manubrio. “Strano, questa strada non è mai trafficata, praticamente ci passiamo solo noi per andare a casa nostra.”
“Ci dev’essere stato un incidente.”
C’era stato un incidente e, guidando a passo d’uomo lungo il luogo dello schianto, i due avevano chiaramente potuto vedere le due macchine accartocciate l’una nell’altra e poi una buffa ammaccatura a forma di uomo sulla fiancata di una di esse.
“Che strano.”
 



Clint gettò la giacca sul divano e osservò Natasha chiudere la porta di casa gettando le chiavi sul tavolino con il naso tappato da due dita.
“Vado a cambiarmi.” Disse con tranquillità, ma Clint la fermò.
“Che succede, Clint?”
Ma prima di poter rispondere, una figura incappucciata era uscita dall’ombra della camera di Nat puntandole la pistola contro.
“NO!”
Uno sparo, Natasha distesa per terra e…

Si risvegliò di soprassalto nel suo letto chiamando il suo nome a gran voce.
Natasha accorse in maniche di camicia (enorme) e adorabile salopette blu, con un paio di guanti che le arrivavano fino al gomito.
“Ce ne hai messo di tempo a svegliarti, eh? Che succede?”
Niente sparo in testa, niente incidente per strada, niente uovo interspaziale, niente broccoli a pranzo, niente tanfo in casa. No, aspetta un attimo.
“Il lavandino del bagno è rotto?”
“Come hai fatto a capirlo?”
Clint si rigettò sul letto con un sospiro e gridò contro il cuscino. “NON DI NUOVO!!!”










N.d.A.
Ciao a tutti! Spero che questa storia vi sia piaciuta, mi sono divertita molto a scriverla. Questa è la prima parte di tre, che pubblicherò nei prossimi giorni.
Fatemi sapere che ne pensate, un saluto!
Erika
   
 
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