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Autore: Sonrisa_    28/11/2019    2 recensioni
[FroyHika]
«Altri cinque minuti.» si sentì pregare.
«Hikaru, non tentarmi. Lo faccio per te.» lo ammonì, strappandogli un lieve lamento.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, ognuno in ascolto dei respiri dell’altro.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I think I see you

 

 

 
Froy litigò col filo degli auricolari che si era impigliato ad uno degli stipetti della cucina, generando un trambusto che fece zittire per alcuni secondi l’interlocutore all’altro capo del telefono.
«…tutto bene?»
L’albino lo tranquillizzò con un verso d’assenso, bloccando il filo sotto la propria felpa prima di recuperare la penna lasciata sul tavolo così da appuntarsi su un post-it attaccato al frigo la data precisa dell’arrivo del fidanzato in Russia –non che ci fosse il rischio che la scordasse, ma a lui piaceva riportarla lì per averla sempre sotto gli occhi, quasi come se così facendo quel ritorno potesse assumere un carattere più reale.
La sua espressione si corrucciò e il ragazzo prese a tamburellare la penna sull’elettrodomestico: «Non ricordo che a ora arriverai.» ammise con un certo fastidio, faticando a credere di essersi dimenticato un simile dettaglio.
«Non lo ricordi perché non l’ho detto e, prima che tu me la chieda, sappi che non ho intenzione di comunicartelo.»
Froy si bloccò, lasciando incompleto un piccolo cuoricino al lato del foglietto: «…scusa?»
«Non voglio che tu venga a prendermi: sono capace di arrivare a casa senza problemi.»
Solo nella sua mente quelle parole continuavano a non avere il minimo senso?
«Non lo metto in dubbio, ma come puoi credere che io non venga a prenderti in aeroporto dopo tre, e sottolineo tre, mesi trascorsi lontano l’uno dall’altro?!» chiese, senza nascondere la sua contrarietà.
Novanta giorni.
Novanta giorni di chiamate condizionate dal fuso orario, di sorrisi e sospiri dietro a freddi schermi che accrescevano il desiderio di vedersi dal vivo, di brevi messaggi per far sapere all’altro di averlo sempre nella mente, di sbuffi per una lontananza che pareva non avere fine, di momenti in cui la mancanza dell’altro sembrava insopportabile da sostenere per altro tempo ancora.
Novanta. Giorni.
L’arrivo di Hikaru sarebbe coinciso esattamente con il novantunesimo giorno di lontananza e Froy stava bramando quel ritorno come non aveva mai fatto. Dall’inizio della loro relazione quella era stata la separazione più lunga e il russo si era ripromesso di non far passare mai più così tanto tempo: Hikaru gli mancava. Tanto. Tantissimo.
«Per favore.» mormorò il nipponico, allungando la finale della parola con una vocina lamentosa da bambino.
«I tuoi occhioni dolci non hanno effetto su di me se non posso vederli, lo sai?» ribatté, certo della sua espressione confermata dallo sbuffo che udì subito dopo la propria frase.
Alcuni giorni succedeva anche che le videochiamate sembrassero una beffa e lo schermo del cellulare non un mezzo per riavvicinarli, ma una barriera volta a sottolineare quanto effettivamente fossero lontani. In quei giorni, proprio come stava accadendo in quel preciso momento, optavano per semplici chiamate, lanciandosi in un gioco nato per caso, nel quale lasciavano alla loro mente il compito di indovinare le espressioni assunte dall’altro durante la loro chiacchierata. Froy aveva scoperto di adorare quel gioco perché gli permetteva di mettere in secondo piano la realtà della loro situazione di lontananza per concentrarsi su alcuni aspetti e movimenti di Hikaru che, talvolta senza accorgersene, aveva registrato nella propria testa.
«E comunque puoi anche non dirmi l’orario del tuo arrivo, lo scoprirò da solo: quanti aerei vuoi che arrivino da Tokyo in un giorno?»
«Froy, per favore. Non voglio incontrarti lì.»
L’albino schioccò la lingua al palato, incapace di cogliere il motivo di una simile richiesta:
«Allora spiegami perché.» brontolò, sempre più contrariato, avviandosi verso il divano del salotto.
«Perché io…»
Froy lo sentì prendere fiato più volte prima di riuscire a balbettare, a discreta velocità, una frase che ebbe il potere di zittirlo:
«Perché so che appena ti vedrò vorrò subito baciarti, ma essere in un luogo affollato mi disinibirebbe impedendomi di farlo. Quindi voglio vederti direttamente a casa per essere libero di farlo.»
Il russo aprì e richiuse la bocca più volte, tentando inutilmente di articolare una risposta e chiedendosi se Hikaru avesse piena coscienza dell’effetto di simili frasi. Come avrebbe placato ora l’impellente necessità di stringerlo a sé in un abbraccio senza fine?
«F-Froy?»
Gli parve proprio di vederlo con gli occhioni scuri che saettavano da tutte le parti, il labbro inferiore torturato dai denti e le mani strette sulla stoffa dei pantaloni come anti-stress, in trepidante attesa di un segnale da parte sua come accadeva tutte le volte che, armatosi di coraggio, si sbilanciava in simil modo.
«Sei ancora lì?»
Allora sapeva che c’era il rischio che lo uccidesse con l’affermazione di qualche secondo prima!
Dalla bocca dell’albino uscì una risata roca, un po’ stentata: «Lo ripeterò sempre: tu non ti rendi conto dell’effetto che mi fai.» esalò, massaggiandosi la fronte: «Dammi un buon motivo per non venire da te, a Tokyo, ora
Lo sentì rilasciare un profondo respiro, contaminato alla fine da una risata lievissima: «Domani pomeriggio tu hai una semifinale da vincere.» gli ricordò «E poi anche se venissi non potremmo stare tanto insieme, sai? Fra quattro giorni ci sarà la partita contro la Seishou Gakuen e Nosaka-san ha intensificato gli allenamenti, pretendendo massimo impegno da tutti.»
«Allora va’ a dormire, da te è quasi l’una.» mormorò Froy, abbandonando la testa sul cuscino «Ci sentiamo domani.» aggiunse dolcemente in una promessa superflua.
«Altri cinque minuti.» si sentì pregare.
«Hikaru, non tentarmi. Lo faccio per te.» lo ammonì, strappandogli un lieve lamento.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, ognuno in ascolto dei respiri dell’altro.
Froy si inumidì le labbra per augurargli la buonanotte, consapevole di non poter tirare ancora per le lunghe quella chiamata, ma Hikaru parlò con quel tono di voce dolce che riservava solo per poche frasi in determinati contesti:
«Non vedo l’ora di vederti.»
«Di baciarmi.» lo corresse lui, un sorriso sghembo ad increspargli le labbra.
Nelle orecchie risuonò distintamente la sua risata divertita e Froy chiuse gli occhi per crogiolarsi nell’illusione che Hikaru fosse davvero così vicino da poter essere ad un soffio dal proprio volto.
«Anche.» lo sentì ammettere e Froy fu certo che le guance del nipponico si fossero colorate di un adorabile rossore.
«Anche io, sai? Davvero tanto.»
 
 
 

 

Mille paroline tonde tonde. Non significa niente ma mi piace aver raggiunto questa cifra precisa, anche perché quando mi son messa a scrivere credevo di mantenermi nel range delle flash.
Potreste non crederci (dopo tre ff di fila su di loro sarei scettica anche io) ma sto scrivendo anche su altri personaggi –se tutto va bene, per Capodanno mi presento con qualcuno di diverso! ;)
Nel mentre, però, non nego che potrei uscirmene con altro (tipo il seguito di questa o chissà cosa… :3) su loro due perché sono bellissimi e io li amo tanto. ♥
Grazie a te che sei arrivato fin qui e grazie a te che deciderai di condividere con me i tuoi pareri sulla ff! :)
Un abbraccio,
Marty
 
Ps: giusto per amor del vero, il titolo è preso da un verso di “A Sky Full Of Stars” dei Coldplay.
Pps: sì, sono ripetitiva, ma magari a qualcuno è sfuggito, quindi… votate questi due amorini belli (e anche gli altri personaggi di Ares e Orion) affinché siano aggiunti alla lista dei personaggi della sezione. Grazie!
  
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