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Autore: Scarlet Jaeger    29/11/2019    0 recensioni
Dal capitolo 18:
"«Eh sì, io ti conosco bene…angelo sul volto, demone nel cuore!» sorrise, anche se una nuova consapevolezza e una nuova idea iniziò a farsi spazio nel cuore del colpito. Forse fu la disperazione del momento a muovere Kanon. La disperazione fa fare alla gente cose assurde…"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Nuovo Personaggio
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 22

 

 

 

“Dammelo tu uno scopo allora”
Con queste parole che ancora le risuonavano nelle orecchie, Elena continuava a rigirarsi nel letto oramai del tutto sfatto. Sentiva ancora gli occhi di Kanon addosso e il suo cuore martellarle nel petto sotto quello sguardo, uno dei più intensi che lui le avesse mi riservato. Non era successo nulla dopo quella frase, a parte il guardarsi reciprocamente negli occhi, ma lui li aveva chiusi dopo qualche secondo e aveva sospirato come se nulla fosse, come per scacciare il pensiero di quei discorsi o per lasciarsi addietro le rimembranze del passato. Lei invece era rimasta ad osservarlo, rapita, quasi non fosse umano. Non si era aspettata una simile frase detta da lui, ma soprattutto non aveva idea di cosa dovesse fare per dargli uno scopo, non credeva di esserne in grado. Era una Saint, certo, per sempre la sua allieva testarda, ma per dare uno scopo nella vita di un suo superiore cosa avrebbe dovuto fare?
Era a quello che pensava nel silenzio della sua stanza. Ci era tornata dopo che, insieme al cavalieri dei Gemelli, avevano ripreso la risalita verso il Tempio e lo avevano fatto senza dire una parola. Lui le camminava davanti, con le spalle larghe ben dritte, come se non fosse successo nulla, mentre lei continuava ad osservare i suoi capelli oscillargli dietro la schiena, guardandolo camminare fiero e possente come lo aveva sempre visto. Si era fermato a salutarla solamente quando entrambi furono entrati nella casa che presidiava. Aveva accennato un piccolo sorriso, anche se somigliava più ad una sghemba smorfia, ma apprezzava il fatto che almeno ci avesse provato, ma non ci fu più nessun accenno ai precedenti discorsi. Ma lei non aveva neanche intenzione di ritornare a parlarne, così lo aveva salutato a sua volta e si era diretta nei suoi alloggi al tredicesimo Tempio.
Continuando a pensare e ripensare, era finita ad assopirsi quando la luce timida dell'alba già rischiarava l'oscurità della sua camera.

 

°°°°°°°°°°°°

 

Intanto, in un altro paese, due nostre conoscenze si erano appena incontrate in un bar del centro. Era una mattinata qualsiasi a Roma, e la vita scorreva come il solito con i soliti pendolari intenti a raggiungere le stazioni della metro e persone che inondavano i tipici bar della città.
Marco ed Ecate, trasformata in un'anonima ragazza vestita di un semplice tailleur di seta, erano seduti ad un tavolo ed osservavano scorrere la vita di fronte ai loro occhi. Ecate lo faceva in modo annoiato, sorseggiando di tanto in tanto il suo tea, mentre il ragazzo lo faceva mostrando una strana espressione schifata, il ché destò la curiosità della donna.
«Mio diletto, cosa ti turba?», iniziò con diplomazia, cercando di capire se ce l'avesse con una persona in particolare, ma gli occhi leggermente serrati di lui non sembravano posarsi su qualcuno in particolare.
«Nulla mia cara, stavo solo osservando questo popolo inferiore. Ma tra non molto, tutto questo sarà in mio potere, gli uomini riprenderanno a temere gli dei, a pregarci e rispettarci. In fondo, tra gli olimpi io ero il più temuto e rispettato anche dai miei simili. Forse è vero, non da tutti, ma quella insulsa dea che in questo momento se ne sta beatamente seduta sul suo scanno dorato al Tempio di Atene sarà la prima su cui si abbatterà la mia ira e i suoi cavalieri periranno sotto le mie armate, sotto di Lei...».
Le parole di Marco avevano un tono pungente e mentre le pronunciava si era voltato verso la Dea con una strana luce sinistra negli occhi chiari.
«Mi state dicendo che la ragazza è pronta?», commentò Ecate, beatamente soddisfatta.
«Non del tutto, ma tra non molto lo sarà. Lo hai visto anche tu, mia sorella si è guadagnata una Cloth, d'argento non di meno, e quindi gode della piena fiducia della Dea Athena», ridacchiò il dio, iniziando finalmente a sorseggiare il suo caffè latte.
«É la nuova Saint della Corona Boreale, la Cloth è arrivata a lei ma non era predestinata ad essa, concorreva per un'altra. Il destino si sta intromettendo fin troppo in questa storia, non credi? In fondo, quell'armatura è legata ad un Gold Saint, so quale sono i suoi trascorsi», gli rispose piccata Ecate, ammonendolo leggermente.
«Gli insulsi sentimentalismi di un uomo non mi interessano, e se riuscirò nel mio intento di svegliare la sorella dell'uomo che sto manovrando, ciò non sarà più un mio problema. Dobbiamo solo sperare che non si leghi troppo a quell'uomo, ma so anche io quali sono stati i suoi trascorsi. Mio zio si è fatto fregare da quell'insulso umano, per di più Cavaliere di quella sciocca di mia sorella, ma io non farò la sua stessa fine. Non diventerò l'inquilino di un'anfora!»
«Quindi, qual è la nostra prossima mossa?», ridacchiò la donna, iniziando pian piano a capire.
«Dobbiamo svegliare mia sorella, ma per farlo lei mi serve qui e, per tua fortuna, so già come fare», sorrise malamente il dio, alzandosi di scatto dalla sedia senza neanche aver consumato la sua bevanda.
«Non paghiamo il conto mio diletto?»
«Lascia loro qualche moneta sul tavolo. Queste bevande umane saziano il mio ricettacolo, ma in qualità di dio posso dire che non c'è nulla di meglio dell'ambrosia di prima qualità che avevamo sull'olimpo», mise la mani nelle tasche dei jeans che indossava e prese a camminare allontanandosi dal bar, con Ecate al suo fianco.
«Cammina senza dare troppo nell'occhio, ma ogni tanto espandi il tuo cosmo per pochi secondi e poi nascondilo di nuovo in modo da non farti scoprire. Dobbiamo fare in modo di insospettirli, i sensi sempre all'erta di Athena e la capacità del suo Sacerdote di leggere il destino nel firmamento non devono portarli a noi ma solo insospettirli, tanto da mandare qualcuno a controllare e se la fortuna ci arriderà, sarà proprio lei», comandò Marco senza neanche voltarsi nella sua direzione, mentre la donna si aprì in un sorrisetto soddisfatto.
«Vuoi riportarla a casa senza destare sospetti, ingegnoso»
«Voglio instaurare dubbi nel suo cuore. Voglio riportarla a casa, da dove viene. Voglio risvegliarla, nonostante sia ancora nel corpo della sorella di Marco, ma non è un caso in fondo se ci siamo destati nei corpi di questi due esseri umani, intensifica ancora di più il nostro rapporto»
«Ci riuscirete, e potrete sempre contare su di me!», accennò devota la dea.
«Sei un'ottima alleata Ecate. Insieme tu, mia sorella, i miei guerrieri ed io, Marte, dio della Guerra, riporterò Roma agli antichi splendori!»
Detto questo, soddisfatti e baldanzosi, i due dei si incamminarono senza meta per le vie della città, mentre ogni tanto la donna faceva rombare il suo cosmo, invisibile e impercettibile agli esseri umani che li circondavano, che ignari del pericolo a pochi passi da ognuno di loro, continuavano a condurre la loro vita di tutti i giorni.


 

°°°°°°°°°°°°°°°

 

Al Tempio di Atene, Saori Kido osservava mesta il cielo dallo Star Hill, luogo accessibile solo alla Dea e il suo sacerdote. Era inquieta, si vedeva dalla mano serrata in cui sorreggeva lo scettro di Nike, che quasi tremava sotto la sua stretta. Gli ultimi accenni di un cosmo sconosciuto, così velato da essere relativamente lontano ma anche così aggressivo da non passare inosservato, l'avevano turbata e insospettita. Nonostante fosse ancora giorno, era salita sull'altura delle stelle per cercare di leggere nel firmamento qualcosa in più che le semplici congetture alle quali stava pensando da ore. Non era ancora pronta ad indurre un consiglio con i suoi Gold Saint, non c'era motivo di allarmare i cavalieri a difesa delle Case dello Zodiaco, non prima di aver capito cosa stava succedendo; non sembrava che quell'ignota persona, o cavaliere, o dio, o chiunque fosse, fosse intenzionata a raggiungere il Santuario, bensì sembrava come se stesse appositamente cercando di farsi notare. E quel comportamento le era sembrato alquanto strano.
Aveva solamente convocato il suo più fidato consigliere, che arrivò sull'altura non molto tempo dopo di lei. Aveva raggiunto quel luogo mistico prima di lui, rimanendo appositamente da sola per riuscire a venire a capo di quelle intrigate congetture, e per non farsi sempre trovare impreparata negli incontri con l'uomo. I sui occhi verdi sembravano sempre scrutarla nel profondo e a volte, nonostante avesse le parole per spiegare alcuni concetti, la sua presenza la metteva sempre in soggezione. Non perché vedesse nel suo sguardo qualche accenno di malvagità passata, anzi, sembrava essere tornato il pacifico e benevolo uomo di un tempo. Ma proprio per questo la sua presenza le metteva soggezione, la meraviglia di quelle iridi smeraldine colpiva Saori fin nel profondo, ma l'Athena celata nel suo animo cercava sempre di ragguagliarla.
«Mi avete convocato mia signora?»
La voce di Saga la destò dall'ingarbugliato intrigo dei suoi pensieri, facendola leggermente sobbalzare. Era tanto presa ad osservare l'esteso azzurro del cielo che aveva abbassato la guardia, conscia del fatto che non l'avrebbe potuta disturbare nessuno se non lui.
Si voltò facendo frusciare il vestito sulle piastrelle di marmo del pavimento, con un'espressione tanto crucciata quanto dolce.
«Saga, sì, avvicinati»
L'uomo fece come gli era stato chiesto e si avvicinò tranquillamente alla sua dea, arrivandogli di fianco per osservare il suo profilo. Si era voltata di nuovo con il naso all'insù, per riprendere quello che stava facendo pochi secondi prima.
«Voleva parlarmi di questo Cosmo apparso da qualche ora, non è vero? Siamo quasi al tramonto, possiamo appellarci alle stelle, a meno che non ha qualche altra idea», propose l'uomo, alzando anch'egli gli occhi al cielo, ma sentì solamente la ragazza sospirare.
«Ero sicura che lo avresti notato. Probabilmente lo hanno sentito tutti al Tempio, ma non volevo dare un allarme quando neanche io so cosa sta succedendo. Volevo prima parlarne con te. É strana la modalità con il quale appare e scompare, non riesco a capire a chi possa appartenere. Perché lo fa con una cadenza quasi meccanica? Costa sta cercando di fare?»
La raffica di domande della dea non era finalizzata a trovare delle risposte ma a far capire all'altro il suo stato d'animo agitato, ed era sempre agitata quando non capiva qualcosa.
«Sono le stesse domande che tormentano anche me, ma forse non ci resta altro da fare che appellarci alle stelle, non trova? Solo così sapremo cosa fare», con fare diplomatico Saga cercò di rassicurare la ragazza. In fondo, nonostante fosse celato in lei un potere enorme, era pur sempre un essere umano, e l'ex Saint dei Gemelli notava quanta fragilità mostrasse in quel momento. Cercò di rassicurarla con un piccolo sorriso e lei si fece scaldare da esso dandogli fiducia e ragione. Rimasero entrambi ad attendere il tramonto sull'altura.

 

 

°°°°°°°°°°°°

 

 

Elena si svegliò di soprassalto nel tepore della sua stanza, confusa e leggermente stordita. Si passò una mano tra i capelli mentre voltava lo sguardo verso la finestra aperta, rimasta così probabilmente da tutto il giorno. In effetti ricordò di essersi addormentata con i primi raggi del sole, probabilmente l'alba di quel giorno appena concluso, e di aver dormito come un sasso per tutto il dì e sembrava anche che glielo avessero concesso senza minimamente provare a destarla. La porta della sua camera era sempre chiusa e non sentiva rumori dall'altra parte.
Si alzò dalle lenzuola con uno sbadiglio per andare a chiudere la finestra, nonostante fosse abituata a climi più rigidi. L'umidità che scendeva la sera le faceva venire i brividi sotto la leggera veste che indossava. Ma fu proprio quando si ritrovò di fronte agli infissi che sentì qualcosa. Fu un breve accenno, un aumento di cosmo così percettibile quanto fugace. Durò un secondo, un misero secondo in cui non riuscì a capire a chi appartenesse, solo a intuire la malvagità che trasportava, ma sembrava anche un richiamo. Ne fu attratta, anche se era sciocco dirlo, ed anche pericoloso.
Scosse la testa, convincendosi di averlo solo immaginato. In fondo sia era appena destata da una lunga dormita, la più lunga che avesse fatto negli ultimi anni, è possibile che la sua mente le avesse giocato un brutto tiro mancino. In fondo, se fosse stata una cosa di cui preoccuparsi, tutto il tempio sarebbe stato in uno stato di allarme generale e non sentiva movimenti preoccupanti fuori da quelle quattro mura. In fondo, il Tredicesimo Tempio era la dimora del Sacerdote e della Dea, se fossero stati in pericolo si sarebbero precipitati tutti a difesa delle massime carica del Tempio.
Scosse la testa per allontanare il pensiero e chiuse le imposte, tornando poi seduta sul letto a gambe incrociate a fissare il vuoto.
«Dannazione, ho dormito troppo...inizio a immaginare cose che non esistono!», disse a voce alta, anche se rivolta a sé stessa. Solitamente non parlava da sola, ma forse stava impazzendo per le troppe ore passate assopita. Inoltre si stava definitivamente svegliando del tutto e oramai, nonostante sembrasse già notte inoltrata, non aveva minimamente intenzione di coricarsi di nuovo e lasciar passare altre ore a rigirarsi tra le lenzuola sfatte in mancanza di sonno.
Decise così di vestirsi con la sua vecchia tuta di allenamento e uscire in punta di piedi dalla Tredicesima per recarsi nell'arena. Avrebbe dovuto scendere tutte e dodici le Case dei Gold Saint, ma sperò che a quell'ora fossero tutti tra le braccia di Morfeo.
Così, quando fu di fronte alla scalinata che separava la Casa di Athena da quella del Saint dei Pesci, prese una copiosa boccata d'aria e scese con gran foga tutti gli scalini di pietra bianca ben levigata, fino all'entrata contornata di Rose che Aphrodite curava ogni mattina. Percepiva la pericolosità di quel Saint, soprattutto dopo aver combattuto contro la sua allieva, ma finché non le si fosse palesato di fronte non ci sarebbero stati problemi.
Scese fino all'Undicesima, dove si soffermò ad ascoltare un qualche movimento che le facesse intendere che Camus fosse ancora sveglio, ma se così fosse stato, probabilmente il padrone di casa stava facendo di tutto per celare la sua presenza e a lei andò bene così. Era dall'ultima volta che aveva fatto “irruzione” in quella stessa casa che non gli rivolgeva parola, se non un lieve complimento per l'investitura, ma oltre quello non c'era più stato nessun tipo di approccio. E, in quel momento, pensò davvero che andasse bene così. In fondo sentiva di aver chiuso un capitolo importante della sua vita quando l'armatura, che troneggiava in piena vista nella sua stanza, aveva deciso di apparire a lei senza un valido motivo. Ancora doveva riuscire a capire l'intricato sentiero del suo destino, ma decise che per il momento le andava bene così. Era riuscita a diventare un Saint, e quello le bastava. Non importava quale fosse l'armatura e di che rango, benché un tempo avesse concorso addirittura per un'armatura d'oro, ma sentiva di essere cambiata, forse in meglio. Quello che lei chiamava destino le aveva dato una seconda possibilità, tormentata e difficile da portare a termine, ma ce l'aveva fatta e tutto quello grazie al più improbabile dei Gold Saint.
Volente o nolente, era a lui che doveva la sua tanto agognata investitura e sentiva di esserne attratta in qualche modo, ma se quello era solamente gratitudine o i trascorsi che l'uomo stesso aveva avuto col precedente possessore della sua armatura non sapeva ancora dirlo. Era qualcosa di diverso da quello che in passato aveva provato per Camus, qualcosa di nuovo e sconosciuto, qualcosa che per il momento non se la sentiva di esternare e che, forse, doveva restare semplicemente celato.
Ma fu proprio pensando a Kanon che si ritrovò sull'uscio della casa dei Gemelli senza che se ne fosse minimamente accorta. Aveva sceso sette Templi con fare meccanico, senza che la sua mente fosse connessa con il resto del corpo e si era “risvegliata” proprio nella Casa di colui alla quale stava pensando.
“Stavano dormendo tutti probabilmente, se nessuno di loro ha provato a fermarmi, quindi probabilmente dormirà anche lui”, provò a pensare e con quello spirito, nonostante la forte agitazione che inquietava il suo animo, camminò per arrivare dall'altra parte del corridoio.
Mentre camminava voltava lo sguardo a destra e sinistra, in un perfetto stato di agitazione, come qualcuno che si è appena macchiato le mani di un crimine atroce e stesse cercando di passare inosservato. Ma per quale motivo poi si sentisse così, proprio non riusciva a dirlo, voleva allontanarsi da lui ma anche rimanere. Si era addormentata con la sua voce che le risuonava nelle orecchie, in quella frase così strana detta dal suo tono quasi possente. Dovette ammettere che riusciva a tenere testa al Kanon guerriero, quello che non si era fatto scrupoli a lasciarla quasi perire nell'intento di risvegliare il potere sopito del suo cosmo, quello che non aveva avuto remore a colpirla in un impeto d'ira, ma non sapeva come comportarsi con un Kanon quasi...”umano”, fragile a tratti dopo quella strana rivelazione. L'aveva guardata con un'espressione supplichevole prima di richiudersi in sé stesso e far finta che non fosse successo nulla, e lei in quel momento cerò di fare lo stesso, avanzando quasi in punta di piedi nella sua Casa per “paura” di destarlo. Tuttavia ci era quasi riuscita. Era quasi sull'uscio opposto a quello in cui era appena entrata, pronta a scendere la scalinata che la separava dalla Casa del Toro, ma udì la voce del padrone di casa risuonare tra le mura di pietra.
«Chi va là», tuonò minaccioso, ma forse lo sarebbe stata anche lei se l'avessero disturbata a quell'ora tarda, anche se fu estremamente sicura di non aver fatto il benché minimo rumore. Ma non poteva certo scappare come una ladra ormai, tanto sarebbe dovuta comunque risalire per tornare nei suoi appartamenti. Prese un copioso respiro e si decise a rispondere proprio mentre sentiva i passi di Kanon andarle incontro.
«Sono Elena...», rispose cauta, osservandolo uscire dalla semi oscurità del corridoio che poteva alla camera da letto della Casa dei Gemelli.
Lui si fermò una volta raggiunto il corridoio principale, dove se ne stava eretta Elena, con un'espressione di una persona colta in flagrante sulla scena del crimine.
«Mi dispiace averti disturbato, non era mia intenzione, sono solo di passaggio», commentò in sua difesa, alzando lievemente le mani in segno di resa per cercare di fargli intendere che non si trovava lì per lui. Ma Gemini aggrottò leggermente un sopracciglio, lasciando però sul volto la sua tipica espressione seriosa.
«Ah, quindi sei viva!», asserì invece, portando le braccia conserte al petto e questa volta fu lei ad aggrottare le sopracciglia.
«Come?»
«Mi aspettavo di vederti nell'arena questa mattina, ma Saga mi ha detto che non ti ha vista uscire dalla tua stanza e soprattutto di non disturbarti perché avevi bisogno di riposare», fece spallucce, «come se tutti gli altri Saint che vivono al Tempio non abbiano bisogno di riposo», bloccò la frase con una pausa tattica e usò quei secondi per penetrarla con uno sguardo tagliente, probabilmente per vedere la sua reazione, «ma comunque non importa, oramai è andata, e visto che ci stai andando adesso...»
«No, hey, non l'ho deciso io di dormire così tanto, in realtà non è proprio da me, ma probabilmente qualcuno qui presente mi ha spompato alla grande...e comunque mi sarei alzata se qualcuno mi avesse svegliata...», ringhiò, tornando ad essere la focosa e impulsiva ragazza di sempre.
«Non ti stavo facendo la predica!», puntualizzò lui, «non sei più sotto la mia protezione ma quella di Athena, oramai sei un Saint a tutti gli effetti e risponderai a lei delle tue mancanze...»
«Mancanze?!»gli fece eco, quasi scandalizzata, ma lui non ci fece neanche caso.
«E comunque non c'è stato il tempo, è stato indetto un Chrysos Synagein dalla Dea Atena e dal Grande Sacerdote per tutti i Gold Saint. Sembra che un'entità misteriosa stia continuando ad aumentare e ridurre repentinamente il suo Cosmo e nessuno è stato in grado di capirne il perché. Neanche le stelle dall'altura dello Star Hill sono state in grado di rispondere. Probabilmente qualcuno dovrà andare a controllare, ed è molto probabile che sarà qualcuno di noi cavalieri d'oro»
Calò il silenzio dopo quella frase, in cui entrambi osservarono dall'uscio della Terza il firmamento sopra di loro, dove le stelle brillavano nel cielo sgombro da nuvole.
«Allora non me lo sono sognato...»
«Cosa?», chiese Kanon, voltandosi a guardare il profilo di lei, ancora devoto alle costellazioni.
«Poco fa, appena alzata dal letto, ho sentito un Cosmo in lontananza. É stata una percezione talmente breve da convincermi di averla sognata, e invece non è stato così...»
«A quanto pare no, e a quanto pare non dovremmo farci trovare impreparati. A tal proposito, visto che sei qui in tenuta di allenamento e io non sono riuscito a chiudere occhio, utilizzeremo queste poche ore rimaste prima dell'alba per qualcosa di costruttivo» propose lui, iniziando a sciogliere i muscoli delle gambe sotto lo sguardo preoccupato di Elena.
«Tipo un allenamento? Nel pieno della notte?» asserì, quasi scioccata, ma oramai doveva sapere quanto imprevedibile fosse quel Saint. In fondo, l'aveva fatta allenare dentro un vulcano attivo.
«Esatto, un allenamento».
Kanon si piegò leggermente in avanti, arrivando quasi a parlarle a fior di labbra e ciò servì a mandarla in confusione. Stava ancora a chiedersi cosa avrebbe fatto con la prossima mossa, impalata al suo posto senza essersi minimamente mossa di un centimetro, quando lui pronunciò alcune semplici parole.
«Quindi, stammi dietro...»
«Cosa?»
Quando Elena si riprese dalla sua presunta Trance, Kanon aveva già sceso quasi tutta la scalinata che lo divideva dalla Seconda Casa, con una velocità che l'aveva lasciata di sasso, e se non si decideva a corrergli dietro l'avrebbe seminata con fin troppa facilità.
«Maledizione!», imprecò infine, lanciandosi all'inseguimento.
Fine capitolo 22


°°°°°°°°

Colei che scrive e lascia passare troppo tempo tra un aggiornamento e l'altro:
Salve a tutti, eccomi qua dopo tempo immemore (avete ragione di odiarmi, lo ammetto xD)! Purtroppo l'estate per me è periodo tabù, tra il lavoro che mi prende quasi tutta la giornata e la stanchezza. Odio l'estate, per me è solo una sofferenza! T.T Poi, proprio da dopo questo aggiornamento, ho avuoto vari problemucci, ma comunque non demordo e, anche se passano mesi, sappiate che non voglio lasciare nulla di incompiuto e, se siete curiosi e vedete che sta passando troppo, vi autorizzo a minacciarmi di aggiornare per messaggio privato...a volte ricevere qualche incentivo vedendo i lettori interessati è fonte di stimolo (almeno per me!).
Ma, bando alle ciance, qui c'è qualcuno che sta progettando una bella guerra e finalmente quel qualcuno abbiamo visto chi è! Il nostro caro zio Marte, che altri non è che la versione Romana del Greco Ares, che insieme a Ecate sta progettando di svegliare un'altra persona sopita nel corpo di Elena eheheh ma per sapere chi sarà, almeno che qualcuno di voi non ci sia già arrivato eheheh dovremmo aspettare un altro pochino, non tanto, giuro! 
Bene, detto questo passo a ringraziare i recensori (che probabilmente senza di essi avrei già smesso da tempo di scrivere ...), chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite e a tutti i lettori silenziosi che seguino questa storia! 
Alla prossima!!!

 

  
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