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Autore: Lady R Of Rage    29/11/2019    11 recensioni
"Adesso che di anni ne ha ventiquattro, mio fratello è forte abbastanza da sollevare delle casse più grosse di me, o da spaccare un tronco senza appoggiarlo sul ginocchio. Porta sempre con sé i suoi bilancieri, dovunque andiamo: sono cinquecento chili l’uno. Io neanche riesco a spostarli.
Una volta ci ho provato, e a lui non ha fatto piacere. Mi ha strappato di mano il manubrio e mi ha lanciato fuori dalla sua stanza di peso.
Non ha detto niente, ma mi bastava guardarlo per capire che era tanto arrabbiato. Bisogna guardargli la faccia, per capire cosa dice.
Perché mio fratello non parla quasi mai. Specialmente con me.
"
Buffalo, quattordicenne novizio della Famiglia Donquixiote, ha nella sua nuova famiglia un fratellone preferito. Pica è scontroso, e irascibile, ma anche forte come una montagna. Buffalo lo adora, non importa se non parla quasi mai e quando parla fa ridere tutti con la sua voce acuta.
Vorrebbe solo che fosse felice, ogni tanto – ma un suo tentativo di rallegrarlo non otterrà i risultati sperati.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Donquijote Family
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Gli Alti E I Bassi Della Famiglia Donquixiote'
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Mio Fratello Non Mi Parla – Tema Di Donquixiote Buffalo, Quattordici Anni


Mio fratello Pica ha dieci anni più di me. Ha le spalle larghe, gli occhi gialli, e dei capelli così soffici che vorresti sdraiartici dentro e farci un pisolino.
Porta sempre un elmo in testa, un elmo vero di bronzo, ma il collo non gli si stanca mai: è un grande guerriero, mio fratello, e gli piace mostrarlo a chi incontra. Suo padre – ne ha due, ma uno da più tempo – dice che lo portava da quando era bambino. Io non ce l’avevo neanche, un elmo, quando avevo nove anni. Una volta me ne sono fatto uno con un secchio, ma non era la stessa cosa.
Suo padre, sempre lo stesso, dice anche che a sedici anni ha abbattuto un palazzo con i pugni nudi. Senza Frutto del Diavolo, senza una mazza, solo con le mani. Il portiere aveva sghignazzato a Diamante per via dei suoi tacchi alti, e lui non ci ha visto più. Adesso che di anni ne ha ventiquattro, mio fratello è forte abbastanza da sollevare delle casse più grosse di me, o da spaccare un tronco senza appoggiarlo sul ginocchio. Porta sempre con sé i suoi bilancieri, dovunque andiamo: sono cinquecento chili l’uno. Io neanche riesco a spostarli.
Una volta ci ho provato, e a lui non ha fatto piacere. Mi ha strappato di mano il manubrio e mi ha lanciato fuori dalla sua stanza di peso.
Non ha detto niente, ma mi bastava guardarlo per capire che era tanto arrabbiato. Bisogna guardargli la faccia, per capire cosa dice.
Perché mio fratello non parla quasi mai. Specialmente con me.

La sera ci divertiamo sempre. Il Padroncino dice che ora che ho quattordici anni potrò assaggiare un sorso di vino, se farò il bravo. Anche Baby 5 lo vuole, ma lei è troppo piccola, e Dellinger sembra contento col suo latte.
Zio Machvise conosce un sacco di canzoni volgarissime, ma Zia Jora non vuole più che le canti ora che abbiamo Dellinger. Stasera suona il Sakè Di Binks, che è la nostra canzone preferita. Baby 5, Diamante e Lao G cantano con lui. Jora mostra i tasti a Dellinger. Corazon batte le mani a tempo. Mentre canta, Diamante strofina il sedere contro la pancia di Trebol, e fa finta di suonare la chitarra elettrica. Trebol lo prende per le braccia, lo fa voltare, e gli stampa un bacio enorme sulla bocca. Io e Baby 5 ci guardiamo: -Bleah.-
E mio fratello Pica è sparito sottocoperta, tormentandosi le mani guantate, a fare chissà cosa. Lo fa tutte le sere, e nessuno dice niente. Nemmeno Diamante: ha bevuto venti bicchieri di vino rosso, e Trebol gli regge i capelli mentre vomita in un secchio.
-A Pica non piace la musica?- domando appena tira su la testa.
-Na-naturalmente.- sogghigna Diamante. -Ma se la mia pietruzza volesse cantare…- ride, e si aggrappa alla spalla di Trebol. -…io lo ascolterei, anche p-per ore.-
-Eggià.- sorrido. -Ha una vocina tanto carina.-
Ma Diamante scuote la testa e mi guarda vigile. -Non dirlo mai… m-mai più.-

A me non da fastidio, se mio fratello ha una voce buffa.
Gladius mi aveva avvertito, mentre mi conduceva a conoscere gli Ufficiali. -Pica-sama è molto suscettibile riguardo al suo timbro. Non ridere di lui e fai finta di niente. Se si arrabbia non lo tiene nessuno.-
Non ho riso: mi sono morso la lingua, sono stato bravo. Eppure era buffa, davvero buffa. Sembra finta, acuta come un fischietto. E mio fratello Pica è un ragazzone più alto di me, così grosso che all’ultimo ristorante dove siamo stati non passava dalla porta.
La gente ride, quando lo sente. I pirati che combattiamo, i marine che ci inseguono, le giovani reclute che non hanno paura neanche di Corazon. Mio fratello è un grande guerriero, e il suo Frutto del Diavolo gli permette di assimilare la pietra con cui entra in contatto. Sa diventare alto come un palazzo, e tira pugni che fanno tremare anche le montagne.
Poi mio fratello ritorna piccolo – relativamente, si intende – e si ritira nelle spalle come se volesse sparire. Ha gli occhi iniettati di sangue, le mani che tremano sotto i guanti. Li porta sempre da quando lo conosco, e secondo Baby 5 li tiene anche nella doccia.
Però la sua voce è buffa, non si può negare. E un giorno molto brutto rido anche io.

A mio fratello Pica piacciono i sassi. Deve essere perché sa trasformarsi in uno di loro, ma Diamante dice che è sempre stato così. Si teneva una collezione di sassolini nelle tasche, dovunque andasse, e non permetteva nemmeno al Padroncino di toccarglieli.
Adesso quella collezione è grande abbastanza da occupare interi scaffali. Sassi di tutti i colori, di tutte le forme, con dei nomi complicati come tormalina e bauxite. Ce ne sono di lisci come il vetro, e di ruvidi come corteccia. Alcuni brillano come l’arcobaleno, quando il sole li colpisce.
Siamo in spiaggia a rilassarci, quando succede. Jora insegna a Dellinger a nuotare, Diamante prende il sole e beve vino rosso, il Padroncino legge un libro sotto l’ombrellone. Pica sta in disparte, accovacciato tra gli scogli. Non sorride nemmeno quando appoggio il mio regalo accanto a lui.
-Oni-sama.- dico battendo le mani. -Guarda cosa ti ho portato-dasuyan.-
Allontana i capelli dal volto con le dita guantate. -Che cos’è?-
Sobbalzo – ha davvero una voce buffa – e lo indico con un gesto ampio.
-Un sasso. Ti piace? Certo, ci ho sgocciolato un po’ di gelato.- Vaniglia, torroncino e frutto della passione: uno spettacolo. -Però è un bel sasso, no?-
Mi guarda di sottecchi. L’elmo deve essere rovente, con questo caldo: goccioloni di sudore gli scorrono sulla fronte e sui polsi, da sotto gli spessi guanti di cotone viola.
-Che significa?-
Io di sassi non me ne intendo, ma quello che gli ho portato è davvero carino. È grigio argento, con alcune macchie rosse tipo ruggine, grande come il mio pugno. Sul lato destro crescono persino delle conchigliette. Gladius dice che si chiamano cirpi… cirpe… insomma, un altro nome complicato. Anche lui è un bravo fratello, ma è molto meno figo.
-Voglio solo farti piacere. Un regalo al mio fratellone preferito.-
Mio fratello si ritrae contro gli scogli. Appoggia a terra le mani guantate.
-Non sta ridendo nessuno, smettila.-
Forse riderei io, ma è meglio evitare. Non solo perché se mio fratello si arrabbia può distruggere intere città, ma anche perché vedo che non è felice, e almeno ogni tanto vorrei vederlo sorridere.
-Ma è vero.- Incrocio le braccia e lo fronteggio, impedendogli di alzarsi. -Sei il pirata più figo che abbia mai visto. A te piacciono i sassi, no?-
Mi guarda come se avessi appena proposto di entrare in Marina, e si volta dall’altra parte. -Smettila di scocciarmi. Non è divertente.-
-Non ti voglio scocciare.-
Mi siedo al suo fianco, e pulisco con la maglia la superficie del sasso. Mio fratello mangia un Frutto del Diavolo, e il sale deve fargli malissimo.
-È un regalo per te, niente di più. Perché sei il mio fratellone preferito. Il più figo della famiglia.-
Guarda verso di me, oltre il sasso, come se non lo vedesse nemmeno. Poi abbassa gli occhi, verso le sue mani, verso la roccia su cui siede. Forse sta meditando, o roba simile, ma non credo. Dicono che meditare rende sereni, e mio fratello non lo è. Forse il mio regalo potrebbe aiutarlo.
Guarda di nuovo me.
-Il più figo.- ripete freddo. -Bella merda.-
C’è qualcosa di buffo nel sentire quella vocetta che dice le parolacce. Non potrei dirle, io, o Corazon e Diamante si arrabbiano. Eppure, così è veramente come se l’avesse detta un bambino – un bambino di venticinque anni, con le spalle enormi e gli addominali.
Non ce la faccio più, a tenermi: mi copro la bocca e rido, rotolando contro lo scoglio.
Non voglio offenderlo, né farlo sentire male. È che è divertente, nulla di più. Eppure lui trasale, e mi guarda come se gli facessi schifo.
-Mi trovi divertente?-
Mio fratello controlla la pietra, e controlla anche gli scogli. Si sollevano attorno a me, mi cingono in tentacoli umidi e stretti. Apro la bocca per urlare, ma la pietra mi riempie la bocca di sale.
-Sono buffo, per te? Ridicolo?-
Aiuto, urlo di nuovo. Sento crepitare le mie braccia, le mie gambe, il mio stomaco. È un rumore che fa paura, e fa male fin dentro la pelle. Non posso muovermi, non posso respirare. Non lo vedo neanche più, mio fratello: ma sento la sua voce, lontana e fredda.
-Ti faccio ridere? Ridi ancora? Eh? Ridi ancora?-
Invece sto piangendo, e urlando contro la pietra. Se mio fratello mi sente non sembra farci caso.

Quella notte non riesco a dormire.
Sono coperto di gesso, dalle spalle ai piedi. Secondo il Padroncino ho rischiato di morire.
Quindi è così, che ci si sente. Sono il primo delle reclute giovani a rischiare la vita. Sono un eroe di guerra, o roba simile. Non si sta male, in infermeria. Jora e Machvise mi servono come un principino, e Gladius mi ha imboccato la zuppa di pesce della cena. Mi sento un po’ come se il Padroncino fossi io.
Baby 5 si è addormentata piangendo, accanto al mio letto. Diamante l’ha portata in braccio nella sua stanza. Mi ha guardato tristemente, stringendo a sé la mia sorellina.
-Mi dispiace, ragazzo. La mia pietruzza non è facile. Cerca di dormire.-
E cerco di dormire, rigido come il sasso che gli volevo regalare. Guardo le ombre che si inseguono contro il soffitto, ascolto il mare che accarezza la tolda della Numancia Flamingo.
Forse mio fratello non è così figo come pensavo. Non ha fatto una cosa carina, e non ha nemmeno visto il mio regalo. Di tutta la famiglia, è l’unico che non si è fatto vedere. Vorrei potergli parlare, chiedergli perché si è arrabbiato e se lo è ancora – ma mio fratello non mi parla, e non si fa vedere per tutta la sera.
Mi scende una lacrima, e non la posso asciugare.

Conto le ore che passano, guardando l’orologio da muro. È verso l’una di notte – wow, non ho mai fatto così tardi, sono davvero grande adesso – che sento bussare piano contro la porta. Poi uno spiraglio di luce, e mio fratello si china sotto l’architrave, con in braccio qualcosa che non vedo.
Voglio sollevare le braccia per proteggermi, ma sono ingessate e non le posso muovere. Si avvicina con passi lenti, perché quando cammina sembra che la terra tremi, e si siede al mio fianco senza un fiato.
Accende la lampadina, e finalmente vedo cos’ha in braccio: una coppa di gelato grande come la mia testa. Gianduia, menta, crema di arachidi.
Mio fratello Pica è il migliore.

Depone il gelato sulle sue ginocchia e affonda il cucchiaio nella pallina verde.
-Vuoi?- sussurra. Quasi non lo sento, quindi non fa ridere.
-Eccome!- esclamo, ma sempre a bassa voce. Non posso prendere il cucchiaio, ridotto così, e mio fratello deve saperlo, perché mi imbocca senza una domanda. C’è poco da dire: nulla batte la menta. Anche se a volte penso di preferire la banana. O il lampone. O la crema. Difficile da dire, tutti i gusti sono così buoni!
-Grazie, oni-sama.- sussurro, e ingoio felice la mia merenda segreta. -Allora non sei più arrabbiato?-
Scuote la testa, e mi porge un altro cucchiaino. C’è poco da dire: nulla batte la crema di arachidi.
-Solo con me stesso. Non con te. Anzi, mi dispiace. Davvero.-
Mio fratello Pica ha gli occhi gialli, e quando sono lucidi sembrano pezzetti di resina. C’è una pietra, che nasce dalla resina, ma non mi ricordo il nome. Se mio fratello non è arrabbiato, e vuole parlare, potrei chiedergli come si chiama.
-Vuoi chiacchierare con me?- tento dunque. -Ti prometto che non rido più.-
Indossa la sua tenuta da notte: canotta, boxer e sandali infradito. Suo padre ha una vestaglia di seta ricamata a mano, bigodini placcati di diamanti, e si spalma sempre sulla faccia della melma verde. O è il muco del suo compagno, che gli va addosso quando fanno le cosacce zozze? Difficile da capire, ma non potrebbero comunque essere più diversi.
L’elmo lo porta ancora, però, e anche i guanti. Ha un paio differente da quelli di oggi, di lana nera, lunghi fino al gomito. Le sue mani sono così grandi che deve tenere i bicchieri tra pollice e indice: dove la troverà la stoffa?
-Cosa avresti da ridere, ridotto così?-
Gli rispondo sorridendogli, con tutti i denti che ho. -Un modo lo si trova. Per esempio, adesso sono felice che sei tornato. E che mi hai portato il mio gelato preferito-dasuyan.-
Mio fratello schiocca le labbra.
-Cosa ti è venuto in mente di regalarmi un sasso?-
Alzo gli occhi. -Per farti piacere. A te piacciono i sassi.-
-Non mi ha fatto piacere.- mio fratello arriccia il naso. -A me piacciono le pietre, non i sassi.-
-E cosa cambia?-
Si strofina un dito in fronte. -Non ho tempo di spiegarlo. Ma ti ringrazio comunque. Sei stato dolce.-
-Perché sei il mio fratellone figo.- sorrido, e ingollo un’altra splendida cucchiaiata di menta. -Sei forte e non temi nulla e nessuno. Ti ammiro davvero, anche se mi hai fatto male.-
Mio fratello piega la testa di lato. Mi porta alla bocca un altro cucchiaio, e mi sistema il lenzuolo sotto il mento.
-Grazie.- mugugna.
Tiro su col naso. -Pensi che un giorno sarò forte e figo come te?-
Mio fratello sospira, e abbassa quelle enormi spalle. Di giorno porta degli spallacci su misura, per dare loro la forma che vuole. Forse fanno male: ha la pelle rossa, e qualche cicatrice. Quanto è forte, mio fratello. Gli voglio davvero tanto bene.
-Nessuno dice di no. Ma promettimi una cosa.-
-Cosa, oni-sama?-
Solleva la mano guantata e mi carezza i capelli, allontanando dal volto la mia frangetta. Ha le labbra serrate, come se volesse dire qualcosa ma non vi riuscisse. Voglio tenergli la mano, ma non posso muovermi.
Alla fine abbassa lo sguardo, e sospira di nuovo.
-Non copiare i miei guanti, o ti fracasso il cranio per bene.-
-Va bene, oni-sama.-
Sorrido di nuovo – forse capisce che sto sorridendo, ma non ridendo, e mi guarda come se mi vedesse per la prima volta. Prende un cucchiaio di gelato e me lo avvicina alla faccia, ma all’ultimo momento lo tira indietro e se lo infila in bocca.
-Ehi! È mio!-
Lui mi fa la linguaccia. -Sono più veloce di te. E non è neanche male. Mi piace il cibo freddo, mi ghiaccia tutta la gola.-
Si lecca le labbra. -Ce ne divideremo uno tutti i giorni finché non guarirai, ti va?-
Sbatto gli occhi: il gelato, che buono! E assieme al mio fratellone preferito. Forse non è stata tanto una brutta giornata, anzi. Possiamo ridere insieme, raccontarci storielle da uomini, e lui mi insegnerà a diventare un grande guerriero come lui. E la prossima volta che qualcuno riderà, io lo ucciderò. Così il mio fratellone non dovrà preoccuparsene, e sorriderà di più.
Sono un bravo fratello, se mi ci metto, e gli voglio tanto bene.


A.A.:
Ho buttato giù questa shot in una sera, in base a un headcanon che mi è venuto di recente: Buffalo fanboy di Pica e fratellino affettuoso.
Mi sono ispirata a un evento canonico accennato, quello per cui una volta Pica avrebbe “torturato” Buffalo quasi a morte per aver riso del suo timbro vocale. Un atto orrendo, non lo nego, ma sappiamo che Buffalo non è esattamente una cima, ed è bastato sempre un gelato perché Corazon gli impedisse di rivelare di essere stato accoltellato da Law. Un atto abbastanza forte, ma trattato – cosa che ho amato fare – attraverso gli occhi di un “bimbonutella” (cit.) decisamente poco arguto, ma molto puccioso.
L'atto sarebbe avvenuto prima dell'arrivo di Law in famiglia (ne parla Buffalo con la piccola Baby 5), il che spiega la sua assenza. 
Che Pica collezioni minerali… abbastanza ovvio. In La Leva Cala lo vedo collezionista di spade antiche, ma forse è meglio qualcosa di più semplice. Penso che dire che Pica non ami la mineralogia sia come dire che Jora non ama l’arte.
Infine, per chi ha letto Dovunque Lei Sarà/Con Le Spalle Al Muro, e sa cosa significano i guanti di Pica nella mia interpretazione, cosa celano... ecco, che Pica chieda al "fratellino" di non indossarli ha un significato ben diverso, sapendo quel segreto. Per chi non lo sa OI, andate a leggerle subito NAO!
Spero che anche questa storia funzioni, nella sua brevità.
Lady R of Rage.
  
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