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Autore: Blade the KnightRevenant    29/11/2019    1 recensioni
Nessun corpo da seppellire, nessun nome per poterla ricordare, solo il suo piccolo nastro tinto dal suo stesso sangue.
Non importa quanto tempo passerà da questa maledetta notte, le mie lacrime non potranno mai pulire le mie colpe da questo nastrino.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Il Cacciatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Melody, a Family.. Only Regrets

 

Maledetta la notte. Maledetta la caccia. Maledetto il giorno che ho scelto di venire qui a Yharnam.

 

La notte della caccia. Quando il sangue prende il sopravvento, i cacciatori si fanno strada durante la notte per debellare le belve che minacciano la città.

Quando si parla di Notte della Caccia non capisco mai se effettivamente dura una sola notte, o la Luna vuole rimanere su nel cielo per tutto il tempo che vuole.

Chi sono io? Uno dei tanti, o meglio uno dei pochi cacciatori ancora vivi in grado di parlare senza sbavare, ringhiare o sparare a vista con un Gatling chiunque mi passi davanti.

Non volevo diventare un Hunter, ma in fondo alla mia anima appartenevo a quest’ordine e così nel tempo ho accettato questa condizione.

Ho eliminato mostri di ogni genere, ho ucciso cacciatori sopraffatti dalla bestialità o dalla follia, ho trapassato da parte a parte Grandi Esseri.. pur tuttavia, la mia caccia non è ancora finita.

 

C’è sempre una frase, che riecheggia nella mia mente: non c’è nulla di più orribile di una caccia.

No, non credo che le belve siano persone.. non più almeno. Ma forse quel vecchio pazzo non aveva tutti i torti. Perché? Perché la parte peggiore di questo lavoro è quando devi raccogliere ciò che hai seminato. E la persona che tengo in braccio, ne è la prova.

Niente belve per ora. Per fare le cose come si deve questa volta ho fatto di tutto pur di stanare tutte le belve che avrebbero osato mettersi in mezzo. Per una volta, in questa maledetta caccia, non voglio uccidere, ma dare una degna sepoltura alla bambina che tengo tra le braccia.

 

 

Superando il ponte ormai spianato dagli infetti finalmente arrivo alla lunga scalinata che mi divide dalla mia fermata, dove il mio senso di colpa ebbe inizio: la Tomba di Oedon.

Ogni passo che mi avvicina all’entrata è una fitta allo stomaco. Ogni volta che vengo in questo cimitero, è come se lo rivedessi. Mi aveva aiutato nella mia prima caccia, però quando lo rividi la bestialità lo aveva sopraffatto. Abbiamo combattuto, sputato sangue, distrutto tutto e poi è andata come è andata.

Appoggio a terra il corpo senza vita della bambina e come di mio solito, sfilo dalla tasca un nastro. Per altri può sembrare un semplice nastro da donna, ma per me.. ha un significato prezioso. Ogni volta che ci ripenso sogno. E ogni volta che sogno, piango..

 

Ero proprio davanti. Ringhiava e sbavava come la bestia quale era. Sguainai la spada dal fodero della Ludwig e con un affondo ben assestato gli trapassai la testa fino alla base del manico. Un esplosione di sangue ricoprì parte della mia tunica, mentre il mio intero braccio destro era zuppo di sangue per il colpo infertogli dentro le.. natiche. Rinfoderai la spada dentro il fodero dietro la schiena e mi avvicinai alla piccola bambina ancora impaurita.

 

-S-signor cacciatore..- diceva lei, con tono titubante e con gli occhioni bagnati di lacrime.

-Sssshhh, tranquilla. Per fortuna sono arrivato in tempo.- le dissi, prendendola in braccio. Non volevo sporcare il suo vestito, così pur se in una posizione scomoda, tenni la bambina da sotto il solo braccio sinistro.

-C-che ci fa lei qui?- mi domandò lei.

-Ho visto la luce della tua abitazione spenta e mi sono precipitato qui. Mi ricordavo di averti parlato della Cappella di Oedon ma non ti avevo chiesto di avventurarti da sola. Se io non fossi arrivato in tempo a quest’ora quella cosa..- non volevo sgridarla, ma è stata davvero una mossa sciocca avventurarsi in questo orrendo scolo. Volevo continuare a parlare ma i suoi singhiozzi mi bloccarono. So benissimo perché lo ha fatto.. nessuno a questo mondo dovrebbe perdere così presto i propri genitori.

-Mi dispiace. Mi dispiace tanto.- disse, tremando e singhiozzando scuse. Uff, è davvero spaventata.

Non sapevo che cosa dirle, ma feci qualcosa che l’avrebbe di certo tirata su. Con l’altra mano prendo il suo carillon e con il pollice riesco ad accenderlo, facendo suonare alcune melodie del piccolo strumento. Bastò quello a farle smettere di piangere. Non appena arrivammo alla scala che portava al ponte, riprese a parlare.

-D-dopo, possiamo trovare mia sorella? Non ve l’ho detto ma anche lei è da qualche parte in città e sono preoccupata per lei. Dopo quello che è successo alla mamma io.. sniff non posso pensare che..-

-Non lo permetterò. Prima però arriviamo alla Cappella e non appena sarai al sicuro mi metterò alla ricerca di tua sorella. Te lo prometto.- Nessun bambino sarebbe morto così, non con me in giro almeno. Stavamo per iniziare a salire la scala, ma lei mi fermò, abbracciandomi al collo.  -Ti voglio bene signor cacciatore.-

 

 

- Perché non è andata così? Perché non le ho detto una bugia e non l’ho portata con me al sicuro!?-

Me lo ripetevo in continuazione. Maledicevo me stesso per non aver fatto in tempo.

Quello rimarrà il momento più frustrante di tutta la mia vita.

Avevo fatto a pezzi quell’orrendo maiale, sviscerandolo come un pesce e poi l’ho trovato. Il sangue aveva colorato tutto il mio abito, le mie lacrime avevano rigato il mio volto.

Nessun corpo da seppellire, nessun nome per poterla ricordare, solo il suo piccolo nastro tinto dal suo stesso sangue.

Non importa quanto tempo passerà da questa maledetta notte, le mie lacrime non potranno mai pulire le mie colpe da questo nastrino.

 

Quante volte l’ho sognato. Era forse il volere del destino che tornassi in quel maledetto scolo? O erano i Grandi Esseri che mi tormentavano? Non importava tutte le volte che tornavo lì, non importava quante volte massacravo quell’enorme scrofa, non importava quante volte ingerivo i marchi del cacciatore per tornare lì nell’uccidere quella bestia schifosa più e più volte. Sbudellarlo, tagliargli la zampe, spaccargli il grugno, estrargli le interiora: non serviva a nulla. Quella bambina non sarebbe mai più tornata.

Non l’ho salvata. Se ha sofferto, se ha fatto una fine così orrenda, è solo per causa mia.

 

La peggior sfortuna di quella bambina è stato incontrarmi.

 

 

Ogni volta che ripenso a quel momento, piango come un bambino. Con l’aiuto di una pala mi metto al lavoro. Ogni spalata che do nel terreno, è un dolore al cuore. Le mie mani tremano, il mio respiro si fa più debole.

Non posso mollare proprio adesso. Di istinto prendo subita una fiala e me la inietto nella coscia, magari mi fa sentire un po’ meglio.

Scavo e scavo, non mi fermo. Con un po’ di tempo un più la prima buca è pronta. Affondo la pala nelle zolle appena rimosse e prendo dietro di me uno dei due corpi senza vita.

Ricordo ancora quel momento, è stampato a fuoco nella mia mente.

In questa caccia ho avuto a che fare con molti cacciatori, ma quel giorno lo sento ancora sin dentro le mie ossa. Non mi ricordo quante volte sia riuscito ad affondare la sua ascia nella mia pelle, non ricordo nemmeno le volte che sono stato catapultato nel Sogno per mano sua, ma ricorderò sempre tutte le volte che ho provato insistentemente ad accendere il carillon per fargli tornare la ragione. Ma non è mai servito a nulla e l’ho capì solo dopo, quando ho visto lei, senza vita. Spenta, con ancora il volto rigato dalle sue lacrime e i vestiti sporchi di sangue. Non è morta per mano di una belva, è morta a causa di un cacciatore. Del suo cacciatore.

 E quella spilla. Così unica, così.. familiare.

 

Non volevo dirglielo, ma quella bambina meritava di sapere come stavano le cose.

-Mamma.. mamma.. non lasciami sola..-

I suoi singhiozzi, la sua disperazione.. avevo appena iniziato a cacciare e a uccidere belve più grandi di me, ma non sapevo come consolare una bambina orfana.

 

Prendo in braccio il corpo senza vita di Viola e la adagio delicatamente nella buca. La stendo dritta, senza spiegazzare troppo il suo vestito. La testa rivolta al cielo e delicatamente le chiudo la bocca, gli occhi e posiziono le sue mani in modo che le dita si uniscano e restino appoggiate al petto.

Riprendo fiato, mentre mi allontano dalla fossa e prendo da terra una vecchia arma, la mia vecchia mannaia dentata. Con questa ho commesso un altro peccato, sempre qui in questo cimitero. Che io sia dannato per aver versato altro sangue di un alleato di questa orrenda notte.

 

- anf.. anf.. non eri tenuto a farlo.- commentò la cacciatrice, affaticata dal combattimento.

-Ho una domanda. C’entrava qualcosa Henryk con Gascoigne?- le chiesi. Perché tra tutti i posti proprio qui? Perché sembrava rabbioso verso di me? Mi conosceva o era solo il seme della follia che lo aveva annebbiato?

-Da quel che so combattevano insieme da tanto tempo. Forse era un familiare stretto della moglie.-

Appena disse moglie, io rimasi di sasso. La maschera teneva nascosto il mio volto, ma ero in quel momento ero diventato bianco cadaverico. Mi appoggiai a una delle lapidi, maledicendo silenziosamente me stesso per aver commesso un altro errore.

-C’è qualche problema cacciatore?- mi chiese.

-Prima la madre. Poi il padre. La bambina.. e ora lui. Sono tutti morti per causa mia.- non riuscivo a dire o pensare altro.

-Non potevi prevederlo cacciatore. Gascoigne stava cedendo, non darti delle colpe che non hai. Nessuno poteva evitare questa tragedia.- mi fece lei, quasi in modo compassionevole. Non sembrava dall’espressione, ma ero quasi adirato per quella risposta.

-Oooh invece potevo evitarle. Non sono riuscito a proteggere una bambina. Sono un cacciatore, dovrei proteggere la gente non lasciare che muoia. Se non sono riuscito a proteggere una bambina che cosa valgo!?- urlai e il cimitero echeggio il mio sfogo. Lei rimase lì fissa, senza batter ciglio. Poi mi rispose. -Ciò che è fatto è fatto, non puoi cambiare il fato altrui.-

Non resistetti. Chiusi la lama della mannaia, rinfoderai la pistola e tornai alla mia caccia, salendo le scale che portavano verso la Cappella.

-Ti auguro buona caccia, Eileen il Corvo.-

 

 

E ora di nuovo qui, a rimpiangere un alleato caduto.

Purtroppo non è rimasto niente di te Henryk, tuttavia posso lasciarti solo questa. Ti ricordi? Ti ho finito con quest’arma. Te la cedo, tanto ormai non mi serve più.

Attivo il meccanismo della mannaia e con un colpo ben assestato la conficco nel terreno, lasciandola appoggiata alla grande lapide.

 

Ora, tocca alla seconda buca.

Riprendo la pala e ricomincio a scavare. Ormai l’odore di morte di questo cimitero è entrato sin dentro le mie narici. La maschera non mi sta aiutando per niente. Me la levo di dosso e riprendo nello scavare. Una spalata dopo l’altra, facendo attenzione a non sporcare in alcun modo il corpo della signora. Una buca più piccola stavolta, alla destra della signore Gascoigne.

Finito di scavare lascio cadere la pala e mi avvicino all’altro cadavere. Un corpicino senza vita, con il collo spezzato e con i vestiti sporchi tinti di sangue. I capelli come sua madre, come la sua sorellina. Un’altra anima gentile, un’altra anima che non ho saputo aiutare. L’ultima anima che oggi ha spezzato il mio orgoglio di cacciatore.

 

Ero tornato in città per vedere se c’erano ancora dei superstiti bisognosi di aiuto. L’odore dell’incenso delle case era come sparito e dalle abitazioni o c’era silenzio, o peggio ancora c’era troppo baccano. Ridevano come se fossero malati in una prigione. O meglio, come cavie in un edificio di ricerca..

 Pensavo che ormai potevo lasciarmi tutta la città alle spalle e tornare alla mia caccia, ma poi sentì la sua voce.

-Oh, salve. Non è che per caso.. hai visto la mia sorellina, vero?-

Un’altra bambina, per di più viva. Ma come..

Ci misi un po’ a capirlo, ma mi ero fermato proprio in quella casa. Mi parlava sempre lì, in quella grande finestra protetta dalle sbarre.

No.. no, non di nuovo ti prego. Non anche lei..

–Le ho detto di badare alla casa, ma lei se n’è andata da qualche parte. È ancora piuttosto piccolo e indossa un grande nastro bianco.-

La maschera e il cappello celavano il mio viso. Volevo scappare, allontanarmi il più possibile. Ma ero rimasto lì, immobile, incastonato e rigido.

 

-L’hai vista là fuori, da qualche parte?-

Non c’è l’ho fatta e ho agito d’impulso. Da una rientranza della finestra le ho passato il nastrino sporco di sangue che mi ha accompagnato fino ad adesso. È giusto che adesso sia suo. In fondo, lei è sua sorella.

-Oh, com’è potuto accadere. Perché ha deciso di uscire di casa?-

Sentivo i suoi singhiozzi, la sua disperazione erano come pezzi di vetro che trapassavano il mio cuore. Dal riflesso della finestra vedevo un’altra bambina orfana, sola, con il volto coperto dalle sue lacrime. Era successo un’altra volta.

-Beh, almeno ho..ho qualcosa per mi permetterà di ricordarla.-

 

Non le ho detto niente. Non l’ho confortata, non ho agito come un adulto. Sono scappato da lei, piangendo come un neonato.

 

E poi credo.. di essere svenuto.

Quando mi risvegliai sulle gradinate del grande Ponte, ripensai subito alla bambina. Non ho potuto salvare sua sorella ma forse, con lei..

Corsi di nuovo fin davanti casa sua, nella speranza di trovarla ancora lì. Quanto tempo sarà passato?

-Dei. Se mi sentite, almeno questa volta permettetemi di salvare almeno lei! Vi prego non..- e non c’era. La lanterna era accesa si, ma la luce dentro casa era spenta. Oh no.. f-forse è ancora nei paraggi. Non c’era nessuna belva quando sono passato prima e magari è ancora qui da qualche parte.

Stavo per scendere dalle scale d’appoggio, quando poi l’ho vista. Lì, accasciata al suolo e senza vita, in una pozza di sangue. Mi sono precipitato verso di lei scendendo le scale a quattro a quattro, abbracciandola, implorando qualunque entità che fosse ancora viva. Ma non c’era niente da fare.

Le mie mani e i miei vestiti erano per la seconda volta, sporchi dal sangue di una bambina. Singhiozzavo e piangevo, cercando di trattenere il più possibile le lacrime. Ma mentre piangevo e maledicevo questo mondo, mi accorsi di un particolare Prima di togliersi la vita era riuscita a fare qualcosa che io non fui in grado di fare. Anche da morta, teneva tra le mani il nastro della sua sorellina, ma questa volta era bianco, senza alcun tipo di macchia e profumava di lavanda.

 

Per la seconda volta in questa caccia, non ho saputo salvare una bambina.

 

 

Come per la madre, la porto in braccio fino alla sua fossa. La adagio lentamente, le prendo delicatamente le mani e le appoggio sul petto, facendo attenzione a non spiegazzarle il vestito e a non aprirle gli occhi.

Per finire, con le mani affondo le dita nel terreno e prendo una zolla di terra tra le due fosse. Lascio cadere il terriccio e con l’altra mano sfilo dal taschino il nastro. Prima che la morte prendesse anche lei, era riuscita a pulire con cura il nastro della sorellina. Ma anche adesso, perfettamente pulito e in ottime condizioni, non riesco a sentirmi meglio. Le mie colpe sono ancora impresse in questo nastro.

È tutto ciò che rimane di quella bambina, e ora è giunto il momento che si riunisca alla sua famiglia. Piego delicatamente il nastro e lo calo dolcemente nel piccolo buco, a fianco a sua madre e a sua sorella. Dopo un respiro profondo inizio a sotterrare le due salme. Spalata dopo la spalla alla fine, i loro corpi non sono più visibili.

Manca solo una persona all’appello. Lo avevo portato apposta dal Sogno del Cacciatore e sulla lapide infine, appoggio il cappello di Padre Gascoigne all’angolo della lapide.

Non ho idea di cosa ci sia dopo, ma forse così in un modo o nell’altro, potrà rincontrarsi con sua moglie e con le sue figlie.

 

-Devo restituirvi un’ultima cosa che vi appartiene.-

Dal taschino interno del cappotto tiro fuori un oggetto anzi, l’oggetto. Tutto ciò che può ricordare questa famiglia è questo, il piccolo carillon.

-È ciò che vi univa, è giusto che vi accompagni nel vostro viaggio.- faccio, aprendo il

carillon, prendendo la manovella e inizio a girarla. Giro, giro e giro. Ancora e ancora. Continuo senza sosta a girare il meccanismo. Continuo, non mi fermo mai e continuo a mandare avanti la manovella. Non penso al tempo che vola, voglio che la loro canzone li accompagni per tutto il viaggio. Continuo a girarla fino a quando non sento un leggero crick alle dita. E dal piccolo strumento la musica inizia a echeggiare.

 

Chiudo gli occhi, la dolce musica di questo piccolo carillon ci accompagna. Forse inizio a capire perché voi, Padre Gascoigne, adoravate questa canzone. Non provo dolore, ne stanchezza o ansia. Non sento niente, solo una dolce e spensierata calma. Questa.. è la prima volta in tutta la caccia, che mi sento tranquillo e senza fardelli sulle spalle.

Rimango fisso ed immobile con il carillon tra le mani, mentre continua a intonare la sua ninnananna.

La canzone arriva al suo ultimo rintocco, ma ricomincia. Lentamente appoggio il carillon alla destra della lapide e prendo da dietro la cintola il mio ultimo dono d’addio. Direttamente dal Sogno.

Una decina di margherite, legate alla base da un sottile velo bianco a mo’ di bouquet. Non sono molto bravo in queste cose, spero che vadano comunque bene. Appoggio anche i fiori davanti alla lapide, senza però sfiorare il carillon. Ma dal mazzo sfilo due fiori, i più colorati del mazzo e li lascio: una per entrambe.

Rimango inginocchiato, mentre la musica accompagna i miei pensieri.

Chissà cos’altro mi aspetta in questo mondo maledetto.

Quante volte devo morire e risvegliarmi ancora?

Esiste un finale piacevole in tutto questo?

Quando un cacciatore non sogna più, è la fine di tutto?

Rido a tutte queste mie domande, domande che forse non merito una risposta.

-Beh, spero solo che anche per voi esista un Sogno dove possiate vivere serenamente tutti assieme.-

La melodia finisce di nuovo, ma riprende ancora e ancora. Mi alzo da terra, guardo il cielo e decido che è ora di tornare a lavoro.

-Mi dispiace, ma devo andare ora.- indosso di nuovo i guanti, rimetto nella cintola l’archibugio, la spada dietro la schiena e mi sistemo cappello e colletto. Guardo un’ultima volta la loro tomba, poi mi giro e mi rimetto in cammino.

 

 

Perdonatemi..

 

..Ma la mia caccia non è finita.

Non ancora.

 

 

Quando sarà l’alba, verrò a trovarvi. Possiate riposare in pace.

 

 

 

 

 

 

 

Avevate ragione Lady Maria..

I cadaveri vanno lasciati in pace.

  
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