A
Melody, a
Family.. Only Regrets
Maledetta la
notte. Maledetta la caccia. Maledetto
il giorno che ho scelto di venire qui a Yharnam.
La notte della
caccia. Quando il sangue prende il
sopravvento, i cacciatori si fanno strada durante la notte per
debellare le
belve che minacciano la città.
Quando si parla
di Notte della Caccia non capisco
mai se effettivamente dura una sola notte, o la Luna vuole rimanere su
nel
cielo per tutto il tempo che vuole.
Chi sono io? Uno
dei tanti, o meglio uno dei pochi
cacciatori ancora vivi in grado di parlare senza sbavare, ringhiare o
sparare a
vista con un Gatling chiunque mi passi davanti.
Non volevo
diventare un Hunter, ma in fondo alla mia
anima appartenevo a quest’ordine e così nel tempo
ho accettato questa
condizione.
Ho eliminato
mostri di ogni genere, ho ucciso
cacciatori sopraffatti dalla bestialità o dalla follia, ho
trapassato da parte
a parte Grandi Esseri.. pur tuttavia, la mia caccia non è
ancora finita.
C’è
sempre una frase, che riecheggia nella mia mente:
non c’è nulla di più orribile di una
caccia.
No, non credo
che le belve siano persone.. non più
almeno. Ma forse quel vecchio pazzo non aveva tutti i torti.
Perché? Perché la parte
peggiore di questo lavoro è quando devi raccogliere
ciò che hai seminato. E la
persona che tengo in braccio, ne è la prova.
Niente belve per
ora. Per fare le cose come si deve
questa volta ho fatto di tutto pur di stanare tutte le belve che
avrebbero
osato mettersi in mezzo. Per una volta, in questa maledetta caccia, non
voglio
uccidere, ma dare una degna sepoltura alla bambina che tengo tra le
braccia.
Superando il
ponte ormai spianato dagli infetti
finalmente arrivo alla lunga scalinata che mi divide dalla mia fermata,
dove il
mio senso di colpa ebbe inizio: la Tomba di Oedon.
Ogni passo che
mi avvicina all’entrata è una fitta
allo stomaco. Ogni volta che vengo in questo cimitero, è
come se lo rivedessi. Mi
aveva aiutato nella mia prima caccia, però quando lo rividi
la bestialità lo
aveva sopraffatto. Abbiamo combattuto, sputato sangue, distrutto tutto
e poi è
andata come è andata.
Appoggio a terra
il corpo senza vita della bambina e
come di mio solito, sfilo dalla tasca un nastro. Per altri
può sembrare un
semplice nastro da donna, ma per me.. ha un significato prezioso. Ogni
volta
che ci ripenso sogno. E ogni volta che sogno, piango..
Ero proprio
davanti. Ringhiava e sbavava come la
bestia quale era. Sguainai la spada dal fodero della Ludwig e con un
affondo
ben assestato gli trapassai la testa fino alla base del manico. Un
esplosione
di sangue ricoprì parte della mia tunica, mentre il mio
intero braccio destro
era zuppo di sangue per il colpo infertogli dentro le.. natiche.
Rinfoderai la
spada dentro il fodero dietro la schiena e mi avvicinai alla piccola
bambina
ancora impaurita.
-S-signor
cacciatore..- diceva lei, con tono
titubante e con gli occhioni bagnati di lacrime.
-Sssshhh,
tranquilla. Per fortuna sono arrivato in
tempo.- le dissi, prendendola in braccio. Non volevo sporcare il suo
vestito,
così pur se in una posizione scomoda, tenni la bambina da
sotto il solo braccio
sinistro.
-C-che ci fa lei
qui?- mi domandò lei.
-Ho visto la
luce della tua abitazione spenta e mi
sono precipitato qui. Mi ricordavo di averti parlato della Cappella di
Oedon ma
non ti avevo chiesto di avventurarti da sola. Se io non fossi arrivato
in tempo
a quest’ora quella cosa..- non volevo sgridarla, ma
è stata davvero una mossa
sciocca avventurarsi in questo orrendo scolo. Volevo continuare a
parlare ma i
suoi singhiozzi mi bloccarono. So benissimo perché lo ha
fatto.. nessuno a
questo mondo dovrebbe perdere così presto i propri genitori.
-Mi dispiace. Mi
dispiace tanto.- disse, tremando e
singhiozzando scuse. Uff, è davvero spaventata.
Non sapevo che
cosa dirle, ma feci qualcosa che l’avrebbe
di certo tirata su. Con l’altra mano prendo il suo carillon e
con il pollice
riesco ad accenderlo, facendo suonare alcune melodie del piccolo
strumento.
Bastò quello a farle smettere di piangere. Non appena
arrivammo alla scala che
portava al ponte, riprese a parlare.
-D-dopo,
possiamo trovare mia sorella? Non ve l’ho
detto ma anche lei è da qualche parte in città e
sono preoccupata per lei. Dopo
quello che è successo alla mamma io.. sniff non posso
pensare che..-
-Non lo
permetterò. Prima però arriviamo alla
Cappella e non appena sarai al sicuro mi metterò alla
ricerca di tua sorella. Te
lo prometto.- Nessun bambino sarebbe morto così, non con me
in giro almeno.
Stavamo per iniziare a salire la scala, ma lei mi fermò,
abbracciandomi al
collo. -Ti voglio
bene signor
cacciatore.-
-
Perché non è andata così?
Perché non le ho detto
una bugia e non l’ho portata con me al sicuro!?-
Me lo ripetevo
in continuazione. Maledicevo me
stesso per non aver fatto in tempo.
Quello
rimarrà il momento più frustrante di tutta la
mia vita.
Avevo fatto a
pezzi quell’orrendo maiale,
sviscerandolo come un pesce e poi l’ho trovato. Il sangue
aveva colorato tutto
il mio abito, le mie lacrime avevano rigato il mio volto.
Nessun corpo da
seppellire, nessun nome per poterla
ricordare, solo il suo piccolo nastro tinto dal suo stesso sangue.
Non importa
quanto tempo passerà da questa maledetta
notte, le mie lacrime non potranno mai pulire le mie colpe da questo
nastrino.
Quante volte
l’ho sognato. Era forse il volere del destino
che tornassi in quel maledetto scolo? O erano i Grandi Esseri che mi
tormentavano? Non importava tutte le volte che tornavo lì,
non importava quante
volte massacravo quell’enorme scrofa, non importava quante
volte ingerivo i
marchi del cacciatore per tornare lì nell’uccidere
quella bestia schifosa più e
più volte. Sbudellarlo, tagliargli la zampe, spaccargli il
grugno, estrargli le
interiora: non serviva a nulla. Quella bambina non sarebbe mai
più tornata.
Non
l’ho salvata. Se ha sofferto, se ha fatto una
fine così orrenda, è solo per causa mia.
La peggior
sfortuna di quella bambina è stato
incontrarmi.
Ogni volta che
ripenso a quel momento, piango come
un bambino. Con l’aiuto di una pala mi metto al lavoro. Ogni
spalata che do nel
terreno, è un dolore al cuore. Le mie mani tremano, il mio
respiro si fa più
debole.
Non posso
mollare proprio adesso. Di istinto prendo subita
una fiala e me la inietto nella coscia, magari mi fa sentire un
po’ meglio.
Scavo e scavo,
non mi fermo. Con un po’ di tempo un
più la prima buca è pronta. Affondo la pala nelle
zolle appena rimosse e prendo
dietro di me uno dei due corpi senza vita.
Ricordo ancora
quel momento, è stampato a fuoco
nella mia mente.
In questa caccia
ho avuto a che fare con molti cacciatori,
ma quel giorno lo sento ancora sin dentro le mie ossa. Non mi ricordo
quante
volte sia riuscito ad affondare la sua ascia nella mia pelle, non
ricordo
nemmeno le volte che sono stato catapultato nel Sogno per mano sua, ma
ricorderò sempre tutte le volte che ho provato
insistentemente ad accendere il
carillon per fargli tornare la ragione. Ma non è mai servito
a nulla e l’ho
capì solo dopo, quando ho visto lei, senza vita. Spenta, con
ancora il volto
rigato dalle sue lacrime e i vestiti sporchi di sangue. Non
è morta per mano di
una belva, è morta a causa di un cacciatore. Del suo
cacciatore.
E
quella
spilla. Così unica, così.. familiare.
Non volevo
dirglielo, ma quella bambina meritava di
sapere come stavano le cose.
-Mamma.. mamma..
non lasciami sola..-
I suoi
singhiozzi, la sua disperazione.. avevo
appena iniziato a cacciare e a uccidere belve più grandi di
me, ma non sapevo
come consolare una bambina orfana.
Prendo in
braccio il corpo senza vita di Viola e la
adagio delicatamente nella buca. La stendo dritta, senza spiegazzare
troppo il
suo vestito. La testa rivolta al cielo e delicatamente le chiudo la
bocca, gli
occhi e posiziono le sue mani in modo che le dita si uniscano e restino
appoggiate al petto.
Riprendo fiato,
mentre mi allontano dalla fossa e
prendo da terra una vecchia arma, la mia vecchia mannaia dentata. Con
questa ho
commesso un altro peccato, sempre qui in questo cimitero. Che io sia
dannato
per aver versato altro sangue di un alleato di questa orrenda notte.
- anf.. anf..
non eri tenuto a farlo.- commentò la
cacciatrice, affaticata dal combattimento.
-Ho una domanda.
C’entrava qualcosa Henryk con
Gascoigne?- le chiesi. Perché tra tutti i posti proprio qui?
Perché sembrava
rabbioso verso di me? Mi conosceva o era solo il seme della follia che
lo aveva
annebbiato?
-Da quel che so
combattevano insieme da tanto tempo.
Forse era un familiare stretto della moglie.-
Appena disse
moglie, io rimasi di sasso. La maschera
teneva nascosto il mio volto, ma ero in quel momento ero diventato
bianco
cadaverico. Mi appoggiai a una delle lapidi, maledicendo
silenziosamente me
stesso per aver commesso un altro errore.
-C’è
qualche problema cacciatore?- mi chiese.
-Prima la madre.
Poi il padre. La bambina.. e ora lui.
Sono tutti morti per causa mia.- non riuscivo a dire o pensare altro.
-Non potevi
prevederlo cacciatore. Gascoigne stava
cedendo, non darti delle colpe che non hai. Nessuno poteva evitare
questa
tragedia.- mi fece lei, quasi in modo compassionevole. Non sembrava
dall’espressione,
ma ero quasi adirato per quella risposta.
-Oooh invece
potevo evitarle. Non sono riuscito a
proteggere una bambina. Sono un cacciatore, dovrei proteggere la gente
non
lasciare che muoia. Se non sono riuscito a proteggere una bambina che
cosa
valgo!?- urlai e il cimitero echeggio il mio sfogo. Lei rimase
lì fissa, senza
batter ciglio. Poi mi rispose. -Ciò che è fatto
è fatto, non puoi cambiare il
fato altrui.-
Non resistetti.
Chiusi la lama della mannaia, rinfoderai
la pistola e tornai alla mia caccia, salendo le scale che portavano
verso la
Cappella.
-Ti auguro buona
caccia, Eileen il Corvo.-
E ora di nuovo
qui, a rimpiangere un alleato caduto.
Purtroppo non
è rimasto niente di te Henryk,
tuttavia posso lasciarti solo questa. Ti ricordi? Ti ho finito con
quest’arma.
Te la cedo, tanto ormai non mi serve più.
Attivo il
meccanismo della mannaia e con un colpo
ben assestato la conficco nel terreno, lasciandola appoggiata alla
grande
lapide.
Ora, tocca alla
seconda buca.
Riprendo la pala
e ricomincio a scavare. Ormai
l’odore di morte di questo cimitero è entrato sin
dentro le mie narici. La
maschera non mi sta aiutando per niente. Me la levo di dosso e riprendo
nello
scavare. Una spalata dopo l’altra, facendo attenzione a non
sporcare in alcun
modo il corpo della signora. Una buca più piccola stavolta,
alla destra della signore
Gascoigne.
Finito di
scavare lascio cadere la pala e mi
avvicino all’altro cadavere. Un corpicino senza vita, con il
collo spezzato e
con i vestiti sporchi tinti di sangue. I capelli come sua madre, come
la sua
sorellina. Un’altra anima gentile, un’altra anima
che non ho saputo aiutare. L’ultima
anima che oggi ha spezzato il mio orgoglio di cacciatore.
Ero tornato in
città per vedere se c’erano ancora
dei superstiti bisognosi di aiuto. L’odore
dell’incenso delle case era come
sparito e dalle abitazioni o c’era silenzio, o peggio ancora
c’era troppo
baccano. Ridevano come se fossero malati in una prigione. O meglio,
come cavie in
un edificio di ricerca..
Pensavo
che
ormai potevo lasciarmi tutta la città alle spalle e tornare
alla mia caccia, ma
poi sentì la sua voce.
-Oh, salve. Non
è che per caso.. hai visto la mia
sorellina, vero?-
Un’altra
bambina, per di più viva. Ma come..
Ci misi un
po’ a capirlo, ma mi ero fermato proprio
in quella casa. Mi parlava sempre lì, in quella grande
finestra protetta dalle
sbarre.
No.. no, non di
nuovo ti prego. Non anche lei..
–Le ho
detto di badare alla casa, ma lei se n’è
andata da qualche parte. È ancora piuttosto piccolo e
indossa un grande nastro
bianco.-
La maschera e il
cappello celavano il mio viso.
Volevo scappare, allontanarmi il più possibile. Ma ero
rimasto lì, immobile,
incastonato e rigido.
-L’hai
vista là fuori, da qualche parte?-
Non
c’è l’ho fatta e ho agito
d’impulso. Da una
rientranza della finestra le ho passato il nastrino sporco di sangue
che mi ha
accompagnato fino ad adesso. È giusto che adesso sia suo. In
fondo, lei è sua
sorella.
-Oh,
com’è potuto accadere. Perché ha deciso
di
uscire di casa?-
Sentivo i suoi
singhiozzi, la sua disperazione erano
come pezzi di vetro che trapassavano il mio cuore. Dal riflesso della
finestra
vedevo un’altra bambina orfana, sola, con il volto coperto
dalle sue lacrime.
Era successo un’altra volta.
-Beh, almeno
ho..ho qualcosa per mi permetterà di
ricordarla.-
Non le ho detto
niente. Non l’ho confortata, non ho
agito come un adulto. Sono scappato da lei, piangendo come un neonato.
E poi credo.. di
essere svenuto.
Quando mi
risvegliai sulle gradinate del grande
Ponte, ripensai subito alla bambina. Non ho potuto salvare sua sorella
ma
forse, con lei..
Corsi di nuovo
fin davanti casa sua, nella speranza
di trovarla ancora lì. Quanto tempo sarà passato?
-Dei. Se mi
sentite, almeno questa volta
permettetemi di salvare almeno lei! Vi prego non..- e non
c’era. La lanterna
era accesa si, ma la luce dentro casa era spenta. Oh no.. f-forse
è ancora nei
paraggi. Non c’era nessuna belva quando sono passato prima e
magari è ancora
qui da qualche parte.
Stavo per
scendere dalle scale d’appoggio, quando
poi l’ho vista. Lì, accasciata al suolo e senza
vita, in una pozza di sangue.
Mi sono precipitato verso di lei scendendo le scale a quattro a
quattro,
abbracciandola, implorando qualunque entità che fosse ancora
viva. Ma non c’era
niente da fare.
Le mie mani e i
miei vestiti erano per la seconda
volta, sporchi dal sangue di una bambina. Singhiozzavo e piangevo,
cercando di
trattenere il più possibile le lacrime. Ma mentre piangevo e
maledicevo questo
mondo, mi accorsi di un particolare Prima di togliersi la vita era
riuscita a
fare qualcosa che io non fui in grado di fare. Anche da morta, teneva
tra le
mani il nastro della sua sorellina, ma questa volta era bianco, senza
alcun
tipo di macchia e profumava di lavanda.
Per la seconda
volta in questa caccia, non ho saputo
salvare una bambina.
Come per la
madre, la porto in braccio fino alla sua
fossa. La adagio lentamente, le prendo delicatamente le mani e le
appoggio sul
petto, facendo attenzione a non spiegazzarle il vestito e a non aprirle
gli
occhi.
Per finire, con
le mani affondo le dita nel terreno
e prendo una zolla di terra tra le due fosse. Lascio cadere il
terriccio e con
l’altra mano sfilo dal taschino il nastro. Prima che la morte
prendesse anche
lei, era riuscita a pulire con cura il nastro della sorellina. Ma anche
adesso,
perfettamente pulito e in ottime condizioni, non riesco a sentirmi
meglio. Le
mie colpe sono ancora impresse in questo nastro.
È
tutto ciò che rimane di quella bambina, e ora è
giunto il momento che si riunisca alla sua famiglia. Piego
delicatamente il
nastro e lo calo dolcemente nel piccolo buco, a fianco a sua madre e a
sua
sorella. Dopo un respiro profondo inizio a sotterrare le due salme.
Spalata
dopo la spalla alla fine, i loro corpi non sono più visibili.
Manca solo una
persona all’appello. Lo avevo portato
apposta dal Sogno del Cacciatore e sulla lapide infine, appoggio il
cappello di
Padre Gascoigne all’angolo della lapide.
Non ho idea di
cosa ci sia dopo, ma forse così in un
modo o nell’altro, potrà rincontrarsi con sua
moglie e con le sue figlie.
-Devo
restituirvi un’ultima cosa che vi appartiene.-
Dal taschino
interno del cappotto tiro fuori un
oggetto anzi, l’oggetto. Tutto ciò che
può ricordare questa famiglia è questo, il
piccolo carillon.
-È
ciò che vi univa, è giusto che vi accompagni nel
vostro viaggio.- faccio, aprendo il
carillon,
prendendo la manovella e inizio a girarla.
Giro, giro e giro. Ancora e ancora. Continuo senza sosta a girare il
meccanismo.
Continuo, non mi fermo mai e continuo a mandare avanti la manovella.
Non penso al
tempo che vola, voglio che la loro canzone li accompagni per tutto il
viaggio.
Continuo a girarla fino a quando non sento un leggero crick alle dita.
E dal
piccolo strumento la musica inizia a echeggiare.
Chiudo gli
occhi, la dolce musica di questo piccolo
carillon ci accompagna. Forse inizio a capire perché voi,
Padre Gascoigne,
adoravate questa canzone. Non provo dolore, ne stanchezza o ansia. Non
sento
niente, solo una dolce e spensierata calma. Questa.. è la
prima volta in tutta
la caccia, che mi sento tranquillo e senza fardelli sulle spalle.
Rimango fisso ed
immobile con il carillon tra le
mani, mentre continua a intonare la sua ninnananna.
La canzone
arriva al suo ultimo rintocco, ma ricomincia.
Lentamente appoggio il carillon alla destra della lapide e prendo da
dietro la
cintola il mio ultimo dono d’addio. Direttamente dal Sogno.
Una decina di
margherite, legate alla base da un
sottile velo bianco a mo’ di bouquet. Non sono molto bravo in
queste cose,
spero che vadano comunque bene. Appoggio anche i fiori davanti alla
lapide,
senza però sfiorare il carillon. Ma dal mazzo sfilo due
fiori, i più colorati
del mazzo e li lascio: una per entrambe.
Rimango
inginocchiato, mentre la musica accompagna i
miei pensieri.
Chissà
cos’altro mi aspetta in questo mondo
maledetto.
Quante volte
devo morire e risvegliarmi ancora?
Esiste un finale
piacevole in tutto questo?
Quando un
cacciatore non sogna più, è la fine di
tutto?
Rido a tutte
queste mie domande, domande che forse
non merito una risposta.
-Beh, spero solo
che anche per voi esista un Sogno
dove possiate vivere serenamente tutti assieme.-
La melodia
finisce di nuovo, ma riprende ancora e
ancora. Mi alzo da terra, guardo il cielo e decido che è ora
di tornare a lavoro.
-Mi dispiace, ma
devo andare ora.- indosso di nuovo
i guanti, rimetto nella cintola l’archibugio, la spada dietro
la schiena e mi
sistemo cappello e colletto. Guardo un’ultima volta la loro
tomba, poi mi giro
e mi rimetto in cammino.
Perdonatemi..
..Ma
la mia caccia non è finita.
Non
ancora.
Quando
sarà l’alba, verrò a trovarvi. Possiate
riposare in pace.
Avevate ragione
Lady Maria..
I cadaveri
vanno lasciati in pace.