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Autore: Cossiopea    01/12/2019    2 recensioni
Il passato è un concetto strano.
Ciò che è stato non sarà. Ogni singolo istante di vita, ogni minimo respiro un secondo dopo è già dimenticato, lasciato scorrere verso quella landa della nostra memoria da cui possiamo ripescare i ricordi...
Il passato.
Sono rare le volte in cui qualcuno non rimpiange ciò che è stato, quasi uniche le volte in cui qualcuno è felice della sua vita.
Io non dovevo morire. Non posso.
Hanno provato a rinchiudermi dal mio passato, hanno tentato di farmi dimenticare... hanno sbattuto il mostro in gabbia, un mostro che ogni giorno si lancia contro le sbarre ringhiando e reclamando la sua libertà.
Non posso morire, non posso fuggire...
Sono un tassello dell'equilibrio cosmico, la potenza di una stella rinchiusa in un frammento di universo...
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chissà perché tutte le cose importanti avvengono sempre di notte, con il favore delle tenebre.

Forse perché i Demoni adorano il buio, perché è loro prediletto e continueranno ad amarlo finché avranno vita... Perché ogni storia racconta di mostri annidati nel nero, con gli occhi scintillanti e le zanne che scattano, mentre c'è una ragazza ingenua dorme nel proprio letto, nella propria prigione, circondata da incubi a cui non riesce a trovare un senso...

Nel mio sonno si mischiavano gli universi.

Le vite divenivano una sola, i colori mutavano tra loro in una tavolozza di fragranze che in fine tornavano tenebra... Perché ogni cosa gira intorno alle tenebre, alle promesse, alle parole dette nel buio di uno sguardo...

Il mio passato mi azzannava, mi tormentava, mi distruggeva pezzo per pezzo senza che io potessi svegliarmi.

Fu in quel momento che qualcosa, freddo come la morte, mi premette sulla bocca per impedirmi di urlare.

I miei occhi scattarono. Erano già rossi.

Iniziai a dimenarmi mentre una figura arcigna, un uomo con i capelli grigio cenere e gli occhi di un giallo malato mi fissava come fossi una preda, come se volesse mangiarmi.

Lo riconobbi, e in lui rividi le parole di Cos, la promessa che avrebbe mandato mio fratello, un Demone a cui non potevo resistere.

Fuori dalla finestra, come doveva essere, infuriava il vento. Il ticchettio del solito ramo sul vetro era un tetro sottofondo a quella scena già di per sé macabra e innaturale.

La voce di Litho era amara, un misto di orrore e malignità. L'odore di putrefazione che mi investì mentre lui parlava mi fece venir voglia di svenire, morire, abbandonare ogni cosa e rifugiarmi nel caldo rifugio di un'ombra.

-Come andiamo, sorellina, eh?- rise mentre io mi contorcevo e lui mi bloccava gli arti con mani che non vedevo, troppe per un essere umano -Tuo figlio mi ha detto che stai facendo la cattiva in questo periodo... Oh, mi correggo: stai facendo la buona- scoppiò a ridere e in quel momento un fulmine saettò nelle tenebre.

I miei occhi lampeggiarono rabbiosi.

-Ci penserò io a correggerti, piccola- ghignò in un modo orrendo, il viso contorto che si deformava ulteriormente -Non c'è problema... In fondo se sempre la mia sorellina, no?

Tentai di urlare ma la sua mano mi bloccava le parole. I suoi artigli mi sfioravano il viso.

-Non avrei mai pensato di avere l'onore di torturare una celebrità come te, ma la vita è fatta di sorprese!- con braccia che non vedevo mi trascinò fuori dal letto e tenne il suo volto disgustoso a pochi centimetri dal mio. Sorrise ancora in quel modo orribile. Una delle sue tante mani venne alzata e un lampo illuminò una lama lunga quanto la mia coscia.

Non ne avevo paura, mi faceva ribrezzo.

La rabbia minacciava di esplodere, ma la tenni a bada, gli artigli che fremevano.

Quando la spada venne a contatto con il mio braccio mi venne da strillare. Un taglio profondo nella carne fece emergere sangue denso e scuro.

-Ah! Che bella sensazione, piccola!- canticchiò Litho -Sei ancora convinta di voler rimanere su questa Terra?

Continuai a guardarlo, lo sguardo determinato.

-Bene, allora procediamo!

La lama puntò alla mia gamba e sentii un dolore cocente mentre mi lacerava la carne.

Non so quanto passò.

Litho continuò a ferirmi, i tagli sulla pelle si moltiplicavano e più perdevo sangue più il mio corpo minacciava di cedere. Sentivo il bisogno di energia, sentivo il bisogno di liberarmi e lasciare andare ogni cosa... lasciare che Jillkas si librasse nuovamente sopra la rupe dei Demoni a fianco di suo figlio, ma non osai abbandonare la Terra, non osai abbandonare me stessa.

Neanche un istante Litho mi tolse quella lurida mano dalla bocca. Non potei urlare, insultarlo, o anche solo pregare...

Iniziai a piangere, un pianto che mischiava rabbia e disperazione, sollievo e ossessione...

I miei arti pulsavano, il ventre era lacerato, le guance erano distrutte... Sentivo di sembrare morta, un essere tinto di rosso del proprio sangue, senza poter sfuggire, senza poter urlare.

-Ancora non molli?- domandò Litho, arcigno.

Battei le palpebre e gli lanciai un'occhiata con una determinazione che non sapevo di avere ancora.

-Ah! Ammirevole, piccola... davvero ammirevole...

Il taglio successivo fu inferto ai polsi.

Svenni per qualche istante, assaporando il buio per quei pochi, magnifici secondi... Poi rinvenni, scoprendo di voler morire.

La rabbia crebbe sempre di più e dentro di me osservai il Demone ringhiare, spingere per uscire, per smettere di soffrire per mano di un suo simile, sangue del suo sangue...

Sorrisi sotto quella mano massiccia e, conscia che la mia umanità minacciava di spegnersi, decisi di lasciarmi andare... Mi abbandonai perché non avevo più le forze per combattere, perché il mondo ormai non aveva un senso, perché io ormai ero destinata a sparire...

Nel buio di quell'ultimo secondo vidi solo il viso di Zack... Poi gli artigli scattarono, le zanne si affilarono, gli occhi lampeggiarono.

Sentii il corpo gemere ma il dolore venne coperto dall'energia che ora mi percorreva.

La schiena prese a prudere mentre la vista mi si annebbiava e Jillkas emergeva dalla mia forma umana.

Insieme, in unico scatto, un paio di enormi ali paragonabili a quelle degli antichi draghi eruppero dalla mia schiena.

Percepii la sorpresa di Litho mentre, con una forza sovrumana mi liberavo dalla sua stretta e la rabbia mi possedeva.

Con un'ala lo sbalzai all'indietro e afferrai la lama imbrattata del mio sangue.

Ghignai verso di lui.

I vestiti lacerati e luridi di rosso, il mio corpo che ormai non si riconosceva più sotto lo strato di sangue... Ero un Demone, ma non lo volevo essere...

Mi scagliai contro mio fratello con tutta la forza che avevo e gli conficcai la lama nell'occhio, assaporando quanto quella sensazione mi rendesse viva, quanto tutto di quel gesto mi riportasse alla mia antica gloria.

Lo sentii urlare e gioii della sofferenza che gli avevo inferto, gioii di avere il potere, gioii di poter ristabilire l'equilibrio...

Ringhiai e gridai, le ali che sbattevano contro i muri della camera e io che dimenavo la lama sotto la luce dei fulmini che saettavano nella notte.

L'energia delle stelle che mi fluiva nell'animo... un'ancora remota traccia di umanità che gemeva all'interno del mio cuore nero...

Non seppi cosa era successo, non capii mai come mi ritrovai con la lama alzata verso Susan in camicia da notte che urlava, spaventata da me, terrorizzata dai miei occhi, da quella che era un tempo sua figlia.

Ringhiai mentre la lama si abbassava e le mie dita venivano imbrattate di sangue. Piansi lacrime di disperazione mentre osservavo i suoi occhi vacui fissarmi come accusatori.

Lo sguardo di Paul era sgomento.

Milioni di domande gli correvano per la mente mentre i suoi occhi schizzavano da me al cadavere di sua moglie stesa al suolo, il pavimento imbrattato di rosso e il suo volto pallido che pareva quasi una perla lucente alla luce dei fulmini...

Scrutai in fondo al suo animo, osservandolo per un secondo con occhi che irradiavano male e miseria... Fu in quel momento, mentre l'uomo mi guardava e il suo sguardo mi scrutava, osservando per la prima volta il mostro che ero in realtà... che mi accorsi di non poter continuare.

Non volevo questo. Per quanto il mondo, il mio passato, potesse farmi credere il contrario io non l'avevo mai voluto...

Ma il Demone avanzava.

La lama scintillò mentre veniva levata verso l'alto, in direzione di quell'essere umano smarrito, quella creatura che ha perso ogni speranza, che guarda in faccia la morte e riconosce sua figlia...

   
 
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