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Autore: Alchimista di Neve    01/12/2019    0 recensioni
*DAL TESTO*
Aveva caldo. La testa gli sembrava divorata da una fiamma istintuale e priva di controllo, e l’alito agrodolce di lei sul suo viso altro non era che benzina sul fuoco.
Allungò una mano fino a raggiungerle la nuca, al che lei alzò il mento quanto bastò affinché lui potesse prendere le sue labbra tra le proprie.
Era sbagliato.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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Perché?

{A Mari, che non smette mai di spronarmi e supportarmi}
 
Lei lo intrigava, così.
Lo aveva attanagliato in una spira della cui esistenza non si era nemmeno resa conto, i suoi occhi brillavano umidi di stanchezza e forti del suo orgoglio, e quel dannato ciuffo incorniciava il suo volto come un quadro, un bellissimo dipinto di audace ribellione.
Le sue labbra – tese, oblique, morbide – lo invitavano silenziosamente ad avvicinarsi alla fiera, a danzare col diavolo.
– Cosa stiamo facendo? – le domandò a fil di voce, mescolando il proprio respiro col suo, cadenzato, calmo, paziente.
Lei abbassò lo sguardo a terra e appoggiò la fronte contro la sua; esalò un unico sospiro combattuto.
– Non lo so nemmeno io. Non… non ci sto capendo più niente. –
La sentì deglutire, e deglutì a sua volta.
Aveva caldo. La testa gli sembrava divorata da una fiamma istintuale e priva di controllo, e l’alito agrodolce di lei sul suo viso altro non era che benzina sul fuoco.
Allungò una mano fino a raggiungerle la nuca, al che lei alzò il mento quanto bastò affinché lui potesse prendere le sue labbra tra le proprie.
Era sbagliato.
Quelle labbra non erano lì per lui – per nessun lui.
Eppure lei non si era sottratta al gioco, non era sgusciata via dalla sua esile presa incerta, non lo aveva sbattuto a terra come un tappeto per calpestarlo e allontanarsi indenne.
Fu lui a interrompere brevemente il contatto, nonostante lei avesse iniziato ad avvinghiarsi a lui con la possessività di un boa.
– Diana… Non possiamo… –
Lei si fermò, una mano infilata tra i suoi capelli castani e una poggiata sulla sua schiena, sotto la maglia.
Ansante, il fiato corto dal suono dannatamente sensuale, gli pose solo una domanda.
Perché?
Anche lui si pose la stessa domanda.
Lui la voleva. Ne sentiva il bisogno, aveva la necessità fisica di sentire la sua carne contro la propria, cuori dissonanti contro toraci inceneriti.
Ma il dubbio, l’angosciante timore di non essere abbastanza, di non essere il giusto pezzo da aggiungere al suo puzzle grigio cenere, non era sopportabile, non era affrontabile, non era tollerabile.
Diana gli afferrò il volto in un palmo e lo fissò nelle pupille, dilatate dall’eccitazione.
Kyle si aspettò di sentire un ruggito risalirle la gola, ma ciò non accadde.
Fu lei questa volta a impadronirsi delle sue labbra, mordendogliele avidamente come a minacciarlo di strappargliele pezzo a pezzo.
E lui si lasciò torturare dai suoi canini, dalla sua lingua dal sapore di alcol e tabacco, dal suo tocco morbido e graffiante.
Tra un morso e un bacio, in mezzo agli ansiti di crescente frequenza, la ragazza ripeté la sua domanda, privando la preda della lucidità necessaria a formulare una risposta.

 
   
 
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