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Autore: Eternal DarkShines    02/12/2019    1 recensioni
Lui è lì, camice bianco. Distante, che cerca la mia attenzione nel vuoto.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Una stanza bianca, con una luce bianca esageratamente brillante. Tutto troppo ovattato, come se nessuno potesse sentire, ma tutti sentono. Ne sono convinta. E lui è lì, camice bianco. Distante, che cerca la mia attenzione nel vuoto.
« Soffri qualcosa? »
« Sì ».
« Cosa? »
« Dipendenza ».
« Puoi spiegarla? »
« È un po’ complicato. Non sono brava in questo ».
« Non era una domanda. Da cosa dipendi? »
« È un po’ particolare, è difficile da spiegare ».
Ho questo strano rapporto con tutto ciò che mi è intorno, sembra che tutto giri troppo velocemente per poter essere afferrato e se anche corri per stare al passo coi tempi sembra di rimanere sempre indietro, sempre distante. E lei? Si sente mai così distante? »
« Non è questo il momento di parlare di me ».
« Eppure sembra così solitario, come se qualcosa la turbasse … forse sono io ».
« Particolarmente brava a mentire ».
« Non sto mentendo ».
« No, ma hai mentito su quanto mi hai detto ».
« E lei come lo sa? »
« Hai commesso un errore ».
« Quale? »
« Lo hai appena ammesso. Un errore abbastanza da principiante per il tuo lavoro. Sei qui da circa due settimane, senza avere contatti con nessuno. Ho avuto abbastanza tempo per studiarti e capire come pensi e le cause delle tue azioni.
Quando menti risulti topo tranquilla e calma, come se ciò che racconti non ti toccasse. Quando sei triste lo esprimi con rabbia, ti ribelli a chiunque e non permetti che qualcuno si avvicini. Quando provi disappunto rimani in silenzio. Non permetti a nessuno di toccarti o avvicinarsi a te. Non permetti a nessuno di curarti o parlarti. Hai un grande desiderio di morire che vorresti esaudire. Se vuoi ti racconto io la tua dipendenza ».
Solo silenzio. La stanza ancora illuminata esageratamente. Disappunto.
« Bene, credo di avere la tua attenzione ora ».
« Stia zitto ».
È come se queste due parole rompessero un vetro invisibile e scheggiano un muro che non esiste.
Silenzio.
Anche il pavimento è bianco, sfumato, lontano.
Ha iniziato a dire qualcosa, non ho ben afferrato, ma sta continuando.
« … sono la tua debolezza, costituiscono la tua dipendenza.
E non perché cerchi costantemente di emularle, come mi hai cercato di far credere.
Tu hai bisogno di loro per salvarle. Tu salvi chiunque, che siano criminali o poveracci, che siano ricchi o buoni, tutti.
Non fai alcuna distinzione, ed è nobile da parte tua.Per gli uomini è difficile compiere un’azione senza considerare la persona verso cui è rivolta, ma tu ti elevi al di sopra di questi vincoli. Non ne tieni conto ».
« Non è così ».
La mia voce è roca. Non voglio affrontare questo.
Non qui. Non così.
Non voglio che qualcuno mi smascheri e mi lasci nuda in una stanza così illuminata. C’è troppa luce.
Troppo bianco.
« È vero ».
Perché sta continuando?
« Perché tu in fondo, anche se cerchi di nasconderlo, non stai allontanando chiunque si avvicini a te. È il tuo modo di salvarli, di proteggerli da te. Di proteggerli da un abisso profondo che ha una fine, ha un fondo.
La verità è che nessuno ha mai salvato te e ora non puoi più essere salvata. Quindi cerchi di proteggere gli altri, e salvandolo li condanni. Sei egoista. Porto chiunque con te, a sostenerci. Ti aggrappa a chiunque si avvicini, eppure rimani a distanza perché alla fine sappiamo entrambe che sei, ormai, in fondo all’abisso. Siamo circondate dei morti che hai causato, delle anime di chi hai abbandonato. Ci sono tutte le persone che hai incontrato e ognuna urla. Tutti urlano. È una foresta ululante che si piange addosso il proprio dolore. E quel dolore sei tu ».
Ha ragione.
Non sono fiamme, è solo buio. E questa luce illumina tutti quegli occhi.
Mi osservano. Mi fissano. Mi odiano, tutti. Nessun bagliore di compassione.
Non sento nulla. È solo un urlo. Molte urla.
Mi sta urlando contro.
« È solo colpa tua se siamo quaggiù!
Colpa tua se non ci hai salvate!
Era compito tuo! »
Alzo gli occhi. La luce è accecante ma riesco ancora a vederlo nel camice bianco. In realtà è l’unica cosa illuminata nella stanza, su tutto il resto è calato il buio. È sfuocata, ma sembra avere una forma familiare.
Il camice bianco, le spalle grandi e la figura magra. Alzo lo sguardo.
Indossa un collare di metallo, legato ad una catena spessa, tesa dai suoi movimenti e assicurata da qualche parte nel buio. Il volto dai lineamenti fini è sfigurato dalle smorfie. Sta urlando come tutto il resto dell’abisso, ma è ancora riconoscibile.
Quegli stessi occhi cupi.
Ormai lo so, sto fissando me stessa.



NOTE:
Salve a tutti!! Questa è la prima storia che pubblico in assoluto (con grande gioia della mia compagna dell'università che mi ha fatto questa proposta quasi un anno fa.. in fin dei conti seguo sempre i consigli giusti, anche se in ritardo ^.^). E' la prima storia che sono riuscita a concludere grazie ad una grande abilità nel non concentrarsi con cui convivo da molti anni e che mi porta a scrivere cose abbastanza deprimenti (perdonatemi in anticipo per questo). A chiunque sia arrivato a leggere fin quaggiù  e si sia subito le mie paranoie spero sia piaciuto questo iniziale tentativo di scrittura.
   
 
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