Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: KikiShadow93    03/12/2019    3 recensioni
Lui è resuscitato senza sapere né come né grazie a chi e, dopo attente considerazioni, ha deciso di provare ad integrarsi a sua volta sulla Terra.
Lei, per scappare dal proprio passato e per provare a salvaguardare il proprio futuro, decide di fuggire in città.

Lui è cresciuto tra i guerrieri, nell’odio e nel rancore, ed ha sviluppato un forte senso di inferiorità.

Lei è cresciuta tra i reietti, nella paura e nella violenza, arrivando quasi a perdere la speranza di poter avere una vita felice.

Sono diversi eppure incredibilmente simili, ed entrambi sono inconsapevoli pedine di un disegno molto più grande.


[Radish prende spunto da DBR&R; Post Cell Game; Possibile OOC]

Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Radish
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Radish'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sto in ritardissimo, madòòò! 😱
Il problema è che sono stata operata ad un ginocchio (e m’ha detto pure bene che l’hanno fatto subito, il 20 parto per tipo 15 giorni, non potevo continuare ad essere zoppa!). Già questo fatto mi ha rallentata, se poi ci aggiungiamo che con una gamba K.O ci metto il doppio del tempo a fare le cose (la spesa non si fa da sola, casa non si pulisce automaticamente e la mia cagnolina ha bisogno di MINIMO un’ora di corsa al giorno), vi potete immaginare! Poi io ho fatto tutto senza stampelle perché le odio. 😀
Inoltre sono arrivati i risultati degli esami del sangue… pur non essendo niente di grave, giro sempre da un dottore all’altro per sistemare le cose. CHEDUEPALLE!
Alla fine ho scritto il più velocemente possibile, ci ho prestato - purtroppo - meno attenzione del solito, quindi spero vivamente che possa piacervi comunque. Mi farebbe molto piacere avere un vostro parere. 😊
Un ringraziamento speciale va a Il corsaro nero e Celeste98 per aver recensito lo scorso capitolo. Siete dei tesori! 💚

 

𝟜. 𝐿'𝑒𝓇𝓇𝑜𝓇𝑒 𝓂𝒾𝑔𝓁𝒾𝑜𝓇𝑒




Ormai sono quasi tre minuti che sta attaccato al campanello, passando gli ultimi quaranta secondi pieni col dito costantemente premuto. Si era svegliato stranamente di buon umore, aveva deciso di prendersela più o meno comoda e di andare a prenderla verso le otto - giusto perché non sapeva dove raggiungerlo - e adesso il suo umore è completamente mutato. È furioso, vuole tirare giù il palazzo a pugni e massacrarla non appena lo guarderà con quei grandi occhi scuri tanto curiosi.
Ma finalmente qualcuno pare essersi svegliato e la serratura del portone scatta. Sente una voce a lui sconosciuta e resa gracchiante dal citofono che lo incita a salire al numero 13.
Corre dentro e sale le scale tre alla volta, bestemmiando praticamente ad ogni passo, fino a sopraggiungere davanti alla porta socchiusa con su scritto il numero desiderato. Sente degli strani rumori provenire da dentro e, non appena apre la porta pronto a smolecolare Sherry a furia di calci nel culo, la trova appollaiata sul tavolo della cucina, un sacchetto pieno di cereali colorati in grembo e lo sguardo di chi non ha ancora capito di essere sveglio e cosciente.
«Ti prego, portane via almeno una perché non ce la faccio più!»
Volta lo sguardo verso la voce adesso non più distorta dal citofono della donna che gli ha aperto, ritrovandosi costretto ad abbassare lo sguardo per incrociare gli infossati occhi verdi della ragazza che un paio di giorni prima lo guardava vicina ad una crisi di pianto. Adesso gli sembra solo alterata, con i ricci rossi un poco in disordine che le incorniciano il volto pallido.
Non fa in tempo a dirle di non rompergli che qualcosa infrange il vetro della finestra. Davanti alla suddetta finestra, la bella bionda  che non si era fatta problemi a toccarlo urla mezza nuda mentre brandisce una seconda padella, pronta a lanciarla di sotto.
«Bree!» Urla Mimì, pronta a buttare anche lei giù tra le frasche «Non puoi continuare a buttare le padelle ai vicini! Non ne abbiamo quasi più!»
Bree si blocca, la padella sopra la testa pronta per essere catapultata contro la finestra della famiglia che tanto mal sopporta. Non che le abbiano effettivamente fatto qualcosa di male, l’hanno solo pregata di tenere il volume della TV e/o dello stereo più basso, ma essendo almeno in parte della sua razza ha deciso di fare a modo suo per rimarcare la gerarchia… e per dispetto. Soprattutto per dispetto.
Sherry, ancora sul tavolo, tiene gli occhi puntati sul televisore, troppo presa dal violentissimo cartone che guardavano anche da ragazzine. Fern quasi ci piangeva perché assolutamente contraria, considerandolo una pericolosa fonte di ispirazione per il branco di esagitati che aveva in casa, ma su questo fronte non le hanno mai dato retta.
Radish, sconcertato dal caos che regna sovrano in quei pochi metri quadri, lascia saettare gli occhi prima dall’una all’altra, talvolta anche sul cartone. Sgrana gli occhi e aggrotta le sopracciglia, non riuscendo bene a capire cosa stia vedendo: una specie di castoro verde con problemi psicotici va in analisi e poi ammazza tutti in modi assurdamente violenti.
Lasciato scemare lo sconcerto, lascia di nuovo scivolare lo sguardo sulla figura piccola e alterata della rossa della quale ignora il nome, trovandola intenta a fissarlo come a volergli dire “Beh? Non intervieni?”, e davvero non sa come agire. Picchiarle? Buttare già dalla finestra la bionda con il corpo da capogiro e poi picchiare il suo giocattolo? Buttarle di sotto tutt’e due e poi scendere a picchiarle? No, è abbastanza sicuro che la rossa non voglia un simile intervento. Ma cosa può fare lui? Non è ancora stato neanche degnato di uno sguardo dalle due squilibrate, adesso accovacciate sul brutto divano che ha visto sicuramente tempi migliori, una con i cereali così pieni di zucchero da farle venire il diabete fulminante e l’altra che mangia degli avanzi di pizza con i funghi mentre tiene ancora ben salda in mano la padella.
«Non pensare di lanciarla non appena sono uscita, chiaro? Bada che vado a chiederglielo!» Le urla contro Mimì, le mani puntate sui fianchi. È talmente abituata a queste sceneggiate che ormai non si arrabbia neanche più di tanto, fa giusto un po’ di scena per evitare il peggio. Si domanda solo se sia effettivamente necessario mettere su famiglia dal momento che adesso c’è pure Sherry nella loro vita.
«Ti offro un caffè nel frattempo?»
Radish la guarda quasi senza capire. Ad eccezione di Piccolo e Chichi, nessuno si comporta mai in modo cordiale con lui, e pure la cognata non è poi questo zuccherino. La gravidanza l’ha resa da un lato molto più dolce e dall’altro molto più terrificante del solito.
Alla fine nega semplicemente col capo, tornando ad osservare le due.
Bree se ne sta seduta sui talloni, il seno abbondante strizzato in un reggiseno a balconcino di pizzo bianco, i lunghi capelli biondi lasciati sciolti sulla schiena; rosicchia distrattamente il bordo bruciacchiato della pizza, gli occhi azzurri calamitati sul cartone che assume di secondo in secondo tratti sempre più violenti e psicotici, quasi grotteschi. Sherry sta al suo fianco, le ginocchia al petto, i cereali vengono portati alle labbra carnose uno per uno e sgranocchiati velocemente come farebbe un piccolo roditore. Ha ancora indosso una larga canotta bianca usata come pigiama, ai piedi le pantofole di peluche con la testa a fenicottero rubate all’amica.
«Sarà che devi andare?» Borbotta Bree con poca convinzione, accortasi adesso della presenza del Saiyan. Non lo vuole neanche salutare, non dopo quello che ha fatto. O meglio, che non ha fatto.
Se non facesse tanto il prezioso, adesso non ci sarebbero problemi!, pensa per l’ennesima volta, riuscendo però a non far trasparire alcuna emozione. È stata addestrata duramente da piccola, ormai le riesce naturale.
«Sarà che devi farti i cazzi tuoi?»
Bree lascia saettare gli occhi sull’amica, trovandola intenta a mangiare più velocemente mentre stringe quasi convulsamente le gambe. Sentendo il suo odore alterato, comprende che si era già resa conto della sua presenza.
Sta per lasciarsi andare ad un commento poco fine quando la voce di Radish sovrasta pure la musichetta idiota del cartone: «MUOVITI!»
Detto questo l’afferra per un braccio e la solleva di peso dal divano, lanciandola per un paio di metri sul pavimento. Ridacchia divertito quando sbatte la testa contro una sedia, ignorando volutamente il verso gutturale della bionda ancora al suo posto. Se si fosse voltato a guardarla, avrebbe notato che i suoi bellissimi occhi color del cielo sono adesso principalmente color dell’oro.
Sherry si alza e tiene lo sguardo basso, le zanne che sbucano prepotentemente dalle labbra e gli occhi diabolici che rivelano la sua natura ben celati allo sguardo del Saiyan. Cazzo se è forte!
Mentre continua a massaggiarsi la parte lesa si avvia in camera per cambiarsi, ripassando mentalmente la strategia per provare a tenergli testa. Avendo capito da subito che è molto più forte di lei, che in uno scontro non ne uscirebbe proprio benissimo, ha deciso di provare a stancarlo il più possibile tenendolo a distanza, ma ancora non ha ben chiaro il come. Anche se, in realtà, non è neanche questo il problema principale: ogni fibra del suo essere le urla disperatamente di avvicinarlo, di toccarlo… come potrà combattere anche contro sé stessa mentre cerca di tenere le ossa intere?!
Si cambia velocemente, consapevole di averlo alle proprie spalle, poggiato sullo stipite della porta. Non lo calcola però, non dal momento che deve dimostrare a Bree di avere ragione, di essere capace di andare contro ad uno dei loro più grandi e forti istinti.
«Dove andiamo?» Domanda realmente incuriosita, cercando di non ridere quando lo vede legarsi i capelli con un grosso elastico nero che prima teneva al polso. Lo trova stranamente buffo con la coda di cavallo, facendole involontariamente ricordare quando Mordecai si fece fare il codino da Fern come uno Yorkshire.
Radish non si prende neanche la briga di risponderle, decidendo piuttosto di mostrarglielo direttamente: scatta in avanti così velocemente che Sherry ha appena il tempo di metabolizzare la cosa, l’afferra per la vita ed esce in volo dalla finestra rotta.
Non gli frega neanche di essere visto, non quando la sente urlare insulti di vario genere mentre si avvinghia disperatamente a lui. Potrei anche abituarmici.
Si sposta velocemente non tanto per risparmiarle l’agonia, quanto per arrivare il prima possibile per prenderla a calci nel culo. L’idea non gli va troppo a genio, dal momento che vorrebbe farci ben altro con quel fondoschiena che lo ha come ipnotizzato sin dal primo istante, ma non ha alcuna intenzione di risparmiarla. Ha capito sin troppo bene che quando si trova davvero in difficoltà, quando si sente davvero in pericolo, la sua vera natura le bussa prepotentemente sulla spalla, facendola vacillare pericolosamente. Deve solo trovare il modo di impedirle di ricacciarla indietro.
I suoi pensiero vengono bruscamente interrotti dalla sua nuova minaccia, non tanto per l’originalità quanto per il fatto che gli sembra detta con due voci differenti: «Quando atterreremo, ti strapperò la coda e te la ficcherò su per il culo.»
«Che essere amabile.» Borbotta in risposta il Saiyan, ormai prossimo all’atterraggio.
«Poi ti butterò in una vasca con le anguille elettriche che ti mangeranno la faccia.»
«Quanto la fai tragica.» Se ieri avesse usato la metà dell’impegno che usa per minacciarmi, avrebbe sicuramente vinto.
«Poi ti staccherò un braccio e ti ci infilzerò sopra.»
Abbassa lo sguardo su di lei, il visetto imbronciato ancora nascosto contro il suo collo. Solo adesso si rende conto che ha finalmente allentato la presa, non riuscendo però ad evitargli un briciolo di dolore.
«Tu guardi troppi cartoni da deviati mentali, lo sai?» La sfotte realmente divertito, sostenendo il suo sguardo quando finalmente volta un poco la testa. Lo guarda con un solo occhio, e questo gli basta per capire quanto sia nervosa.
«Ti fotterò negli occhi.»
A quest’ultimo insulto stranamente mai ricevuto in trentasei anni di vita, Radish si lascia andare ad una risata veramente divertita, che però non contagia minimamente la giovane che stringe tanto gelosamente.
«Voglio proprio vedere come fai!»
«Tranquillo, un modo si trova.» È rimasta quanto più immobile possibile malgrado la paura, gli occhi puntati in modo quasi maniacale sul piccolo neo che ha notato sulla nuca dell’uomo, poco sotto l’attaccatura dei capelli. Un tempo uno dei suoi giochi preferiti, quando torturava un avversario, era proprio quello di strapparli uno per uno. I suoi fratellastri e le sue sorellastre la deridevano per questo, ma non le importava poi molto, tanto avrebbero trovato altri pretesti in ogni caso. Everett, in una delle rare volte in cui le ha rivolto delle parole quasi gentili, le disse che era molto più divertente scuoiarli partendo dai piedi. Non scorderà mai la sua prima dimostrazione, e Dio solo sa se ci ha provato.
Mancano ancora circa otto metri dal suolo quando Sherry, con uno spintone deciso, si stacca da Radish e si lancia a terra, atterrando in piedi.
Lo guarda con aria di sfida, un sorrisetto divertito ad incresparle le labbra.
«Mi vai a genio, bambolina.» Questa frase detta quasi per gioco esce strana dalle labbra del Saiyan, quasi in un ringhio soffocato.
«Sai il mio nome, fustacchione: usalo.» Controbatte prontamente, stando sull’attenti mentre si osservano con attenzione per una trentina di secondi. «Allora… cosa avresti intenzione di fare?» Domanda infine, un poco a disagio a causa del suo sguardo indagatore. Di norma non le ha mai dato particolarmente fastidio, ma il fatto di essere studiata tanto minuziosamente da lui un poco la urta.
Radish incrocia le braccia al petto, pensando distrattamente a come giocare. Non ha la più pallida idea di cosa sia il ki, lo sa anche senza chiederglielo, e gli è parso di capire che tenda a sfruttare molto la velocità anziché la forza, ma è altrettanto sicuro che non deve essere una che picchia tanto leggero. Non gli rimane quindi molto da fare, non per un primo allenamento.
«Come te la cavi nel combattimento corpo a corpo?» Domanda realmente interessato, osservando con sguardo attento il circondario. Sa bene che lo sta studiando, che sta aspettando il momento migliore per scattare e cominciare a correre verso qualche nascondiglio improvvisato come, ad esempio, la piccola insenatura che vede tra due rocce. Ed ha anche ragione: Sherry, per quanto prediliga da sempre i luoghi freddi e innevati, sa giocarsela molto bene in luoghi desertici come quello in cui si trovano. Non ha mai trovato né faticoso né difficile scavarsi un buco nei fianchi delle montagne, non ha mai trovato troppo fastidioso il caldo, e l’assenza di una fitta vegetazione le rende più semplice prendere velocità. La piccola boscaglia a qualche chilometro di distanza, verso ovest, resta comunque un luogo abbastanza utile per provare a seminarlo o rallentarlo.
«Se dico male, ci vai più leggero?»
Sherry ha giusto il tempo per vederlo muoversi verso di lei, così velocemente da non lasciarle il tempo per pararsi.
La colpisce duramente con una ginocchiata nello stomaco che la lancia in aria per almeno una decina di metri, per poi colpirla al centro della schiena e rispedirla a terra, spedendola ad un paio di metri nel terreno.
Per un momento crede di averla fatta fuori, o di averle come minimo spezzato la spina dorsale, ma quando la vede riemergere e la sente urlare in una lingua a lui sconosciuta, deve ammettere che è decisamente molto più forte e resistente di qualsiasi previsione.
Nota del sangue sul volto, molto. C’è una grossa scia scarlatta che scende sul petto, partendo dall’attaccatura dei capelli, ma lei pare non rendersene neanche conto.
I casi sono due: o non sente il dolore per qualche danno neurologico, o ha un fattore rigenerante incredibile. Mentre lo pensa Radish torna a terra, tenendola sotto tiro. Continua a tenersi le mani strette attorno alla testa, nasconde sistematicamente lo sguardo.
«Non vorrai farmi credere di non saperti difendere, mh?» La sfotte prontamente, le braccia incrociate al petto.
«Io non so volare e non so muovermi così velocemente, stronzo!» Non è la risposta in sé ad attirare la sua attenzione - si aspettava di meglio, in realtà -, quanto il fatto che la sua voce è cambiata. Di solito è ferma ma stranamente languida, mentre adesso è forte, baritonale e cupa, a tratti gli ricorda il latrare di una bestia feroce. Questi due diversi timbri adesso sono uniti, come se due diverse persone parlassero in simbiosi.
In preda alla furia più cieca, tipica di quelli come lei, Sherry si lancia alla carica, tentando disperatamente di mandare a segno almeno uno dei pugni che gli sta sferrando. Dentro però sapeva benissimo che si trattava di una guerra persa in partenza, il bestione che ha davanti è evidentemente molto più esperto di lei in combattimento, ha ricevuto un addestramento ben diverso e più preciso del suo. Tra la sua gente basta essere veloci, avere la forza di afferrare l’avversario e strappargli la carne dalle ossa. Se poi riesci pure a soffocarlo con la sola forza della mascella senza rimetterci, allora rientri nella cerchia di quelli davvero pericolosi.
Per quanto temuta tra la sua gente, per quanto abbia dato prova nel corso di ventiquattro anni di vita di essere capacissima di uccidere praticamente chiunque le andasse di traverso, le sue doti in questo momento non bastano.
Il Saiyan, stufo di questi colpi lanciati praticamente alla rinfusa, dei suoi continui scatti dettati puramente dall’istinto e dalla sua evidente incapacità di ragionare, decide di bloccarla. Aveva detto che le avrebbe insegnato i suoi trucchi, dopo tutto, quindi tanto vale provarci. Non è certo inferiore a nessuno, può addestrare qualcuno anche lui, checché ne dica Piccolo. Un domani, in fondo, potrebbe tornare utile pure lei, almeno come sacco di carne da sacrificare per prendere tempo.
La rigira con un gesto secco e fulmineo, stringendole un poco il braccio attorno al collo. È necessario che si calmi, che ritrovi la lucidità. Ma questo Sherry non lo capisce, non ora: senza pensarci due volte, affonda gli artigli nell’avambraccio muscoloso di Radish e lo morde violentemente. I denti, affilati come rasoi, squarciano la carne neanche fosse burro, aprendosi una strada man mano che si allungano.
Radish, decisamente e giustamente non disposto a farsi staccare un braccio a morsi, se la scrolla di dosso, tirandole una ginocchiata nel fianco che la spedisce ad almeno cinque metri di distanza. Osserva subito i danni, urlandole contro i più svariati insulti e almeno un paio di minacce, notando con stupore che i segni non corrispondono alla sua dentatura.
Sherry, dal canto suo, rimane a terra, le braccia stese lungo i fianchi, lo sguardo rivolto verso il cielo limpido. Gli occhi sono sgranati come se avesse avuto la più grande delle illuminazioni, e a poco servono le parole di Radish che le intima di rialzarsi. Quello che sta vedendo, quello che sta scoprendo, è decisamente molto più interessante.
Solo quando i suoi occhi possono di nuovo vedere davvero si riconcentra sull’uomo che ancora le urla contro degli insulti davvero fantasiosi. Per quanto riguarda le minacce, invece, non c’è paragone: vince lei.
«Spero che tu gliene abbia suonate di santa ragione, alla fine…» Afferma convinta, rimanendo ferma al suo posto. Lascia giusto scivolare una mano sull’addome per sfiorare delicatamente il profilo dell’ombelico. Lo fa spesso quando pensa a qualcosa in particolare.
«Cosa?» Le ringhia contro Radish, senza però prestarle attenzione. La ferita gli brucia in modo insopportabile, come se ogni foro fosse in qualche modo infetto.
«Il tizio con le corna e il rossetto… Frigo, o quello che è…»
A quelle parole, Radish si blocca completamente. Rimane come paralizzato a fissarla, un’espressione confusa in volto.
«Come fai a sapere chi è?» L’avvicina con passo incerto, tenendosi un poco sulla difensiva, ma nota che lei rimane stesa a terra a rimuginare su qualcosa. Qualcosa che, lo sa, lo riguarda in pieno.
«L’ho visto.»
A Radish una simile risposta non basta, proprio per niente. Le tira un lieve calcio nel fianco per smuoverla, per provare a farla reagire, ma lei rimane a terra, calma, a rimuginare.
«Spiega.»
«No.»
Per un attimo a Radish si chiude la vena, e senza pensarci due volte scatta a terra per afferrarle il collo. Stringe con forza, senza riuscire davvero a vedere la sua espressione contratta per il dolore, senza sentire le sue mani che cercano di spostarlo.
Rimane così per una trentina di secondi buoni, lo sguardo ridotto ad una maschera di rabbia. Da quando è sulla Terra gli è successo assai raramente di perdere così il lume della ragione, ed è sempre successo contro un avversario. Lei però pare avere la sorprendente capacità di rendergli difficile tutto quello che fa, tanto da non fargli controllare come vorrebbe le emozioni.
«N- no-n re-spi-ro…» Ormai sicuro di averla convinta, seppur con le cattive, allenta la presa e si rizza in piedi, guardandola con circospezione e rabbia.
Sherry, dopo aver ripreso fiato, pensa che sia assai meglio rivelargli almeno un simile dettaglio. In fondo ha visto chiaramente, come se fosse stata al suo posto, quello strano tizio che lo umiliava. Lui e altri due uomini, inginocchiati al suo cospetto.
Sa bene cosa significhi provare una tale umiliazione, l’impossibilità di ribellarsi di fronte a qualcuno che potrebbe schiacciarti con un dito.
Si mette a sedere, le gambe stese davanti a sé, le mani abbandonate in grembo: «Il sangue contiene i ricordi. Mordendoti ne ho accidentalmente bevuto un po’, così ho visto quel tizio che ti prendeva a pesci in faccia.»
Per quel che riesce a ricordare, Radish, non ha mai conosciuto altre razze con questa capacità. Che poi magari ce ne erano anche, ma le hanno sterminate o ridotte in schiavitù, e né lui né Vegeta o Nappa hanno mai fatto domande a riguardo.
«Fammi capire bene: se bevi del sangue vedi i ricordi?»
Sherry annuisce, lo sguardo che oscilla dall’imbarazzato al colpevole. Sia chiaro, è più che fiera di essere quello che è, ma è anche ben consapevole che per gli altri non è una cosa poi tanto semplice da mandare giù. Sotto sotto, poi, le dispiacerebbe essere allontanata anche da lui per questo.
«Più sangue bevo, più apprendo.» Afferma, alzando gli occhi di scatto, sostenendo con forza i suoi «Pensi che la mia gente vada a scuola? No: ci scambiamo il sangue, così da apprendere anche le tecniche base di lotta e di caccia. Più attacchiamo gli esseri umani, più apprendiamo cose, come suonare uno strumento, cucinare… tutto. Mai sentito il detto: sei quello che mangi?»
Radish reclina un poco la testa di lato, incuriosito dalla faccenda. In fondo a chi, tra i combattenti che conosce, non tornerebbe estremamente comodo una tecnica simile? Sarebbero capaci di replicare ogni attacco senza particolare sforzo!
«Sai, è brutto da dire, ma conosco più intimamente io le persone che ho fatto fuori che non i loro familiari o amici.»
Rimangono in silenzio per qualche istante, pensando ai fatti propri. Se Sherry sta affrontando una dolorosa guerra interiore per tutto ciò che gli sta rivelando, sentendosi colpevole per avergli permesso di avvicinarla tanto, Radish non può fare a meno di sentirsi ancora più incuriosito da lei, domandandosi con quali altre stranezze è capace di stupirlo.
«Quindi bevi il sangue.» La sua non è una domanda, ma bensì un’affermazione. Cerca di mettere insieme i pezzi per giungere alla soluzioni che da giorni cerca, consapevole che non è ancora disposta a vuotare il sacco di sua spontanea iniziativa.
«Tra le altre cose…»
Radish lascia perdere, sicuro di aver capito cosa voglia dire. La domanda, però, gli sorge assolutamente spontanea: «Sei un vampiro?»
Sherry sgrana gli occhi e gonfia le guance, offesa: «Cosa?! No, che schifo! Puzzano di morto, quelli.» Sputa velenosa, arricciando il naso, strappando così un sorriso al Saiyan «E neanche un lupo mannaro, se è per questo. Quella feccia malata…»
Non fa in tempo a chiederle cosa intenda dire, perché sembri provare tanto astio, che lei alza di nuovo lo sguardo, adesso con una nuova curiosità ad illuminarle gli occhi d’ambra: «Ora tocca a te rispondere ad un paio di mie domande!»
Reclina la testa di lato, la coda che oscilla alle sue spalle: «Tipo?»
La luce negli occhi della ragazza però svanisce velocemente. Non si era accorta che si fosse allontanato, e poco importa se semplicemente avesse camminato soprappensiero. Il suo sguardo serio e la sua lontananza per lei significano solo una cosa.
«Tipo perché ora mi tieni a distanza? Da quando ci siamo incontrati mi stai sempre col fiato sul collo, cerchi il contatto fisico, mentre adesso resti ad una distanza di almeno due metri.»
Radish non capisce cosa può aver mai fatto di sbagliato. Si era mosso senza neanche rendersene conto, l’ultima delle sue intenzioni era proprio tenerla a distanza. In fondo potrebbe stenderla con una sberla, ormai ne ha la certezza più che assoluta, quindi cosa gliene verrebbe?
Senza dargli neanche il tempo di rispondere, Sherry si rigira, sedendosi a gambe incrociate mentre gli dà le spalle, tenendo gli avambracci sulle cosce e le mani girate verso l’alto, come a volergli comunicare solo con il linguaggio del corpo che non ha alcuna intenzione di fargli del male.
«Cosa fai?»
«Risulta più semplice parlare con qualcuno senza doverne sostenere lo sguardo.» Per la prima volta sente una nota di tristezza nella sua voce, e davvero non capisce cosa ci sia di sbagliato in lei: non lo vuole vicino, sembra che la testa le stia per esplodere per il fastidio quando la tocca, e adesso fa l’offesa perché, involontariamente, si è allontanato. Questa è scema.
«Per me sta diventando insopportabile dover sostenere il disgusto e il disprezzo negli occhi di chi mi guarda.» Questa volta è quasi un mormorio, ma lui l’ha sentito. L’ha sentito e gli ha dato incredibilmente fastidio, soprattutto perché sa dannatamente bene come ci si senta, avendo dovuto subire quello sguardo per quasi tutta la vita. In fondo è stato classificato sin dalla nascita come guerriero di infimo livello, era partito svantaggiato proprio da subito.
«Il mio non è né disprezzo né disgusto, ma mera curiosità mista ad una punta di incredulità. Certo, l’idea di bere sangue mi dà il voltastomaco, ma non mi infastidisce che tu lo faccia.» Mentre lo dice si siede al suo fianco, le braccia tese dietro la schiena e i palmi poggiati a terra. Non la guarda, non ce n’è bisogno. Sa bene che in questo caso il suo gesto basta e avanza.
«Io ho fatto cose peggiori.» Ammette poco dopo, strappandole una specie di risata che pare quasi un singhiozzo soffocato.
«Tu vieni dallo spazio, vero?» Lo guarda con interesse, adesso, avendo capito di averlo frainteso.
Quando Radish annuisce in risposta, lo sguardo fiero ancora rivolto verso l’alto, Sherry non riesce a trattenersi e scatta in ginocchio, poggiandogli le mani sulla gamba in un moto totalmente spontaneo: «Ero più che sicura che esistessero altre forme di vita, là fuori! Sì, insomma, non sta né in cielo né in terra che siamo soli nell’universo, no? Però non avrei mai pensato di trovarmi faccia a faccia con un alieno!»
È esaltata, euforica, non riesce neanche ad immaginare l’espressione che faranno Bree e gli altri quando sapranno che ha morso un alieno. Adesso vuole sapere di più, vuole che le racconti com’è là fuori, in quante razze diverse si è imbattuto, addirittura com’è la sua e perché si trova lì sulla Terra.
«È bello lo spazio? Su quanti pianeti sei stato? E il tuo com’è? Hai conosciuto tante persone interessanti, immagino… ah! Conquistavi pianeti, giusto? Lo diceva il tizio cornuto, o almeno è quello che ho capito. Lo facevi col tipo pelato e il bassetto con i capelli a punta, se non ho capito male.»
A quest’ultima affermazione, Radish non riesce a trattenere un sorrisetto divertito e finalmente la guarda negli occhi, di nuovo curiosi e allegri. Non lo aveva mai guardato così. In realtà, nessuno lo aveva mai guardato così.
«Se te lo presento, mi giuri di chiamarlo così?»
Sherry, che scema proprio non è, ha capito con questa semplice affermazione che tra i due non scorre proprio buon sangue, quindi evita di dirgli che l’ha trovato molto più affascinante di quanto non abbia trovato lui, optando piuttosto per una specie di contentino.
«Pensi che mi farei problemi?»
«Una volta a conoscenza della sua forza, penso proprio di sì.»
«Nah. Sono sicura che mi difenderesti.» Si sporge col busto verso di lui, facendo la civetta. Scoppia poi a ridere quando Radish la spinge all’indietro, stizzito ed imbarazzato. Sono questi gli atteggiamenti che le piacciono, gli stessi che ha sempre avuto con i suoi amici quando erano solo dei tredicenni, quelli di un cucciolo spensierato.
«Su, dimmi qualcos’altro.»
Radish sospira appena. Cosa può dirle? Non ha certo voglia di dirle che ha ammazzato più gente di quanta lei possa anche solo immaginare, di aver provato gioia in quei momenti, di essersi ritrovato col culo per terra dopo aver provato a rapire suo nipote ed essersi preso a pugni col fratello minore. Non ci farebbe proprio una bella figura. Senza contare, poi, che non ha idea di come abbia fatto a salvarsi, e che non vuole passare anche da scemo, non davanti ad una ragazzina come lei. Opta quindi per lo stretto indispensabile, pensando che, magari, il resto glielo racconterà un altro giorno: «Provengo da un pianeta che è stato distrutto proprio dal bastardo per cui lavoravo, Freezer. Siamo rimasti in due, per quanto ne so. Beh, ci sono anche due mezzosangue e un terzo in arrivo.»
Sherry lo ascolta con attenzione e questo gli fa solo piacere. È presa dalle sue parole, lo guarda come se fosse una cosa meravigliosa, e questo non fa altro che alimentare il suo ego.
«Appartengo alla razza dei Saiyan, i guerrieri più valorosi e potenti dell’universo.» Conclude così, notando che, con la fine della sua frase, la sua attenzione viene calamitata dalla coda lasciata libera alle sue spalle.
«Questa è tipo ornamentale o…?» Domanda incuriosita, sfiorandola con la punta delle dita. Dio solo sa quanta voglia ha di giocarci.
«Ci consente la metamorfosi in Oozaru, quando viene illuminata dalla Luna piena.»
Si guardano dritto negli occhi per qualche istante, onice contro ambra, finché Sherry non scoppia a ridere di gusto, tanto da tenersi le braccia attorno all’addome.
«Cosa ci trovi di divertente? Potrei usarla per strangolarti!» Le dà un colpo forte e deciso contro la spalla, spingendola così un poco di lato, senza però riuscire a fermare la sua ilarità.
«Sei una scimmia mannara!» Urla in risposta, puntandogli un dito contro. Questo dettaglio è bene che lo faccia rimanere una specie di segreto tra loro due, i suoi amici potrebbero diventare davvero ingestibili e le loro prese in giro sin troppo pesanti.
Radish, seppur non realmente offeso, scatta in avanti e l’atterra sotto alla sua considerevole mole, tenendole i polsi sopra la testa, intimandole di chiedere scusa e di non azzardarsi mai più a fare una simile battuta, non riuscendo però a farla smettere. Anzi, contro tutte le sue aspettative, Sherry gli allaccia le gambe attorno alla vita e, dopo essere riuscita a liberare le mani, ingaggia una specie di lotta, fatto per lo più di spinte, lievi morsi su braccia e spalle, tirate di capelli e risate sguainate. Aveva una voglia incredibile di tornare a giocare così, di trovare qualcuno abbastanza forte da poter reggere il colpo senza che provasse ad allungare le mani. Ormai i suoi amici, quando la vedono, pensano di più a mettere al mondo dei cuccioli forti, non certo a giocare come quando erano dei ragazzini.
Radish, dopo un attimo di smarrimento, si è messo a giocare a sua volta. Un gioco infantile, ne è consapevole, ma che non riesce a trovare fastidioso. Di tanto in tanto si è domandato come sarebbe potuta essere la sua infanzia se le cose fossero andate diversamente, a come sarebbe potuto essere il rapporto con suo fratello, se anche loro due avrebbero potuto costruire qualcosa assieme. Magari si sarebbe divertito anche lui, avrebbe potuto fare questi giochi stupidi come qualsiasi altro ragazzino.
Si lascia atterrare, lascia che monti a cavalcioni sul suo bacino, continua a tenerle ferme le mani mentre ridono insieme. Non lo ammetterà mai, fatica a farlo pure con sé stesso, ma questa situazione gli piace. Non è mai stato così spensierato in tutta la sua vita.
Ma questa spensieratezza non è fatta per durare: Sherry infatti si blocca di colpo, puntando lo sguardo verso ovest, verso la foresta. È immobile, gli occhi sbarrati, i muscoli tesi. Ascolta con attenzione e fiuta l’aria con forza, capendo immediatamente che la situazione non è assolutamente delle migliori.
Quando ti stancherai, Jäger? Quando capirai che è inutile mandarli contro di me, soprattutto da soli? Prova a mandarmi i tuoi Cacciatori: rendi la faccenda interessante!
«Che ti prende, adesso?» Le domanda scocciato Radish, lasciandole finalmente i polsi e mettendosi a sedere. Lei rimane ancora seduta a cavalcioni su di lui, ma non lo guarda neanche per un istante. Sta velocemente prendendo in considerazione ogni opzione, finché il tutto si riduce ad una sola scelta.
«Resta qui.» Si alza di scatto e si sfila la lunga maglia nera di dosso, lasciandola cadere vicino a Radish. Cominci a camminare velocemente, sentendo i passi pesanti del Saiyan alle sue spalle.
«Non devi intervenire per nessuna ragione, sono stata chiara?!» Gli ringhia contro, cominciando a prendere velocità per poi sfrecciare di colpo lontano da Radish.
«Pensi di potermi dare ordini?!» Corre a sua volta, bloccandosi dopo neanche un centinaio di metri. Per quanto si stia sforzando di capire verso cosa sia corsa, cosa possa averla turbata così tanto, davvero non lo capisce.
«Non c’è niente laggiù.» Mormora confuso mentre si alza in volo, in modo tale da arrivare prima. Quando poi l’aura di Sherry sparisce di colpo, come se fosse morta, accelera fino a sopraggiungere sopra la fitta foresta. Non riesce però a vedere niente oltre la coltre degli alberi, dove non arriva neanche il sole.
Decide quindi di abbassarsi per provare a cercare le tracce che ha lasciato al suo passaggio, trovandole solo fino ad un certo punto. Il problema sopraggiunge però quando queste vengono sostituite da una lunga scia di terra smossa, come se qualcosa di grosso vi si fosse rotolato sopra. Vede pure i pantaloni stracciati di Sherry sparsi un po’ ovunque, assieme alle scarpe che sembrano come esplose.
S’incammina seguendo delle specie di solchi a terra, incapace di dire cosa possa averli lasciati, capendo solo che si tratta di qualcosa di grosso.
Dopo una trentina di metri sente come un latrato basso e profondo,  un ringhiare furioso di sottofondo. Sente il rumore di rocce che vanno in frantumi, di alberi che vengono spezzati dopo un violento impatto.
Affretta il passo, arrivando a correre verso quella direzione, ma non fa in tempo ad arrivare che un verso acuto squarcia l’aria, così forte da dargli fastidio alle orecchie. Sembra il rumore di una bestia che soffre, un lamento insopportabile.
L’aura di Sherry comincia a rifarsi viva poco a poco, come se fosse entrata ed uscita da un buco nero. Ma quando Radish la trova, capisce che non stava affatto in un buco nero.
Una donna giace a terra, i lunghi capelli neri sparsi a terra, dei profondi graffi le solcano il viso, uno dei quali passa sull’orbita vuota ed insanguinata; il corpo è costellato di tagli profondi e segni di morsi dalle quali si diramano una serie di venature violacee, come se fosse stata avvelenata; la gola è squarciata, manca un grosso lembo di carne, il petto è stato sfondato e il cuore strappato.
Sherry sta accovacciata al suo fianco, il cuore ancora grondante di sangue stretto tra le mani. Ma quelle non sono le mani che Radish è abituato a vedere: sono più grosse, ossute, nodose, ornate da lunghi artigli neri.
Il viso carino, a tratti dolce, è deformato, con gli zigomi sporgenti, la mascella che sembra riassemblarsi, le orecchie lunghe e appuntite, ricoperte da pelo nero che si ritira velocemente; i grandi occhi d’ambra, tanto caldi e rassicuranti, sempre allegri, ora hanno delle insolite sclere nere e le iridi rosse come tizzoni ardenti.
La muscolatura è aumentata, rendendo il corpo decisamente poco armonioso, e sulle spalle nude vede una folta peluria nera che si ritira poco a poco. Oltretutto, anche se non ci giurerebbe, gli è sembrato di vedere una folta coda nera con la punta bianca ondeggiare dietro di lei.
Rimangono immobili a fissarsi dritti negli occhi per tutto il tempo che Sherry impiega a tornare quella che lui ha sempre visto, quella che tutto il mondo potrà vedere. Non si dicono una parola, e lei sente il sangue che le scorre nelle vene diventare gelido come neve, il cuore battere così forte da farle fisicamente male. Non avrebbe assolutamente dovuto vederla, era convinta di riuscire a fare in tempo, di riuscire a strapparle il cuore prima del suo arrivo, ma quella spia bastarda si era allontanata più del previsto.
Una volta tornata completamente umana, con gli occhi lucidi per la voglia disperata che ha di mettersi a piangere, Radish le si avvicina di un passo.
«Torna come prima.» Ordina con tono sorprendentemente serio e autoritario, come mai era stato nei suoi confronti. Ormai il danno è fatto, almeno in parte. Come minimo adesso gli deve mostrare in pieno quello che è davvero e smetterla di farlo incuriosire così tanto.
«Non posso. Non avresti dovuto vedere neanche questo…» La sua espressione, così come la voce, è quasi supplichevole, abbattuta, sconfitta, finché di punto in bianco gli occhi le si infiammano di nuovo, facendo riemergere il carattere poco trattabile che ha sempre avuto: «CAZZO!»
Il Saiyan la segue con sguardo divertito mentre comincia a raccattare rami da terra o a strapparli a mani nude dagli alberi che ha spezzato durante il combattimento - che Radish avrebbe tanto voluto vedere, ore che ci ripensa. Li butta alla rinfusa sul cadavere e poi schiaccia violentemente il cuore abbandonato a terra. È necessario, tra quelli come lei, strappare il cuore per uccidere, unico modo sicuro per sbarazzarsi dell’avversario, mentre il distruggerlo è più una cosa sua e di pochi altri. Un paio dei suoi fratelli preferivano estrarlo con le fauci e ingoiarlo ancora intero.
«Che ti prende?» Le domanda, incuriosito. Era convinto che si sarebbe divertito un sacco ad allenarla, ma si era ricreduto dopo dieci secondi dal momento che aveva dato prova di non essere alla sua altezza, ma adesso deve proprio ricredersi un’altra volta: si sta divertendo da pazzi!
«Devo sbarazzarmi del corpo! Devo cancellare le sue tracce, o scopriranno che tu sai qualcosa e io sarò bollata come traditrice e la mia situazione peggiorerà ancora!» Si blocca un attimo, Sherry, e con sguardo furioso e frustrato gli si rigira contro e gli lancia addosso un paio di rami, urlando quasi con disperazione: «Va’ via! Vattene!»
Radish, che già ha dato prova di essere assai poco incline ad eseguire i suoi ordini, scatta in avanti e, dopo averla afferrata con irruenza per la vita con un braccio, sale in aria, sorprendendosi nel sentirla reggersi a lui solo con un braccio attorno al collo. Probabilmente è così fuori di sé da non riuscire neanche a capire cosa sta davvero facendo.
«Se non la smetti di farmi volare contro la mia volontà, giuro che ti faccio fare la sua fine.» Borbotta a mezza bocca, lasciando saettare gli occhi da un posto all’altro. Alle volte fosse venuta lì con qualcuno, dovrebbe correre subito ad eliminarlo.
«Ma se non riesci neanche a colpirmi!» La sfotte di rimando il Saiyan, trattenendo un ghigno divertito. In fondo se vuole convincerla a fargli vedere cosa sia davvero, non può irritarla troppo. In compenso, però, può fare una cosa molto più utile…
«Vuoi vedere che un modo lo trovo?!»
«Saturday Crush!» Dalla mano destra di Radish parte una grossa sfera di energia, così chiara e luminosa che per Sherry è davvero difficile da osservare. Nasconde infatti il viso contro il suo petto, giusto il tempo per scagliare il colpo contro quel corpo che, come per magia, sparisce, lasciando al suo posto un grosso cratere nel terreno. *
Guarda per un attimo in basso e poi torna ad osservare Radish, l’espressione da saputella insopportabile ed arrogante nuovamente presente: «Ok, hai polverizzato il corpo e mi hai tolto un bel problema dalle balle, ma…»
«Mh?»
Il sorrisetto si allarga, gli occhi si assottigliano, la presa in giro rotola sulla sua lingua: «Occorre veramente gridare il nome del tuo attacco come uno scemo?»
Radish la lancia giù. Non è che ha allentato la presa ed è caduta, neanche che l’ha spinta per gioco, no: l’ha afferrata di cattiveria mentre rideva e l’ha buttata giù, nella speranza di piantarla in terra come un chiodo in un muro.
Sherry si sdraia sulla schiena, le caviglie ben strette tra le mani: «Demente! Sei un demente! Cazzo che male!»
Le atterra di fianco, osservandola con attenzione: il suo corpo non ha subito alcun danno, il corpo è perfettamente intatto e questo, davvero, lo sorprende. Una qualsiasi persona si sarebbe frantumata le gambe.
«Ti saresti dovuta rompere le ossa, non lamentarti.»
«Ma infatti le caviglie si sono spezzate!» Controbatte prontamente mentre si rialza in piedi, stiracchiando le braccia all’indietro per sbloccare al meglio le spalle.
«Ma se stai in piedi! Non dire cazzate!» Gli è venuto spontaneo controbattere, in fondo lo avrebbe fatto chiunque nel vederla camminare con tanta calma. Di certo, però, non si aspettava che si afferrasse tre dita della mano sinistra e le tirasse indietro di scatto fino a toccarsi il polso. Ha sentito distintamente il crack delle ossa che vanno in frantumi, ha visto la carne dell’anulare sbrindellarsi e la punta dell’ossicino fare capolino, ma quando Sherry le rimette al loro posto, ogni danno sparisce alla stessa velocità alla quale è stato inflitto.
«Questa è una figata. Davvero una grandissima figata.» Le afferra la mano e la osserva, un sorriso divertito ed un poco incredulo ad increspargli le labbra. Se l’avesse visto su qualche pianeta non gli avrebbe fatto troppa impressione, ma sulla Terra nessuno ha queste capacità, quindi la faccenda si fa più che interessante.
«Una grande figata che non posso insegnarti. Roba esclusivamente nostra, mio caro.» Sorride con orgoglio, muovendo le dita nella sua mano come per rimarcare che sono perfettamente funzionanti «E, tanto per la cronaca, il dolore lo sento tutto.»
Quando Radish le lascia di scatto la mano, Sherry lo prende come un semplice gesto stizzito dovuto al fatto che non può farlo anche lui, ma la verità è che per Radish è stato imbarazzante il rendersi conto di tenerla per mano. Non è decisamente da lui, praticamente in nessun frangente.
«Ora mi mostri cosa sei? A questo punto devo solo testare una cosa.» Le domanda dopo essersi schiarito la gola, tornando ad osservarla con aria attenta. Libera la coda per afferrarla per un polso quando, con uno sbuffo frustrato, ha fatto per andarsene: «Dannazione, bambolina! Sai che continuerò ad insistere finché non mi avrai accontentato, non sei scema. Fallo e finiamola con questa pagliacciata!»
Rimane ferma, Sherry, lo sguardo basso, gli occhi che seguono i movimenti pigri di un cervo volante che si arrampica su una roccia.
Nella sua mente vede chiaramente lo sguardo colmo di disprezzo di Mezcal, sente le risate derisorie dei fratellastri e delle sorellastre, ricorda il vociare della sua gente quando scoprivano che qualcuno si era mostrato. Erano tutti disgustati, arrivavano a ripudiare i propri figli per una cosa del genere, a volerli morti.
Poi pensa a sua madre, Leila, la ragazza che mai ha conosciuto davvero. Ha alcuni dei suoi ricordi, pochissimi e confusi, e il resto l’ha visto solo tramite gli occhi di Mezcal. Però alcuni parlavano della forte Leila, una delle poche femmine Alpha, una ragazza con le palle cubiche che aveva una visione utopistica per il futuro della razza: era infatti convinta che non ci fosse niente di male a stringere rapporti amichevoli con gli umani, che con un po’ di impegno avrebbero potuto coesistere. Fu proprio per questa sua visione considerata folle che Mezcal decise di sfidarla, Sherry lo sa. Sa bene che non avrebbe voluto eliminare un soggetto forte come lei, ma che non poteva tollerare simili discorsi. La violentò per spregio dopo averla sconfitta, di fronte a tutti, inclusa buona parte dei suoi figli.
Tu non avresti indietreggiato… tu non avresti avuto paura del giudizio degli altri, marchiarti di tradimento non ti avrebbe fermata. Restavi alla tana solo per proteggere chi non ce la faceva da solo. Andavi fiera dei tuoi antenati col sangue sporco, molti Mezzosangue erano amici tuoi…
Sospira forte e nel mentre i suoi occhi cambiano, tornando ad essere quelli spietati ed inquietanti che rivelano la sua natura.
Sorride appena quando sente il primo tremore nelle ossa. I muscoli delle braccia e delle gambe si tendono, tanto da strapparle letteralmente la pelle. Sgrana gli occhi, percorsa da uno spasmo, e le ossa nelle ginocchia scrocchiano. Le gambe si allungano, assumendo una forma diversa.
La pelle le prude per lo spuntare del manto nero, ma non vuole perdere neanche un solo istante a grattarsi. In fondo è bello sentire la pelliccia venire fuori e ricoprire ogni centimetro della pelle.
Il loro cuore è più grosso di quello di un essere umano, ma per allargarsi, prima deve smettere di battere. In altre parole: ha un infarto. Tutti gli altri organi interni subiscono lo stesso trattamento. I primi a collassare sono il fegato e i reni. Non è che non sente più dolore, ma non può più urlare perché le corde vocali e l'esofago si sono lacerati e non può emettere alcun suono. A questo punto l'ipofisi dovrebbe fare gli straordinari, inondando l'organismo di endorfine, ma è ormai fuori uso anche quella.
Si piega in due e geme quando la cassa toracica si allarga di colpo, e sospira quando sente il breve dolore della spina dorsale che si spezza, per poi rilassare il corpo.
Si passa la lingua lunga sui denti affilati, capaci di bucare e spezzare praticamente qualsiasi cosa. Abbassa finalmente gli occhi rubino su Radish, guardandolo con aria famelica e pericolosa.

È una creatura assai più grossa e forte di qualsiasi lupo mai esistito in natura. Le zampe sono troppo lunghe, le orecchie troppo grandi e negli occhi ha il fuoco. Lupo è solo un nome di comodo che hanno adottato per onorare colui che li ha creati.
Quando si abbassa su quattro zampe, indietreggiando di un paio di passi per non gravare sul Saiyan, sghignazza divertita emettendo una specie di latrato soffocato nel constatare che, anche così, è ben più alta di lui. È sempre stata grossa per essere una femmina, raggiungendo al garrese ben due metri e dodici centimetri.
Radish rimane immobile e la osserva con attenzione, senza lasciar trasparire alcuna emozione, constatando che le ciocche bianche dei suoi capelli sono presenti in punti ben specifici anche sull’enorme bestia che ha davanti, come le strisce ai lati delle lunghe orecchie, le quattro zampe e la punta della folta coda, che però passa dal nero al bianco passando anche dal grigio. Per quanto non gli siano mai piaciuti i cani, o comunque gli animali in generale, trova questa bestia incredibilmente elegante e regale, con quel grosso muso fierissimo.
Ora che il suo capriccio è stato esaudito - rivelandosi pure una mezza delusione, visto che altro non era che un grosso cane! -, pensa bene che può pure ricominciare con le prese in giro ed è per questo che si abbassa e afferra un bastone, per poi lanciarlo con forza a molti metri di distanza.
Sherry volta il grosso e robusto muso in quella direzione, le orecchie ben dritte, gli occhi attenti. Quando si volta verso Radish cerca di esprimergli solo tramite lo sguardo la sua confusione, dal momento che questa forma le ha tolto la possibilità di esprimersi a parole.
«Allora? È là, forza!» Scherza realmente divertito dalla sua pessima trovata, sfilandole accanto senza alcuna paura. E perché mai dovrebbe temerla? Certo, non ha idea di quale sia la sua forza adesso, ma le rimane comunque superiore e ne è consapevole. Per sicurezza, però, tiene la coda ben stretta attorno alla vita.
«Ti hanno addestrata proprio di merda, eh?» Commenta subito dopo, ridacchiando appena.
Non fa neanche in tempo a rendersene completamente conto che Sherry è già tornata umana, nuda come mamma l’ha fatta, e se la ritrova davanti a puntargli contro un dito con fare accusatorio, gli occhi ancora rossi e neri.
«Come osi?! Ti sembro forse un fottuto cagnolino da riporto?» Gli urla contro, inviperita. In realtà quella è una battuta vecchia come il mondo, l’hanno usata spesso e volentieri tra di loro, e Fern ne tirava fuori anche di migliori, ma non voleva proprio che questo fosse il suo primo commento. Dannazione, sono bellissima!
«Non fare la stronza…» Biascica il Saiyan in risposta, scansandole con un gesto brusco la mano, rimanendo poi fermo davanti a lei. La guarda con attenzione, ricordandosi una parte della loro precedente conversazione che ora, però, gli sembra strana: «Prima hai detto che non sei un lupo mannaro, anche se onestamente mi sembra proprio di sì. Quindi cosa sei?»
«Uno Spettro.» Risponde immediatamente la ragazza, cercando di rilassarsi. Dio solo sa quanti errori sta commettendo da quando lo ha incontrato, a stento riesce a crederci.
«Chiamarci lupo è un modo errato di definirci, non lo siamo. Abbiamo molte caratteristiche in comune per via di Papà Spettro.»
«Dovrei sapere di cosa stai parlando?»
Gli toglie la propria maglia di mano e la indossa frettolosamente, pensando bene a come esporgli tutta la loro storia. Ormai c’è dentro, troppo dentro, si è lasciata guidare unicamente dal suo istinto come troppo spesso fanno gli Spettri, quindi tanto vale che sappia. In fondo, anche lui le ha raccontato delle sue origini; se vuole che le racconti anche tutto il resto, è bene che si mostri collaborativa.
«Tutto iniziò poco più di mille anni fa. Una donna mangiò il cuore di un grosso lupo grigio, il più anziano e saggio della foresta, che il marito le portò dopo una battuta di caccia, e lo fece in una notte di Luna piena. Lo spirito del lupo volò fino alla Luna e cominciò a danzare con lei, quando udì la preghiera della donna: voleva un figlio, lo voleva disperatamente…
Il lupo decise di aiutarla, così che la sua morte non fosse stata vana. Lui avrebbe dato la sua forza alle tre creature che portava inconsapevolmente in grembo, avrebbe dato loro la saggezza e l’astuzia del lupo, li avrebbe guidati come un padre, e la Luna decise di dargli questa possibilità, sussurrandogli che sarebbero stati i figli della notte. E così fu…
I tre nascituri però crescevano troppo velocemente, seguivano i ritmi della gravidanza dei lupi, e quando nacquero, uccisero la donna, sventrandola. Sarebbero morti, se una seconda donna non avesse sentito il loro pianto disperato. Li prese con sé e li crebbe come figli suoi, amandoli disperatamente… ma non aveva i mezzi per crescerli. Il loro organismo necessitava di molto più cibo, di molta più carne di quanta lei potesse mai trovare, così i piccoli crebbero deboli e gracili.
Una notte d’inverno, quando la neve aveva ormai attecchito al suolo, un gruppo di banditi attaccò il piccolo villaggio in cui vivevano. Uccisero praticamente tutti e loro tre, nascosti sotto alle assi del pavimento, videro la madre venire sgozzata. La rabbia li pervase completamente, il furore li accecò, la Luna diede loro il vigore necessario per prendere le sembianze del lupo e sterminare i loro avversari. Fu Papà Spettro a dire loro cosa fare, ordinandogli di mangiare i cadaveri per trarne forza e conoscenza, intimandogli di nascondersi tra le montagne e di star lontani dall'uomo così da non fargli più del male, perché la Luna aveva fatto loro un dono cambiandoli e se avessero ucciso gli uomini, avrebbero ucciso sé stessi. E così fecero: Roman il Saggio, Regan Ombra della Notte e Roscka la Sanguinaria abbracciarono l’alba come Spettri, decidendo di dare inizio alla loro dinastia.
Aspettarono di raggiungere la maturità sessuale e poi cominciarono a fare figli tra loro. Fu Roscka a decidere che avrebbe fatto quanti più figli possibile per un periodo lungo cinque anni con ognuno dei suoi fratelli, alternandoli. In dieci anni nacquero un sacco di cuccioli, che si accoppiavano poi tra loro, alcuni controvoglia, in nome della purezza del sangue.
Ma qualcosa si ruppe: poco prima dello scadere del tempo di Regan, Roman conobbe Angelina, una fata… e se ne innamorò perdutamente. Provò a convincere i suoi fratelli e i suoi figli che era una cosa giusta, che nessuno di loro avrebbe dovuto rinunciare ad un simile calore, neanche per l’immenso potere che avevano ottenuto… ma i due Alpha non erano d’accordo e lo cacciarono lontano dai loro territori.
A lui non importò: abbandonò tutto, anche sé stesso, e si unì in matrimonio con una fata, che pur di non lasciarlo andare gli concede tutt’ora piccole dosi del suo sangue per permettergli di vivere da immortale come lei.
L’equilibrio tra Regan e Roscka, però, cominciò a sfaldarsi pericolosamente, finché non si divisero. Il primo rimase nei loro territori del Sud con i propri figli e le proprie figlie, mentre lei si stabilì nei territori del Nord con la prole di Roman. Non passarono neanche dieci anni prima che uno dei suoi figli la uccidesse per prenderne il posto.
Nei secoli molti hanno cominciato a fare come Roman, spostandosi da soli perché guidati da qualcosa di più grande che dal mero desiderio di potere, arrivando ad incrociare il proprio sangue con quello degli umani. Ormai di linee davvero pure ce ne sono davvero poche in circolazione… credo solo due. Presto, però, è probabile che scenderemo ad una.»
Radish ha ascoltato con attenzione ogni parola, non faticando ad immaginarsi ogni evento. Il che è anche strano, dal momento che a cose normali riderebbe nel sentire che lo spirito di un vecchio lupo ucciso ha in qualche modo dato forza a tre embrioni, ma qualcosa dentro di lui gli dice che sì, lei non sta inventando niente, che Papà Spettro è un’entità reale, forse pure tangibile, e che i tre Spettri hanno veramente camminato in quel mondo, hanno veramente dato il via a tutto quanto.
Lo informa, quasi a volersi in qualche modo difendere, che la sua è una condizione che può essere trasmessa solo per via ereditaria, la storia che tramite il morso può infettare una persona è solo una stronzata del cinema, e questo gli strappa un lieve sorriso. In realtà non gli sarebbe dispiaciuto troppo avere un paio delle sue doti, come la rigenerazione o il fatto di apprendere ogni cosa tramite il sangue.
Ascolta distrattamente ciò che gli dice sul valore che danno al sangue, informandolo che pure Bree, la sventola tutta tette che gira quasi nuda per casa, è una Mezzosangue, figlia di un grande Alpha e di una donna umana di incredibile bellezza, morta per darla alla luce. Lei e i suoi due fratelli, morti a poche ore dalla nascita.
Gli dice che fanno molti figli, che una femmina Purosangue come minimo dà alla luce una coppia di gemelli, ma che tra le coppie pure sono frequentissimi i parti quadrigemini. Gli dice che pure lei aveva tre fratelli di sangue che suo padre però uccise non appena vennero al mondo perché piansero. A questo punto vorrebbe chiederle perché, cosa c’è di strano, ma si astiene dal farlo. Non ci vuole un gran genio per capire che questo argomento le fa male, che il solo ricordo le lacera il cuore, quindi preferisce tacere. Se mai vorrà approfondire la questione, lui potrebbe anche essere disposto ad ascoltarla.
«Ora che sai, sei soddisfatto?»
Rimangono in silenzio per qualche istante, guardandosi dritto negli occhi. Ed è proprio adesso che Radish si accorge di quanto sia combattuta, lo vede chiaramente: una parte di lei sembra essere sollevata di essersi tolta un tale peso, così da poter essere sé stessa in sua presenza, mentre l’altra gli pare abbattuta e terrorizzata.
«Ti è costato parecchio dirmelo, vero?»
«Mi sono appena macchiata di tradimento, tu cosa dici?» Gli sorride con aria colpevole, grattandosi una spalla con fare nervoso «Potrò provare a dire che, ehi, sei un alieno, non dovresti contare per le nostre leggi, ma dubito che possa funzionare.»
Sherry s’incammina per uscire dalla foresta, decisa a sfogare la frustrazione e la tensione che prova in una specie di combattimento col Saiyan. In fondo ha perso, deve pagare pegno, e quando dà la sua parola non lo fa mai alla leggera.
Radish la raggiunge dopo qualche istante, le mani nelle tasche e lo sguardo puntato in alto, l’aria di chi sta pensando intensamente a qualcosa di importante. Ed effettivamente è così, c’è davvero qualcosa che Radish non riesce a spiegarsi e che, purtroppo, lei non potrà chiarire.
«Non ti sentivo più, quando eri su quattro zampe.»
«Come?»
«Avverto l’energia vitale degli altri. È una tecnica semplice da imparare, potrei insegnartela facilmente.»
«Mi bastano fiuto e udito per captare le persone.»
«Ma così sentiresti quanto sono forti.»
«L’odore me lo dice.» Radish vorrebbe davvero tanto toglierle quell’espressione arrogante dalla faccia, ma qualcosa dentro di gli dice che no, non deve alzare le mani con lei. L’unica spiegazione logica sta nel fatto che gli ha mostrato grande fiducia, in qualche modo, mostrandogli la sua natura e parlandogliene, e questo lui proprio non può ignorarlo.
Se solo sapesse che per entrambi la faccenda è ben più complicata di così…
«Se tu adesso bevessi un po’ del mio sangue, sapresti combattere come me?» Le domanda a bruciapelo, piazzandosi davanti a lei e camminando all’indietro per poter mantenere il contatto visivo. Con questo semplice gesto riesce a strapparle un sorriso, inconsapevole che tra la sua gente certi atteggiamenti hanno significati spesso più profondi di quanto ci si immagini. Nessuno dei loro maschi dà tante attenzioni ad una femmina se non gli piace davvero e viceversa; l’amicizia tra i due sessi è una vera e propria rarità.
«Tecnicamente sì, ma non ho né la tua forza, né la velocità e neanche la tua resistenza.» Risponde con ovvietà, non riuscendo ad evitare di fare la civetta.
«Ti ho vista correre ieri notte. Ho visto che velocità puoi raggiungere.»
«Su quattro zampe vado più veloce di così, ma solo sul rettilineo. Curvare a quelle velocità è impossibile su due zampe, mentre su quattro talvolta è fattibile, purché ci sia un appiglio.»
«Beh, me lo immagino.» Commenta semplicemente Radish, sospirando con aria pensierosa. Alla fine, dopo un paio di secondi di ragionamento, si blocca davanti a lei e le mette l’avambraccio davanti al viso: «Dai, proviamo!»
«Che sei scemo?» Gli scansa bruscamente il braccio, consapevole però che l’uomo che ha di fronte non è il tipo che accetta facilmente un no.
«Credevo che sarebbe stato divertente prenderti a calci nel culo, ma evidentemente sbagliavo. Così, forse, mi darai qualche soddisfazione!» Insiste infatti il Saiyan, lo sguardo divertito e un sorrisetto furbo ad increspargli gli angoli delle labbra sottili.
«Non è una cosa sicura, ok? Potrei provare a staccarti il braccio.»
«E io potrei staccarti la mascella con un pugno. Scommettiamo che non ci provi?»
Lo guarda dritto negli occhi, Sherry, con la fastidiosa consapevolezza di non volergli veramente dire di no, di volerlo accontentare perché è decisamente la persona più interessante che ha incontrato dopo Fern. Sbuffa sonoramente, passandosi le mani tra i capelli spettinati.
«Perché lo stai facendo?» Domanda con un filo di voce, cercando di capire, una volta per tutte, perché si stia impuntando così tanto, perché sembri essere tanto interessato a stare in sua compagnia. In fondo non è uno Spettro, l’idea di metterla incinta non lo sfiora neanche da lontano; non ha la sua forza, lo sanno entrambi, quindi non può divertirsi con un combattimento vero; appartengono a mondi diversi che in teoria non dovrebbero avvicinarsi, e che richiedono un grande sacrificio da ambo le parti per poter coesistere.
Radish muta d’espressione tutto in un colpo. Si fa serio, pensieroso. Si guarda la punta dei piedi come se vi potesse trovare la risposta ad una domanda tanto semplice, la stessa che si è fatto spesso in quei giorni.
Perché lo sto facendo? Ho ottenuto ciò che volevo, non ha più niente da offrirmi. Non posso allenarmi con lei come faccio con Piccolo. Veniamo da due mondi diversi, abbiamo una mentalità diversa. Oltretutto i cani non mi piacciono. Allora perché voglio continuare a passare il tempo in sua compagnia? Cos’è che mi spinge a farlo?
«La verità? Non ne ho idea. Davvero, non… non c’è un motivo, non a questo punto. Volevo sapere cos’eri, ma ora che lo so… davvero, non lo capisco. Credo che tu mi sia simpatica, in qualche modo, e come te non sopporto più che la gente mi guardi con disprezzo… e tu non l’hai mai fatto.» Gli è costato molto dirlo, davvero molto. Se avesse avuto qualcuno attorno, sicuramente non l’avrebbe detto a voce alta.
Certo, lui non è chiuso come Vegeta, ha un senso dell’umorismo più spiccato e ha scoperto negli anni che, tutto sommato, ha un’indole non troppo differente da quella di suo fratello, ma questo genere di cose lo imbarazzano e lo fanno sentire stupido.
A Sherry certo questo fatto non sfugge, lo capisce dal suo odore alterato e, ancor di più, dal fatto che tenga stranamente lo sguardo basso e che le sue guance si siano lievemente imporporate. E questo le fa incredibilmente piacere, perché le dà la dimostrazione che le sta dando fiducia allo stesso modo in cui lei ne ha data a lui.
Tra gli Spettri non è insolito che i rapporti si creino tanto velocemente, sono di natura socievole e per questo vivono in branchi più o meno numerosi; i rapporti di fiducia si creano non appena l’altra mostra di non avere cattive intenzioni, e col tempo si solidificano fino al punto di volersi difendere reciprocamente con ogni mezzo ed a qualsiasi prezzo.
Sono creature che vivono di passioni, creature di fuoco e sangue, consapevoli di avere un’aspettativa di vita breve a causa dei continui scontri ed è per questo che vivono al momento, lasciandosi trasportare anche dolorosamente dalle proprie emozioni. Nessuna creatura può arrivare ad amare o odiare con la loro stessa intensità.
Gli dà una lieve pacca sulla spalla, sorridendo allegra: «Dammi il braccio, forza. Prima lo facciamo, prima possiamo ricominciare a giocare.»
«Ora lo consideri un gioco anche tu?» Sorride di rimando, porgendole l’arto. La precedente ferita continua a bruciargli, ma il veloce susseguirsi di eventi quasi glielo aveva fatto dimenticare. Ha subito ferite ben peggiori di quella, la cicatrice sul petto ne è un chiarissimo esempio.
«Sei cento volte più interessante di un essere umano comune… e anche un po’ più di uno della mia razza. Senza contare che puoi insegnarmi come uccidere chi mi vuole morta.» Scherza Sherry, prendendogli l’avambraccio tra le mani con la stessa delicatezza con cui si tocca un oggetto fragile e delicato.
«Ora devi concentrati molto. Devi pensare solo ed esclusivamente alle tue tecniche di combattimento, dalla prima all’ultima. Le devi pensare intensamente, allontanando tutto il resto. Quando vedrai le zanne, quando sentirai il dolore, devi pensare solo a quello, altrimenti sarà più difficile per me vederlo.»
Radish esegue di buon grado. Ripensa a tutto ciò che sa, sforzandosi con tutto sé stesso di eliminare qualsiasi altro ricordo. Sherry ha evitato di dirgli che, in ogni caso, li vedrà in seguito, probabilmente sotto forma di sogni, ma l’ha fatto semplicemente perché non vuole metterlo in imbarazzo. Avrà modo e modo di morderlo ancora e poterlo usare come scusa.
Dopo qualche istante di indecisione, finalmente affonda i denti nella carne muscolosa del Saiyan. Il sangue le scende giù per la gola, nella sua mente scorrono veloci tutti i suoi ricordi. Vede i suoi addestramenti sin da quando era bambino, vede le sue tecniche affinarsi negli anni, vede con quanta forza e precisione riesce a mandare a segno i colpi. Lo vede e, al tempo stesso, è come se li facesse a sua volta, dal momento che vede e sente ogni cosa tramite i suoi occhi.
Una volta lasciata la presa, si passa il dorso della mano sull’angolo della bocca per ripulirsi, cercando di trattenere un’espressione schifata. Il suo sangue non è buono come quello degli altri umani,  ha un sapore più forte e acido, insopportabile per il suo fine palato. L’unica nota positiva, è che le sembra molto più pulito rispetto a quello comune, indice che ha un’alimentazione sana ed equilibrata.
«Cazzo se brucia… che hai del veleno nei denti?» Brontola subito Radish, tenendo la mano stretta attorno alla ferita.
Quando vede la sua espressione colpevole e il suo sorrisetto da bambina, borbotta a mezza bocca un’insulto, sperando che almeno ne sia valsa la pena. Certo, dovrà farla sudare parecchio per raggiungere dei buoni livelli, dovrà pazientare, ma almeno le basi sono già state gettate.
«È una tossina, impedisce a quelli come me di rimarginare in tempo le ferite, ma non fa altri danni. Più si è in alto di grado, più rallenta le capacità altrui.»
«E tu sei in alto?»
Lo sguardo di Sherry diventa insopportabilmente fiero e altezzoso tutto in un colpo, e Radish, per un istante, ci rivede lo stesso sguardo di un giovane Vegeta, quello che rispettava ma, al tempo stesso, detestava.
«Sono uno Spettro Alpha dalla nascita, fustacchione. In pratica sopra di me ci sono solo i due Re e Roman. Beh, Roman sta sopra a tutti!» Afferma convinta, gonfiando il petto con orgoglio. In realtà ha tutte le ragioni di essere orgogliosa: le femmine Alpha sono rare.
Ma la sua arroganza svanisce nel momento esatto in cui nota che, zitto zitto, Radish continua a tenersi con forza la mano sulla ferita per cercare di placarne il dolore e bloccare l’emorragia. Per una delle poche volte in vita sua, si sente sorprendentemente in colpa.
«Aspetta, dammi il braccio.» Lo afferra con quanta più delicatezza può, cercando di evitargli altro dolore, e senza aspettare comincia a leccare i profondi buchi che gli ha inferto.
Radish, per quanto il gesto non gli vada particolarmente a genio, osserva con curiosità i suoi movimenti, sentendo che il senso di bruciore sparisce velocemente di secondo in secondo e, quando finalmente sposta la testa, vede che ormai quei fori sono diventati piccoli piccoli, quasi completamente rimarginati.
«Ma che diavolo…?»
«La mia saliva può rimarginare ferite di questo genere, ed essendo mia annulla gli effetti della mia tossina.» Dio solo sa quanto si sente fiera in quel momento, quanto le era mancata la sensazione di essere utile per qualcuno. Lei e gli altri arrivavano a picchiarsi per curare Fern quando si feriva in cucina o in giardino, desiderosi solo di poter aiutare l’unica persona al mondo che avesse mai provato un sincero affetto nei loro confronti.
Radish rimane immobile, pietrificato. Nessuno l’ha mai curato volentieri, in genere veniva sbattuto nella vasca di rianimazione e fine della faccenda. Pure sulla Terra non hanno mai mostrato preoccupazione o simili per lui, e in fondo lo capisce. Sherry invece gli ha preso il braccio con delicatezza, gli ha letteralmente leccato le ferite minuziosamente per farlo stare bene, per essere sicura che non provasse assolutamente più quel fastidioso - quasi insopportabile - bruciore.
Sente il cuore battere improvvisamente forte nel petto, dandogli però la strana sensazione di battere in modo incredibilmente lento. Si sente strano, lo stomaco si attorciglia tanto da dargli fastidio, e d’istinto le dà le spalle e s’incammina con calma verso lo stesso punto dove avevano cominciato ad allenarsi, consapevole che gli sta tranquillamente trotterellando alle spalle.
Ogni suo eventuale problema o pensiero è passato in secondo piano, anche terzo, quarto o quinto addirittura, lasciando spazio ad una sola, semplice domanda: Come faccio a farle del male, adesso?




* Sì, probabilmente è stata resa in modo esagerato, ma era l'unico modo carino che mi era venuto in mente. Devono venirsi in contro a vicenda, in fondo… 😉


ANGOLO DELL’AUTRICE
Gente, ve lo giuro su tutto quello che volete, pure sulla mia cagnolina e sui micini, io ci provo davvero a renderli il più corti possibile - perché mi rendo conto che non sia piacevole trovarsi con questi malloppi ogni volta - , ma proprio non ci riesco. Dio solo sa quanti pezzi taglio ogni volta!

Allora, parliamo un po’ di questo ennesimo poema: Sherry è un grosso sacco di pulci, Radish è una sottospecie di scimmia spaziale. Solo io li trovo quasi divertenti come accoppiata?!
Entrambi hanno un bel caratterino (NB quello di Radish è basato su quello di R&R, come detto più volte, e viene descritto come in questa fic, cioè simile a Goku ma più sveglio e stronzetto… e ci sarà un perché anche per questo cambio di atteggiamento!), vorrebbero avvicinarsi in qualche modo ma non trovano un appiglio, arrivando però a riuscire a scalfirsi a vicenda scoprendo alcune carte molto, molto intime.
Riusciranno a scalfire le proprie corazze ed avvicinarsi sul serio? Riusciranno a superare i propri problemi?

Si è scoperto che Sherry è figlia di un grandissimo pezzo di merda (considerato  più o meno normale tra la sua gente) e una visionaria (considerata pericolosa), e questa è solo la punta dell’iceberg. Per alcuni aspetti, gli Spettri sono peggio dei Saiyan. Molto peggio. Già il fatto che i Saiyan, per quanto si ritenessero superiori a tutti, non si facessero problemi ad interagire con altre specie, mentre per gli Spettri è un’onta, dovrebbe dirvela lunga. Per questo non hanno mai provato a sopraffare gli umani: li evitano, per loro sono feccia (anche se quando se li trovano davanti, li trovano molto appetitosi). Preferiscono restare liberi nella natura piuttosto che interagire. Sono pochi quelli che dicono “bah, forse forse non è proprio il peggio del peggio avere un umano come amico… saranno deboli come pulcini in petto a noi, ma ci si può parlare!”… e sono considerati come dei folli da eliminare.
Bella gente, eh?
Ma vedremo tutto nel dettaglio col proseguire della storia. E i dettagli andranno solo peggiorando!
NB: pure Sherry e Bree non erano proprio belle persone eh, anzi!!!

Infine, sì: a Sherry e Bree piacciono gli Happy Tree Friends! 🤯🤣

Beh, direi anche basta per adesso… devo tornare a scrivere, voglio pubblicare il prima possibile il prossimo capitolo!

A preso, un bacione
Kiki 🤙🏻

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: KikiShadow93