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Autore: Cry_Amleto_    04/12/2019    2 recensioni
★★ Calendario dell’Avvento 2019 by Fanwriter.it!
«Ri, andiamo a vederlo lo stesso, Psycho. Li hai portati i biglietti, no?»
Il piano era quello fin dall’inizio, è vero, ma Richie non può evitarsi di guardarlo con occhi talmente sgranati che le sopracciglia sono completamente nascoste dal ciuffo folto.
«Tu, Edward Kaspbrak, mi stai proponendo di uscire dalla finestra per andare al cinema? Con il ghiaccio sugli infissi, sui rami del pioppo, sulle strade?» chiede scandendo bene ogni singola parola.
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Prima FF su It, spero di non aver reso i personaggi troppo OOC.
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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WARINING!!!
È la prima ff di It che scrivo, quindi probabilmente i personaggi saranno OOC. I’m so sorry.
 
December 4th, 1960 - Derry
Ha nevicato poco prima che Richie, armato di coraggio e di un cappello di lana decisamente imbarazzante, mettesse piede fuori casa. Contrariamente alle aspettative, però, di bianco non c’è proprio niente: il nevischio a contatto con la strada polverosa si è trasformato in un blocco ghiacciato di fango. A stento riesce a mantenere il controllo sulla bici mentre sfreccia per la strada principale di Derry. Il vento si intrufola con forza nella sua giacca a vento aperta, facendolo rabbrividire e minacciando di buttarlo definitivamente a terra. I grandi occhiali appannati, poi, certamente non aiutano.
Come sia arrivato sotto casa di Eddie tutto d’un pezzo se lo chiede anche lui, mentre smonta e fa scattare il cavalletto. Strofina le mani, cercando inutilmente di far riacquistare loro sensibilità. Risolve togliendosi il berretto e infilandocele dentro. Il rosso, il verde e il blu accesi del capo gli fanno storcere la bocca. Almeno così quell’orribile coso ha una qualche utilità. Alza lo sguardo sul porticato di Eddie, ma dell’amico ancora non c’è traccia. Eppure si sono dati appuntamento per telefono. Richie è anche – stranamente – in perfetto orario. Con un sospiro, si avvicina al campanello. Si ferma un attimo prima di bussare. Oltre la porta, può sentire le urla della signora K vietare al figlio di uscire. Richie si sistema gli occhiali sul naso con l’indice, capendo al volo la situazione. Parcheggia la bici accanto ad un albero, per poi andare sul retro dell’abitazione. Si arrampica sul solito pioppo, incespicando un po’ a causa delle dita irrigidite dal freddo, e in pochi istanti è alla finestra dell’amico. Come al solito è sbloccata. Non senza difficoltà, riesce a farla scorrere più in alto. Scivola finalmente nella calda stanza in penombra e si nasconde nell’angolo più buio, attendendo in agguato il ritorno di Eddie. Ci mette pochi istanti a pianificare lo scherzo. Quando Eddie sarebbe entrato, avrebbe imitato la voce del Clown Di Merda, com'era stato ribattezzato Pennywise ai tempi, e poi-… Eccolo. Sente i suoi passi salire lo scale. Trattiene a mala pena un sogghigno elettrizzato.
 
Per Eddie Kaspbrak quella domenica non è iniziata per niente bene. Dopo aver osato starnutire in presenza di sua madre, quella lo ha sommerso di maglioni e coperte, così tanto da riuscire a stento a camminare. Poi il triliardo di pillole che lo ha costretto ad ingerire – tanto lo sa ormai che è solo placebo – e la borsa d’acqua sulla testa e quell’orribile intruglio d’erbe che ha dovuto mandare giù. E adesso l’ultima goccia.
«Tu non vai da nessuna parte con questo tempo! Già hai i primi sintomi dell’influenza, voi prenderti una broncopolmonite?! Spezzerai il mio povero cuore! Mi farai morire! E sai cosa succederà dopo?! Nessuna di quelle megere delle mie sorelle ti vorrebbero mai intorno! Finiresti bloccato nel sistema, spostato da un centro di recupero minori all’altro! E con la tua salute, Pisellino, non durerai a lungo, lo sai! Ora fila in camera tua! E non voglio storie!»
Ma oggidevoandare, vorrebbe dire, ma un nodo alla gola lo soffoca.
Non si farà veder piangere, però. Ha sedici anni, adesso, non è più un bambino. Si trascina lentamente su per le scale, il corpo esile pesante come mai prima. È solo quando la porta è finalmente chiusa dietro di lui, le spalle contro il legno solito, che singhiozzi soffocati lasciano le sue labbra strette.
 
Richie è impietrito, gli occhi sgranati. Tutti i suoi propositi sono caduti come un castello di carte. Eddie sta piangendo. Un senso di frustrazione gli artiglia le spalle, irrigidendole. Non è la prima volta che vede lacrime sul suo viso, è ovvio, si conoscono dall’asilo. Ma, come quando erano bambini, non sa come reagire. È solo dopo qualche istante che riesce a sciogliersi dalla sua paralisi. Si avvicina lentamente ad Eddie, come farebbe con un animaletto spaventato. Sussurra piano il suo nome per non farlo sobbalzare quando lo tocca sulla spalla, cercando di confrontarlo.
«Ehi amico, la signora K ci è andata giù duro questa volta, eh?» chiede esitante, accucciatogli difronte.
Nonostante le premure dell’altro, Eddie non può impedirsi di sobbalzare nell’accorgersi della presenza di Richie. Resta a guardarlo per un lungo istante come se lo vedesse per la prima volta, oltre il velo di lacrime. La crisi d’asma imminente e il pianto non gli permettono di rispondere, quindi si limita a fare la cosa che in quel momento appare più logica: si getta su di Richie, allacciandogli le braccia intorno al collo, forte.
«O-oh!» esclama sorpreso dallo slancio, rischiando di perdere l’equilibrio già precario. Risponde all’abbraccio di Eddie e, quasi senza accorgersene, inizia ad accarezzargli piano i capelli per tranquillizzarlo. Le gote di Richie sono in fiamme mentre il cuore gli scalpita nel petto. Ha un profumo così buono, Eddie. Sotto l’odore di disinfettante che sembra seguirlo ovunque, ci sono violette candite. Come faccia ad avere una simile fragranza non ne ha idea. Ogni volta lo stordisce leggermente.
«R-Richie…» mugugna il più piccolo. Poggia il viso rosso nell'incavo del collo dell’altro. «S-sei venuto... Fin qui…»
«Shh...» lo zittisce con dolcezza l’amico, prendendo il suo volto tra le mani. Gli asciuga le lacrime con i pollici, adagio, come se temesse di fargli male. «Certo che sono qui, è da un secolo che non riusciamo a vederci.»
Vedendo il respiro di Eddie farsi sempre più veloce, si allunga verso il suo marsupio poggiato sul comodino. Sfila l’inalatore e glielo poggia sulle labbra. Rimane qualche istante immobile, instupidito, fissando come i morbidi cuscinetti rosa si adattassero al beccuccio bianco. Quando si rende conto del tipo di pensieri che vorticano nella sua mente, le orecchie gli si incendiano. Distoglie lo sguardo puntandolo ostinatamente sul pavimento.
Le mani di Eddie raggiungono l’inalatore prima che Richie lo faccia cadere, senza accorgersi della tempesta ormonale che ha appena scosso il suo amico. Due colpi secchi e finalmente il suo respiro riesce a calmarsi.
«Scusami. Non volevo che mi vedessi piangere, di nuovo. Non dirlo in giro, okay?» Forza un sorriso minuscolo per cercare di alleggerire la tensione. «O Bowers sarebbe capace di scappare di prigione solo per farmi fuori.»
«Non vedo l’ora di scriverlo a caratteri cubitali sulle porte dei bagni di scuola» replica l’altro, sornione, immediatamente rasserenato.  
Si alza in piedi e mette mano allo zaino che ha in spalla. Ne estrae una barretta di cioccolato.
«Dato che oggi mi sento magnanimo, potrei addirittura concederti due quinti di questa delizia.»
Inizia a sventola il dolce davanti ai suoi occhi, un sorriso largo a scoprirgli i denti. L’ha portata solo per lui, in realtà. Sa quanto sia severa la madre del suo amico sui dolciumi. Quanto lo sia su tutto, in verità.
Viene prontamente ricompensato dallo sguardo sgranato di Eddie che segue il dondolio della barretta.
«E se me la dessi tutta?» Ghigna il ragazzino pieno di lentiggini.
Con un piccolo balzo, non molto agile, cerca di slanciarsi per prendere la cioccolata dalle mani del suo amico. Richie la tiene troppo in alto però, prendendosi gioco della sua altezza. Eddie aggrotta le sopracciglia, per poi gettarsi pesantemente contro di lui per atterrarlo. L’amico, sorpreso, perde l'equilibrio, cadendo sul letto e trascinandoselo dietro. Richie rimane per qualche attimo congelato, sentendo il peso, il calore, dell'altro su di sé. La presa sulla barretta si allenta, il dolciume perde improvvisamente di importanza.
Eddie ne approfitta per sfilarglielo. Si siede prepotentemente sul suo petto e inizia a scartarlo. Richie rimane semplicemente immobile a fissarlo, mentre addenta energicamente la barretta. È intontito, batte le palpebre una decina di volte prima di riuscire a tornare in sé. A quel punto, inizia a solleticargli i fianchi, da sempre il punto debole dell’amico.
«Se non mi dai un pezzo la mia vendetta non conoscerà fine!» ulula, dimentico della presenza della signora Kaspbrak al piano inferiore.
Per loro fortuna, Eddie gli preme rapidamente una mano sulle labbra, soffocando il grido e fulminandolo con uno sguardo assassino.
Richie lo lascia andare non senza avergli strappato un’altra risata incontrollata. Crolla supino sul letto, al suo fianco, un sorriso ancora sulle labbra. Rabbrividisce nel sentire gli spifferi dagli infissi sgangherati.
«E così questo è il nostro ultimo giorno a Derry insieme, eh?» Non prova neanche a mascherare la patina di tristezza nella sua voce. Si puntella su un gomito per guardarlo negli occhi.
Il cuore di Eddie non può impedirsi dallo sprofondare. Avrebbe voluto che quell’argomento non sarebbe mai stato affrontato.
«Già…» si limita ad asserire. Si gira, guardandolo con un sorriso appena accennato. «In fondo mi mancherai, Boccaccia.»
Lo sguardo di Richie è serio, nonostante il sorrisetto sulle labbra. «Anche tu mi mancherai, carino» risponde a mezza voce. Si allunga a raccattare la cioccolata abbandonata sulle coperte. La porge quindi ad Eddie, lo stomaco improvvisamente chiuso.
Da quanto tempo si conoscono? Da una vita intera. E tanto basta ad Eddie per scorgere il tormento nell’espressione del suo migliore amico. Vorrebbe cancellarlo via così come lui ha fatto con le sue lacrime. Improvvisa, un’idea lo fa drizzare seduto.
«Ri, andiamo a vederlo lo stesso, Psycho. Li hai portati i biglietti, no?»
Il piano era quello fin dall’inizio, è vero, ma Richie non può evitarsi di guardarlo con occhi talmente sgranati che le sopracciglia sono completamente nascoste dal ciuffo folto.
«Tu, Edward Kaspbrak, mi stai proponendo di uscire dalla finestra per andare al cinema? Con il ghiaccio sugli infissi, sui rami del pioppo, sulle strade?» chiede scandendo bene ogni singola parola.
«Tu sei venuto fin qui senza morire, no?» risponde prontamente Eddie, non lasciando nessuno spiraglio alle solite paure.
Richie gli poggia una mano sulla fronte.
«Sicuro di stare bene?» lo canzona.
Eddie sbuffa. Si alza dal letto e scivola oltre la finestra aperta sotto lo sguardo sempre più basito dell’amico.
«Ti muovi o no?!» gli chiede, saltando giù dal pioppo.
Richie ride.
 
 
«Ehi Eds.»
«Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?!»
«Devo dirti una cosa.»
«Sto aspettando, non farmi invecchiare. Sbrigati che siamo quasi arrivati sotto da me.»
«Fermati un attimo, per favore.»
«Ehi, tutto okay amico? Mi stai facendo preoccupare.»
«Io…»
«Hai qualche malattia terminale? In realtà dentro ti senti donna? Hai scoperto che da grande ti cadranno tutti i capelli? Dimmi che è l’ultima. Saresti davvero terribile senza.»
«Io… sono innamorato di te, Eds.»
«Tu… cosa? In che senso? Cioè, innamorato-innamorato?»
«Chiudi il becco, Kaspbrak. Non mi devi rispondere ora, okay? Anzi, non ci pensare proprio a farlo.»
«Okay, ma Richie, io…»
«No ho detto. Non mi rispondere. Tra sei mesi precisi torno, 4 giugno, okay? Ci vediamo alla scogliera dei tuffi. Se non ci sarai, capirò. Ciao, Eds.»
«Ma Richie, io… Ehi! Dove corri! Torna qui! Ti ho detto di non chiamarmi “Eds”…»
 
 
June 4th, 1960 - Derry
Eddie stringe in una mano il biglietto del cinema datato al 4 dicembre. L’ultimo giorno di Richie a Derry. Il loro ultimo giorno. La brezza estiva soffia forte sulla scogliera. Richie non gli ha dato un orario, prima di correre via quel giorno. Non ha idea di quando arriverà. Si tiene ben lontano dal bordo dello strapiombo, rannicchiato vicino ad un albero.
Lo aspetta da ore, le braccia sottili avvolte intorno alle ginocchia, ma continua ad aspettarlo.
Continua ad aspettarlo e il sole tramonta all’orizzonte.
Continua ad aspettarlo e scivola nel sonno.
Una frase, sulle labbra, poche parole. Una risposta.
Anch’io sono innamorato di te, Ri.
 
Dicember 4th, 1984 – Los Angeles
Richie Tozier è lontano. Trova un vecchio biglietto del cinema, in fondo al cassetto dei calzini.
Psycho, cinema di Derry, Sala A, 4 dicembre 1960.
C’è una scritta a penna, sul bordo più in alto.
Sei uno scemo, ma mi mancherai. -Eddie
Lo guarda confuso. Non ricorda di aver visto il film a cinema, né con chi ci sia andato. Non ricorda neanche di Derry o di questo Eddie. È un nome familiare, però. Gli stringe il cuore in una morsa nostalgica che non riesce a giustificarsi. Accartoccia il biglietto come per cancellare con esso quell’orribile sensazione che gli mozza il respiro. Un gemito lascia subito dopo le sue labbra, pentito. Stira le pieghe della carta con le dita, quasi con sacralità. Senza chiedersi troppo il perché, lo fa scivolare nel suo portafogli.
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Ed eeeeccoci qui. Niente, in realtà fa schifo. Ci ho provato, anche se sento i bambini - Richie ed Eddie, obv - bestemmiarmi violentemente dietro. E vabb. Fatemi sapete che ne pensate e se trovate errori, per favore, ditemelo. Tranquilli, più brutte e cattive sono le critiche e più sono felice ^^
   
 
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