Storie originali > Soprannaturale > Licantropi
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Autore: BabaYagaIsBack    05/12/2019    0 recensioni
●Book I●
Aralyn e Arwen anelano alla libertà. Fin dall'alba dei tempi quelli come loro sono stati emarginati, sfruttati, ripudiati, ma adesso è giunto il momento di cambiare le cose, perché nessun licantropo ama sottomettersi, nessun uomo accetta la schiavitù. Armati di tenacia e coraggio, i fratelli Calhum compiono la più folle delle imprese, rubando a uno dei Clan più potenti d'Europa l'oggetto del loro potere. In una notte il destino di un'intera specie sembra cambiare, peccato che i Menalcan non siano disposti a farsi mettere i piedi in testa e, allora, lasciano a Joseph il compito di riappropriarsi del Pugnale di Fenrir - ma soprattutto di vendicarsi dell'affronto subìto.
Il Fato però si sa, non ama le cose semplici, così basta uno sguardo, un contatto, qualche frecciatina maliziosa e ogni cosa cambia forma, mettendo in dubbio qualsiasi dottrina.
Divisi tra il richiamo del sangue e l'assordante palpitare del cuore, Aralyn e Joseph si ritroveranno a dover compiere terribili scelte, mettendo a rischio ciò che di più importante hanno.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
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58. Last Chance

4 giorni, 18 ore, 37 minuti

Aralyn usò l'ultima arma che aveva a disposizione: quell'amore malato che li aveva uniti da sempre – e per farlo dovette ricorrere a tutta la forza di volontà che sentiva in corpo. Spinse fuori dai denti quella supplica, gettandola addosso ad Arwen conscia che fosse una bomba a orologeria, poi attese.
Ogni secondo di silenzio, però, le faceva sempre più contorcere le budella. Non aveva idea di come lui avrebbe potuto reagire, men che meno sapeva come affrontare le conseguenze delle sue parole. Sì, perché il suo Alpha avrebbe certamente costruito castelli di sabbia su quel sentimento da lei millantato, mutato pian piano con la presenza di Joseph al suo fianco. A differenza di quello per il fratello però, quello che provava per il Puro, era un sentimento che continuava a viverle dentro, al pari di un fuoco fatuo – labile, eppure impossibile da estinguere.
Il viso dell'albino diventò una maschera di stupore, quasi non si fosse aspettato una simile dichiarazione. La fissò con una curiosità che Aralyn temette. Era certa che suoi occhi indagatori avrebbero potuto scorgere in lei qualche sorta di dubbio, ma dalla sua bocca non uscì nulla, solo respiro caldo.
Che non vedesse la crepa formatasi tra loro dopo il primo bacio che aveva dato a quel traditore, durante un innocente allenamento all'aria aperta? Possibile che non si accorgesse del vuoto che si era formato tra loro dopo che era stata sua? Era possibile che Arwen fosse tanto cieco? Forse, ebbro del suo sentimento animale, non riusciva a rendersi conto che ora, in lei, viveva qualcosa di più umano – un amore fraterno che non sarebbe più mutato.
Mordendosi la lingua per impedirsi di dire qualcosa di sbagliato, si rimise dritta, senza però arretrare. Ferma in mezzo alle gambe dell'Alpha, alla mercé di qualsiasi sguardo indiscreto, vista la poca intimità del portico, rimase in attesa di qualcosa che nemmeno lei seppe definire.
La reazione di Arwen però non fu quella aspettata e, afferrandole con poca grazia un polso, la fece nuovamente chinare all'altezza del suo viso, sfoderando un ghigno che alla ragazza fece tremare le ginocchia. La prese poco sotto alle croste dovute all'argento, nella parte ancora livida del braccio – e strinse, tanto che Aralyn si dovette imporre di non storcere la smorfia.

Era pazzo? Non si rendeva conto del dolore che le stava procurando?

Il capobranco, nuovamente a un soffio dal viso di lei, ringhiò: «Se non ti fosse chiaro, ragazzina, è proprio perché provo determinate cose per te, che non ti voglio vedere sgozzata da un lurido Menalcan».
Una motivazione certamente più logica di quanto la ragazza volesse ammettere, ma che comunque non l'avrebbe fermata dal compiere il suo dovere - non voleva alcun conto in sospeso con Joseph e, se per farlo avrebbe dovuto impedire ad Arwen di ucciderlo, allora gli avrebbe messo i bastoni tra le ruote.
Ad ogni modo, nell'obiettare, la voce le tremò, ma non poteva certo dargliela vinta così; non poteva lasciarlo partire senza di lei.

«Eppure non ti ha mai fermato, questo amore. Quando ti faceva comodo ero la prima a essere buttata nella mischia. Non sono forse le tue fauci e i tuoi artigli? Allora come puoi negarmi questa battaglia?»

Un guizzo febbrile passò negli occhi dell'uomo e prima che potesse rendersene conto, Aralyn si trovò con la schiena sbattuta contro un palo in legno, mentre le dita di lui le si stringevano al collo – furiose quanto il loro proprietario per quella mancanza di rispetto.
Fu scontato, con quella reazione, attirare su di loro i pochi occhi presenti in cortile, ma ciò non servì a calmare il capobranco che, ancora più imbestialito di quanto potesse essere stato nei giorni precedenti, provò a rimetterla in riga.

«Non osare parlarmi così» le disse a denti stretti, mentre i connotati del viso prendevano a mutare, seguiti da un raccapricciante suono di ossa in continuo movimento.
Seppur nolente, la ragazza-lupo si ritrovò a pentirsi di aver osato tanto, di avergli sbattuto in faccia quel fatto – dopotutto lei era sempre stata la prima ad accettare senza esitazioni quelle missioni e, quando agli inizi Arwen si era ritrovato restio a farla partire, lei si era infilata senza permesso all'interno dei bagagliai delle auto in partenza, provando a dimostrargli quanto fosse degna di essere il suo gladiatore in quell'arena di belve.
Cosa cambiava, ora?
Perché non la riteneva più degna?
Che temesse di poterla perdere sul serio, dopo quello che era successo?

«Io sono il tuo Alpha, Aralyn, che tu lo voglia o no, quindi se dico che resti qui, lo fai» ringhiò ancora, questa volta avvicinandosi tanto da toccarle la punta del naso.
Ma lei era testarda, avrebbe dovuto saperlo visto che era una dote comune e, quindi, a dispetto della paura provata in quel momento, riprese con il piano iniziale. Una lacrima le corse giù dall'angolo dell'occhio, bollente come il sole estivo: «N-non t-ti lasc-scio» si sforzò di biascicare, anche se la presa al collo non aiutava affatto il suo tentativo. Arwen stringeva, incurante di quanto male le stesse facendo. La stava punendo per aver osato sfidare la sua autorità, come i primi tempi dopo la convalescenza; e una sola parola sbagliata avrebbe potuto far sì che i suoi artigli si puntassero sulla giugulare, minacciandola in modo concreto.

«T... io t-ti amo trop-troppo per p-per-perder-ti» mentì, aggrappandosi un'ultima volta al suo cuore e cercando di graffiarlo a tal punto da farlo cedere; cosa che d'un tratto parve avere una qualche sorta di effetto su di lui.

L'uomo mollò la presa, si morse il labbro e volse la testa in un gesto di resa.
Passò le lunghe dita in mezzo alla chioma pallida e poi, dopo alcuni istanti di totale silenzio, fece saettare lo sguardo su di lei, mozzandole il respiro.
Cosa le avrebbe fatto? Quali parole le avrebbe rivolto?

«Se ti comando di andar via, però, lo fai. Non accetto insubordinazioni, Ara. Questa non è una cazzata, lo capisci? Ho bisogno di sapere che sopravvivrai a me e ai Menalcan».

E, sentendo una perversa gioia scaldarle il petto, Aralyn annuì, fiera di aver almeno ottenuto il permesso di seguirli.

3 giorni, 8 ore, 7 minuti

Aralyn osservò la finestra per qualche istante, lasciando che gli occhi si riempissero della luce tenue del mattino marzolino. 
Aveva passato la notte sveglia a osservare il mondo intorno a sé; la fauna dormiente e la flora viva, gli astri intenti a danzare sopra la sua testa con una lentezza invidiabile – e a compiacersi. Provava una sorta di appagamento sapendo che, alla fine, aveva ottenuto ciò che desiderava: tornare a Villa Menalcan, proteggere sia suo fratello, sia il licantropo che le aveva spezzato il cuore e poi, finalmente, dirgli addio - senza lasciare nessun debito in sospeso.

Era una follia, certo, lo sapeva bene anche lei, eppure non poteva impedirsi di desiderare di vederlo un'ultima volta – e poi cancellarlo per sempre dalla propria memoria. Lo doveva a Kyle prima che a chiunque altro. Doveva a quel martire la consapevolezza che lei, infine, avesse accettato l'aiuto di Joseph Menalcan, ma che per il bene di entrambi e il dolore che le dilaniava il petto ogni volta che il suo nome si faceva completo nella mente, aveva deciso di abbandonarlo.

Dopotutto, persino se non l'avesse tradita a quel modo, non avrebbero mai potuto stare insieme. Il Duca, così come suo fratello, avrebbero reclamato il sangue del suo casato fino alla fine dei tempi, e lei, da brava soldatessa, avrebbe dovuto portarglielo.

Questo avrebbe quindi sottointeso la morte di uno di loro – anche perché, per un Puro, specialmente se Nobile, lasciare il proprio branco era cosa assai rischiosa. Molti clan, come i Menalcan, ma anche quello di Ophelia e di altri membri del Concilio, non vedevano di buon occhio gli esili, piuttosto, preferivano uccidere il malcapitato che voleva allontanarsi da loro, in modo che la sua discendenza non potesse mai né macchiarsi, né tornare a reclamare il proprio posto nel branco.

La tolleranza, in certi ambienti, rasentava il nulla.

Con uno sbuffò, Aralyn volse lo sguardo verso la cassapanca infondo al letto, lì dove, con estremo anticipo e attenzione, aveva posto gli indumenti che avrebbe indossato per l'ultimo viaggio verso Joseph. Sì, perché mai sarebbe tornata, mai gli avrebbe permesso di ghermirla e ferirla nel modo in cui aveva fatto. Avrebbe ripreso a considerarlo solo un nemico, un licantropo da cui tenersi lontana, ma il quando, era ancora da definire.

   
 
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