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Autore: Emmastory    05/12/2019    4 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-III-mod
 
 
 
Capitolo XXV

Amor sacro e non profano

Sostituendosi al buio, la luce vinse un’ennesima e strenua battaglia per regnare sulla foresta, e faticando a svegliarmi, fui accolta da un lancinante dolore alle tempie. Anche se solo per pochi istanti, non vidi nulla, ma allo stesso tempo fu come fissare il sole. Frastornata, mi schermii gli occhi per proteggermi, e quando finalmente il bianco nulla smise di stringermi fra le sue spire come un venefico serpente, capii, e ogni ricordo, seppur sfocato, tornò presto al suo posto nella mia mente. Il volo, l’inizio del viaggio, la pausa forzata, i tentativi della foresta, e poi l’oblio. Finalmente sveglia, mi scoprivo in un letto non mio, e provando a liberarmi delle coperte, per poco non caddi, debilitata da un capogiro. Colta dal dolore, mi lamentai a denti stretti, e sorprendentemente, una sorta di voce rispose. Dolce e quasi angelica, ma non umana. Era Cosmo, che sgusciando da sotto il letto, teneva le zampe ben piantate sulla coperta, preoccupandosi per me. A quanto sembrava, doveva aver vegliato su di me per tutta la notte, e a tradirlo c’erano gli occhietti appena aperti e il respiro spezzato da continui sbadigli. “Cosmo!” chiamai, felice di rivederlo. “Hai fatto tu la guardia, vero?” chiesi poco dopo, sforzando un sorriso e accarezzandogli piano la testa con la mano. Per tutta risposta, l’Arylu abbaiò festoso, e volendo starmi vicino, azzardò un tentativo di unirsi a me su quel giaciglio. “No, fermo, fermo! Sono sveglia!” quasi urlai, scoppiando a ridere e alzando improvvisamente la voce, non badando al tono che utilizzai nel parlare. Drizzando le orecchie, il cucciolo tornò a sedersi, e composto, si limitò a guardarmi, l’azzurro dei suoi occhi fisso in quello dei miei. Contagiata dalla sua tenerezza, gli regalai un sorriso, e non appena si avvicinò per leccarmi una mano, il mio mal di testa scomparve. Sapevo bene di non essere guarita, o almeno non del tutto, ma nonostante le sciocchezze di quel lupacchiotto e il suo goffo teatrino, la mia preoccupazione era una sola, o per meglio dire, due. Ora che ero sveglia, che sarebbe successo ai miei bambini? Ce l’avevano fatta? Si erano ripresi dopo il mio svenimento? O era troppo tardi? Domande che mi vorticavano in testa come uno sciame di affamate locuste, voraci come sempre ma stavolta incapaci di trovare un lauto pasto. Se questo accadeva c’era una ragione, ossia la mancanza di risposte a ognuno di quei quesiti. Con un nuovo sforzo, scalciai via le coperte e mi misi a sedere sul letto, e con la mente e le membra torturate dai dubbi, e lo sguardo fisso sulla porta ancora chiusa, attesi. Le risposte che cercavo non arrivarono certo in fretta, e dopo un tempo che non fui in grado di definire, scandito comunque dal ticchettio di un orologio appeso al muro e dal silenzio di una metallica sveglia sul comodino, la porta in legno si aprì rivelando due figure, una delle quali riconobbi all’istante. “C-Chris?” titubai, impacciata. Era strano, stentavo a crederci, eppure il mal di testa era tornato. Mi ero fidata della cura di Cosmo, ma dati i suoi poteri ancora acerbi, l’effetto doveva essere già svanito. “Kia, sei sveglia. Meno male, ero passato a controllarti, per vedere come stavi.” Disse appena, la voce bassa eppure udibile, corrotta da un sentimento che non riuscii a identificare. Forse preoccupazione, forse rimorso per non avermi aiutata prima della mia completa discesa nel buio, forse l’amore che provava per me nascosto in quel tono così criptico. Non ne ero sicura, e dato il momento non lo ero di nulla, ma allo stesso tempo, nient’altro importava. Lui era tornato da me, e con un sorriso sul volto e più di un battito nel cuore, provai ad avvicinarmi. Per mia sfortuna, quel tentativo fu inutile, e quando il dolore alle gambe mi costrinse a restare seduta, ridacchiai come una bambina, e con un gesto della mano, lo pregai di avvicinarsi. Annuendo, lui non si fece attendere, e in un attimo fu al mio fianco. Seduto e in disparte, adesso Cosmo si limitava a guardarci, e con la lingua appena fuori dalla bocca, agitava la coda. “Sta meglio, visto? Ed è grazie a me.” Sembrava dire, intelligente e fiero. Non avendo occhi che per Christopher, allargai le braccia per accoglierlo fra le mie, felice di vederlo ricambiare quel gesto e stringermi a sé. “Amore… sei sempre fantastico con me, sai?” gli sussurrai, sincera e innamorata. “Sembra che faccia parte del mio lavoro, vero?” rispose lui, azzardando quella domanda al solo scopo di divertirmi. “Però?” tentai, sicura che avesse altro da aggiungere. “Però fa parte di me, ed è così da quando ci siamo conosciuti.” Replicò lui, sorridendo appena e sfiorandomi le guance, che a quel tocco andarono a fuoco, imporporandosi all’istante. “Non ci lasceremo mai, giusto, custode?” continuai, rincarando la dose e perdendomi nel verde dei suoi occhi, che mi ricordavano la speranza che mai avrei osato perdere, così come la capacità di credere nei miei sogni. Sogni di cui lui faceva parte, e nei quali da tempo annoveravo la nostra famiglia, perfino da prima che questa diventasse una realtà. Dopo la perdita di conoscenza non sapevo se i nostri piccoli fossero sopravvissuti o se la malvagità degli spiriti ce li avesse portati via, ma nonostante questo volevo sperare, aspettare e sperare per il meglio, stringendogli la mano mentre mi accompagnava come aveva sempre fatto in quel viaggio chiamato vita. Per un pò nessuno di noi due disse nulla, ma con lo scadere di pochi secondi, forse abbastanza da formare un minuto, la sua voce mi distrasse da tutti i miei pensieri. Voltandomi a guardarlo, gli sfiorai piano una guancia con la mano, e prendendola nella sua, lui l’abbassò. “Già, mai, fatina, non ora che qualcuno oltre a noi potrà conoscere il nostro amore.” Quella la sua unica risposta, sincera quanto e forse più delle mie parole, colme dell’amore che provavo per lui. Tacendo a riguardo, quasi non avevo il coraggio di espormi e parlarne, ma se per molti era un sentimento astratto, per noi aveva un nome, un volto e una vera identità, ovvero proprio le nostre. La sua nel mio caso e la mia nel suo. Tranquilla, gli presi di nuovo la mano, e in silenzio, lui si sdraiò al mio fianco. Incuriosito, Cosmo trotterellò verso il letto, e all’improvviso, un suono alle sue spalle lo spinse a voltarsi. Qualcuno aveva bussato alla porta, e giunto in silenzio, aveva consegnato qualcosa. Sospettoso, il cagnolino si affrettò ad annusarla, e raccogliendola da terra, si avvicinò per mostrarcela. Con occhio attento, Christopher fu il primo ad esaminarla, e poco dopo, sempre in silenzio, me la porse. Incerta, sfiorai quel foglio con mani tremanti, e con una piccola ma affatto amara lacrima a solcarmi il volto, lessi senza una parola. Era una lettera di Sky, e una per una, le sue parole mi colpirono senza ferirmi, innocenti e inoffensive come morbide piume. Fra una riga e l’altra, mi asciugai gli occhi, e in quel mentre, qualcosa cadde dalle pieghe di quella lettera. Una strana pietra bianca simile al mio ciondolo, probabilmente una sorta di amuleto. Tornando a fissare lo sguardo sulla porta, ricordai i colpi sul legno, e chiudendo gli occhi mentre respiravo, una nuova luce parve splendere su di noi. Ora anche Marisa cercava di aiutarci, e fra un attimo e l’altro, rivolsi il pensiero anche a Sky, che ancora infelice, ma fortunatamente più calma, ammetteva di voler provare a fare la cosa giusta prima che fosse troppo tardi, prima che il suo amore per Noah, ancora fonte di dolore e gioia allo stesso tempo, appassisse come un tenero fiore nato nelle disgrazie dell’inverno. Rilassata come non mai, mi addormentai accanto a Christopher, stringendo al petto quella bianca pietra e scivolando nella quiete di un pomeriggio pieno di sole, certa di aver fatto quanto in mio potere per dimostrare che nonostante le liti, le incomprensioni e le effimere apparenze, l’amore poteva essere solo sacro e non profano.





Anche stasera aggiorno praticamente per il rotto della cuffia, e sperando che il capitolo vi sia piaciuto, vi lascio anche una foto che mostri l'aspetto, nonchè la bellezza della pietra appena ricevuta da fata e protettore. Apprendista strega, Marisa cerca di aiutarli come può, ma sarà abbastanza? Lo scopriremo nel prossimo capitolo, ma intanto grazie di tutto il vostro supporto,


Emmastory :)


Crystal 
 
   
 
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