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Autore: Deirbhile    06/12/2019    2 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Roberta fissava il soffitto di camera di Chiara, stretta com’era accanto a lei, con Benedetta qualche metro più in là, nella stanza di fronte al corridoio. Non si capacitava ancora della sfiga immensa che avevano avuto, ma cercava di respirare piano per non attirare l’attenzione: erano le due del mattino. Quanto era strana quella situazione? Solo qualche ora prima, la rossa accanto a lei- sì, proprio lei, la candida piccola della famiglia- era devotamente intenta a provocarle brividi con vent’otto gradi, mentre ora se ne stava con la schiena voltata dall’altra parte- facendo finta di dormire o che, Roberta questo non lo sapeva.

Come poteva descrivere quello che provava in quel momento? Frustrazione, ma anche sorpresa, elettricità, voglia che fosse subito mattina e Benedetta se ne andasse alla stramaledetta biblioteca di paese a ripassare qualche nozione di diritto pubblico, lasciandole sole in pace. Ricordava, dalle poche parole che suo fratello sporadicamente le rivolgeva, che era stata la geniale compagna di classe di Amedeo e che lui stesso ne era rimasto alquanto impressionato quanto a carisma, gentilezza e simpatia. Di sicuro, non aveva niente a che fare con la scorbutica fretta mattutina di Chiara, ma neanche- a suo parere- con il suo meraviglioso fascino da “scrigno chiuso”. Chiara, che probabilmente si era davvero addormentata, era proprio uno scrigno per Roberta: quanto più era chiusa, tanto più per lei era di una bellezza mortale vederla aprirsi, parlare a cuore aperto, senza timidezza né fronzoli, lasciar fluire fuori di sé, via dalla morsa dei pensieri, parole, gesti e occhiate che di solito non si sarebbe mai permessa. Le girava la testa al pensiero che fosse per lei, per Roberta, che questi sprazzi di colore fuoriuscissero senza preavviso, per la sorpresa di entrambe.

Per Roberta, che amava i colori-  l’essenza dei suoi disegni un po’ impressionisti- Chiara era il rosso amaranto con cui disegnava i contorni delle foglie in autunno, il verde brillante degli steli dei campi, il giallo ocra delle pagliuzze nei suoi occhi. Era una serie di colori esplosivi chiusi dentro un tubetto di metallo arrugginito. Un tocco, e il tappo saltava sotto la pressione delle sue dita, macchiandole le mani. Accarezzandole lievemente la pelle, quella sera, ne aveva avuto la prova. Chiara nascondeva dentro di sé una forza contagiosa: lei stessa se n’era sentita avvolta, come un colpo che l’aveva stesa a terra, facendole infilare le mani fra l’erba, nei passanti dei suoi pantaloncini, per aggrapparsi e non sprofondare.

Chiuse gli occhi, rassegnandosi, sentendo il respiro morbido di Chiara alla sua sinistra. Era un lettino singolo, ci stavano strette, ma nessuna delle sue sembrava volersi nemmeno sfiorare.

Chiara, qualche ora prima, aveva fatto frettolosamente le presentazioni e Benedetta (che, probabilmente, la conosceva già attraverso i racconti) stanca per il viaggio si era intrattenuta un po’ in salotto, per poi discutere sulla disposizione dei letti per quella notte.

-          Mi dispiace aver interrotto il vostro pigiama party- aveva detto.

Pigiama party! Roberta aveva cercato di reprimere il rossore e un ringhio un po’ feroce. Tua sorella dieci minuti fa era intenta a macchiarmi la camicetta di terra e di certo non era un gioco! Ma era stata zitta, perché voleva fare una buona impressione su di lei. Il pensiero che un giorno Chiara le avrebbe potuto rivelare la natura della loro relazione la teneva a bada.

-          Dunque, io potrei dormire nel letto di mamma e papà visto che non ci sono.

Chiara aveva dovuto probabilmente reprimere una risata alla vista della sua faccia di nuovo illuminata, come a gridare al miracolo. Ebbene, avrebbero comunque potuto dormire insieme! Eppure, con Benedetta a letto, Chiara si era infilata il pigiama e, schioccandole un bacio frettoloso e pieno di vergogna, tutt’e due si erano messe a dormire. O almeno, ci avevano provato.

 Io non capisco, perché non possiamo riprendere? Magari… Non aveva avuto il coraggio di replicare, anche perché non sapeva quanto fosse auspicabile continuare a galleggiare nell’atmosfera di prima, con una sorella a portata d’orecchio e a meno di tre metri di distanza.

Allo scoccare delle due e un quarto, però, Roberta si alzò agitata. Al diavolo, vado a prendermi dell’acqua, impazzisco. L’idea di Chiara vicino, delle sue gambe bianche fra le lenzuola, il modo in cui il cotone della sua maglietta le sfiorava leggermente il braccio, tutto la faceva letteralmente soffocare. Non pensava che potesse essere così bello e così dannatamente fastidioso allo stesso tempo. Dio, è come un prurito che non se ne va. Il sangue le solleticava la punta delle dita non appena chiudeva gli occhi, o si passava la lingua sulle labbra.  Chiara, Chiara, Chiara.

-          Sei sveglia?

Proprio mentre stava per sgattaiolare via dalla stanza, le mancò un battito. Si sentì risucchiare, come se qualcuno avesse tolto il tappo della vasca che in quel momento era il suo stomaco. Gorgogliava, si ritirava dentro se stessa, sempre più giù.

-          Sì, avevo sete.

-          Va bene, prendi dell’acqua anche a me.

Saltellò fino al letto, prese il viso assonnato di Chiara fra le mani e, con un tono di voce acuto che sembrò ridicolo anche a se stessa- da quanto era felice, euforico e spontaneo- la minacciò: - Non ti azzardare a riaddormentarti.

Camminando verso la porta la sentì ridacchiare sul cuscino e corse a rotta di collo giù per le scale, per non perdere nemmeno un minuto.

**

Vedendosi davanti Benedetta, qualche ora prima, ignara nel bel mezzo del loro giardino, Chiara aveva dovuto reprimere più di qualche parolaccia. Non aveva idea di come avesse fatto a modulare il suo tono di voce in modo che ne trasparisse solo la sincera sorpresa, e non il profondo disappunto. Sì, Ben! Sono qui, c’è Roberta con me! Che idiota che si era sentita!

Tutti i suoi sforzi si erano concentrati nel rendere il meno possibile sospettosa la presenza di Roberta in casa, a partire dal loro aspetto decisamente sconvolto, i capelli all’aria e i fili d’erba sulla schiena, la musica, i dischi per terra. Roberta era rimasta zitta finché non le aveva presentate lei, e avrebbe giurato che la sua mano- nello stringere quella di Benedetta- tremasse letteralmente dall’imbarazzo. La situazione era decisamente tragicomica. La prima cosa che le era venuta in mente, camminando verso la cucina per versare un po’ d’acqua a sua sorella, fu che avrebbe fatto divertire Carmen e Ivan per almeno una settimana.

-          Quanto rimani qui, Ben?- le aveva chiesto, che tradotto sarebbe stato quando mi lasci casa libera per fare cose che di sicuro non vorresti sapere?

Si era seduta accanto a lei al bancone della cucina, e poggiando con nonchalance il braccio in modo da coprirsi la macchia che aveva sul collo. Roberta, a quel gesto, le sembrò stesse per soffocarsi con succo d’arancia.

-          Tutto okay, Roberta? Ti serve qualcosa?-

Benedetta le si era avvicinata come per paura che si stesse strozzando davvero, e Chiara tirò un sospiro di sollievo quando vide che sembrò non accorgersi che alla base della gola aveva una macchia simile alla sua.

Che Cicerone mi fulmini! Non posso sopportare quest’imbarazzo.

Poi tutto si era risolto quando sua sorella- stanca e con l’unico desiderio di riposarsi- aveva pacificamente optato per dormire nel lettone dei suoi genitori e, notando il ghigno di Roberta, Chiara si era morsa il labbro per non ridere, soprattutto quando l’aveva sentita replicare:

-          Sì, e io dormirò con Chiara, dobbiamo pur farlo questo pigiama party!

Si sentiva fuori di testa, come annebbiata, ubriaca. Ma ciò nonostante, entrando nella sua stanza e indicando a Roberta il letto, il pensiero che Benedetta- sua sorella!- fosse dall’altra parte del corridoio, le mise così tanto panico che si rintanò in bagno a lavarsi i denti e, al ritorno, spense la luce e senza troppe cerimonie bisbigliò: Buonanotte!

Decisamente, Carmen e Ivan avrebbero avuto di che ridere.

**

Ora, vedendo la testa di Roberta sporgere dallo stipite della porta, e poi camminare in punta di piedi verso il letto- con in mano due grossi bicchieri d’acqua- a Chiara venne in mente che i suoi stupidi sforzi di addormentarsi sarebbero andati bellamente alla malora.

-          Chiudi la porta dietro di te- disse. Roberta le sorrise come una bambina felice davanti ad un gelato e non contò fino a tre che la porta era già chiusa a chiave (per sicurezza, avrebbe sempre potuto giustificarsi dicendo che Roberta era sonnambula, quella sì che era un’idea geniale!) ed era già accanto a lei, invadendo il suo spazio vitale.

-          E ora?

-          Beh, non lo so.

Roberta rise e Chiara pensò di non averla mai vista così spensierata.

-          Perché ridi?- e rise anche lei, di riflesso.

-          Perché sei bella e mi fai ridere.

-          Vuoi dire che sono ridicola?- aggrottò teatralmente le sopracciglia. Roberta le passò un dito sulla fronte, scendendo fino alla punta del naso.

-          No, voglio dire che sei bella.

-          Sei di poche parole stasera.

Chiara la vide mordersi le guance, per non scoppiare di nuovo in una risata, e poi aggiungere: - Tu me le hai tolte tutte.

-          Ugh! Che schifo, quanto sei melensa!

-          L’ho fatto a posta, scema!

Cercò di darle un colpetto alla testa, ma prima che riuscisse anche solo ad allungare il braccio- stretta com’era fra il cuscino e il corpo di Roberta- si sentì prendere il viso dalle sue mani e chiudere la bocca senza grandi preamboli. Oh bene, questo va molto bene.

-          Sei sicura di continuare con mia sorella accanto?- si concesse il lusso di domandare, ma ormai la risposta non importava neanche a lei.

Prima o poi avrebbe parlato con Benedetta, era sicura che sua sorella sarebbe stata comprensiva e l’avrebbe appoggiata in qualunque caso, forse si sarebbe solo sentita un po’ in imbarazzo ripensando all’episodio di quella sera. Ma per il resto, forse per la notte ormai profonda e irreale, forse per la porta chiusa, o forse perché la pelle di Roberta era così calda e rassicurante, Chiara si sentì solo una normale adolescente innamorata della sua ragazza, senza grosse questioni come il coming out, il segreto e l’ansia di essere scoperta. Sarebbe andato tutto bene, in qualche modo ne era sicura.

-          Solo se tu sei sicura.

Roberta sembrò aspettare che lei annuisse, per poi abbracciarla e aggiungere: - Sei proprio stupenda.

-          Anche tu.

-          Sono felice di averti trovato, non condividerei questo con nessun altro al mondo. Grazie.

**

Il giorno dopo, a colazione, Chiara e Roberta sorseggiavano in silenzio ognuna il proprio tè. I tentativi di Benedetta di fare conversazione erano stati da lei subito abbandonati quando aveva visto che entrambe, decisamente assonnate, non avevano la benché minima voglia di aprire bocca. Seduta sul suo sgabello, le osservava incuriosita. Si era chiesta più volte, da quando Chiara gliene aveva parlato, come mai fosse nato quell’improvviso e stretto legame fra le due. Non conosceva bene Roberta- l’impressione che ne aveva ricavato la sera precedente era breve, seppure positiva- ma conosceva abbastanza sua sorella per trovarla una cosa curiosa, quel suo modo improvviso di attaccarsi, l’interesse, il segreto. Non ricordava di averla mai vista comportarsi in questo modo, e se a questo aggiungeva i sospetti riguardo i suoi ultimi malumori sentimentali, ne ricavava un quadro piuttosto confuso e del tutto improbabile. Vedendole lì, sedute l’una accanto all’altra, pacificamente sorseggiando dalla propria tazza, Benedetta fu pervasa da un improvviso e inaspettato senso di tranquillità, di casa. Finendo il suo espresso, chiuse gli occhi per un istante e pensò: che bello essere tornata.

Dall’altro lato del tavolo, Roberta faceva di tutto per tenere gli occhi aperti. Doveva ammettere che l’idea di non dormire tutta la notte ora le si presentava in tutte le sue conseguenze, ma l’avrebbe rifatto dieci e cento volte. Si sentiva la testa leggera, come in un calo di zuccheri, e addentò una brioche per non stramazzare completamente a terra. Sbirciò Chiara, che teneva gli occhi sul tavolo e di tanto in tanto mormorava risposte sconnesse a sua sorella, e non poté fare a meno di soffermarsi brevemente sul suo viso, sulle sue labbra, sulla pelle d’oca che le si era formata sulle braccia, nell’aria fresca del mattino. Era in assoluta adorazione. Si impose, però, di non chiudere gli occhi: si sentiva ancora attraversare dai brevi flash della notte precedente, come se fosse ancora lì, nel letto in cui Chiara aveva dormito per tutta la sua vita fino a quel momento, fra le sue lenzuola, il suo odore, la sua storia che le si svelava piano piano sempre di più. Avrebbe voluto immergersi dentro di lei, sondarla, conoscere ogni spazio che le fosse stato concesso. Questa sua fame di informazioni, di contatto, era una cosa più forte di lei. Più conosceva Chiara, più stava con lei, e più se ne sentiva completamente inondata. È la stessa curiosa sensazione che viviamo tutti, quando ci innamoriamo. Il mondo si riduce ad una piccolissima finestra attraverso cui vogliamo vedere solo l’altro. Le sue labbra rosse, i suoi sospiri, le sue risatine prontamente soffocate per non destare sospetti, la pelle del suo collo, delle sue orecchie. Roberta avrebbe voluto dipingere tutto, ma quello che ne sarebbe uscito sarebbe stata solo una grossa nube bianca, densa, penetrante come la nebbia. Come il primo orgasmo che aveva mai davvero provato in vita sua.

Chiara, pochi centimetri più in là, non andava troppo per il sottile nei suoi pensieri. Ora che abbiamo aperto il vaso di Pandora- e rise dentro di sé a questa curiosa metafora- non ho idea di come riusciremo a gestirlo. Per fortuna, la scuola è finita e abbiamo tempo. Aveva l’impressione di aver scoperto qualcosa di molto importante, quella notte, qualcosa che andava al di là di ciò che era successo: si era scoperta sicura, forte, in grado di affrontare una situazione completamente nuova con coraggio e dedizione. Era felice oltre ogni misura che Roberta la stesse aiutando a conoscersi tanto, e sapeva che lei stava facendo lo stesso per la sua ragazza. Non aveva nessuna idea di come ci era riuscita, ma qualcosa aveva fatto click nella sua testa e l’ultima cosa che ricordava di aver pensato era se Roberta stesse reprimendo dolore o piacere. Quanto a lei, non aveva alcun dubbio, era stato come esplodere.

-          Chiara, ci sei?

Benedetta le schioccò le dita davanti agli occhi e lei tornò in sé.

-          Sì, sono solo stanca.

-          Ah, i pigiama party liceali, sapeste quante volte mi sono ritrovata così. Sappiate solo che all’università va sempre peggio…

Chiara alzò un sopracciglio e Roberta rise e tutt’e tre si alzarono per sistemare la cucina. Quando Benedetta effettivamente uscì con le sue vecchie amiche per un caffè, né Chiara né Roberta ebbero alcun dubbio. Si guardarono e, ridendo, dissero all’unisono:

-          Letto.

 

 

  
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