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Autore: Master Chopper    06/12/2019    0 recensioni
Una raccolta di one-shot senza alcun collegamento di trama, riportanti momenti importanti delle vite dei personaggi di Danganronpa FF- Limbo of Despair
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 3: Indossare i vestiti nuovi dellimperatore

 

Si aggiustò con un misto di nervosismo e vanità le maniche della camicia al di sotto della giacca, sperando che tutto del suo aspetto fosse più che perfetto.

Nell’ascensore scintillante risuonava l’arpeggio appena iniziato di Starway to Heaven, rendendo quel momento di una manciata di secondi ancor più fastidiosamente imbarazzante.

Quando le porte si aprirono dinnanzi a lui, la figura lì accanto uscì per prima. Si voltò appena per un attimo, rivolgendogli un sorriso.

“ Andiamo, Arima.” Disse sua madre. Quel giorno la donna aveva legato i lunghi capelli blu in una coda alta, la quale discendeva sulla schiena lasciata scoperta dal vestito lungo di pizzo nero indossato.

Il figlio vestiva abiti abbastanza sincronizzati ai suoi: una camicia turchese al di sotto della pesante giacca nera con ricami dorati.

 

Lasciandosi incoraggiare dal sorriso plastico di sua madre, Arima socchiuse gli occhi ed accelerò il passo sempre più finché non si accorse di star camminando nel lungo corridoio che precedeva la stanza del suo appuntamento.

Davanti all’ultimo portone li aspettava un poliziotto in divisa, come tanti già incontrati ai primi piani dell’edificio. Questo sollevò appena lo sguardo dal suo cellulare quando vide approcciarsi i due, senza però aggiungere niente a parole.

Con un gesto distaccato aprì loro la porta, lasciandoli così entrare.

La sala ricevimenti che li accolse si presentava con un pavimento in parquet, il quale rifletteva le luci delle lampade a faretto sul soffitto. Il suo collocamento su di una terrazza permetteva a tre pareti su quattro di essere interamente composte da porte finestre, tutte collegate tramite un balcone a forma di U.

Al momento era spoglia, con appena qualche tavolo ricoperto da una tovaglia e poche sedie impilate in un angolo.

Al centro della sala, in prossimità della finestra, un gruppo di uomini dialogavano sommessamente. Tutti loro erano poliziotti in divisa, ma solo uno di loro era abbastanza in allerta da notare istantaneamente la porta della sala aprirsi. Si trattava di un vecchio un po’ sovrappeso e con folte basette.

“ Signora Robun !” Salutò con cordialità ma anche professionalità, rivolgendosi alla donna alta e snella come il soggetto di un quadro di Klimt.

“ Commissario Shimotsuki, lieta di fare la sua conoscenza.”  Salutò ella congiungendo le mani.

“ Suvvia, basta con i convenevoli: d’altronde abbiamo già parlato via e-mail della questione.” Rispose sbrigativo l’uomo. “ La situazione è complicata, ed i festeggiamenti della mia pensione dopo tutti questi anni di carriera non saranno proprio come me li aspettavo …”

Era possibile notare una certa tensione tra gli altri ufficiali lì attorno, e lo stesso commissario Shimotsuki parlava con molta fretta ed un tono parecchio seccato.

 

“ Se non avessi sbattuto in galera quell’intera gang di ragazzetti a Shonan adesso non avrei questi problemi, però allo stesso modo centinaia di negozi e ristoranti non sarebbero al sicuro da riscossioni, rapine e vandalismi …” Sospirò l’uomo.

“ Certo, ricordo l’accaduto. Mi chiedo però quali guai possano causare dei criminali già in carcere.” La donna si mostrò incuriosita da quel discorso così carico di rimorso.

“ Loro niente, ma pare che alcuni dei loro genitori siano dei membri di qualche clan più grande… infatti, solo uno yakuza potrebbe mandarmi una minaccia di morte con tanto di ultimatum.”

Un altro poliziotto intervenne con solidarietà, percependo la preoccupazione del suo superiore.

“ Domani festeggeremo il coronamento della carriera del commissario, e la vendetta degli yakuza è stata segnata proprio per quella data. È altamente improbabile che qualcuno dei genitori si faccia vivo, quindi manderanno per forza un sicario …”

“ Già! E se prendessimo quel bastardo potremmo anche scoprire chi l’ha pagato: in questo modo arresteremmo sia padri che figli! Questo genere di guerre tra criminalità e polizia vanno sedate sul nascere.” Riprese discorso l’anziano, con un certo fervore.

La donna dai capelli blu annuì.

“ Queste informazioni però capisco che siano abbastanza superflue… dopotutto l’abbiamo chiamata solo per organizzare i festeggiamenti, ovvero l’esca per attrarre il sicario.” Aggiunse un altro poliziotto.

A quel punto lo sguardo della Signora Robun si animò con un certo divertimento, mentre sulle sue labbra spuntava un piccolo sorriso.

“ Purtroppo credo che vi stiate sbagliando, signori …” Ad intervenire nel discorso però non fu la sua voce, bensì quella del ragazzo al suo fianco.

Quando gli occhi dei poliziotti si posarono sul ragazzo storsero appena il naso, ancora confusi da quanto avessero sentito. Tuttavia, lui sorrideva senza lasciarsi distrarre da quegli sguardi sospettosi.

“ La persona che ha contattato, commissario Shimotsuki, sono io: l’incarico spetta dunque a me. Non si preoccupi, sarà tutto completato entro stasera stessa !”

Gli occhi degli uomini si sgranarono ancor di più dall’incertezza, spostandosi poi verso la donna in cerca di una spiegazione.

“ Se non vi dispiace, io provvedo a prendere le misure.” Comunicò schietto il ragazzo, voltando le spalle dopo un inchino e saettando verso il perimetro della sala.


La donna trattenne una risata sul nascere, posandosi una mano sulle labbra e sorridendo di quella scena divertente.

“ Ma-Ma …?” Balbettava ancora il commissario.

“ Commissario Shimotsuki, le assicuro che non è uno scherzo: mio figlio si occuperà della sua festa.”

Lo rassicurò lei, anche se non ottenendo l’effetto desiderato.

Intanto Arima vagava con le mani incrociate dietro la schiena ed il naso puntato un po’ verso l’alto ed un po’ verso il basso. Intonava una nenia blues con voce da baritono mentre saltellava senza peso facendo schioccare le sue scarpe lucide sul parquet.

Quando improvvisamente si accovacciò per ispezionare un microscopico filo di polvere sul pavimento, sentì qualcuno avvicinarsi.

Era uno dei poliziotto con cui aveva parlato poco prima. Lo squadrava con curiosità, come se fosse un animale sconosciuto e forse anche un po’ pericoloso.

“ Salve !” Il ragazzo dai capelli blu spalancò il suo sorriso smagliante per poi ritornare concentrato sul pavimento.

“ Certo che un ragazzino che parla così ed è vestito come un maggiordomo è proprio strano …” Osservò il poliziotto. Nella sua voce non c’era alcuna cattiveria o provocazione, ma solo semplice curiosità.

Per questo Arima gli prestò attenzione, voltandosi.

“ Ah sì? Bhe, non avrei clienti se mi presentassi come un ragazzo qualunque e parlassi rozzamente.”

“ Ma davvero hai dei clienti? Cioè, come fai a lavorare se sei così giovane ?” Domandò l’altro, al che il ragazzo si strinse nelle spalle.

“ Si tratta solo di dare consigli di architettura, arredamento, catering, talvolta marketing e soprattutto di saper rispettare scadenze, gestire un budget, trattare con musicisti, tecnici, cuochi …” La lista delle sue mansioni andò avanti per così tanto tempo che presto al poliziotto iniziò a girare la testa.

“ E-E ce la fai ?! Sembra una quantità di lavoro assurda per un ragazzo !” Strillò infatti, esasperato e al limite dell’’incredulità.

Al suono di quelle parole il volto dell’altro si fece più serio, venendo colpito dall’importanza della domanda.

Il suo volto si rabbuiò impercettibilmente, mentre con un saltello si rimetteva in piedi.

 

“ Devo farcela: essere il miglior event planner del mondo è l’unica cosa che mi viene richiesta a parte lo studio. Se non fossi capace di organizzare un semplice evento come una festa di pensionamento, allora che diritto avrei di chiamarmi Robun ?” Sussurrò cupo.

“ Robun? È forse una famiglia importante in questa città ?”

“ Lo era, perlomeno prima che l’uomo sposato da mia madre non fuggisse con tutti i soldi dopo la morte di mio nonno …”

Il ragazzo dai capelli blu strinse i pugni, senza più che nessuno potesse scorgere il lampo di rabbia nei suoi occhi.

“ Così sono nato io, responsabile di un lignaggio ormai inesistente e di cui con le mie sole forze devo portare onore! Nobili in decadenza… che situazione demodé, vero? Sembra una cazzo di favoletta, altro che …”

Quando l’agente sentì la voce di Arima spezzarsi, trasformandosi in borbotti confusi, cercò di sporgersi per guardarlo in faccia. Trovò così il ragazzo scosso da brividi, mentre con i denti serrati guardava in un punto ignoto con uno sguardo colmo di ferocia.

“ Già, che bello scherzo mi ha fatto il destino! Da una parte il mio sangue è composto da importanti imprenditori che hanno perso tutto, mentre l’altro è frutto di un bastardo… lurido sorcio schifoso che mi ha lasciato nascere e vivere come un poveraccio mentre mia madre ostenta un onore ormai inesistente !”

“ S-Senti, va tutto ben… ?!”

Nel momento in cui il poliziotto parlò, la mano di Arima  si serrò attorno alla sua gola come la zampa di una belva feroce su di una preda. L’uomo divenne immediatamente pallido, poi sempre più purpureo in volto mentre ogni sua via respiratoria era stata otturata.

“ Arima, adesso basta.”

Fortunatamente la madre del ragazzo era intervenuta prima che qualcuno notasse la scena, e sicuramente prima che ogni tonalità sparisse dalla carnagione del poliziotto. Quando il suo assalitore, così mingherlino e basso al confronto, sciolse la presa, lui cadde per terra in preda ad un attacco di panico.

 

“ Ritieni ancora superfluo occuparti di questi tuoi scatti d’ira ?” Domandò la donna con tono provocatorio, ricevendo soltanto silenzio da parte del figlio.

“ Non potrai mai comportarti secondo il bon ton se solamente parlare del tuo passato fa crollare ogni tuo controllo.” Questa volta Arima non ascoltò nemmeno la fine del discorso della madre, e si allontanò nervosamente sotto lo sguardo terrorizzato del poliziotto a terra.

 

Qualche ora dopo il ragazzo era da solo in un bar, accompagnato solo dalla consolazione di un caffè in bicchiere da cocktail con uno strato di crema al latte ed i rimorsi per come si era comportato.

Si guardò la mano destra: la sentiva ancora pulsare per lo sforzo disumano, al punto da dolergli.

- Non posso condannarmi ad  un’esistenza mediocre per colpa delle mie azioni.- Pensò mentre lo stress gli attanagliava lo stomaco.

La causa di tutto questo suo malessere risiedeva nell’ultimo messaggio ricevuto da sua madre, ancora in bella vista sul display del cellulare.

“ Domani un osservatore della Hope’s Peak Academy è disposto a partecipare alla festa per giudicare il tuo operato.”

In quella semplicissima frase lui sapeva fosse racchiusa tutta la beffarda natura del destino, quanto le aspettative di sua madre. Da tempo la più prestigiosa scuola del mondo era l’obbiettivo più alto a cui potesse aspirare, il possibile climax della sua vita.

Se solo la super meritocratica Hope’s Peak Academy avesse riconosciuto il suo talento, allora tutta la sua esistenza passata sotto il peso di dover rispettare l’onore dei Robun sarebbe stato un lontano ricordo.

Avrebbe pensato solo: -Ah, ricordo di quando vivevo in un bettola senza poterci permettere nemmeno dei regali per Natale, tuttavia ero costretto a studiare economia aziendale sin dall’asilo.-

I morsi della fame, l’obbligo di indossare vestiti eleganti, spendere le sue giornate con adulti in grandi conferenze ed eventi di cui non gli interessava nulla: tutto ciò gli sarebbe stato ripagato con del vero successo ed una vita di renditi.

 

“ Ed io dovrei dimostrare di essere un simbolo della speranza con una semplice festa di pensionamento ?” Si domandò con voce carica di sofferenza, conscio di quale fosse la grande trappola in cui era cascato.

 

“ Dopotutto l’abbiamo chiamata solo per organizzare i festeggiamenti, ovvero l’esca per attrarre il sicario.”

 

Uno specchio per le allodole. Avrebbe dovuto addobbare una stanza per far svolgere un evento di cui nessuno in realtà si sarebbe curato.

“ Quella strega …” Arima aveva sempre reputato sua madre l’essere umano più mostruoso del mondo, al punto da fargli credere che avesse stretto un patto con il diavolo stesso.

La sua qualità di rilievo era senza dubbio l’orgoglio. Come le rovine di un monumento ormai sepolto dal tempo, la donna proteggeva le tradizioni della sua famiglia, e così aveva insegnato ad Arima.

In quanto Robun, si era dovuto comportare secondo i canoni dell’alto lignaggio a cui apparteneva, educato da un membro di questa casata. Lei era stata la sua unica insegnante di vita, sfidandolo quotidianamente a domandarsi se fosse degno di essere un Robun, soltanto per vederlo superare qualsiasi ostacolo.

Attraverso questa educazione, molto simile a quella dei leoni che lanciano i propri cuccioli giù dalle rupi per fortificarli, il ragazzo non passava giorno senza esser messo alla prova.

- L’ha fatto apposta… sapeva che l’osservatore si sarebbe presentato domani, così mi ha affidato un incarico così patetico per farmi vergognare di me stesso.-

Avvicinò il bicchiere alla bocca, ingoiando il caffè al latte dolce ma assaporando un sapore ben più amaro di quanto si sarebbe mai aspettato.

Conosceva se stesso, purtroppo, anche se non avrebbe saputo dire se meglio o peggio della megera che lo teneva in pugno.

Non si sarebbe mai sentito appagato davvero da un lavoro da quattro soldi come quella finta festa. Per quanto avrebbe potuto sentirsi fiero di se stesso, quell’onta l’avrebbe per sempre fatto sentire inferiore all’onorevole retaggio inculcato nella sua testa sin dalla nascita.

 

Il proprietario aprì una finestra per far cambiar l’aria. Una veloce pioggia avvenuta qualche ora prima aveva portato un vento fresco, capace di donare pace dall’arsura cittadina.

Anche ad Arima parve improvvisamente di star respirando aria più fresca. Le sue mani si erano paralizzate, costringendo il bicchiere ad essere premuto sulla bocca.

Il liquido non scendeva più tra le sue labbra, rimanendo immobile e rispecchiando sulla sua superficie liscia e scura gli occhi spalancati del ragazzo.

- E se non facessi un lavoro da quattro soldi come si aspettano tutti ?- Con tutti intendeva ovviamente se stesso e sua madre.

Sapeva bene che al mondo qualsiasi cosa facesse pareva un capolavoro, lo ammetteva senza modestia ma mera consapevolezza: tuttavia il più grande critico è sempre nell’artista stesso.

- Voglio fare qualcosa in grado di sorprendere anche me !- Poggiò finalmente il caffè sul tavolo con così tanta forza da far vacillare le ultime gocce di liquido rimaste come perle scure in uno scivolo.

- Ma certo! Realizzerò il miglior evento della mia vita proprio per questa patetica finta festa… d’altronde il tema che tutti vogliono è in realtà una finzione. Devo concentrare la mia attenzione sul vero motivo per cui sono stato convocato !-

 

L’appartamento Robun era situato in un condominio parecchio affollato in periferia, lontano da altri centri abitati e circondato solo dall’autostrada percorsa giorno e notte. L’aspetto da motel fatiscente non era nulla in confronto alle condizioni davvero minimali in cui erano lasciate le sue camere ed i suoi servizi.

Tuttavia, da anni aleggiava la leggenda che una donna pazza, convinta di essere una nobile, vivesse lì sentendosi una gran donna  e facendo vestire il suo marmocchio come un principino.

Proprio la porta di quell’appartamento tanto spettegolato venne aperta di gran lena molto dopo lo scoccare della mezzanotte. La signora Robun, distesa sul divano in una vestaglia di pelliccia blu notte ed intenta ad ammirare uno dei suoi tanti pezzi della collezione di Shakespeare, vide stagliarsi di fronte a sé una sagoma scura con dietro il cielo in tempesta.

Completamente fradicio, Arima venne illuminato da un lampo mentre si accasciava sullo stipite cercando di sfilarsi le scarpe: il suo abito era stato dilaniato in più punti, risultando ormai in uno straccio logoro che gli cingeva il busto e si arrotolava tra il collo e la spalla destra.

“ Bontà divina,  Arima.” Sussurrò la donna con voce molto pacata, dedicando ben due secondi di sguardo preoccupato al figlio, per poi tornare alla sua lettura. “ Cos’hai combinato ?”

Il ragazzo dai capelli blu sospirò, cercando di avanzare dentro casa sua. Nel farlo il ginocchio destro cedette, facendolo scivolare in avanti. Fortunatamente arrestò la sua caduta piantando un pugnò sul pavimento dal legno gonfio: quando la sua testa si trovò reclinata verso il basso, uno scroscio di liquido, questa volta rosso e molto dissimile dall’acqua piovana, inondò il terreno.

“ Ho girato tutta la città per contattare i miei fornitori… con il temporale i mezzi di trasporto erano bloccati. Ho dovuto lavorare fino a notte fonda nella sala ricevimenti. Ad un certo punto la sicurezza mi ha cacciato, ma io mi sono intrufolato dopo la chiusura ed ho continuato a lavorare.”

Mentre parlava a fatica il ragazzo iniziò ad usare la sua giacca, o ciò che ne restava, per tamponarsi la testa sanguinante.

“ Quando è scattato l’allarme sono dovuto scappare e per strada mi ha investito un motorino.”

“ Pulisci per terra prima di andare a dormire.” Gli ordinò la donna senza fare una piega.

“ Non sto andando a dormire.” Arima si accosciò a peso morto su di una sedia davanti ad un piccolissimo tavolo in un angolo della stanza che fungeva da cucina, salone e camera da letto.

“ Devo fare la verifica del bilancio delle spese… e sto aspettando che la polizia smetta di cercarmi per tornare a lavorare nella sala ricevimenti. A stento sono riuscito a montare certe cose che mi hanno procurato.”

Il suono tono di voce scivolava sempre più nello stato catatonico, procurato chiaramente dalle condizioni disumane di cui tuttavia si mostrava insofferente.

“ Ti procuri ancora gli allestimenti dalla yakuza ?” Domandò distrattamente la donna.

“ Devo.” Arima soffocò un gemito. Aveva iniziato a scrivere su di un grande quaderno mentre gocce di sangue ed acqua macchiavano il tavolo e parte della pagina.

“ Costano di meno, e poi sono tutti arredamenti rubati e di valore… introvabili nel mercato ad un prezzo ragionevole.”

Quella conversazione fu l’ultima che i due ebbero fino al mattino seguente.

 

Quando riaprì gli occhi, l’Ultimate Event Planner si trovava nell’ascensore assieme a Lilith. Grazie all’e-Handbook rubato a Yonamine era potuto entrare nel bagno delle ragazze assieme alla sua nuova, ed insospettabile alleata.

“ In questo momento Takejiro sta salendo con l’ascensore dei maschi.” Gli ripeté Lilith.

“ Non si aspetterà mai che tu voglia ucciderlo in questo momento: vai, fai il tuo dovere e poi ti aiuterò a tornare sano e salvo in camera tua sempre da questo ascensore.”

Il ragazzo aveva rinunciato a chiedere come mai ci fosse tutta quella volontà di aiutarlo a commettere un simile delitto. Semplicemente il suo sguardo era perso nel vuoto, sprofondando verso il basso mentre il suo corpo veniva attratto verso l’alto.

Nella mano stringeva un falcetto, e sapeva che presto si sarebbe macchiato di sangue. O meglio, lo sperò.

Doveva tornare alla sua vita là fuori, il mondo in cui era stato intrappolato non rappresentava per niente ciò che aveva sempre sognato di essere.

L’ebbrezza di inseguire ancora una volta un sogno gli impedì di scorgere il sorriso di contorta soddisfazione accanto a sé: “ Va’ pure.”

Con sé aveva la Killer Card, per questo il suo omicidio non gli avrebbe nemmeno causato la preoccupazione di poter essere scoperto. D’altronde lui non era un assassino, non avrebbe mai saputo commettere un simile crimine in maniera perfetta.

Pregò affinché la sua uscita da lì avvenisse presto, perché non aveva intenzione di affrontare gli sguardi colmi di giudizio dei suoi compagni. Non avrebbero mai capito, certo, ma un omicidio era pur sempre tale: sarebbe diventato un assassino.

- Ma non posso lasciare sola mia madre.-

 

Quando emerse allora dalle ombre della Piscina nel giardino, aveva ancora la mente persa in quel romantico e pietoso sogno di libertà. Il cielo dai colori pallidi presentava la più malinconica alba che avesse mai visto.

Mitsuko si voltò verso di lui. Mostrò sorpresa, poi preoccupazione. Aveva notato il falcetto.

“ C-Cosa… fai ?!” Un rantolio le uscì dalla gola mentre iniziava ad indietreggiare.

Arima era immobile. Non si sentiva più un assassino. Non avrebbe più commesso qualcosa di così orribile solo per uscire. I suoi sogni non avrebbero mai distrutto la sua umanità.

Si sentì riflesso negli occhi terrorizzati della ragazza, ed ebbe paura di se stesso, per quanto patetico fosse.

“ UCCIDILA !!” Tuonò però Lilith, deformata dalla perfidia e tramutatasi in un demone.

L’Ultimate Event Planner non aveva sospettato fino ad allora che quel suo piano fosse atto ad uccidere proprio Mitsuko, e non Takejiro. Non sapeva proprio più cosa volesse, tranne una cosa: voleva piangere disperato.

Fu ciò che fece, mentre urlando partì alla carica. La lama riflesse il sole roseo, il volto di Mitsuko, il sangue.

“ AIUTATEMI !!”

 

“ Al momento provo disgusto per tutto il mondo e soprattutto per me stesso.”- Lettera di suicidio di Akutagawa Ryunosuke.

 

 

 

 

Scheda: 

Nome:  Arima

Cognome: Robun

Talento: Ultimate Event Planner

Altezza: 177 cm

Peso: 63 kg

Gruppo Sanguigno: AB

Ama: L’ordine, bere al caffè Leblanc;

Odia: Gli autori giapponesi.

 

   
 
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