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Autore: _Cthylla_    07/12/2019    0 recensioni
Ovvero: come NON comportarsi in caso di contatto alieno, per quanto si possa aver ragione.
||Come si evince dal titolo, il contesto di questa storia è Transformers Armada. Lo inserirò correttamente qualora il giusto contesto diventi disponibile.||
''Lincoln è l' esempio di una tipica cittadina americana costruita a poca distanza da una montagna, ottimo posto per condurre una vita tranquilla e occuparsi di Billy, il cugino tredicenne che vive in casa con me da circa un anno.''
Questo è il pensiero di Rain O'Connell, donna neppure trentenne dal carattere piuttosto duro nonostante la vita agiata.
Cosa succederà quando scoprirà che a poca distanza da Lincoln vivono dei robot giganti alieni che, per trovare i cosiddetti ''Minicon'', hanno esportato la propria guerra sul pianeta Terra? Riuscirà a far sì che lei e Billy non vengano coinvolti o il suo piccolo mondo fatto di candele e sottobicchieri finirà per intrecciarsi con quello dei Transformers?
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Autobot, Decepticon, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers Animated
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«Perché?! Sideways… sei sempre stato un Decepticon, fin dall’inizio… e mi hai ingannato per tutto questo tempo!»
 
Crollato in ginocchio sul brullo suolo lunare, Hot Shot stava sperimentando la sgradevolissima sensazione di chi commette un errore irreparabile. Da che aveva avuto in mano la Spada Stellare aveva creduto di essere il più grande transformer dell’Universo, fino ad allora non c’erano stati chissà quali fatti a dimostrargli il contrario; in quel momento invece stava scoprendo di essere sì “il più grande”… ma il più grande imbecille.
 
«Come ho potuto essere così stupido?! Avrei dovuto immaginarlo…»
 
Così si sentiva: la creatura più inetta mai esistita.
Nell’ultima missione per il recupero dell’ennesimo Minicon aveva finito con l’essere trasportato assieme a Sideways nella base dei Decepticon, capendo con sorpresa che era locata sulla Luna.
Poco dopo aveva scoperto che non era stato casuale: il finto Minicon e il relativo segnale che aveva attirato sul posto lui e i Decepticon erano stati entrambi creati da Sideways, il quale pareva aver previsto tutto, inclusa la ritirata dei Decepticon.
Anche allora lui, Hot Shot, non aveva avuto sospetti, perché nei giorni passati aveva avuto con Sideways una conversazione riguardo una simile prospettiva.
 
“Giorno fortunato per te, sfortunato per loro”, aveva detto Sideways.
“Attaccarli direttamente e farla finita una volta per tutte”, aveva aggiunto.
 
Quando se n’era parlato gli era sembrata una buona idea, perché Sideways non aveva fatto altro se non premere tasti che già c’erano. Se non fosse stato per l’influenza dei suoi compagni e soprattutto di Optimus, Hot Shot avrebbe affondato la Spada Stellare nel petto di Megatron già della volta in cui questi si era azzardato a invadere la loro base. Aveva un temperamento impulsivo e il pensiero -magari nemmeno errato, per quanto molti cercassero di convincerlo di sì e cercasse di convincersene lui stesso- che la fine della guerra valeva bene la distruzione di qualche Decepticon.
 
Quella creata da Sideways gli era sembrata la situazione perfetta per mettere in pratica l’idea, peccato che si fosse rivelata una trappola, che il suo nuovo compagno di squadra si fosse rivelato una spia e che ora la Spada Stellare fosse nelle mani di Starscream.
 
«Ammirate il transformer più potente dell’Universo!» esclamò il seeker, brandendo con fierezza l’arma appena conquistata «La Spada Stellare è finalmente nelle mani del suo vero padrone!»
 
Tutto quel che Hot Shot riusciva a fare era stare fermo lì, circondato dai Decepticon, a guardare le proprie sicurezze andare in pezzi. La Spada gli aveva dato una scarica di fiducia in se stesso e una sensazione di invincibilità che non aveva mai provato prima, senza di essa si sentiva come se stesse affrontando i nemici senza l’armatura addosso, anzi, peggio.
 
«Era una trappola e non me ne sono accorto» ripeté, ancora sconvolto «Non mi sono accorto di niente…»
 
Cos’avrebbero pensato di lui i suoi compagni, che negli ultimi tempi si erano appoggiati molto a lui durante le battaglie?
Cos’avrebbero pensato di lui i ragazzini, i quali più che mai erano stati entusiasti di lui e dei suoi successi?
Cos’avrebbe pensato Rain, che aveva avvertito l’intera squadra e lui, in particolare, più volte?
E cos’avrebbe pensato Optimus Prime, che gli aveva permesso di usare la Spada Stellare quando invece essendo il leader avrebbe avuto il diritto di reclamarla per sé?
 
«Per questo non meriti di possedere la Spada Stellare» infierì Megatron, sparando contro di lui due colpi al laser che lo presero di striscio.
 
Nello spostarsi, l’Autorobot finì tra i piedi di Demolisher, il quale iniziò a prenderlo a calci senza esitare neanche un istante.
 
«Devi ancora riprenderti dallo shock, vero?» lo dileggiò il Decepticon «Lascia che ti dia una mano a ritornare alla realtà!»
 
«Lasciamene un pezzo!» esclamò Cyclonus, raggiungendo il compagno di squadra per poter partecipare a sua volta.
 
Megatron rise. «Il piccolo Autorobot merita uno speciale trattamento alla Decepticon!»
 
Hot Shot non riuscì a dargli torto, pensava che Megatron avesse azzeccato la parola giusta: “merita”.
In condizioni normali avrebbe cercato di difendersi, avrebbe cercato di scappare e se non ce l’avesse fatta avrebbe cercato di vendere cara la pelle metallica, ma in quel momento sentiva di meritare ogni calcio, ogni colpo, perfino la morte se Megatron alla fine avesse deciso così.
Uno stupido che aveva fatto finire la Spada Stellare nelle mani dei Decepticon non aveva il diritto di cercare di scamparla.
 
“Sciocco d’un ragazzo!” pensò Scavenger, osservando la scena da una certa distanza.
 
Da quando il mercenario era arrivato sulla Terra aveva avuto modo di valutare tutti quanti, Hot Shot incluso.
Gli era sembrato promettente e ne aveva avuto conferma dopo che lo aveva provocato più volte proprio per verificare quella teoria, tanto che una volta conclusa la missione tra i Decepticon avrebbe gradito addestrarlo, ma se Megatron lo avesse ucciso quel giorno non avrebbe potuto.
 
“C’è di buono che sembra essere preso da tutt’altro”.
 
Lo scambio di battute che stava avvenendo tra Megatron e Starscream, infatti, lo faceva sospettare che difficilmente quest’ultimo avrebbe mantenuto a lungo il possesso sulla Spada Stellare.
Era difficile mantenere il possesso su qualcosa che Megatron voleva, ed era ancora più difficile se si era dei Decepticon.
 
«Megatron!»
 
Il leader dei Decepticon si voltò nella sua direzione. «Scavenger. Avrei voglia di chiederti dov’eri finito ma mi hai colto in un momento di particolare buonumore».
 
Scavenger indicò Hot Shot, che stava ancora venendo picchiato, con un cenno del capo. «Intendi lasciarlo andare?»
 
«Direi di no. Anzi! Starscream, vai a porre fine alle sofferenze di quell’infelice» ordinò Megatron.
 
Il seeker sogghignò. «Con piacere».
 
«Non c’è bisogno di eliminarlo» si fece sentire nuovamente Scavenger «Lasciamolo in vita. Lasciamo che torni sconfitto alla sua base, ricorderà a lungo l’umiliazione che ha ricevuto. Se morisse adesso soffrirebbe meno, e tu non volevi fargliela pagare per averti strappato la Spada dalle mani, Megatron?»
 
Il mech fece una smorfia, non amava mai ricordare sconfitte e fallimenti, ma forse il vecchio mercenario balordo dalla lingua troppo lunga poteva avere ragione e, in ogni caso, quel che contava davvero era che gli Autorobot avessero perso la Spada Stellare. Si preannunciavano solo vittorie facili in futuro.
 
«Non hai tutti i torti» concluse Megatron, aggiungendo per buona misura la sua solita risata «Sia. Cyclonus, Demolisher, ammorbiditelo un altro po’ e poi rispeditelo nella sua base col vortice deformante. Ricordati, stolto ragazzino: questo è quello che succede a tirare troppo la corda con i Decepticon!»
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Nella base terrestre, sdraiato sulla cuccetta dell’infermeria, Hot Shot fissava il soffitto senza dire una parola. Attaccato ormai da qualche ora a dei macchinari ronzanti con molteplici cavi, le uniche cose cui riusciva a pensare erano il fallimento e il momento in cui, ripresosi, avrebbe dovuto raccontare la storia completa.
 
Tutto quel che era riuscito a dire quando era tornato alla base, capace a stento di reggersi in piedi, era stato che Sideways lo aveva tradito. Quale fine avesse fatto la Spada Stellare, Optimus e i suoi compagni lo avevano immaginato da soli.
 
Non sapeva ancora dire se fosse stata peggio la preoccupazione sui loro volti o quella mista a delusione sul viso dei quattro umani presenti. Di certo si erano aspettati che lui e Sideways mettessero la base dei Decepticon a ferro e fuoco, non di vederlo tornare massacrato e disarmato.
 
La vergogna era tale che si sentiva morire, a dirla tutta quasi lo desiderava. Scavenger ci aveva visto giusto nel dire che eliminandolo l’avrebbero fatto soffrire di meno, però non aveva neanche la forza di arrabbiarsi e odiarlo.
 
La porta dell’infermeria scorse di lato. I passi che sentiva erano leggeri, quindi non si trattava di Red Alert o uno degli altri, non erano metallici, quindi non si trattava di un Minicon, ed erano di una persona sola, dunque non si trattava dei ragazzini, i quali viaggiavano sempre almeno in coppia.
Poteva trattarsi di una sola persona, alias Rain, e il desiderio di essere morto divenne più potente.
 
«Dillo: quando distribuivano il cervello, tu hai capito fardello, e hai detto “No grazie”! Cosa ti avevo detto? “Sideways è una spia, non ti devi fidare, non gli devi dare retta, non gli devi dare confidenza, cerca di non perdere la Spada”, e tu cos’hai fatto?! Ag fuck-thù!»
 
«Non so cosa tu abbia detto ma merito tutti gli insulti che vuoi dirmi. Sono colpevole verso tutti quanti per quel che è successo» riuscì a dire l’Autorobot «E sono doppiamente colpevole verso di te. Ci avevi avvertiti, mi avevi avvertito, e io non ti ho ascoltata».
 
Con sua sorpresa, vide che Rain si era arrampicata sulla cuccetta e che in quel momento si stava arrampicando anche sopra il suo petto. Il bazooka non sembrava impicciarle in quell’operazione.
 
Doverla guardare in faccia non avrebbe reso le cose più semplici.
 
«Tutto vero, ma lascia perdere le ovvietà e le cose che già so» disse la donna, in piedi all’altezza della sua Scintilla «Piuttosto dimmi quelle che non so. Chi ha la spada ora?»
 
«Starscream» mormorò Hot Shot.
 
«Avrei scommesso sul cornuto. Non so se sia meglio o peggio così ma è irrilevante, Bidone Parlante Due non se la terrà a lungo, quindi passiamo alle cose serie. Quando sei stato teleportato via, i Decepticon si stavano ritirando. Da ciò consegue che tu sia stato nella loro base, quindi, Hot Shot, ora dimmi dove si trova».
 
«Rain-»
 
«Shut your gob, ya bleedin’ muppet. Ti sei fidato di una spia, non mi hai dato retta e hai fatto un disastro ma non è irreparabile, dimmi dove si nascondono quelle maledette larve di ruggine e tutto quanto andrà a posto».
 
Passi affrettati interruppero Hot Shot poco prima che si arrendesse all’idea di risponderle.
 
«Sapevo che eri qui, nell’ultimo posto dove saresti dovuta essere!» fu la prima cosa che disse Optimus Prime entrando nella stanza «Hot Shot necessita di riposo, non dovrebbe essere una cosa difficile da comprendere neppure per te, Rain».
 
«Se sei qui per ammettere che io avevo ragione riguardo Sideways e scusarti, sappi che non lo stai facendo bene. Quel che è successo è anche colpa tua» lo accusò Rain, per nulla intimorita «Ti avevo detto che era una spia, era palese. “Animo da vagabondo”! Ma per piacere! Quale idiota avrebbe potuto cascarci? Solo tu! Tu, che apri la porta della tua base a cani e porci per far vedere che sei bravo e buono, hai voluto lasciar entrare un nemico e questi sono i risultati».
 
«Quel che è fatto è fatto, e in ogni caso se dessi retta a te non dovrei fidarmi neppure di me stesso. Su Sideways avevi ragione ma, come dite voi terrestri, anche un orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno» ribatté Optimus, cercando di mantenere la calma quanto più possibile.
 
«Infatti no, non dovresti fidarti di te stesso, perché mi sembra che tu non faccia altro se non auto sabotaggi. Poteva andare anche peggio. Molto peggio!» aggiunse la donna «Avrebbero potuto ucciderlo o, se Megaschifomadò fosse stato un minimo più sveglio, avrebbe potuto tenerlo come ostaggio e farsi consegnare tutti i cosetti» alias i Minicon «Sia quelli che già avete, sia quelli futuri. Sono abbastanza convinta che avresti ceduto».
 
«Avrebbe potuto ma non è accaduto, Rain, quindi stai parlando del nulla» replicò il comandante.
 
«Se non è accaduto dobbiamo solo ringraziare gli Dèi Esterni per il fatto che quel grandissimo cornuto sia un deficiente di prima categoria, di certo non la tua saggezza. Torno a rivolgermi a te, Hot Shot: dove si trova la base dei Decepticon?»
 
«Basta così» concluse Optimus «Hot Shot ha bisogno di riposo, come ho detto quando sono entrato. Puoi lasciare l’infermeria sulle tue gambe o protestare inutilmente quando ti scorterò fuori di persona, a te la scelta, ma non tollererò che continui. Non hai avuto un briciolo di compassione neanche per un ferito, ti rendi conto?»
 
«Può parlare e può ascoltarmi, non vedo il problema» ribatté Rain, decidendo comunque di scendere dal petto di Hot Shot e dalla cuccetta.
 
«Il problema è proprio che tu non veda il problema».
 
«Di problemi ne vedo molti, primo tra tutti un certo comandante che non saprebbe riconoscere le spie neanche se andassero in giro con un cartello con su scritto “SPIA”, e non è neanche il peggio, ma parlare con te è come farlo col muro, con la differenza che i muri sono più utili. Non credere che finisca qui, Hot Shot: dopo quel che hai combinato, una risposta me la devi».
 
Quando Optimus sentì la porta aprirsi e chiudersi, andò velocemente a digitare il codice per sigillarla.
 
«Almeno non ci sarà il rischio che rientri per continuare a discutere» disse «È l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Non dovrei sentirmi allibito eppure lo sono: non le è importato che fossi in terapia intensiva, e sei quello che odia di meno!»
 
«Non ne sono più sicuro ormai, se ora mi odiasse più di quanto odia Megatron le darei ragione. Darei ragione a tutti voi se faceste la stessa cosa. Optimus… signore… la colpa di questo fallimento è solo mia. Se solo potessi tornare indietro, se solo ci fosse un modo per-»
 
«Tornare indietro è qualcosa di impossibile e un modo per riprendere la Spada Stellare, o gestire la situazione, si può trovare. La sola cosa che non devi assolutamente fare» si avvicinò a Hot Shot e abbassò la voce «È dire a uno qualunque degli umani dove si trova la base dei Decepticon».
 
«È sulla luna» disse Hot Shot «Cosa che spiega anche il vortice deformante a corto raggio. Ma perché non posso parlarne anche solo con i ragazzi?»
 
Optimus fece un lungo sospiro. «I ragazzi parlano tra loro, tra loro c’è Billy, Billy vive con Rain O’Connell. Questa è la ragione. Non so cosa potrebbe e vorrebbe fare di preciso una volta a conoscenza della posizione della base di Megatron ma ormai la conosco abbastanza da sapere che qualunque cosa sia andrebbe contro tutti i miei principi, i nostri principi. Se chiunque di loro di chiederà qualcosa, di’ di non aver capito dove ti trovavi, al massimo di’che era un terreno molto brullo, ma niente di più. Questo è un ordine e anche un favore personale, Hot Shot».
 
«Sissignore» rispose il giovane Autorobot che, vedendo Optimus non intenzionato a biasimarlo troppo per l’accaduto, avrebbe detto di sì a qualunque cosa.
 
«Bene. Ora riposa, nessuno verrà più a disturbarti».
 
Uscito dall’infermeria si stupì di non trovare Rain a tentare di origliare.
 
“Probabilmente ha capito che sarebbe stato inutile o ha notato che era riuscita a innervosirmi abbas- no, di quello non le è mai importato” sospirò di nuovo, camminando lungo il corridoio “Il tradimento di Sideways, e soprattutto la perdita della Spada Stellare, sono un duro colpo. D’ora in avanti sarà difficile riuscire a impedire che i Minicon cadano nelle mani di Megatron, purtroppo è un dato di fatto. Questa non me, anzi non ‘ce’, la dovevi fare, Hot Shot… la speranza più concreta che abbiamo ora è quella di riuscire a riunire i Minicon dello Scudo Stellare. Anche il fatto che la missione di Scavenger tra i Decepticon stia per terminare è positivo”.
 
«Allora dov’è?»
 
Optimus, vedendo Rain e sentendo la sua voce dopo aver girato l’angolo, quasi sobbalzò. «Dov’è cosa?»
 
«Non hai bisogno di fare il finto tonto, e chi vuol intendere intenda. Dici che Hot Shot ha bisogno di riposo, quindi lo chiedo direttamente a te: dov’è la base dei Bidoni Parlanti?»
 
«Sfortunatamente Hot Shot non è stato in grado di capirlo, essendo impegnato con tutt’altro. Ha saputo dirmi soltanto che era su un terreno molto brullo».
 
«Hai la fama di uno che non mente mai, così mi dicono. Ho sempre pensato che fosse immeritata».
 
Non gli aveva creduto.
Ovvio che no.
 
«Non ho altro da dirti, Rain, che ti piaccia o meno. A dirla tutta dovresti smetterla di interessarti alla posizione della base di Megatron, non è la tua guerra».
 
«Lo è diventata da quando io e Billy siamo stati rapiti, perfino tu dovresti arrivare a capirlo».
 
«Come tu dovresti capire che non puoi ridurre il tutto a una semplice questione personale» replicò Optimus, avvertendo l’ormai familiare tensione ai transistors «E non puoi muoverti solo in funzione di essa».
 
«Disse quello che, proprio per una questione personale, non si muove affatto. Se tu facessi il tuo dovere, se tu l’avessi fatto milioni di anni fa, ora saresti in pace su Cybertron. Non ci saremmo neanche incontrati, ci pensi? Sarebbe stato fantastico».
 
«Sì, su questo hai ragione» disse.
 
Ammutolì.
Non poteva credere di averlo detto davvero, non poteva credere di aver lasciato intendere di provare mal sopportazione a tali livelli verso qualcuno, verso un essere umano, quando non riusciva ad ammettere nemmeno a se stesso di provare reali e profondi sentimenti negativi verso chicchessia, anche verso Megatron, che pure era il suo nemico giurato.
 
«Nel detestarci allora siamo d’accordo» disse Rain.
 
«Io non intendevo… io non volevo, non... io non ti detesto. Non sarebbe onorevole in genere» dichiarò Optimus «Tantomeno lo sarebbe con qualcuno tanto più debole di me. Non ti detesto. No».
 
Lei alzò gli occhi al soffitto. «Credo che riusciresti a ragionare molto meglio se ammettessi il contrario. Tu e io non ci spariamo addosso ma ci detestiamo. Tu e Megatron vi detestate. Ora probabilmente stai detestando anche te stesso per non riuscire a evitare tutto questo, che è del tutto normale. Scendi dal piedistallo su cui ti hanno messo e al quale ti sei appiccicato, per una volta».
 
«Non sono su alcun piedistallo, ritengo semplicemente che il leader degli Autorobot debba essere superiore a certe cose e non intendo cambiare opinione. Ora sii gentile e torna insieme ai ragazzi».
 
Rain sollevò un sopracciglio. «Mi chiedo cos’altro debba succedere perché tu capisca che è il caso di cambiare approccio o di lasciar fare a chi ne ha già uno diverso dal tuo. Aver perso la Spada Stellare è un problema».
 
«Lo risolveremo o lo gestiremo come facciamo con qualunque altro».
 
«Ora sì che mi sento tranquilla».
 
Ci fu una breve pausa di silenzio.
 
«Non sarà per mano mia o dei miei soldati» disse Optimus Prime «Ma se continuerai così arriverà un giorno in cui il tuo atteggiamento ti darà più di qualche problema. Avendo attirato l’attenzione di Megatron avresti dovuto già capirlo, eppure insisti, come se potessi permetterti questo e altro. Forse sei abituata al fatto che di solito sia così ma dovresti cercare di riportare tutto alla giusta misura, per Billy, se non per te stessa».
 
«Se non fosse per quel “non sarà per mano mia o dei miei soldati” potrei anche prenderla come una velata minaccia ma, dato che non lo è e che sei così gentile nel preoccuparti per me e per mio cugino, ti tranquillizzo dicendo che non hai motivo di stare in pensiero. Non per noi due».
 
Optimus non rispose, lei non aggiunse altro e, con sollievo di entrambi, andarono ognuno per la propria strada.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
“Non è giusto. Non è per nulla giusto”.
 
“Sono stato io a fare l’accordo con Sideways, a ricattare quel povero idiota e tutto il resto, Starscream l’ha solo raccolta. Non la merita”.
 
“La Spada Stellare spettava a me! Sono io il capo, sono io che dovrei averla”.
 
Quei pensieri vorticavano nel processore di Megatron da quando aveva visto il seeker mettere le mani attorno all’elsa di quell’arma leggendaria. Non poteva fare nulla per contrastarli e non voleva neppure farlo, perché era convintissimo che fossero giusti.
Non si rendeva neanche conto di quanto alcuni di essi potessero risultare infantili, come d’altra parte non si rendeva conto di quanto le sue reazioni e lui stesso potessero risultarlo in certi frangenti.
 
“Starscream è anche soggetto a deliri di onnipotenza più o meno lunghi quando ottiene un potenziamento. Quando ha ottenuto quel Minicon, in quella maledetta foresta, ha tirato un colpo di cannone che ha rischiato di danneggiare anche chi non doveva. Non dovrei permettergli di tenere con sé un’arma come la Spada Stellare, non è il soggetto adatto. Tutto e tutti sarebbero più al sicuro, se fosse in mano mia”.
 
Magari non era stupido, non del tutto -o comunque non peggio del suo nemico giurato- e c’erano delle occasioni in cui era in grado di mostrare una maturità più consona alla sua età, alle sue responsabilità e al suo grado.
 
E se anche così non fosse, voglio averla e basta”.
 
Peccato che l’occasione attuale non fosse una di esse.
 
“Posso ordinargli di cedermela. È un mio soldato, è tenuto a obbedire” pensò “Se non dovesse farlo potrei subito accusarlo di alto tradimento e finirei per averla comunque tra le mie mani”.
 
A meno che Starscream decidesse di sfidarlo prima.
Non era nella sua élite senza ragione, era un giovane in gamba e lui, sotto sotto, lo sapeva perfettamente.
 
“Non cambia nulla. Posso batterlo anche mentre dormo, e con una mano sola!”
 
Però non poteva fare a meno di pensare anche “tutto vero, ma se per un colpo di sfortuna andasse storto qualcosa?”. La sorte non era stata sua amica negli ultimi tempi, come dimostrava l’essersi fatto ferire per due volte da degli esseri umani.
 
Ecco, sì: andare a fare una visitina a certi umani una volta impadronitosi della Spada Stellare era sicuramente nella sua lista di cose da fare.
 
“Una cosa per volta. Prima pianificherò qualcosa per avere quel che è mio di diritto, alias la Spada” pensò “E poi… non dovrò far altro che scegliere l’ordine con cui mettere in pratica tutto quel che ho in mente”.
   
 
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