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Autore: Lady R Of Rage    07/12/2019    5 recensioni
"-Quaggiù potrete chiacchierare quanto vi pare. Nessuno vi sente. Nessuno vi asciuga le lacrime se piangete. Siete all’inferno, ragazzi: ma chi siamo noi per separare una così bella famigliuola?-
Non voglio, pensa Baby 5. Voglio andare via, io sono la promessa sposa di Don Sai della terra di Kano, e lui ha bisogno di me. Serra i pugni, come se avessero ricominciato a tirarle addosso spazzatura. Deve scegliere, a un certo punto – anzi, ha già scelto, ed è troppo tardi per recriminare."
Baby 5 ha scelto: non un nuovo inizio come moglie di Don Sai, ma l’inferno, la condanna perpetua, nelle viscere ghiacciate di Impel Down, assieme a coloro con cui è cresciuta.
Dopo il calderone di sangue bollente e i tormenti di Sadi-chan, solo un’eterna attesa accoglie la sconfitta Famiglia Donquixiote. In mezzo alla neve perenne, dove nemmeno i lumacofoni mantengono il contatto col mondo, senza più un Padroncino da seguire e amare, Baby 5 non si è mai sentita meno utile.
Eppure, prima di Sai, aveva chiamato “famiglia” i suoi compagni di cella. Sarà l’inferno a ricordarle perché.
[Accennate Baby 5/Sai, Trebol/Diamante, Senor Pink/Lucian]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Baby 5, Donquijote Family, Gladius, Pica, Sugar
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Alti E I Bassi Della Famiglia Donquixiote'
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Stelle Di Cielo, Stelle Di Terra – La Fuga In Mare Dei Donquixiote
 

-Animo, gente. Stasera si banchetta.-
Buffalo depone il pentolone su uno sgabello, e versa una mestolata di ramen gocciolante nel piatto in attesa di Dellinger. Baby 5 si pulisce la bocca: sta sbavando.
Un tavolo, delle sedie, piatti e bicchieri e tovaglioli e bacchette, sgabelli e cuscini su cui accomodarsi. Acqua fresca da sorbire anziché neve sciolta in bocca. Il chiarore di uno spicchio di luna contro un cielo profondo e immenso, la brezza notturna che gli carezza i capelli e gonfia i loro vestiti, il crosciare lento delle onde contro la fiancata. Nessun mastro cuoco, cameriere, arredatore, potrebbe preparare una tavolata più bella.
Baby 5 deve fare appello alla sua resistenza da combattente per non buttarsi di faccia nella ciotola come un maiale nel trogolo, e aspettare che tutta la famiglia sia stata servita. Una giacca da Marine è legata sulle sue spalle come un mantello: con dita tremanti stringe il nodo sul suo petto.
C’è una fetta di pane bianco sul tovagliolo di ciascuno, sette bottiglie di birra in attesa dell’apribottiglie. Il vapore le carezza le narici, più dolce dello zucchero.
-Buon appe…- ma Buffalo è interrotto dal rumore umido delle forchette che sprofondano nei piatti e dal succhiare di una decina di bocche avide. Il ramen è rovente sulla lingua di Baby 5 – o forse è solo caldo e lei non ne è abituata. Ma non importa, ingoia tutto in un colpo, anche se le brucia l’esofago. Radicchio, sesamo, germogli di soia e bambù: niente riso ghiacciato né pane umido, e più Baby 5 mangia meno vuole pensare di averli anche solo assaggiati. Una goccia di zuppa cade sulla sua camicia da marine, vi proietta una macchia marrone grande come una moneta. Non importa. Qualunque cosa è meglio di quella tremenda uniforme a righe. Il loro posto è sul fondo del mare, dove le hanno gettate tutte, legate a un catenaccio.
Diamante è un bozzolo di coperte da cui sporge una testa livida e smunta, con in testa un cappello di lana calcato fino alle palpebre. Ha il mento liscio, privo di barba, e i capelli castani sono legati in due trecce che ricadono sul petto. Pica taglia il ramen in filetti lunghi un dito e glielo imbocca col cucchiaio.
-Sono in paradiso,- biascica Diamante. -Uhahah… non me lo merito, que-quello.-
-E quindi uscimmo a riveder le stelle.- canticchia Jora leccandosi le labbra. -Tanto il paradiso non ci vuole. E l’Inferno non ci può avere.-
Indossa una camicia di seta rosa, annodata ad arte sull’ombelico, e un lenzuolo bianco avvolto sulle gambe come gonna. Anche i capelli sono coperti, sotto un fazzolettone da collo da recluta marine. Il blu cobalto fa a pugni con il giallo e il rosso delle sue chiome: qualcosa che solo lei merita di portare.
Con gli abiti di un solo commodoro possono vestirsi per settimane. Le punte dei capelli di Baby 5 sono umide, e profumano di pino marino. Sono legati in una treccia liscia, che accarezzerebbe per tutta la notte. Ha le unghie limate, le orecchie pulite, un paio di calzini ai piedi. La giacca la copre come una spalla amica, ma fosse per lei vi sparirebbe dentro.
Già sapeva di essere grottesca, diversa da come si ricordava. Si era slacciata l’uniforme con un nodo in gola, ciocche di capelli impigliate tra le dita e nella spazzola. Pensava all’acqua calda, al sapone profumato, alla sensazione morbida di un accappatoio attorno alla pelle, di tornare a vedersi giovane e bella come a Dressrosa. A malapena ricordava le proprie, di sembianze, e non c’è nulla di confortante nemmeno in quelle dei compagni. Machvise non è più tondo e gioviale, e la pancia ricade moscia contro lo stomaco. Ha accettato le razioni più piccole, nella cella ghiacciata, schiaffeggiandosi l’abbondante ventre con una risata incrinata. Ci sono fili bianchi nella sua barba, e nei capelli di Diamante e Pica. Le rughe di Lao G paiono profonde come tagli di coltello. E Sugar… Baby 5 è convinta che quel moncherino fasciato comparirà nei suoi incubi.
Eppure non era preparata alla pancia cascante, alle cosce smagliate, alle giunture aguzze e ai seni flaccidi di una donna che non le somiglia. Aveva piegato il braccio, e nessun muscolo era comparso sotto la pelle. Le vene sbucavano da sotto la pelle bianca, come strisce di sangue contro la neve.
Questa non sono io: si era rannicchiata nell’angolo della doccia, tremando come se i diavoli fossero tornati. C’è un suo poster da ricercata, appeso nella sala da pranzo. Boccoli neri scossi dal vento, uno sbuffo di fumo ad offuscare il volto, la baionetta di un fucile che sporge da dietro la spalla – come se avessi bisogno di comprarne uno, lo diceva anche Buffalo – e centonovantacinquemila Berry di taglia. Nessuna traccia di quelle guance scavate, quel naso sottile, quegli occhi gonfi e vacui. Niente crepe sulle labbra, né croste sul dorso delle mani. Niente ciocche di capelli strappati incastrate tra le dita, occhiaie gonfie sotto le ciglia, denti ingialliti e storti sulle gengive sporche di sangue.
Aveva grattato la spugna sulle gambe e sulle braccia fino a far bruciare la pelle. La ragazza sogghignante e bella del manifesto non era mai stata ad Impel Down, ma pensarci non rendeva meno sbagliato il non somigliarle. L’odore del pino marino e del sapone alla vaniglia non era meno soffocante del veleno di Magellan, l’acqua tiepida sapeva di sale contro la sua lingua.
Da dietro il muro alle sue spalle, una voce maschile singhiozzava sommessamente. Baby 5 aveva picchiato qualche colpo contro le piastrelle. Gladius le aveva risposto, e anche lei si era asciugata le lacrime.
Siamo tutti ridotti così, da Lao G a Dellinger. Ora Gladius siede alla sua sinistra, avvolto in una coperta di lana grigia come fosse una stola di seta, e sorbisce una cucchiaiata di ramen con gli occhi chiusi. Dellinger ha un fermaglio a forma di pesce tra i capelli, Señor Pink è avvolto in un lenzuolo come una toga, e usa l’angolo per pulirsi la bocca. Lao G è rattrappito sotto una grossa sciarpa grigia, e un berretto di lana blu che ricorda a Baby 5 i suoi giorni da giovane.
Un colpo al tavolo la fa sobbalzare: Sugar ha sbattuto la mano contro il piano del tavolo. Lacrime scendono lungo le sue guance, il suo pugno trema.
-Che succede, bambina?- domanda Jora.
-Io… io solo…- Sugar si asciuga le guance con la mano rimastale. -Sono stanca. E ho tanta fame.-
Sbatte le ciglia, affonda il volto nel petto di Machvise. Il lottatore la circonda col braccio, le massaggia la schiena con le dita non più paffute. Baby 5 si ritrae sul suo sgabello. Il cibo è prezioso, Neonata Cinque, dice sua madre. Se mi avesse vista piangere così avrei raggiunto gli altri quattro sotto terra.
-Voglio mia sorella,- singhiozza Sugar. -E voglio Tré.-
-Tré…- biascica Diamante. -Ti amo. Mi manchi tanto tanto.-
Pica scuote la testa, massaggiando la spalla del padre, e gli tampona la bocca con un tovagliolo.
Il prossimo a fiatare è Gladius, a cena finita, per chiedere se a qualcuno va un sorso di tè. Se potesse, Baby 5 parlerebbe con il ramen di fronte a lei e gli sussurrerebbe un grazie. Ma cosa può dire, a loro? Non ha da dargli niente che non manchi anche a lei.
Il cibo è prezioso, però, e almeno hanno qualcosa da mangiare. Non serve altro. Baby 5 alza la mano: -Per me senza zucchero.-

Non c’è una goccia di zuppa rimasta, sul fondo del pentolone. Sugar giace tra le braccia di Machvise, battendo i denti e singhiozzando fiocamente. Il lottatore la pettina con le dita, facendola rimbalzare sulle ginocchia come fosse davvero una bambina.
-Che cazzo mi è venuto in mente?-
Non c’è un pugno, alla fine del suo braccio, ma a Baby 5 pare di vedere delle dita contrarsi. Si inginocchia al suo fianco, le prende la mano sana. Dopotutto gliel’ho tagliata io. Ne ha tagliati tanti, di arti, da quando ha cominciato a combattere con gli altri. Non è giusto che Sugar valga meno di quei volti sconosciuti.
-Sugar, io…-
-Non dire che ti dispiace!- ringhia la donna-bambina. -Ti ho detto di non dirlo. Siamo liberi, no? L’Imperatore Shanks non ha un braccio, porco cane. Non dovrei frignare per una cosa così idiota.-
Baby 5 le carezza la mano, bianca e ossuta. Le sue erano così, molto tempo fa, e nessuno le aveva strette. Quella gente non valeva quanto la sua famiglia.
-Hai retto all’Inferno per mesi. Hai perso tante cose. Ora piangi finché vuoi. Sei libera, puoi fare quel che ti pare.-
Sugar non piange mai – e lei, invece, che ha versato lacrime a vuoto per degli imbecilli di cui neanche sapeva il nome. Per Sai, per il maledetto Don Sai. Chissà che sta facendo, nel suo Paese dei Fiori. Un Don dovrebbe avere una flotta, forse sufficiente per condurli al sicuro, un esercito che potrebbe affrontare i Marine, una nuova vita almeno per lei – solo per lei. Non c’è più niente, per noi. Nemmeno le cose familiari stanno al loro posto.
Gladius versa del tè fumante in undici tazze identiche. Da una di esse sporge la testa di una cannuccia. Il lumacofono, chino su un piatto, rumina delle foglie d’alga secca.
-Cosa abbiamo a disposizione?- chiede Machvise.
-Il nostro Log Pose funziona bene e ci sono delle carte nautiche nei cassetti.- Jora versa un cucchiaino ricolmo di zucchero nella sua tazza. -Direi che si può telefonare-zamazu.-
Il numero sul polso di Señor Pink è sbavato, ma leggibile. Il lottatore rassetta sulle sue spalle la coperta e beve un sorso di tè fumante. Digita il numero con dito tremante. Baby 5 serra i pugni: sono leali, ma non se la sono mai cavate da sole.
E una voce femminile. -Pronto? Chi è?-
Il lottatore sospira di sollievo. -Ciao, Emily. Sono Señor Pink. Siamo in mare aperto, ce l’abbiamo fatta.-
Silenzio, Baby 5 si stringe più forte al tavolo. Poi la lumaca sgrana gli occhi, e uno strillo acuto fa sobbalzare tutto il tavolo.
-SEÑOR!- Gli occhi della chiocciola sono umidi. -Grazie al cielo! Kyuin! Joanna! Venite tutte, c’è Señor! Sono scappati! C’è Señor!-
-Señor!- Altre voci femminili, applausi, strilli e singhiozzi. Señor Pink scrolla le spalle e beve un sorso di tè.
La lumaca ha due codini gialli sulla testa, lunghe ciglia sbattono sui vivaci occhi grigio scuro, e lucidalabbra viola luccica sulle sue labbra. -Señor, sono Kyuin. Siamo tutte qui. Come state? Siete tutti quanti? C’è il Padroncino?-
Baby 5 stringe il polso di Buffalo. -Il Padroncino non c’è. Ha scelto di non scappare. E Trebol-sama non ce l’ha fatta. Gli altri ci sono tutti.-
Dellinger sventola la mano. -Come va? Kyaah, ne è passato di tempo!-
Qualcuno, dall’altra parte della cornetta, si soffia fragorosamente il naso. -Povero Trevor.- sospira la voce di Kari. -Era così… così…-
-Così stupendo.- mugugna Diamante, ed emette un singhiozzo serrando i denti sulla cannuccia.  Sugar si rannicchia contro la pancia di Machvise, affondando le dita nella sua barba pulita.
-Beh…- la lumaca sbatte gli occhietti luccicanti. -Siamo contente che almeno voi siate fuori. Soprattutto tu, Señor!-
-Sì, Señor!- pigola Charlotte in lontananza. -Vi sono piaciuti i nostri regali? Li abbiamo cercati nella discarica!-
Señor Pink serra la mano sul banco del tavolo.
-Ci parlo io, con loro. Vogliono me. Un uomo deve sapere quando è il suo momento.-
-Un uomo qui, un uomo lì, sembra che tu abbia paura che te lo strappino.- Dellinger si sfila la camicia e i calzini. -Io vado a farmi un tuffo.-
-Non ti allontanare troppo, tesoro.- esclama Jora, ma Dellinger ha già buttato il suo berretto assieme al resto e, con addosso solo i boxer, si lancia di testa oltre il parapetto. Baby 5 e Buffalo corrono al parapetto: il ragazzo scompare tra i flutti senza fare uno schizzo. La sua testa emerge dalle onde, gocciolante.
-Vorrei che poteste provare…- Si riempie la bocca d’acqua salata e la sputa in un getto luccicante.
-Ero un nuotatore coi fiocchi, ai miei tempi.- sospira Lao G. -Vai, giovanotto. Con la G.-
Le gambe snelle del ragazzo battono contro la superficie sollevando spruzzi bianchi. Almeno lui è sereno, pensa Baby 5. Il suo sorriso zannuto, i biondi boccoli grondanti, la sua risata che risuona tra le onde al chiaro di luna: finalmente qualcosa che riconosce. Se avesse paura ne parlerebbe con qualcuno di loro, gli hanno insegnato così ed è l’unico modo che avrebbe un ibrido come lui per sopravvivere senza impazzire.
-Non merita di esistere-, dicevano i camerieri di Dressrosa mentre lei e i compagni li radunavano. -È un obbrobrio, noi non ci mischiamo agli Uomini Pesce-. Un paio erano svenuti, e un giovane valletto era scoppiato a piangere. Dellinger – un affarino di sei anni alto un metro e poco più, con grandi occhi innocenti e uno zainetto sulle spalle come un comunissimo scolaro – aveva fatto la linguaccia, e tirato una palla di pongo azzurro in faccia a quello che piangeva. -Guadda, Baby 5! Come Trebol!-
-Please don’t let me droooown, suffocating water, deep water…- gorgheggia una voce acuta, e Baby 5 inarca le sopracciglia. Non deve pensare, è quello che i diavoli vogliono. -Pica sta cantando?-
-A Diamante piace la musica. Probabilmente lo conforta.- Gladius sospira alle sue spalle. Regge un vassoio con una caffettiera, e delle tazzine da caffè -Povero disgraziato. Non lo riconosco più.-
-Perché, Pica si riconosce?- domanda Buffalo. -Guarda che tenero, lo sta cullando. Sapevo che sotto sotto era dolce. Il miglior fratellone del mondo-dasuyan.-
-Molto sotto,- soggiunge Baby 5, -considerando i precedenti.-
Non può sorridere con lui, non finché pensa a quanto sia tutto sbagliato. Diamante fragile, immobile, sempre abbacchiato, Pica affettuoso che canta ninnananne – io che dico no, anche se posso essergli utile. Ma sono scappati, no? Niente più torture, né gelo, né cibo scadente e umiliazioni. Dovrebbe essere così semplice, dovrebbero essere felici e pieni di piani.
Gladius appoggia il vassoio contro il parapetto.
-Ho scaldato un po’ di caffè, se ne volete.- Lei e Buffalo scuotono la testa. Gladius si infila una mano nella tasca della giacca. -E Baby 5…ho trovato queste. Forse ti vanno.-
Un pacchetto di sigarette Silvers Long Johns, ancora avvolto nella plastica. Baby 5 si getta tra le braccia di Gladius e lo stringe a sé con tutte le sue forze.
Il fumo è dolciastro, appiccicoso, e si perde leggero contro il cielo notturno. Baby 5 si siede sul parapetto e vi si aggrappa con una mano, scuotendo le ceneri della sigaretta tra le onde.
Siamo liberi. Jora si sporge da poppa, gli occhi fissi sul punto sfocato tra le onde che è Dellinger. Lao G è appoggiato al timone come a una balconata. Machvise tampona il moncherino di Sugar con dell’ovatta. -Canta ancora,- biascica Diamante. -Canta ancora per me.-
Señor Pink siede a tavola, avvolto nel suo lenzuolo, e accarezza il lumacofono mentre ascolta.
-… viene nessuno da anni, fidatevi. I detriti del cantiere hanno insozzato l’acqua e allontanato tutto il pesce.  A volte vorrei prendere per l’orecchio queimaledetti Nobili Mondiali e…-
C’è qualcosa di familiare, in quella storia, ma Baby 5 è troppo stanca per pensare. Un calmo manto di stelle li sormonta, vasto fin oltre l’orizzonte, e pare così vicino da poterlo sfiorare con le dita.

La nave è dei Marine, e la Famiglia Donquixiote divide le faccende come se in Marina ci fossero entrati. Lavare i piatti con Gladius, rifare i letti il giorno dopo assieme a Señor Pink, lucidare il ponte quello seguente in coppia con Dellinger. Il tabellone dei compiti è inchiodato sulla porta della cabina di navigazione, e tutti ci passano davanti per forza quando salgono al ponte per godersi la mattinata.
Baby 5 ha le mani raggrinzite, e trasformarle in un fucile non rende la sua pelle meno rigida. Gladius si massaggia i palmi, rannicchiato in una sedia a sdraio.
-Pistol Girl!-
Il News Coo stride metri sopra di lei, e precipita come un sasso contro il pontile. Baby 5 gli strappa il giornale insanguinato dalla zampa e lo lancia oltre il parapetto senza guardare dove atterra.
-Allora?- Buffalo si pulisce le briciole di pane dal mento. -Dicono niente, su di noi?-
Baby 5 si lascia cadere sulla sedia a sdraio. Spiega le pagine di fronte a sé, e i suoi stessi occhi la fissano lucidi e sgranati. Gocce nere e dense le scorrono contro la fronte: salsa di soia.
-Siamo ricercati. Ricercatissimi, si direbbe. Eccoci tutti qua.-
Gladius allunga il collo. Prende un respiro profondo, serrando i pugni.
-Le foto della camminata. Gli stronzi.-
Baby 5 annuisce, e porge il giornale alla mano aperta di Jora. Quindi è così che il mondo ricorderà il grande Donquixiote Trebol: senza occhiali né moccio al naso, con un uovo spiaccicato sulla fronte e un pomodoro sul mento. Niente rockstar che urla al microfono come un demonio, né colosso di pietra che faceva tremare tutta l’isola con un gesto di braccio. Il Diamante nella copertina ha la bava alla bocca e il collo cinto da un collare cervicale, Pica il volto insanguinato, gonfio, nero, due occhi spaventati e gonfi di lacrime. Buffalo ha le labbra serrate, Dellinger si lecca succo di pomodoro via dalle guance, e lei stessa…
Pensavo a Sai. Ha la testa alta, ma il viso rosso e teso. Non si è neanche presentato, lui, e nel giornale non c’è alcuna dichiarazione da parte del Don del Paese dei Fiori. Ce n’è una del Grand’Ammiraglio, però.
-Li prenderemo.- legge Jora. -Setacceremo ogni villaggio dei Quattro Oceani, li trascineremo di nuovo dove meritano di stare. Non sono nessuno senza il loro capitano, e Doflamingo è ancora in prigione. Sguinzaglieremo squadroni per tutte le isole.-
Lei non l’ha mai visto, il Grand’Ammiraglio Akainu, ma le basta guardare una volta Jora e Gladius per capire che nessuno di loro – forse nemmeno il Padroncino – ha una possibilità contro il Magma Magma. La vecchia serra i pugni, finché le nocche non le si fanno rosse.
Sugar mangia acini d’uva rossa da una ciotola, conficcati sulle dita come da tradizione. La regge sulle ginocchia, reclinata contro il braccio fasciato.
-Fanculo alla Marina, non ci acchiapperanno mai. Non esiste che ho perso una mano per niente.-
-Abbiamo bisogno di un po’ di pace.- proclama Gladius. -Ci troviamo un posto tranquillo e capiamo cosa dobbiamo fare. Magari quel pallone gonfiato di Sakazuki può ricevere una bella sorpresa.-
Accenna con la testa al ponte alle sue spalle. Lao G e Señor Pink fanno gli addominali, sdraiati su un lenzuolo. Pica giace supino e solleva con palmi un tavolo grande come lui, con le gambe rivolte verso il cielo. Machvise giace sdraiato tra di esse, sul fianco, in posa da modello. Buffalo tiene il timone, e fa ruotare i propri capelli in una brezza rinfrescante.
-Quattrocentoventi.- Pica solleva il tavolo drizzando le braccia e le piega di nuovo. -Quattrocentoventuno. Quattrocen…- prende un respiro profondo. -Machvise, stai diventando leggero.-
Il lottatore si attorciglia un dito nei capelli biondi. -E tu sei spompato. Ti faccio solo un favore.-
-Ho detto settecento chili, e settecento chili voglio. Non un grammo di – quattrocentoventidue – meno, chiaro?-
-Tuoi i bicipiti, tuoi i problemi. Ti dico solo, da lottatore, di non esagerare. Sei fuori allenamento.-
-Ha r-ragione, tesoro. Alleggerisch…schi-
Diamante giace semiseduto su un materasso portato sul ponte, testa e schiena sorrette da cinque cuscini. Sul suo corpo sono adagiate delle coperte, e su di esse un telo di plastica trasparente. Baby 5 distoglie lo sguardo: se Diamante inizia a rimettere i pasti è la fine. L’ha visto vomitare per anni, ebbro del vino rosso che tanto amava, con le mani di Trebol a tenergli i capelli a posto, o sospeso sulla spalla di Pica come un sacco di patate. Non aveva quegli occhi, però: spenti, sfocati, lontani da chi lo circonda. Una rockstar deve guardarsi intorno, godersi ogni grido di adorazione e battito di mani.
Che non riceverà mai più.
-Lo so.- sghignazza Diamante. -Sono ridotto u-uno straccio. Mi si addice, uhahaha.-
Sbatte gli occhi, e reclina di nuovo la testa sui cuscini. -Mi passerà. Lasciatemi p-pure così.-
Le braccia del gladiatore sono coperte, ma Baby 5 sa che le sue mani tremano ancora. E non smetteranno mai di farlo, finché vivrà.
-Dagli solo un po’ di tempo.- sussurra Gladius, e la tira per un polso perché si volti dall’altra parte. -Per abituarsi. Non si chiama Diamante per niente, non scordarlo. Un grande guerriero va ben oltre una spada.-
-E a tal proposito.-
Braccia ossute acchiappano Baby 5 per i fianchi, la rivoltano come una bambola, la stringono contro un petto flaccido e rugoso.
-La nostra Baby 5, con l’Ambizione della Percezione!-
Jora lancia in aria come fosse un pallone da calcio, e la acchiappa al volo stringendola forte. Baby 5 geme, intronata dalle vertigini.
-Jora, la spalla…-
L’abbraccio della vecchia si allenta, le mani scarne le stringono gli avambracci. -Scusami, sono così emozionata. Sapevo che in te giaceva una grande guerriera-zamazu.-
Le pizzica la guancia, pungendola con le unghie. Vent’anni e ancora non sa che non lo sopporto, ma non importa, almeno è una cosa familiare.
-Non ti ho detto che avevo…-
-Non siamo nati ieri, cara. Avresti dovuto vederti, uno spettacolo da far invidia a tutto il Colosseo.- batte le mani, e scintille d’arte moderna sprizzano tra le sue dita. -Quando hai dirottato quella nave contro le altre due… oh, che emozione. Sono troppo vecchia per queste cose. Mi farai scoppiare il cuore-zamazu.-
Si lascia cadere per terra, accanto a Gladius, portando le mani al cuore. -Dobbiamo allenarti. L’Ambizione è un dono prezioso, potrebbe esserci utile. Solo i nostri Ufficiali e il Padroncino sanno di cosa hai bisogno.-
-C’è già chi si da’ da fare.- dice Gladius. -Raggiungili. Fai sorgere il tuo potenziale segreto.-
-Quattrocentonovantanove, e cinquecento.-
Pica appoggia il tavolo e Machvise di fianco a sé e si mette in ginocchio. Sugar gli tira un asciugamano e una bottiglietta d’acqua. Dellinger schizza fuori dall’acqua come un siluro e atterra sul parapetto, in equilibrio su un piede solo.
-Non dimenticare lo stretching, ragazzone. Ho fatto mille vasche, dov’è il mio premio?-
-Vieni qua, piccolo mio. Grazie per avermi dedicato la vittoria.- Jora abbraccia il ragazzo, come se non fosse fradicio e sudato. -Quanto a te, Pica. Ci stai a fare da coach a Baby 5?-
-Fallo fare a m-me, pietruzza. Concedimelo.-
Diamante si strappa la coperta di dosso e la getta contro il ponte. Una goccia di bava gli pende dal mento: la toglie di mezzo con un tremulo schiaffo.


A.A.
Si sapeva che il viaggio verso la luce non sarebbe stato semplice. Ora hanno appresso anche un Sakazuki incazzato, e sapete che tipo è quell’uomo, quando ci si mette. Ma al momento lui non dovrebbe fare un’apparizione. I miei piani sono ben diversi, anche se questo non significa che ‘sti disastri umani debbano starsene buoni e comodi. Anche se mi è comunque piaciuto scrivere di questo momento più affettuoso, più rilassante.
Sigh, sto perdendo il tocco degenere? Comunque.
1. La canzone di Pica è Aqualung di Miss Li, che potrebbe essere stata tranquillamente cantata dal vero Pica. Se invece volete sentirlo provare qualcosa del papi… beh.
2. La marca di sigarette Silvers Long Johns è ispirata a un video demenziale “Mai Dire One Piece”, in cui Brook canta la pubblicità di una marca di biancheria (penso fittizia) con questo nome. “Per le notti tra le onde abbiamo tutti le mutande, seta raso oppur cotone, farai sempre un figurone!”
3. Steven Tyler si autodefinisce “demon of screams”, demone delle urla.
4. Lao G non si considera “nuotatore” perché per acchiappare Baby 5 non ha nuotato, si è solo tuffato con un peso legato al corpo.
5. Chi siamo? Dove veniamo? Il corpo legale di One Piece sono i Marine o la Marina?
6. Chi non ha usato il povero Machvise come bilanciere d’emergenza, almeno una volta?
Ho altri progetti in corso — sempre sulla Prole – ma non lascerò incompiuta questa, lo giuro!
Lady R
  
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