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Autore: Ghost Writer TNCS    07/12/2019    1 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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39. Qual è il piano?

I quattro fuggitivi temevano che muoversi per la città sarebbe stato un problema, ma la gente era troppo impegnata a cercare un luogo sicuro per badare a loro. L’improvviso terremoto aveva gettato il panico anche tra le guardie, che quindi non avevano il tempo per occuparsi di rintracciarli.

«Cosa facciamo? Volete rubare degli ippolafi?» chiese Leonidas.

«Sarebbe meglio dei grifoni: dobbiamo allontanarci in fretta» ribatté Tenko. Il braccio le faceva ancora male, ma il dolore non era più così insopportabile.

«Aspettate, dobbiamo prima recuperare le nostre cose!» affermò Zabar. «Vi prego, è troppo importante!»

«Credo abbiano portato tutto al deposito della caserma» disse Persephone. «Di norma sarebbe un suicidio entrare, ma forse adesso avremo qualche possibilità.»

Tenko sapeva di non avere molto tempo per riflettere, così diede subito il suo responso: «Facciamolo.»

Leonidas non sembrava entusiasta, ma annuì con fare rassegnato. «D’accordo. La caserma dovrebbe essere da questa parte.»

Guidati dai due ex militari, i fuggitivi attraversarono di corsa le strade della città, cercando quantomeno di non passare davanti ai gruppi di guardie che incrociavano: per quanto la situazione fosse caotica, era meglio non sfidare troppo la sorte.

Raggiunta la caserma, si stupirono nel vedere che davanti all’ingresso non era rimasto nemmeno un soldato. Il massiccio edificio non sembrava aver risentito troppo delle scosse, ma lo stesso non si poteva dire di quelli adiacenti. Riconobbero un paio di soldati impegnati a soccorrere dei civili: forse erano quelli incaricati del turno di guardia.

«Dovremmo aiutarli» esalò Leonidas.

«Hai ragione, ma non possiamo» ribatté Persephone.

«Muoviamoci, prima che ci vedano» tagliò corto Tenko.

I quattro si infilarono nell’ingresso, armi in pugno e pronti a combattere. Ma non c’era nessuno ad attenderli.

«Zabar, da che parte?» chiese la demone.

Lui estese le sue percezioni, sforzandosi di captare la traccia magica che aveva lasciato sugli artefatti trovati sottoterra. «Riesco a sentirli!» esclamò. «Di qua!»

Tenko riconobbe una scintilla di genuino entusiasmo nella voce dell’ex chierico, ma per quanto le facesse piacere, si premurò di ammonirlo: «Non abbassare la guardia, siamo pur sempre in una caserma.»

«Tranquilla, non…» Zabar si interruppe di colpo. «Arriva qualcuno.» Senza aggiungere altro si affrettò verso la porta più vicina, subito seguito dagli altri tre. Socchiuse silenziosamente il battente, giusto in tempo prima che passasse un manipolo di guardie.

«Via libera» dichiarò il demone prima di rimettersi in marcia, ora più quatto e attento a non fare rumore.

Grazie alle percezioni dell’ex chierico non fu difficile raggiungere il deposito, anche quello completamente sguarnito.

«È chiusa!» imprecò Zabar dopo aver tentato inutilmente di aprire la porta.

«Aspetta, ci provo io» dichiarò Tenko. Il potere delle tre donne misteriose le aveva permesso di sconfiggere i quattro cloni: una serratura non l’avrebbe certo fermata.

Provò a invocare la magia, ma non accadde nulla. Provò di nuovo, ma la verità era che non sapeva come fare.

«Non funziona?» le chiese l’ex chierico, ma non era chiaro se fosse preoccupato per lei o per il fatto di non poter recuperare gli artefatti.

«Non… Non lo so. Era la prima volta che lo usavo, magari…»

«Ehi, prova queste» le disse Persephone.

Tenko si voltò, sperando che la metarpia le desse qualche oggetto da inquisitrice per aiutarla a controllare i suoi poteri, invece aveva solo un mazzo di chiavi.

Nel vedere la demone imbambolata, l’ex militare gliele fece tintinnare davanti. «Chiave? Serratura?»

La giovane, irritata, gliele strappò di mano. «Non sono un’idiota!»

Una volta aperta la porta, Zabar si fiondò dentro come se ne andasse della sua vita. Cercò forsennatamente tra gli oggetti ammassati senza criterio e poi, finalmente, sollevò gli antichi artefatti al cielo, quasi fossero degli idoli da adorare.

«Sono loro! Li ho trovati!» esclamò, sinceramente commosso. «Non sono sopravvissuto in vano…»

«Muoviamoci, potrebbero tornare da un momento all’altro» affermò Persephone.

Tenko ritrovò la sua uniforme modificata, ma quello non le sembrava il momento migliore per indossarla, così la ripose in una sacca e se la mise in spalla. Una volta riprese le sue armi, lanciò un’occhiata agli altri per capire a che punto fossero. Zabar aveva già recuperato le sue cose e stava controllando che le gocce e i bracciali funzionassero ancora, Leonidas stava indossando gli ultimi pezzi di armatura, Persephone invece era ferma a fissare la sua uniforme da inquisitrice.

La demone lanciò uno sguardo al corridoio da cui erano venuti per controllare che non stesse arrivando nessuno, quindi si avvicinò alla metarpia. «Fossi in te la prenderei.»

Persephone rimase in silenzio per qualche istante. «Hai ragione. È un’ottima armatura. Però non so se voglio farlo. Non voglio indossarla di nuovo.»

«Dobbiamo andare» affermò Leonidas, che aveva deciso di tenere l’arco magico del suo clone piuttosto che il suo vecchio arco.

«Infilala in una sacca e poi ci penserai con calma» le disse Tenko. Dopo un attimo proseguì: «Magari il mantello puoi anche lasciarlo.»

Questa volta la metarpia si limitò a un mugugno d’assenso e fece come suggerito dalla demone.

«Ehi, voi!» La voce arrivava dal corridoio. «Che state facendo?!»

I quattro si voltarono quasi all’unisono e trovarono una guardia nel mezzo del corridoio. A Tenko bastò un secondo per impugnare la bacchetta e colpirla con un fulmine.

«L’hai ucciso?» esalò Leonidas, preoccupato.

«No» rispose la demone. «Credo.»

«Meno chiacchiere, andiamo» tagliò corto Persephone.

Ora che avevano di nuovo le loro cose, i quattro si concessero di avanzare con andatura più spedita. Uscire dalla caserma non fu un problema, quindi si diressero verso le scuderie dei grifoni.

«Quanti ne volete prendere?» chiese Leonidas.

«L’ideale sarebbe uno a testa, così ne resterebbero meno per inseguirci» rispose Persephone.

Al sentire quelle parole, Tenko si avvicinò a Zabar. «Ehi, io non ho mai volato da sola. Non so come si fa.»

«Non preoccuparti, posso usare uno dei miei incantesimi per aiutarti. E comunque sono tutti grifoni ammaestrati, sarà facile guidarli.»

 Come nel resto della città, anche nelle scuderie regnava il caos. Anzi: se possibile la confusione era ancora maggiore per via degli animali imbizzarriti.

Superarono facilmente alcune guardie di passaggio, quindi si diressero verso gli animali. L’ampio e spazioso edificio, costruito per lo più in legno, aveva subito diversi danni: alcune porzioni del tetto erano crollate e degli animali erano rimasti feriti. Gli stallieri stavano facendo il possibile per aiutarli e per calmare gli esemplari spaventati, ma la loro sembrava una battaglia persa in partenza.

«Di là» fece strada Persephone. Entrare nella scuderia le aveva ricordato il suo grifone, che per anni l’aveva accompagnata fedelmente nei suoi viaggi, ma non poteva abbandonarsi alle emozioni: questa era l’unica cosa rimasta invariata rispetto a quando era un’inquisitrice.

Raggiunsero i box che si erano salvati dai crolli e studiarono rapidamente le condizioni dei grifoni. Ce n’erano solo un paio già sellati, ma era meglio di niente.

«Io e Tenko prendiamo questi due, voi prendete quelli già sellati» stabilì Zabar.

La demone, che fino a quel momento sembrava pronta a tutto, avvertì un fremito di paura quando si trovò davanti al suo grifone.

«Sicuro di quello che fai?» esalò in direzione di Zabar.

«Ehi! L’arena è il tuo settore, questo è il mio» le ricordò l’ex chierico, che da quando aveva recuperato gli artefatti sembrava aver ritrovato anche sé stesso.

Il demone sfruttò uno dei suoi incantesimi per collegare la sua mente a quella del volatile, quindi fece segno a Tenko di salire. Nonostante la situazione in cui si trovavano, la giovane si sentì molto emozionata nell’essere da sola in groppa a quel maestoso animale.

«Seguitemi» ordinò Persephone, e con grande naturalezza guidò il suo robusto sparviere verso l’esterno.

Uno degli scudieri si accorse di loro e provò a raggiungerli. «Ehi! Nessuno è autorizzato a partire!»

All’ultimo una delle barriere della metarpia gli sbarrò la strada e per poco non ci andò a sbattere. L’ex inquisitrice aveva perso la benedizione di Horus, ma per fortuna riusciva ancora ad usare i suoi scudi. Aveva sempre pensato che anche quell’abilità fosse un dono degli dei – o almeno così le avevano detto – ma evidentemente era solo una bugia.

Seppur con qualche difficoltà, anche gli altri tre riuscirono a guidare i loro grifoni fuori dai rispettivi box e uno dopo l’altro spiccarono il volo. Dall’alto la portata dei danni era ancora più evidente: in tutta Theopolis c’erano macerie per le strade e persone che correvano di qua e di là. Se non altro la confusione permise loro di allontanarsi facilmente e nessun grifone si librò in aria per inseguirli.

Una volta raggiunta una distanza di relativa sicurezza, scesero a terra per stabilire il da farsi.

«Zabar, qual è il piano?» chiese Tenko.

«Andarcene» fu la schietta risposta dell’ex chierico. «I nostri manifesti sono già in ogni città, credo che la cosa migliore sia andare ad Artia: lì gli dei non potranno seguirci.»

La demone, che in realtà sapeva poco o nulla di Artia, si limitò ad annuire. «Voi invece cosa farete? Siete ricercati anche voi adesso. Sarà strano, ma forse la cosa migliore è venire con noi.»

«Mi dispiace, ma non posso farlo» rispose Persephone.

All’improvviso fu come se la temperatura si fosse abbassata di qualche grado.

La metarpia vide la mano di Tenko avvicinarsi alla bacchetta, così si spiegò meglio: «Credo che Ramses, il figlio di Horus, sia andato a sud per uccidere i teriantropi che si nascondono nella foresta. Gli avevo assicurato che sarebbero stati al sicuro, quindi devo andare a controllare.»

«Ne sei proprio sicura?» chiese Zabar. «Non credo ti accoglieranno a braccia aperte.»

«Lo so, ma devo farlo lo stesso.»

L’ex chierico rimase un attimo in silenzio, pensieroso. Infilò una mano in tasca e si avvicinò alla metarpia. «Prendi questo. Ti permetterà di parlare con loro.»

Persephone osservò il bracciale, lo stesso che aveva sequestrato proprio al demone. «Ne sei sicuro?»

«Credimi, vorrei tanto tenerlo, ma ne avrai bisogno. Solo… non perderlo.»

La metarpia annuì. «Hai la mia parola.» Avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma non sapeva cosa dire.

«Il capo dei cacciatori è un leopardo delle nevi, si chiama Clodius Niveus» affermò Tenko. «Digli che la prossima volta che ci incontriamo proverò la carne di orso corazzato con le spezie che mi aveva suggerito. Forse così non ti uccideranno.»

«Grazie» rispose Persephone.

Fece per andare, ma Tenko la fermò: «E un’altra cosa: per quel che vale, volevo scusarmi con te per quello che ti ho fatto all’occhio.»

La metarpia rimase un attimo in silenzio. «Cercate di non morire» disse prima di salire in groppa al suo sparviere. Il grifone spiccò il volo verso sud e gli altri tre tornarono a fissarsi a vicenda.

«Tu vieni con noi?» chiese Tenko a Leonidas.

«Sì, verrò con voi. Prima però vorrei andare dalla mia famiglia, a Milegos: non posso andarmene senza dirgli nulla.»

«D’accordo» annuì Zabar. «Noi dovremo andare prima a Chalacyra: forse un nostro amico può farci avere un passaggio fino ad Artia.»

«Dove ci incontriamo?» chiese Tenko.

«Potrei raggiungervi a Chalacyra. Una volta arrivati lì, aspettatemi per tre giorni: se non dovessi farmi vivo, partite senza di me.»

«D’accordo» annuì la demone.

Così come Persephone, anche Leonidas salì in groppa al suo grifone e spiccò il volo.

«E così siamo di nuovo noi due» esalò Tenko.

«Ma non per molto» rispose Zabar. «Chissà come procedono gli esperimenti di Icarus. E poi vorrei tanto capire perché c’è stato quel terremoto prima. Non credo sia stato un caso. Praticamente ogni volta che ci scontriamo con degli inquisitori succede qualcosa di strano! A proposito, cos’era quella cosa che hai fatto nell’arena? Sembrava la benedizione di un dio.»

«Mmh, credo di sì. Spero solo di non averla consumata tutta.»

«No, non credo. Dovrai solo imparare a usarla. Magari posso darti una mano. Quella cosa dell’invisibilità è davvero utile.»

Lei annuì, felice per la disponibilità dell’ex chierico, e anche per aver avuto conferma del tipo di abilità che aveva acquisito. «Già, ora però andiamo, prima che qualcuno ci trovi.»

I due demoni montarono i rispettivi grifoni e si lasciarono alle spalle Theopolis, decisi a compiere quell’ultima tappa prima di lasciare Meridia.

Entrambi erano così proiettati verso il futuro da non accorgersi che un altro imponente volatile si era appena sollevato dalla città ed era partito al loro inseguimento.


Note dell’autore

Ciao a tutti!

Dopo aver recuperato le loro cose, i nostri eroi sono riusciti a fuggire da Theopolis, ma non a far perdere le loro tracce: chi sarà il loro misterioso inseguitore? Molto probabilmente sarà un emissario degli dei, ma saranno ancora in grado di affrontarlo ora che si sono divisi?

Un altro tema caldo è la benedizione (o presunta tale) di Tenko: di sicuro la demone ci metterà un po’ per capire di cosa si tratta e come sfruttarla al meglio, sempre ammesso che il prezzo da pagare non sia troppo alto.

Direi che anche per oggi è tutto, concludo dicendo che io e la mia beta Hesper abbiamo finito di sistemare il finale del racconto, quindi posso già pensare a quello che verrà dopo (ma niente spoiler per ora :P).

A presto ^.^


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