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Autore: _fixiall12_    07/12/2019    0 recensioni
Avevo promesso a me stessa che non avrei mai e poi mai pianto di nuovo per lui. Col tempo non avrei più sentito la sua sua mancanza così insistente, non avrei più avuto bisogno della sua presenza per addormentarmi, per svegliarmi, per fare qualsiasi cosa. Sarei andata avanti con la mia vita, con o senza di lui.
Ma ora che lui era qui, davanti a me, tutti quei pensieri mi sembravano così vuoti e senza significato.
Cercai di uscire dalla piccola bolla che avevamo formato intorno a noi, fatta di ricordi, di speranza, di sentimenti repressi, di amore, rabbia, odio.
Mi sentivo oppressa, per un momento ebbi paura di lui e di quello che avrebbe potuto farmi, perchè sapevo che sarebbe bastata una parola per farmi cedere.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fissavo ogni suo minimo movimento cercando di capire se fosse tutto frutto della mia immaginazione oppure no. Solo quando abbassò la testa stringendosi con le mani il collo capii. Era lui perchè quel gesto lo ripeteva in continuazione quando stava male o semplicemente per scaricarsi.
Non riuscivo a respirare, sentivo il petto alzarsi e abbassarsi con fatica come se ci fosse qualcosa a bloccare il passaggio dell’aria. Le mani mi tremavano, sentivo le gambe molli, come se non potessero reggere il mio stesso peso, il cuore che mi esplodeva nel petto, la mente vuota.
Sentivo una stratta dolorosa alla gola che mi costringeva a respirare velocemente per cercare una boccata d’ossigeno. Avevo l’istinto di piangere e scappare via.
Con quel briciolo di forza che mi era rimasta mi avvicinai, tanto da riuscire a sentire la suola della sua scarpa sbattere ripetutamente sul pavimento, a vedere i piccoli nei sul collo, il segno che le vertebre sporgenti gli lasciavano o il forte odore di fumo che la sua pelle emanava. Chissà quante sigarette doveva aver fumato prima di arrivare qui, prima di prendere coraggio e venire di nuovo da me.
Ero a un passo da lui, mi schiarii la voce prima che sollevasse la testa e che si alzasse di scatto facendo cadere la tazza, per fortuna vuota, sul tavolo. Mormorò qualcosa che non riuscii a capire, recuperando il bicchiere e posandolo lontano dalle sue mani. Era così nervoso che quasi mi faceva tenerezza.
“Ciao” Disse dopo poco, con la voce decisa. Forzai un sorriso rimanendo in piedi difronte a lui. Cercò più volte di dire qualcosa, ma poi rimaneva in silenzio. Avrebbe potuto dirmi qualunque cosa, anche la più banale, mi sarebbe bastato.
Per quanto volessi farlo, non riuscivo a non guardarlo, ne sentivo il bisogno. Il corpo da ragazzo aveva lasciato spazio a quello da uomo, a quello molto più muscoloso e definito, ma non era cambiato granché e questa cosa mi tranquillizzava. I capelli neri erano sempre spettinati e sparsi ovunque, la cicatrice sul sopracciglio sinistro era sempre lì, ben visibile, aveva sempre quella fossetta sul mento che io trovavo adorabile, le labbra piene di tagli e rosse per quanto se le mordesse, le guance non erano più scavate come un tempo ma sotto gli occhi aveva le solite occhiaie che gli segnavano il volto. Erano quasi un segno di quanto qualcosa dentro di lui combattesse per uscire, quel qualcosa che non lo faceva dormire la notte, che lo costringeva a stare sveglio e a pensare a tutti i suoi sbagli, a tutto quello che avrebbe potuto fare e non fare. Aveva sempre quell’accenno di barba, quel modo di sorridere che mi piaceva tanto.
“Dai, siediti” disse indicando la sedia che era a pochi centimetri da me, non lo ascoltai.
“Quando sei uscito?” Mi sentii quasi troppo invadente nel chiederglielo ma era come se le parole fossero uscite da sole, senza che io potessi controllarle. Magari se ci avessi pensato, avrei potuto dirgli qualcos’altro. In tutti quei mesi avevo pensato molto, ero arrivata a molte conclusioni per poi tornare sempre al punto di partenza, e magari lui mi avrebbe potuto aiutare a fare chiarezza.
Il suo sguardo era fisso su di me, mi sentivo a disagio, avrei voluto solo urlargli in faccia quanto fossi arrabbiata quanto lo amassi ancora dopo tutto quel tempo, quanto stavo male per colpa sua.
“Questo pomeriggio. Avevo-” Si bloccò sistemandosi meglio sul posto per poi continuare. “ Avevo pensato di chiedere a mia sorella di dirtelo, ma non mi è sembrato il caso.” Aveva ragione, anche se avessi saputo che quel pomeriggio sarebbe uscito dal centro non sarei comunque andata. Un po’ per orgoglio, un po’ per vergogna, un po’ per amore, verso me stessa.
Lui mi aveva distrutta, usata per i suoi comodi, così, come se io non contassi nulla, come se ogni cosa che avevamo passato insieme non fosse stata importante, come se io non fossi stata un minimo importante da meritare delle spiegazioni. Avremmo potuto affrontare insieme i suoi problemi, ma come al solito lui aveva deciso tutto da solo.
Per quanto mi sforzassi, però, non riuscivo ad essere arrabbiata. Era questo che mi sconcertava, dopo tutto il dolore, i pianti, le urla, la disperazione io provavo ancora dei sentimenti forti per lui. Cercai di non piangere, di non dare troppo spazio alla emozioni che stavo provando in quel momento. Avrei voluto spaccargli la faccia, riempirlo di pugni, ma allo stesso tempo avrei voluto abbracciarlo, baciarlo, toccarlo, dirgli che non aveva più alcun motivo di scappare, che se gli bastavo, saremmo potuti uscire da tutto quello insieme.
Abbassò gli occhi sbuffando leggermente. Magari voleva dirmi qualcosa, magari no. Si avvicinò piano stringendo le sue mani con le sue così grandi in confronto, con cautela, come se avesse paura di farmi del male. Sentii brividi crescermi su per la schiena, il suo tocco ancora aveva un grande effetto su di me e odiavo questa cosa. Osservavo confusa il punto in cui eravamo collegati, guardavo le sue dita lunghe e non troppo fine. Pensavo a come quelle mani mi avevano toccato per anni, a come mi sentivo appena mi sfiorava la pelle, a come mi stavo sentendo in quel momento. Non erano le stesse sensazioni, provavo disagio, sentivo il bisogno di scacciarle via, non volevo che mi toccasse, non come prima. Sentivo una pressione farsi sempre più insistente sul petto e le sue mani strette intorno alle mie stavano cominciando a soffocarmi, mi allontanai.
“Mi stanno-” feci segno alle mie spalle “ Mi stanno aspettando, devo tornare a a lavorare." Dissi presa dal panico, stavo per crollare e non potevo permetterlo. Avevo promesso a me stessa che non avrei mai e poi mai pianto di nuovo per lui. Col tempo non avrei più sentito la sua sua mancanza così insistente, non avrei più avuto bisogno della sua presenza per addormentarmi, per svegliarmi, per fare qualsiasi cosa. Sarei andata avanti con la mia vita, con o senza di lui. Ma ora che lui era qui, davanti a me, tutti quei pensieri mi sembravano così vuoti e senza significato.
Cercai di uscire dalla piccola bolla che avevamo formato intorno a noi, fatta di ricordi, di speranza, di sentimenti repressi, di amore, rabbia, odio. Mi sentivo oppressa, per un momento ebbi paura di lui e di quello che avrebbe potuto farmi, perchè sapevo che sarebbe bastata una parola per farmi cedere.
   
 
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