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Autore: whitemushroom    07/12/2019    3 recensioni
Per festeggiare il decimo compleanno del fantastico thexiiiorderforum ho deciso, in collaborazione con altri utenti, di lavorare a questo progetto molto ambizioso.
Si tratta di un crossover tra il nostro adorato Kingdom Hearts e Your Turn to Die, un videogioco assai meno famoso ma che ci ha immediatamente conquistati per i suoi temi ed i costanti rimandi alla saga nomuriana per eccellenza. L'obiettivo sarà ripercorrere a modo nostro le vicende che ci hanno accompagnato per più di una decade, viaggiando con la fantasia tra le vicende di KH1 e attraversando tutti i giochi fino a KH3, il gran finale che ha visto forma proprio nel 2019.
Auguro a tutte le persone che passeranno di qui una buona lettura.
Se avrete bisogno di qualche spiegazione, consili o quanto altro sarò sempre felice di essere a vostra disposizione.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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C’era una volta un ragazzo, un ragazzo proprio come tutti gli altri. Usciva la sera per lasciarsi abbagliare dalle luci notturne del traffico di Shibuya col naso all’insù, e rientrava oltre le cinque del mattino perché aveva fatto più di venti giri sulla ruota panoramica. Tre volte alla settimana -almeno- bussava alla sua porta per chiederle qualche yen nei suoi prestiti a lunghissimo termine, prestiti con cui svaligiava tutti i negozi di abbigliamento di Ginzo in un vortice di buste, nastri e scarpe all’ultima moda. Qualsiasi abito, anche i cappotti passati di moda da più di dieci anni, sembrava pensato per star bene sul suo corpo.
Le ragazze lo fermavano per chiedergli se fosse un modello.
C’era una volta proprio quel ragazzo, che in realtà come tutti gli altri non lo era affatto. Se si fosse tagliato per errore nessuno avrebbe visto nemmeno una goccia di sangue, perché sotto la pelle sintetica si alternavano cavi, tubi ed ingranaggi; non aveva mai corteggiato una ragazza perché nelle sue funzioni di base l’atto del baciare non era stato ancora inserito e, da quello che Gashu gli aveva detto, non lo sarebbe stato mai. Nel suo petto non batteva alcun cuore, e l’alimentatore quantico non avrebbe emesso alcun suono nemmeno nel più grave dei guasti.
Eppure il ragazzo era contento di non essere umano: diceva sempre che tra trent’anni Kai sarebbe diventato grigio e pieno di rughe, mentre lui sarebbe stato il giovane ragazzo che il suo papà aveva sempre sognato. Ogni tanto veniva da lei dicendole di non piangere, perché lei era la madre della creatura più bella della Terra; glielo chiedeva con un sorriso, e spesso dalle sue buste multicolori facevano capolino dei cappellini comprati proprio per lei.
C’era una volta un ragazzo di nome Laizer.
Safalin non lo aveva tenuto dentro di sé per nove mesi, ma aveva trascorso nove settimane per assemblarlo nei più piccoli dettagli. Gashu ne aveva settato i chip mnemonici ed il frame vocale, ma era stata lei a premere il pulsante di accensione.

“Guarda qua, Safalin!”
Il pavimento del Castello dell’Oblio si tinge di nero e d’istinto lei si allontana verso la parete.
La notte, se alla notte in fondo si può paragonare, si muove in flussi lenti ed impetuosi, privi di ritmo; prova a fissarla con maggiore attenzione ma i guizzi scuri della superficie scivolano contro il pavimento, vi si immergono per poi risalire ed aprirsi di nuovo, dividersi ed unirsi ancora in un vortice che trova l’anima della figura giovane e determinata al centro del salone. L’Oscurità si muove insieme all’Animofago, e Riku la muove con la forza del proprio cuore. Lui si muove, un’ombra tra le ombre, ed ogni suo gesto, ogni suo respiro diventano tutt’uno con la notte artificiale.
Mena un fendente in avanti.
È forte, ma adesso lo è di più e raggiunge l’altro lato della stanza in pochissimi istanti.
Riparte di nuovo, e mentre salta l’Oscurità gli avvolge le gambe e la vita fino a spingerlo a toccare il soffitto. Atterra sul bersaglio immaginario e l’Animofago scatta in mezzo alle tenebre per disarmare e mettere in ginocchio lo sfortunato avversario mentre negli occhi azzurri si riflettono soltanto vittoria e soddisfazione. “Che te ne pare? Sono pronto sì o no?”
“Sei migliorato molto, su questo non c’è dubbio”.
Il ragazzo sogghigna, e quando schiocca le dita l’Oscurità svanisce come era apparsa; il bianco del Castello dell’Oblio scintilla nel suo gigantesco silenzio, ed il ragazzo sposta nervosamente il peso da un piede all’altro in attesa di quello che è convinto sarà uno sguardo di genuina approvazione. “Stavolta Sora la pagherà, parola mia! La sua vittoria alla Fortezza Oscura è stata solo questione di fortuna” mormora. Lo sguardo stizzito cade sull’Animofago, che svanisce con un gesto nervoso del padrone. “Entro stasera sarò il vero prescelto del Keyblade”.
In realtà Safalin non sa bene come rispondergli. Si è inserita sotto forma di Intelligenza Artificiale nel secondo capitolo del Grillario perché c’è qualcosa che desidera capire e che va ben oltre le necessità di testare le personalità dei concorrenti del Death Game. Vi è una domanda a cui nessuna altra simulazione avrà mai le possibilità di rispondere e Riku, seppur inconsapevole, ne è la chiave. “Giusto … ciò che è accaduto alla Fortezza Oscura è stato … inspiegabile” dice, rendendosi conto che il ragazzo pende letteralmente dalle sue labbra. “Ma per sicurezza vorrei ripeterti le analisi del sangue. Ho il sospetto che questo costante flusso di Oscurità possa avere delle serie ripercussioni sul tuo apparato circolatorio”.
“Il tuo zelo è sempre apprezzato, Safalin. Ma stavolta è fuori luogo”.
Il nuovo venuto ha il passo fermo, e con un gesto imperioso della mano sinistra stronca sul nascere qualsiasi risposta.
Safalin ha sempre trovato curioso lo stridere del Castello avvolto nel bianco con quelle tuniche nere così come la moltitudine di espressioni su quei visi che di sentimenti non dovrebbero averne: la figura sposta lo sguardo su tutti loro, sicuro di avere ben chiaro il ruolo di comando in quella stanza. Si avvicina al ragazzo e gli stringe la spalla con la mano “Riku è in perfette condizioni di salute. Il suo corpo è in grado di tollerare l’Oscurità dei portali anche senza una delle nostre tuniche, altri esami sarebbero solo una perdita di tempo” dice “Vai a prepararti. A breve potrai confortarti di nuovo con Sora”.
“E voi mi aiuterete a proteggere Naminé”
“Un accordo è un accordo” risponde con tono secco; la testa si piega leggermente in avanti, il segnale di congedo che il giovane stava aspettando. Strofina gli stivali a terra, poi dà loro le spalle ed esce dalla stanza rivolgendole solo un labile gesto di saluto.
L’Organizzazione XIII sono dei Nessuno, creature dagli abiti scuri e senza un cuore. Ne sono apparsi soltanto sei in questo capitolo e la hanno affascinata sin da subito.
Lui più di chiunque altro.
“Il potere dei ricordi supera qualsiasi mia aspettativa, devo ammetterlo”.
Vexen, n. IV dell’Organizzazione, ha in sé l’unica risposta di cui lei abbia bisogno. I suoi occhi fissano il punto in cui il ragazzo è sparito “È convinto di essere quello vero”.
“Stupefacente, non lo metto in dubbio …”
Con calma Safalin raccoglie le sedie rovesciate dall’esibizione di Riku e le avvicina di nuovo al tavolo da lavoro. Da uno studio rapido e poco approfondito di quelle pagine le era stato comunque piuttosto chiaro che il Gelido Accademico avesse bisogno di un assistente per la gestione basilare del laboratorio, le analisi di routine dei soggetti di ricerca e l’archiviazione dei risultati meno significativi, dunque con le sue competenze di programmazione non le è stato difficile infilarsi in quella sottile trama di dati mancanti. Inserisce un paio di fogli sparsi in un faldone e lo deposita sullo scaffale corretto chiedendosi come possa un uomo solo gestire con efficienza una mole di esperimenti simile con appunti sparsi tra i computer del Castello e fogli di carta scarabocchiati in una grafia illeggibile. I movimenti sono però soltanto un contorno dei suoi pensieri, un modo ritmico per trovare le parole giuste. “…ma lei ne è soddisfatto, dottore?”
“Che domande … certamente. È il frutto più ingegnoso della mia ricerca sulle Repliche. Ha il potenziale per superare persino no. I”
“Le sue capacità combattive e la sua determinazione a perseguire obiettivi programmati dall’Organizzazione sono stupefacenti. Ma non parlavo di questo” sussurra “Parlavo di lei”
“Non ti capisco, Safalin. Smettila di parlare per indovinelli. Mi sembri il n. XI!”
Certo, lei ha letto il Reverse Rebirth.
Ha sfogliato l’intero capitolo, pagina dopo pagina, con quelle immagini che si susseguivano quando nessuno degli altri Floor Masters pensava di dedicare loro più di un’occhiata.
Li ha visti, perché i dati hanno forme, colori, parole.
Hanno labbra, e sorridono; piccoli cenni, approvazioni, tra quelle stringhe scivolano informazioni silenziose che gente come Miley non riuscirebbero nemmeno ad individuare, men che mai a leggere. Non capirebbero quel ragazzo, la giovane copia, che mette nei suoi colpi tutta l’energia possibile, orgoglioso di non essere l’originale ma il frutto di una mente geniale, un’eccellenza. E lui, il Nessuno, che ne studiava i progressi da lontano, con l’occhio verde che si sollevava in modo impercettibile dal resoconto da inviare al Superiore per studiare quei gesti che da artificiali diventavano ogni giorno più naturali e fluidi, non più quelli di una marionetta ma quelli di un giovane uomo. Non capirebbero il perché di quel labbro sollevato nonostante la Replica lo avesse disturbato durante un esperimento per fargli vedere la nuova parata che aveva appreso sui simulatori da battaglia.
Ma lei, lei sì. “Intendo esattamente quello che ho detto, dottore. Lei lo sapeva che i sorrisi di quel ragazzo non sarebbero tornati mai più”.
“Safalin, questo è un terreno pericoloso. Stai facendo infuriare la persona sbagliata …”
La risposta è lì, ed è in quel momento “Mi dica come riesce a sopportarlo”.
Come previsto, il gelo arriva. Il freddo, quello che il n. IV comanda più di un’estensione di un braccio o degli occhi. Le pizzica contro il collo, ma lei non ha alcuna intenzione di piegarsi o tornare indietro a mani vuote.
Dei cristalli si avviluppano tra i suoi capelli, mirando al viso.
Anche in quel corpo fatto di dati può sentire il dolore del freddo tagliente sulla pelle, ma non può permettersi di perdere nemmeno un battito di ciglia di quello studioso che, come lei, a concesso a qualcosa di “più grande” di portargli via la creatura a cui il proprio ingegno aveva donato il respiro dell’esistenza. E dietro quegli occhi verdi si muove qualcosa di liquido e disperato che in un Nessuno non dovrebbe esistere.
Una seconda stretta le morde le gambe e le stringe in una massa. Le dita dei piedi agonizzano, ed ogni fibra della sua stessa Intelligenza Artificiale si ribella contro quel dolore immobile e perenne, pregandola di staccare il flusso di dati e abbandonare la simulazione.
Ma lei, semplicemente, non vuole farlo. Fissa il suo sguardo tra i cristalli che ormai stanno riempiendo la stanza per depositarsi su di lei. “La ricerca scientifica richiede dei sacrifici, Safalin. Non avere un cuore è un vantaggio, in questo caso”.
Non avere un cuore.
“Sarà come dice lei, dottore …” mormora, stavolta col ghiaccio fin dentro i polmoni.
Stringe, stringe e attacca.
O forse semplicemente la tiene a distanza per paura che riesca a sfiorare con un dito la crepa nascosta tra le mura di cristallo.
Gli arti inferiori non le rispondono più. “… ma allora perché, per una volta, non sono io la persona che piange in questa stanza?”


“LO ODIO, LO DETESTO, QUEL FIGLIO DI PUTTANA DEVE MORIRE!”
Safalin riconosce l’inconfondibile tocco di Miley nell’aver sganciato un Ranger in piena crisi emotiva proprio nel suo laboratorio. Il ragazzo attraversa la stanza ad ampie falcate senza prestare alcuna attenzione a nulla, ringhiando alle capsule contenenti le repliche come se quelle bambole inerti potessero assorbire la sua frustrazione.
“QUELLO LÌ VUOLE PARTECIPARE AL MAIN GAME E PAPÀ COSA FA? COSA FA?” strilla, piazzandole davanti agli occhi tutti i suoi cartelli espressivi per costringerla a sollevare gli occhi dal tablet. La sensazione di intorpidimento della simulazione permane nonostante il distacco dal sistema di comunicazione con il mondo dei dati, e nonostante il laboratorio abbia una temperatura più che accettabile è sicura di sentire ancora su di sé, sotto la pelle, la stretta di gelo che la stringe contro la spina dorsale. “NON FA N-U-L-L-A PER IMPEDIRGLIELO! PERCHÉ LUI È IL SUO FIGLIO VERO, SE INVECE IO AVESSI FATTO UNA COSA DEL GENERE MI AVREBBE SMANTELLATO PEZZO DOPO PEZZO!”
“Ranger, calmati. Non credo che …”
“CALMARMI? CALMARMI?”
Con uno scatto d’ira si scaglia contro una capsula, sferrando un pugno. Il vetro rinforzato regge l’impatto, ma oltre il contenitore Safalin scorge il corpo della replica di Sara ondeggiare nel fluido rigenerante con il filo dell’alimentazione artificiale sganciato dal corpo.
L’ennesimo fantoccio da cremare.
Ranger bestemmia fragorosamente e scaglia un cartello a terra, pestandolo con violenza fino a spaccarlo. E, nonostante cerchi di coprirsi la bocca, i suoi lineamenti arrivano agli occhi di Safalin senza nessuno schermo.
Ci sono dei sentimenti, in quei circuiti.
Sentimenti, pensieri, file, errori di sistema.
Programmi, cartelle, allarmi, un dolore così forte da stravolgere l’intero assetto emotivo.
Quando ha concesso a Gashu di “ottimizzare” Laizer non doveva essere … così.
O forse, come era stato per Vexen, lo aveva sempre saputo ed aveva pensato che non avere un cuore sarebbe stato sufficiente per portare avanti il Death Game senza errori.
“Sai cosa farò, Safalin? SAI COSA FARÒ?” grida, stavolta venendole contro.
Ha accettato di essere la sua sottoposta nel Second Floor anche per stare vicino a quel ragazzo che, tanto tempo fa, le portava delle borsette firmate e dei trucchi per darle un aspetto più allegro “LO AMMAZZERÒ, SÌ! COSÌ PAPÀ VEDRÀ QUANTO KAI FACCIA SCHIFO! E ALLORA PREFERIRÀ ME, PERCHÉ SONO IL PIÙ FORTE!”
L’invidia, il virus che Gashu gli ha installato dentro.
Sperava che il n. IV avesse una risposta a tutto questo. Lui, con le sue Repliche perfette costruite chissà come, con il giovane Riku a cui aveva rimosso ogni cosa, persino il ricordo di essere un burattino. Quello che nei dati del Grillario veniva chiamato il “Gelido Accademico”, un titolo che le aveva fatto pensare che si trattasse di un uomo in grado di seppellire qualsiasi cosa, anche i pensieri dolorosi, in una bara di ghiaccio che nemmeno il rimorso sarebbe riuscito a scalfire. Aveva sperato che nelle creature senza cuore vi fosse la soluzione a quella fitta che la colpisce sempre quando vede Ranger gridare in quel modo, quel pensiero che ormai da tantissimo tempo l’ha trasformata nella Crying Doll.
“Senti, Ranger …”
Non avere un cuore, le ha detto.
Un vero peccato, perché a quanto pare anche per lui non è stato sufficiente. “… perché non facciamo un salto a Ginzo? Ho visto in vetrina una camicia che ti donerebbe davvero tanto”
Ci ha provato, certo.
E, quando lui si gira come se l’avesse sentita per la prima volta da quando è entrato, qualcosa di Laizer si muove oltre i sintetizzatori visivi.
Ma è un istante, perché il cartello nero torna di nuovo in mezzo a loro, stavolta con il ghigno di Ranger. “Safalin, ma che dici? Ti sembro il tipo da COMPRARE dei vestiti?”
  
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