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Autore: pampa98    08/12/2019    8 recensioni
[Jaime/Brienne]
Soulmate!AU. Una rivisitazione degli eventi della serie in chiave Soulmate, da quando Jaime e Brienne si incontrano per la prima volta all'accampamento degli Stark, fino al loro addio ad Approdo del Re.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Sansa Stark, Tyrion Lannister
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The song of the Knight and his Maiden Fair'
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BRIENNE IV


 
Quattro giorni dopo si imbatterono in un’altra locanda e quella volta fu proprio Walton Gambali d’Acciaio a insistere affinché pernottassero lì. Brienne avrebbe preferito continuare il viaggio e passare meno tempo possibile nelle taverne, ma sapeva che quella era la soluzione più comoda e ragionevole.

“Catelyn Stark è morta.”

«…altra così presto, ma non mi lamento di certo.»

Brienne si voltò a guardare Jaime, il quale le stava parlando mentre consegnava il proprio cavallo allo stalliere. La donna si rese conto di star facendo lo stesso.

«Come?»

«Stavo dicendo che non mi aspettavo di trovare subito un’altra locanda sul nostro cammino.»

«Ah. Sì.»

Brienne lo precedette all’interno, ignorando il tentativo di Jaime di proseguire la conversazione. Andava così da giorni ormai.

“Catelyn Stark è morta. L’hanno uccisa insieme a suo figlio.”

Lui cercava di parlarle e Brienne gli rispondeva a monosillabi, se rispondeva. Una parte di lei sapeva che quello era un comportamento sciocco e infantile, ma non poteva farne a meno. Non voleva parlargli, a momenti non sopportava nemmeno la sua vista, poiché le aveva tenuto nascosta una verità che avrebbe dovuto svelarle nel momento stesso in cui l’aveva scoperta.


«Com’è successo?»

La sua voce era calma e fredda, non trasmetteva neanche un decimo dei sentimenti che stava provando.

«Hanno ucciso Robb Stark e poi lei, dopo il matrimonio.»

«L’hanno costretta a guardare suo figlio morire?!»

Jaime si passò una mano tra i capelli.

«Non lo so, forse. Non ne ho idea.»

«Come l’hai saputo?»

«L’ho sentito dire in giro.»

«Quando?»

Jaime sbuffò. «Per gli Dei, donzella! Cos’è, un interrogatorio?»

Brienne si alzò. Era più alta di lui, ma Jaime non si scompose.

«Quando lo hai saputo?»

«Ieri sera» rispose, senza distogliere lo sguardo.

Brienne provò l’impulso di dargli un pugno e si allontanò da lui per non farlo.

«E hai aspettato tutto questo tempo per dirmelo?»

La sua voce non era più controllata, era furiosa.

«Avresti dovuto dirmelo subito!»

«Stavi male, non volevo farti preoccupare inutilmente» cercò di giustificarsi lui.

«Stavo bene e avevo il diritto di sapere che la donna alla quale avevo giurato fedeltà non c’era più!»

Si voltò, dandogli le spalle. Sentiva le lacrime pungerle ai lati degli occhi, ma non avrebbe pianto, non di fronte a lui.

Lo sentì sospirare e fare un passo verso di lei, mantenendo però una certa distanza. Se avesse provato ad abbracciarla, forse Brienne glielo avrebbe lasciato fare.

«Mi dispiace, Brienne, ma che tu lo scoprissi ieri o oggi o fra una settimana, non faceva differenza. Lady Stark è morta e questo non lo puoi cambiare. Volevo solo proteggerti, fino a…»

«Vattene.»

La voce fu abbastanza ferma, ma dubitava che avrebbe potuto articolare frasi più lunghe con lo stesso tono.

«Brienne…»

«Vattene. Gli altri ci stanno aspettando e io devo ancora cambiarmi.»

Quando sentì la porta chiudersi alle sue spalle, Brienne si lasciò sfuggire un singhiozzo.

 
Brienne scosse la testa, cercando di allontanare i ricordi, e chiese se erano disponibili cinque camere per quella notte. La locandiera, o meglio, la figlia della locandiera a giudicare dall’età, le disse che potevano avere tutte le stanze che avessero voluto e prese le monete che Brienne le diede, invitandoli ad accomodarsi per la cena.

«Credevo fossimo d’accordo che è più sicuro dormire vicini» le disse Jaime, mentre si sedevano a un tavolo. Qyburn, Walton e Tom si trovavano poco distanti.

L’ultima altra informazione sulle Nozze Rosse che aveva ricavato da Jaime, oltre al nome con cui erano diventate famose, era stata la partecipazione di Lord Bolton a quello scempio.

Da quel momento aveva smesso anche lei di fidarsi dei suoi compagni, anche se non si era mai fidata davvero di loro. L’unico con cui si sentiva al sicuro era Jaime.

Anche se mi ha mentito.

Brienne aveva avuto modo di riflettere sulle sue parole e non poteva che dargli ragione. Non si possono riportare in vita i morti, perciò il fatto che lei venisse a sapere del destino di Lady Catelyn in un determinato momento era indifferente. Sarebbe stata impotente ancora una volta. Come sempre.

«Se siamo all’aperto ed esposti a pericoli» rispose lei. «Qui siamo al sicuro. Inoltre così dormiremo entrambi più comodamente.»

«L’ultima volta non mi sembrava fosse andata male» borbottò Jaime, ma Brienne fece finta di non averlo sentito.

Non era andata male per niente. Brienne avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare a quel momento, quando c’erano solo lei e Jaime, il suo calore e la luce del Sole che lo faceva sembrare un dio. Prima che il suo mondo andasse in pezzi.

Ci aveva pensato per giorni, ma non aveva idea di come riuscire a mantenere la sua promessa. Lady Catelyn non c’era più, ma questo non significava che lei potesse venire meno al suo giuramento. Il problema era che, se la loro madre e il loro fratello erano morti, e Grande Inverno non era più un luogo sicuro, dove avrebbe potuto condurre Sansa e Arya?

La porta della locanda si aprì ed entrarono un uomo e un ragazzo. L’adulto non era molto alto, ma aveva una corporatura massiccia e, a giudicare dal colorito delle sue guance, doveva essere ubriaco. Il giovane, d’altro canto, era smilzo e sobrio, e sembrava a disagio per il comportamento imbarazzante di quello che poteva essere suo padre.

Brienne li degnò di un’occhiata e poi tornò a concentrarsi sulla sua zuppa. Quando incrociò lo sguardo di Jaime, però, capì che qualcosa non andava.

«Che hai?» gli chiese.

Jaime sembrava irrequieto, ma cercò di minimizzare la cosa con un gesto della mano.

«Niente. C’è molto baccano qui» rispose.

In realtà, i nuovi arrivati si erano appena seduti e l’omone aveva smesso di sbraitare, quindi gli unici suoni erano il crepitio del fuoco nel camino e il vociare sommesso di Walton che stava raccontando qualcosa ai suoi compagni. Brienne non lo avrebbe certo definito “baccano”.

«Che ne dici se andiamo a mangiare in camera?» le propose, alzandosi in piedi.

Brienne inarcò un sopracciglio. Stava per dirgli che non avevano una camera loro e che comunque non vedeva il motivo di cenare su un minuscolo tavolino dove sarebbero stati decisamente scomodi – sebbene, pure in questo caso, l’ultima volta era stato tutt’altro che spiacevole – quando l’omone ricominciò a parlare.

«Ehi, ma io ti conosco!» esclamò e Brienne notò che si stava rivolgendo a Jaime. Per un momento temette che lo avessero riconosciuto e volessero fargli del male.

«Sì, ci siamo visti pochi giorni fa! Anche voi fate il giro delle locande, eh?»

Brienne rivolse uno sguardo interrogativo a Jaime, il quale imprecò sottovoce, poi, fingendo un sorriso, lo salutò con la mano.

«Fa’ finta di stare poco bene e andiamo su» le sussurrò.

«Perché?»

«Perché sì, donzella. Per favore.»

L’omone si alzò e, barcollando, si avvicinò al loro tavolo. Passò lo sguardo da lui a lei, poi scoppiò a ridere senza ritegno. Di solito gli uomini che la incontravano cercavano di mascherare il loro disgusto, almeno quelli più civili, ma lui era talmente ubriaco che aveva perso l’autocontrollo.

«Ah, amico» disse, dando una pacca sulla spalla di Jaime, il quale non sembrò apprezzare il gesto. «Va bene che sei storpio, ma sono sicuro che puoi trovarti una moglie decisamente più bella di questa cosa qui.»

Jaime allontanò la mano dell’uomo e lo fissò con disprezzo.

«Grazie della preoccupazione, amico, ma mia moglie è perfetta così com’è. Ora, se non ti dispiace, noi abbiamo da fare.»

L’altro rise di nuovo, ancora più forte se possibile, mentre Jaime le faceva cenno di seguirlo. Brienne si alzò, ma quando stava per chiedere spiegazioni su quella conversazione e sul perché quell’uomo credesse che lei fosse sua moglie, notò un dettaglio che fino a quel momento le era sfuggito.

Ricamate sulla casacca dell’uomo vi erano due torri collegate da un ponte. Lo stemma dei Frey.

«Coraggio, andiamo» le disse Jaime, posandole una mano sul braccio. Brienne lo allontanò e si avvicinò all’omone e al ragazzo, che nel frattempo li aveva raggiunti.

«Tu sei...» Prese un profondo respiro. Doveva mantenere la calma, non voleva causare spargimenti di sangue in quel posto. «Siete dei Frey del Guado?»

«Assolutamente sì. Posso aiutarti in qualche modo?»

«Sono sicuro di no, ma grazie dell’interessamento» intervenne Jaime. «Forza, moglie, andiamo…»

«Ho sentito parlare del matrimonio che si è celebrato alle Torri Gemelle» proseguì Brienne. Si sorprese del tono pacato con cui riusciva a parlare, ma ne fu felice.

Il suo interlocutore rise una risata sguaiata e alcune gocce di saliva arrivarono sulla casacca di Brienne. Una volta tanto fu felice di essere più alta della maggior parte degli uomini.

«Ah, sì! Le Nozze Rosse! Che spettacolo, che spettacolo! Vero, Wymar?»

Il ragazzo di nome Wymar passò lo sguardo da lui a lei, evidentemente nervoso.

«S-Sì, be', insomma…»

Almeno lui ha la decenza di non vantarsi per quell’empio atto.

«Ma certo, ma certo!» continuò l’omone, dando anche a lui una pacca sulla schiena. A quanto sembrava, era un suo gesto abituale.

«Che stai facendo?» le sussurrò Jaime da dietro.

«Ottengo informazioni.»

«Maledizione, Brienne, lascia perdere!» esclamò, mantenendo però un tono di voce sommesso. «Che te ne importa? Ormai è…»

Brienne si voltò a guardarlo e Jaime dovette leggere la furia nei suoi occhi, perché si zittì.

«Per me è molto importante sapere cos’è successo a Lady Catelyn.»

«Conoscevate la dannata lupa?»

Brienne aveva detto l’ultima frase a voce più alta del dovuto e i Frey si erano zittiti in tempo per sentirle nominare Lady Stark. Per un momento, lei e Jaime si scambiarono uno sguardo preoccupato, temendo di essersi messi nei guai, e Jaime osò anche alzare un sopracciglio, incolpando lei silenziosamente.

Prima che uno dei due potesse parlare, però, giunse in loro inconsapevole soccorso Wymar.

«Lady Stark era molto conosciuta sia al Nord che nelle terre dei fiumi. L’avranno sentita nominare di certo.»

«È così» confermò subito Brienne, tornando a fronteggiarli. «Mi hanno sempre detto che era una donna giusta e coraggiosa, dunque mi chiedevo come potesse essere stata uccisa in modo tanto barbaro.»

Sentì Jaime che le stringeva il braccio, probabilmente non apprezzando le parole da lei usate, ma a Brienne non importava. Massacrare degli ospiti sotto il proprio tetto durante un matrimonio era un gesto vile ed empio e come tale doveva essere considerato.

Fortunatamente nessuno dei due Frey volle discutere di quello.

«Se l’è meritato, la puttana» cominciò l’ubriaco. «Ha anche provato a minacciare mio zio, il grande Walder Frey, ma l’hanno zittita per bene. Le hanno aperto la gola da parte a parte ed è finita a fare compagnia ai pesci di cui porta il simbolo.»

Rise di nuovo. Jaime aumentò la presa sul suo braccio e Brienne non sapeva se avrebbe dovuto ringraziarlo o meno. Certo è che, se non ci fosse stato lui a tenerla, quell’uomo si sarebbe ritrovato con il setto nasale fracassato. E forse anche di peggio.

«Fedar, dai, non è bello comportarsi così» cercò di calmarlo il suo compagno, che in risposta ricevette una manata sul petto. Questa volta non si trattava di un gesto amichevole.

«Smettila di fare la fichettina, Wymar! Cazzo, sei la rovina della nostra famiglia, l’ho sempre detto io!»

A me sembra che sia l’unico salvabile, invece.

Ma Brienne non si sarebbe certo messa a difendere un Frey, nemmeno uno che sembrava pentito per ciò che la sua famiglia aveva fatto.

«Adesso può bastare, andiamocene» le sussurrò Jaime. Poi, a voce più alta, aggiunse:

«Sei ancora piuttosto debole, mia signora, e domani ci aspetta un lungo viaggio.»

Forse poteva anche ascoltarlo ormai.

Le hanno tagliato la gola e l’hanno gettata nel fiume.

Quell’immagine la fece rabbrividire, soprattutto perché l'ultima immagine di lei al campo Stark, forte, fiera e bellissima, era ancora vivida nei suoi ricordi.

Non potrò più rivederla.

«Certo, certo, avete ragione» rispose Fedar. «Andate pure, riposate e dormite sogni tranquilli. I Lannister vi mandano i loro saluti!»

Alzò il boccale di birra e brindò.
 


Brienne era praticamente corsa su per le scale e si era gettata nella sua stanza, ma non abbastanza in fretta da tenere fuori Jaime.

«Aspettami, maledizione» borbottò lui.

Brienne cominciò a percorrere la stanza a grandi passi. Cosa significava l’ultima frase detta da Fedar? Non era un modo di dire, almeno lei non lo aveva mai sentito. Era collegato alle Nozze Rosse? Quindi Jaime era coinvolto? No, Jaime no. Era un cavaliere, se avesse dovuto uccidere un nemico lo avrebbe fatto in battaglia, guardandolo dritto negli occhi. Con il Re Folle non lo aveva fatto, è vero, ma quello era un caso completamente diverso e particolare. Inoltre lui era prigioniero da più di un anno, non avrebbe potuto architettare una cosa simile. Però Fedar aveva nominato i Lannister, non una persona specifica. Tywin e Robb era in guerra, ma poteva il capostipite dei Lannister essere davvero così spietato? E vile, soprattutto vile.

«Sei soddisfatta adesso?» le chiese Jaime, il quale era rimasto in piedi di fronte alla porta, «Stai meglio ora che sai cos’è successo»

«Perché ha nominato i Lannister?»

Doveva saperlo, anche se non era certa di volerlo.

Ma Jaime non è responsabile, questo lo so.

Il suo sguardo, però, raccontava un’altra storia.

«Allora?» lo incalzò. «Cosa significa? La tua famiglia è coinvolta? Tu sei coinvolto?»

Lui è innocente, di sicuro.

«Io… Io non lo so di preciso.»

Brienne sbuffò.

«Be', qualcosa saprai, maledizione!» Non era solita imprecare, ma in quel momento doveva sfogarsi in qualche modo. «Da dove ha tirato fuori quell’ultima frase?»

Forse è solo un modo di dire che io non conosco. Oppure i Frey hanno semplicemente cambiato fazione, del resto non sono più alleati degli Stark, questo è evidente.

«Quella frase l’ho detta io.»

Brienne si fermò di fronte a lui. Rilassò le mani che non si era resa conto di aver stretto a pugno.

Anche l’ultima certezza che aveva era crollata.

È coinvolto anche lui. Proprio lui.

«Aspetta, fammi spiegare prima di giungere a conclusioni affrettate» disse Jaime, avvicinandosi. «Quando sono partito da Harrenhal ho detto a Lord Bolton di porgere i miei omaggi a Robb Stark e di dirgli che mi dispiaceva di non aver potuto partecipare al matrimonio, ma te lo giuro, Brienne, ero solo sarcastico. Ho fatto una battuta scherzosa che è stata rigirata nel modo sbagliato nel contesto in cui è stata utilizzata. Non avevo idea di cosa sarebbe successo, devi credermi.»

Brienne non sapeva se poteva farlo.

«Perché hai cercato di tenermi lontana dai Frey, allora?»

Jaime sbuffò. «Che bene ti ha fatto ascoltare il loro racconto, eh? Sei più felice adesso?»

«No, ma almeno sono più consapevole.»

«Più consapevole di cosa? Di come hanno brutalmente assassinato Lady Stark?»

«Di chi mi posso fidare e di chi no.»

Quelle parole lo fecero restare in silenzio per qualche secondo.

«Sapevi già di chi poterti fidare, Brienne.»

Il suo tono era dolce e comprensivo. Brienne provò l’impulso di gettarsi tra le sue braccia e piangere. Si voltò dall’altra parte, invece, dandogli le spalle.

Quante volte l’ho già fatto in questi giorni?

«Vattene. Sono stanca e voglio riposare.»

«Brienne…»

«Vattene» ripeté più seccamente lei.

«No, non puoi cacciarmi così.»

Odiava la sua insistenza.

«Vattene, Sterminatore di Re, prima che ti cacci via io stessa!» sbottò infine, tornando a guardarlo.

Avrebbe voluto rimangiarsi quelle parole nell’istante in cui vide l’espressione sul suo volto, ma ormai era tardi. E la cosa peggiore era che Brienne sapeva perfettamente qual era stata la parola ad averlo ferito maggiormente. Non lo aveva più chiamato così da quando Jaime gli aveva raccontato la sua storia e, anche se per lei non rappresentava più un insulto, era così che lo aveva inteso in quel frangente.

Jaime le fece un cenno col capo.

«Molto bene. Buonanotte, Lady Brienne.»

La porta sbattè fragorosamente mentre lui usciva, lasciandola sola.

Brienne avrebbe voluto seguirlo, dirgli che le dispiaceva, ma non ne ebbe il coraggio. Non era nemmeno certa di riuscire a non dire nuovamente qualcosa di spiacevole, perciò fu meglio così. La notte le avrebbe portato consiglio, o almeno così sperava.
 


Non dormì molto e le poche volte in cui riuscì a chiudere gli occhi la sua mente si affollava di immagini tetre e dolorose. Vedeva il corpo senza vita di Lady Catelyn, gonfio a causa del contatto con l’acqua, trasportato a riva dalla corrente. Ricordava Jaime ferito e febbricitante dopo aver perso la mano della sua spada e lo sguardo che le aveva rivolto la sera precedente. Vedeva Peck che le sorrideva timidamente mentre una striscia rossa si allargava attraverso il suo collo. Talvolta compariva anche Renly, il viso dolce e giocondo come lo aveva visto la prima volta, ma la tunica sporca di sangue all’altezza del cuore.

Li aveva delusi tutti.

Si comportava come un cavaliere, desiderava esserlo, ma in fondo non era niente più di una sciocca ragazza che si era riempita la testa di sogni e canzoni i quali, però, non si sarebbero mai tramutati in realtà.

Quando i raggi del Sole penetrarono attraverso le imposte, Brienne decise di alzarsi. Si sentiva sfinita e il cuscino era completamente bagnato dalle sue lacrime. Lei non si era nemmeno accorta di aver pianto. Si passò l’acqua su viso e collo, sperando che servisse a sciacquare via parte dei dispiaceri delle ultime ore. O degli ultimi giorni, il che sarebbe stato anche meglio.

Mise gli stivali e indossò il mantello, pronta a partire non appena i suoi compagni si fossero svegliati. Aprì la porta e si ritrovò faccia a faccia con Jaime.

«S-Ser Jaime!»

«Buongiorno» la salutò lui. Era fermo in corridoio, ma non sembrava fosse intenzionato a scendere in taverna, né sembrava stesse per bussare alla sua porta.

«Sei mattiniero.»

Lui fece spallucce. «Anche tu. Ti va di fare colazione? Un ultimo pasto decente prima della partenza.»

«Sì, certo, va bene. Però, ecco…»

Brienne abbassò gli occhi, chiudendo e aprendo le mani. Lo aveva trattato crudelmente, insultandolo e mettendo in dubbio la sua sincerità, e non avrebbe sopportato altre settimane di viaggio senza prima essersi riconciliata con lui.

Sempre se lui vorrà perdonarmi.

«Per… Per ieri sera, io sono davvero mortificata…»

«Lascia stare, è tutto a posto» tagliò corto lui, dirigendosi verso le scale.

«No, non lo è! Sono stata crudele, io… Io so benissimo di potermi fidare di te, Ser Jaime» disse, guardandolo negli occhi. «Hai omesso di dirmi la verità per il mio bene e di questo ti sono grata. Anche se in futuro preferirei essere informata, di qualunque cosa si tratti.»

Jaime annuì. «Cercherò di tenerlo a mente.»

«Quindi… Puoi perdonarmi?»

Jaime le sorrise. «Certo che ti perdono, Brienne. È tutto a posto.»

Brienne tirò un sospiro di sollievo. Era una grande consolazione sapere di non aver perso la sua amicizia. Desiderava avere almeno quello che poteva.

«Un’ultima cosa, Ser» aggiunse, fermandolo di nuovo prima che scendesse le scale.

«Non fraintendere le mie parole, donzella. Mi piace che tu sia in vena di chiacchiere, ma ti sarei grato se le risparmiassi per dopo, quando avrò lo stomaco pieno e il mio cervello sarà più attivo.»

«È una cosa seria.»

Jaime restò in silenzio. Brienne trasse un profondo respiro prima di continuare.

«So che non ti piace essere chiamato “Sterminatore di Re”. No, fammi finire» disse, interrompendo le sue proteste sul nascere. «Ieri ero arrabbiata e ferita e l’ho detto come se fosse un insulto, ma non lo è. Non per me almeno. Io credo che tu abbia fatto la cosa giusta quel giorno, anche se non te lo avevo mai detto. Perciò voglio che tu sappia che se dovessi rivolgerti quell’appellativo, sarebbe inteso come un complimento da parte mia.»

Era riuscita a sostenere il suo sguardo per tutta la durata del discorso, ma alla fine dovette abbassare gli occhi. Aveva il volto in fiamme e si sentiva una stupida. Che bisogno c’era di fare quello sproloquio su come lei interpretava quelle parole? Jaime aveva detto di averla perdonata, tanto bastava.

Non si accorse che le si era avvicinato fin quando non sentì la sua voce.

«Grazie, Brienne. Sono felice che tu mi abbia detto la tua opinione, è molto importante per me.»

«Davvero?»

Jaime annuì, sorridendole come non aveva mai fatto prima. Brienne si impose di leggere solo gratitudine nel suo sguardo, ignorando gli altri sentimenti che potevano esservi racchiusi.
 
 


Note: Ciao a tutti ^^ Intanto colgo l’occasione per ringraziare chi segue questa storia e la recensisce, il vostro parere è molto importante per me.
Scrivere questo capitolo è stato molto difficile e non sono troppo convinta del risultato. Spero comunque che vi piaccia e che vorrete farmi sapere cosa ne pensate :)
Alla prossima!

 
   
 
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