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Autore: Greynax    09/12/2019    2 recensioni
Una guerra diversa, più cupa, più difficile. Uno scenario in cui l'Ordine della Fenice possiede un'arma in meno e qualche alleato in più, benché questo non riesca ad eliminare i nuovi svantaggi.
Ma, come sempre, la loro unica speranza risiede in quel sentimento che Voldemort non riesce a capire.
Genere: Generale, Guerra, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Esercito di Silente, Famiglia Malfoy, Il trio protagonista, Ordine della Fenice, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Accompagnatrice
Cinque minuti alla undici, e nonostante la lettera di Silente Harry non aveva avuto il coraggio di farsi molte aspettative. Se guardava fuori dalla finestra era più che altro perché non c'era molto di meglio da fare. Edwige era a caccia, buon per lei. Era troppo tardi per mettersi a fare i compiti (e prima era troppo presto, e il giorno precedente era troppo in ansia, quello ancora prima era troppo arrabbiato). Di preparare il baule non se ne parlava, non avrebbe potuto sopportare l'idea di essere pronto a partire con il preside e venire invece dimenticato lì dai Dursley come al solito, isolato da tutto e da tutti, messo in panchina senza nessuna buona ragione apparente o, almeno, nessuna ragione che qualcuno si degnasse di spiegargli.
Di leggere la Gazzetta del Profeta neanche a parlarne. I giornali sparsi ovunque per la stanza piuttosto lurida si dividevano in due categorie: i numeri che ormai conosceva a memoria e quelli che a malapena era riuscito a leggere, nascosti sotto quelli più recenti. La Gazzetta di quella mattina rientrava nella prima categoria, lo faceva sentire ancora più distante da tutto con i suoi articoli un po' riciclati sugli omicidi Vance e Bones, sul ponte crollato, sulla tragedia a West Country.  Nelle pagine interne, l'unico articolo a cui aveva dato solo una scorsa veloce, con il cuore che sembrava raggrinzirsi dolorosamente ad ogni battito e un peso improvviso sullo stomaco: "Ancora nessun commento sulle condizioni della giovane Ginevra Weasley", iniziava, per poi continuare come tutti gli altri articoli su quell'argomento. Un breve riassunto sulla battaglia all'Ufficio Misteri, in cui venivano citati solo i nomi degli studenti coinvolti (e solo quello di Harry veniva ripetuto più volte), mentre i membri dell'Ordine della Fenice venivano citati di sfuggita come "tempestivo intervento di alcuni Auror e volontari informati dei fatti". Ancora nessun accenno su Sirius, e dalle lettere del padrino Harry aveva avuto la distinta impressione che niente fosse cambiato. Che fosse ancora un reietto, un ricercato, ancora prigioniero a Grimmauld Place, per quanto questo gli sembrasse assurdo. Se i membri dell'ES erano eroi, se gli "Auror e volontari" lo erano altrettanto, anche se meno citati... perché non Sirius? Ma le lettere che riceveva dal suo padrino non lo volevano o non lo potevano spiegare, vaghe come tutto il resto della sua corrispondenza non troppo fitta con i membri dell'Ordine della Fenice o Hermione, scritte con la stessa scarsità di informazioni di quelle che riceveva l'anno prima.

Da Ron, ancora nessuna lettera.

Stava rimuginando di nuovo su questo, con una sferzata d'ansia che lo costringeva prima a tamburellare col tallone contro il pavimento, e poi a camminare per la stanza, ignorando la finestra, con le mani ficcate nelle tasche dei jeans cadenti e una postura raccolta, nervosa, quando sentì aprirsi una porta - la porta, quella d'ingresso, la riconosceva - e, subito dopo, la voce con toni insolitamente acuti di zio Vernon.

«E lei chi diavolo è?!»
Non volava così dall'ultima volta che aveva cavalcato la sua Firebolt, quindi troppo tempo fa in effetti, grazie alla Umbridge.  Toccava a malapena i gradini con le suole mezze scollate delle scarpe da ginnastica vecchie di Dudley, ma la discesa a rotta di collo ebbe uno stop improvviso sul  penultimo gradino. Restò bloccato, aggrappato al corrimano e con il corpo un po' sbilanciato in avanti. Non osò procedere oltre.
Era sempre meglio rimanere fuori dalla portata di Vernon, cosa in realtà non difficile visto che col passare degli anni la sua pancia rischiava sempre più di arrivare ad avere una portata maggiore di quella delle sue braccia, ma non fu certo la prudenza a bloccarlo là sulle scale, con gli occhi enormi di sorpresa e gli occhiali storti.

Non si aspettava Silente, è vero, però non si aspettava neanche... questo.

Sull'uscio della porta d'ingresso, esitante ma con la schiena dritta e il mento alto, c'era... Esther? Jones? Un membro dell'Ordine della Fenice, di questo Harry era certo. Abbastanza certo. Che fosse una strega, con pochi contatti coi Babbani, era ancora più certo, dato l'abbigliamento a suo modo splendido, se vogliamo, ma ben poco adatto alla tranquilla ordinarietà di Privet Drive.
Niente mantello, bensì qualcosa che somigliava più a una vestaglia o a un kimono, sui toni di un fucsia aggressivo. Un vestito a fiori a mezzacoscia, e dei calzini bianchi di spugna tirati sui polpacci forse un po' troppo ben torniti. Scarpe dal tacco vertiginoso, di un rosso acceso. Harry ebbe il tempo di chiedersi cosa, esattamente, insegnavano a Babbanologia - e nel frattempo... Esther? Heather? La donna stava parlando.

«Salve? Credevo foste stati avvertiti. Il Preside non è potuto venire, e... sono Hestia Jones.» cinquettò la strega, con le gote più rosse del normale e un sorriso ampio. Sporse appena il collo verso le scale, oltre lo strano trenino di zio Vernon, Petunia e Dursley che, con fortuna alterna, cercavano di sbirciare la donna e contemporaneamente nascondersi dietro la mole dell'uomo. «Harry? Il tuo bagaglio è... ehm, posso entrare? Grazie...» E la strega svicolò oltre i suo parenti, sembrava sempre più a disagio, il suo sguardo non era mai fermo, bensì saettava da uno all'altro, confusa.
«Dovremmo andare in fretta e... aspetti, ho una lettera per.... Petunia?» allungò esitante una pergamena strettamente arrotolata verso sua zia, ma invece di prenderla la donna si fece più piccola dietro a Vernon.

Harry attese ancora un attimo (cosa c'era scritto in quella lettera e, a parte l'ovvio, perché Petunia non la stava leggendo?) ma, dopo un attimo troppo lungo di immobilità si decise ad una ritirata ben poco graziosa verso la seconda camera di Dudley - o la sua camera, anche se le parole non riuscivano ancora a suonargli giuste.

Quando scese di nuovo, a tempo record, niente nei suoi parenti o in Hestia riusciva a dargli qualche informazione ulteriore su quanto fosse successo. La strega sembrava ancora più... a disagio? O forse arrabbiata, a giudicare da come aggrottava le sopracciglia. Nessuna pergamena in vista, non più. Ma i Dursley erano silenziosi, l'occasione per sfuggirgli era comunque ottima, quindi Harry si fece avanti faticosamente col suo baule e la gabbia vuota di Edwige.
Hestia tirò su un sorriso ampio ma ben poco convincente. «Ottimo. Possiamo andare. E... se vuoi salutare i tuoi zii io posso...»
«Arrivederci» borbottò Harry, piegato a metà e goffo per il dover trascinare tutto il suo bagaglio. Udì dei grugniti venire dai suoi zii - da zio Vernon sopratutto, mentre Petunia si limitò a un "hmmmm" a labbra contratte. Dudley rimase muto, ancora impegnato nella difficile impresa di farsi il più piccolo possibile.
Hestia esitò ancora sull'uscio, come in attesa di qualcos'altro, ma la vicinanza di Harry o forse le istruzioni ricevute la convinsero ben presto ad allontanarsi dalla porta.


«Avevo sempre pensato che i Babbani fossero più... normali? Più simili a noi» si lasciò sfuggire Hestia, durante il tragitto a piedi lungo la sonnolenta e deserta Privet Drive.
Harry sentì una vampata calda sul viso, aprì la bocca e subito la richiuse. In che maniera ci si poteva giustificare quando la propria famiglia riusciva ad essere così pessima da far rivalutare i sentimenti d'uguaglianza addirittura a un membro dell'Ordine della Fenice?
Alla fine gli uscì di bocca un verso involontariamente un po' buffo, forse di assenso, forse semplicemente un gemito, prima che la perplessità tornasse di prepotenza nei suoi pensieri e gli desse modo di trovare un altro argomento di conversazione.
«Perché il preside non è potuto venire?»
«Oh. Ehm... c'è stato un incidente» fece lei, vaga, con un sorriso che sebbene mostrasse i denti somigliava pericolosamente  a una delle smorfie a labbra strette di zia Petunia. Non le donava affatto.
Harry si fermò di colpo, con il cuore nuovamente in gola.
«Un incidente? Chi - cosa? Stanno tutti - stanno tutti bene? Sulla Gazzetta non...»
«Pffff, quella. Figuriamoci se la Gazzetta del Profeta... be', in questo caso in effetti è normale che non lo siano venuti a sapere, ma comunque...»
«Chi è morto?»
«Morto? Oh, no. No, nessuno» si affrettò a rispondere la strega, con una risatina veloce che suonava un po' troppo acuta. «Si tratta solo di un intoppo. Già, un intoppo. Niente di cui tu ti debba preoccupare.»
Il viso roseo di Hestia era nuovamente serio, con una strana nota di pena, di pietà quasi, nella voce e nello sguardo.
«Hai già fin troppe cose a cui pensare. Alla tua età, poi. Di tutte le cose ingiuste che possono succedere a qualcuno...»
«VOGLIO---» sbottò Harry a pugni chiusi, ormai ben oltre i limiti dell'umana sopportazione, ma Hestia con una smorfia allarmata arrivò direttamente a tappargli la bocca con una mano. Più che il gesto della strega fu la sorpresa ad impedire ad Harry di continuare comunque a sgolarsi. Restò molto fermo a fissarla per un attimo, finchè Hestia non lo lasciò andare.
«Scusa. Scusa.» mormorò, frettolosa, preoccupata e adesso ancora più chiaramente in pena.
«Ma è meglio non parlarne qui. Ti spiegheranno tutto quando arriveremo tu-sai-dove.»
Harry non era troppo sicuro di sapere dove fosse quel "tu-sai-dove", ma si limitò a fissarla con occhi enormi e un'ansia non del tutto sotto controllo.
Hestia espirò lentamente ed allungò un gomito in direzione del ragazzo, come se si aspettasse di essere presa a braccetto. «Credo che qui vada bene. Andiamo?»
«Ehm... in che senso?»
«Materializzazione congiunta. Siamo abbastanza lontani e siamo abbastanza al sicuro, abbiamo una specie di scorta...»
Chi? E dove? Harry vedeva solo i soliti prati regolari, le solite case sonnacchiose, le automobili lustre parcheggiate nei vialetti tutti uguali.
«Materializzazione... congiunta?» riuscì a ripetere, alla fine, perplesso.
«Oh.» fece Hestia, ridendo appena. «Non ti preoccupare. Basta che mi prendi il braccio... ecco, così.... ci siamo? Può non essere piacevole, ma,  be'...»

D'improvviso l'ambiente cambiò, ed Harry non fu del tutto stupito nel trovarsi davanti al numero tredici di Grimmauld Place. Sorprendentemente fu la sua cena - niente di spettacolare, a dire il vero - ad essere confusa, dato che se la sentì improvvisamente in gola e fu costretto a rimandarla giù in una specie di conato all'incontrario.

«Mi dispiace» mugolò Hestia Jones, con tutta l'onestà di questo mondo. «So che non è gradevole... sai cosa? Preferirei usare la scopa. Seriamente. Ma se ci chiedono di spostarci così... mi raccomando, fai silenzio all'ingresso. Lo sai già? Sì? La madre di Sirius non ci apprezza... non che la cosa mi ferisca, ovviamente, ma è comunque piuttosto fastidioso.»
In qualche modo Hestia si era impadronita del baule e della gabbia vuota di Hedvige, e in qualche modo questo andava più che bene per lo scombussolato Harry, che riuscì ad oltrepassare l'ingresso senza allertare niente di fastidioso, quadro incluso.

Stava ancora combattendo contro le ginocchia un po' molli quando, dopo appena un paio di passi nella cucina, si ritrovò stretto nell'abbraccio del suo padrino. E niente ebbe più  importanza.
Anche se puzzava di alcool, anche se puzzava e basta, Sirius era lì. Ridente e sguaiato, con ben pochi pensieri alla quantità di ossigeno che Harry stava ricevendo durante quella strizzata affettuosa - e, subito dopo, Lupin.
Per un momento Harry si aspettò un abbraccio, simile a quello in cui l'aveva intrappolato Sirius appena un istante prima, Sirius che ancora gli stava addosso, anche se in maniera meno invasiva. Ma il lupo mannaro, dopo un attimo di esitazione, si limitò a stringergli piano una spalla e a parlare con la stessa voce mite che Harry ricordava.

«Siamo felici di vederti.»

Grimmauld Place era silenziosa e ammuffita come al solito, Hestia Jones aspettava in disparte ed Harry non riuscì a fare a meno di pensare, scioccamente, "ora va tutto bene" - anche se le voci di Lupin e Sirius erano basse e nella casa c'era, tutto sommato, troppo silenzio.






  
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