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Autore: _ A r i a    10/12/2019    1 recensioni
{ 4350 words | slight mention of attacchi di panico e manipolazione psicologica }
Se c’era una cosa di cui Kidou si rimproverava, era probabilmente l’ingenuità che lo aveva portato a presentarsi lì durante la pausa di metà lezioni: sperava, in cuor suo, che le cose prima o poi sarebbero cambiate, in quel luogo, e che le voci avessero smesso di correre alla velocità della luce, arrivando sempre alle orecchie sbagliate. Ma era anche vero che a lui non sfuggiva mai nulla dal proprio controllo.
Eccetto Kidou, chiaramente.
Col tempo, Yuuto era diventata una specie di mina impazzita, in grado di isolare dal volere di chiunque altro. E questa era una cosa che lo faceva impazzire. Non tanto perché desiderasse averne ad ogni costo il controllo – anche se, doveva ammetterlo, l’idea che il ragazzo fosse completamente assoggettato a lui lo faceva impazzire –, quanto piuttosto perché adorava osservare le sue reazioni, vedere quanto potesse avvicinarsi al fuoco senza bruciarsi.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jude/Yuuto, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L’eco dei suoi passi si diffonde lungo i corridoi scuri. Ad ogni svolta sembra di ritrovarsi sempre nello stesso punto, ormai però Kidou conosce a memoria quel luogo, e sa perfettamente dove si sta dirigendo adesso.
Se fosse stato per lui, non sarebbe tornato alla Teikoku Gakuen nemmeno sotto tortura. Eppure, una volta trasferitosi alla Seishou, gli erano stati richiesti dei documenti che, sfortunatamente, solo la sua scuola precedente avrebbe potuto produrre, ecco perché adesso si trovava lì.
Per tutto il tempo, aveva cercato di mantenere un profilo basso, così da non essere riconosciuto da nessuno. Tuttavia, lo sguardo di ogni singolo studente si era voltato nella sua direzione, e diversi mormorii avevano accompagnato il suo passaggio. D’altronde, difficilmente avrebbe potuto aspettarsi qualcosa di diverso: era stato pur sempre l’ex capitano della squadra di calcio di quella scuola, che aveva all’attivo più vittorie di qualunque altra equipe dilettantistica in circolazione, inoltre si era sempre fatto notare per i suoi meriti di ottimo studente. Se, quando ancora frequentava la Teikoku, tutti lo avevano idolatrato, ora, dopo il trasferimento, non facevano altro che additarlo come traditore.
E come biasimarli, d’altronde? Agli occhi di tutti, trasferirsi in un’altra scuola era stato un tradimento vero e proprio. Yuuto non aveva dubbi che tuttavia, un giorno, a posteriori, i suoi ex compagni avrebbero compreso le sue motivazioni. E poi, c’era ancora chi lo apprezzava per quello che aveva fatto per la scuola e per la squadra negli anni passati, per cui forse non era stata tutta fatica sprecata.
Ad ogni modo, ora che aveva ritirato i documenti di cui aveva bisogno, poteva dirsi pienamente soddisfatto. Avrebbe potuto finalmente varcare per l’ultima volta la soglia di quel luogo così tetro, lasciandoselo definitivamente alle spalle.
Era ormai giunto dinanzi all’ascensore che lo avrebbe riportato al pianterreno, ancora una piccola pressione sul tasto di chiamata e tutto sarebbe finito. Sorprendentemente, era andato tutto fin troppo bene per le sue aspettative; poteva perfino azzardarsi a tirare un sospiro di sollievo, ma preferiva farlo una volta uscito del tutto da lì.
«Vai via senza salutare?»
Ecco, appunto.
Se c’era una cosa di cui Kidou si rimproverava, era probabilmente l’ingenuità che lo aveva portato a presentarsi lì durante la pausa di metà lezioni: sperava, in cuor suo, che le cose prima o poi sarebbero cambiate, in quel luogo, e che le voci avessero smesso di correre alla velocità della luce, arrivando sempre alle orecchie sbagliate. Ma era anche vero che a lui non sfuggiva mai nulla dal proprio controllo.
Eccetto Kidou, chiaramente.
Col tempo, Yuuto era diventata una specie di mina impazzita, in grado di isolare dal volere di chiunque altro. E questa era una cosa che lo faceva impazzire. Non tanto perché desiderasse averne ad ogni costo il controllo – anche se, doveva ammetterlo, l’idea che il ragazzo fosse completamente assoggettato a lui lo faceva impazzire –, quanto piuttosto perché adorava osservare le sue reazioni, vedere quanto potesse avvicinarsi al fuoco senza bruciarsi.
Yuuto cerca di rimanere concentrato, lo sguardo fermo puntato contro le porte dell’ascensore, ancora sigillate. Sapeva fin dall’inizio che sarebbe potuto andare incontro a quel rischio, tuttavia aveva deciso di correrlo comunque. Forse era utopistico sperare di non incontrarlo,eppure evidentemente c’era una parte di lui che desiderava che ciò accadesse. Per dimostrargli che era cresciuto? Forse. Per fargli vedere che poteva cavarsela anche da solo? Può darsi. Fatto sta che ora erano lì, e non aveva nessuna possibilità di scappare, né tantomeno lo voleva – non questa volta, almeno.
«Kageyama» mormora rispettosamente, continuando a non rivolgergli il suo sguardo.
«Qual buon vento ti porta da queste parti, ragazzo?» sul volto di Kageyama s’affaccia il consueto sogghigno malevolo. «Sentivi forse la mia mancanza?»
Yuuto si fa sfuggire un sospiro stizzito, continuando tuttavia a sorridere sarcastico.
«Ti piacerebbe» commenta, inarcando le sopracciglia con aria di superiorità.
«Mh, effettivamente sì» Reiji incrocia le braccia al petto. Se c’è qualcosa che adora ancor più del poter stare a contatto con il ragazzo, è vedere il modo in cui si tende quando lo punzecchia in quel modo. «E credo che la stessa cosa valga per te, sai? Altrimenti non saresti venuto fin qui. In ogni caso, dal momento in cui eri qui saresti anche potuto passarmi a trovare, non dubito che la cosa avrebbe fatto piacere ad entrambi. Dopotutto abbiamo passato sempre dei momenti molto piacevoli assieme nel mio studio, o sbaglio?»
Kidou si chiede tra sé perché quell’ascensore ci metta così tanto ad arrivare. Continuando a tenere le braccia distese lungo i fianchi, muove lentamente le dita, cercando di mantenere la calma.
«Non ho idea di cosa tu stia dicendo» replica, la voce piatta.
«Devo supporre che tu abbia preferito dimenticare ogni cosa?» Kageyama continua a sogghignare, sempre più divertito da quella situazione piuttosto surreale. «Se vuoi posso offrirti un ripasso.»
«Grazie mille, sto benissimo anche così» si affretta a precisare Yuuto. Fortunatamente per lui, in quel momento l’ascensore si decide ad arrivare al loro piano, trillando sommessamente mentre le porte gli si aprono dinanzi. Il ragazzo si affretta ad entrare, premendo il tasto del pianterreno con un gesto estremamente spontaneo. Spera con tutto se stesso che Kageyama non lo segua, che rimanga fuori mentre le porte si richiudono o che almeno non faccia in tempo ad entrare a sua volta in ascensore, tuttavia è altrettanto consapevole del fatto che quello sia un desiderio piuttosto irrealizzabile.
Kageyama appoggia la schiena alle porte ormai chiuse, sogghignando soddisfatto, mentre Yuuto si rintana nell’angolo più distante da lui, tirando un sospiro pesante. Sapeva di non poter impedire all’uomo di seguirlo, eppure ormai crede che non abbiano più nulla da dirsi.
«Allora» riprende Reiji, mentre hanno già iniziato la loro discesa. «Da dove vogliamo cominciare con questa ripasso?»
«Ti prego, Kageyama, non cominciare» Kidou sospira pesantemente, esasperato. «Non ho intenzione di continuare a parlare oltre di questa storia così assur…»
Prima che il ragazzo possa finire la frase, tuttavia, qualcosa di improvviso accade. La discesa della cabina subisce un arresto improvviso, mentre le luci dell’ascensore si spengono, lasciando spazio ai led d’emergenza.
Yuuto afferra il maniglione di sicurezza, colto alla sprovvista.
«Cos… che diavolo succede?» domanda, impietrito.
«Credo che sia andata via la corrente» ammette Kageyama, soprappensiero.
Yuuto sposta, probabilmente per la prima volta in quel giorno, lo sguardo sull’uomo, col desiderio di poterlo incenerire solo con le proprie iridi di brace.
«Non guardarmi in quel modo, giuro che io non c’entro» asserisce il Comandante della Teikoku, prima che il suo ex capitano possa sollevare una qualsivoglia obiezione.
Kidou vorrebbe poter non credergli, eppure c’è qualcosa, nella voce di Kageyama, che ha percepito veramente poche volte in vita sua – qualcosa che si avvicina stranamente, pericolosamente alla sincerità.
Yuuto ha voglia di sbuffare nuovamente, tuttavia si trattiene solo perché non vorrebbe mai fare la figura del maleducato – e poi anche perché sa che, altrimenti, Kageyama inizierebbe a vagheggiare con le solite storie della serie “eppure ti ho insegnato a mantenere un comportamento educato, ragazzo”.
Già, Kageyama gli ha insegnato tante cose, tra cui anche a vincere con l’inganno, per cui ormai non sa più come prenderle, quelle lezioni.
Il ragazzo incrocia le braccia dietro la schiena, tenendo lo sguardo basso sulla pedana scura. Ha immaginato di restare varie volte da solo in uno stesso luogo assieme a Kageyama, così da potergli dire finalmente tutte quelle cose che negli anni ha taciuto dentro di sé, eppure, adesso che sono veramente in una situazione del genere, non riesce a far fluire fuori dalle sue labbra nulla di minimamente sensato. Non ha idea di quale sia il punto opportuno da cui iniziare ad imbastire un discorso – è sempre stato Kageyama quello bravo in certe cose, a raggirare gli altri con le parole; Yuuto, piuttosto, era quello che si potrebbe definire il braccio, colui che, seguendo i piani scellerati della mente, si muove, portando a termine ogni azione – né ciò di cui vorrebbe realmente parlargli, per cui, nel dubbio, si limita a rimanere in silenzio a fissare la punta delle proprie scarpe.
Eppure, di cose da dire ce ne sarebbero davvero tante: perché hai scelto la via più facile? Non hai mai avuto rimorsi per quello che hai dovuto sacrificare, che ti sei lasciato alle spalle? Ti è mai importato veramente qualcosa di me, oppure anch’io non ero altro che uno strumento sacrificabile?
Tutti quegli interrogativi frullano ormai da anni nella mente di Kidou, eppure il ragazzo non ha mai avuto il coraggio necessario per poterli trasformare in parole. Forse temeva che non vi avrebbe trovato risposta, o che quella che gli sarebbe stata rivolta non sarebbe stata sufficiente a soddisfarlo, oppure, molto più semplicemente, il timore reverenziale che ha sempre riservato nei confronti della figura di Kageyama e di ciò che rappresentava per lui lo hanno frenato dal farlo.
Yuuto si chiede se Kageyama sia ancora per lui tutto ciò in cui un tempo lo identificava. È una domanda complessa, perché porta il ragazzo a domandarsi che cosa realmente significasse quell’uomo per lui. Era un modello in cui si identificava, perlomeno per quanto riguarda mentalità e azioni; ovviamente ora non la pensa più così, tuttavia non può certo negare a se stesso che Reiji emani pur sempre un certo fascino. Un’aura di malignità velenosa, senza dubbio, eppure ci sono dei momenti in cui quella sorta di attrazione continua ad aver presa su di lui…
«Yuuto?» Kageyama lo richiama appena strappandolo dalle sue elucubrazioni mentali.
Per più di qualche secondo Kidou resta interdetto sul da farsi. Dovrebbe rispondergli? E perché mai? Dopotutto, lui non deve niente a quell’uomo – o forse gli deve veramente qualcosa, anche se preferisce negarlo a se stesso, ma quella è un’altra storia. In ogni caso, adesso che sono bloccati lì, senza altre vie d’uscita, Yuuto non riesce ad immaginare altri modi per sfuggirgli.
«Che c’è?» risponde, sospirando pesantemente. Quella situazione è più esasperante del previsto. In fondo, chi mai potrebbe biasimarlo? Bloccato in ascensore con la persona che più odia al mondo: sembra l’inizio di una commedia romantica, eppure a Yuuto quello sembra piuttosto un incubo vero e proprio.
«Quei fogli che sei venuto a prendere… cosa sono?» Reiji inclina la testa di lato, confuso.
I fogli. Yuuto stava quasi per dimenticarsene. Ci mette qualche secondo per rammentare a se stesso che, se adesso si trova in quella situazione così paradossale – preferisce non perdere tempo ulteriore nel descriverla, altrimenti trova piuttosto possibile che possano sopraggiungergli dei conati di vomito da un momento all’altro – è tutta colpa di quei dannati documenti. Il ragazzo si lascia sfuggire un sorriso amaro, prima di cercare di tornare a concentrarsi.
«Alla Seishou mi hanno chiesto dei documenti che solo la segreteria della Teikoku poteva fornirmi, così – mio malgrado – sono stato costretto a venire ancora una volta qui» ammette, tornando a puntare lo sguardo verso il basso.
«Mh, perché non credo che ti sia poi così dispiaciuto venire qui? Oh, già, perché avresti potuto tranquillamente mandarci qualcuno altro ma hai preferito recarti nella tua tanto odiata ex scuola in prima persona.» Dietro le lenti scure, Kageyama affila lo sguardo. «Te l’ho sempre detto che non puoi mentirmi, Kidou, tanto ogni volta riuscirò a capire quello che mi stai nascondendo. Dì la verità, ragazzo, in cuor tuo speravi di incontrarmi.»
«Non farmi ridere, Kageyama» replica Yuuto, con aria di scherno. «Io ormai non ho più nulla da dirti.»
«Ah, sì? Ed io che ero convinto che tra noi fossero rimasti ancora molti conti in sospeso» insiste Reiji, tornando a sogghignare.
Kidou serra i pugni, infastidito. Non ha né voglia né le forze necessarie per rispondere a Kageyama. È stanco di lottare contro i mulini a vento: sa che Reiji resterà convinto della propria idea, e lui di certo farà altrettanto, per cui continuare a replicare l’uno all’altro è un processo assolutamente inutile che non li porterà da nessuna parte, ne è certo.
Detesta se stesso per non essersi portato dell’acqua da bere: fa così caldo, là dentro… certo, non poteva prevedere che sarebbe rimasto bloccato su quel maledetto ascensore, eppure proprio lui che fa sport a livello agonistico dovrebbe sapere che restare idratati durante la giornata è importantissimo. Yuuto si lascia scivolare lungo la parete dell’ascensore, ritrovandosi dopo pochi istanti seduto: continua ad aprire e chiudere le mani, mentre volta il capo da una parte all’altra, come se stesse cercando qualcosa. La verità è che sa perfettamente di non avere con sé alcuna borsa, eppure a muoverlo è il desiderio inconscio di voltarsi e di trovarne una a pendergli dal fianco, magari contenente l’acqua di cui ha così tanto bisogno, adesso.
Kageyama, nel frattempo, osserva in silenzio tutta la scena, non senza qualche preoccupazione.
«Yuuto…?» lo richiama di nuovo, in apprensione.
«Non ho voglia di parlare con te, ora» sbotta in fretta il ragazzo, senza arrestare il movimento delle mani. «Non vedi che sono occupato?»
Kageyama non ghigna più. Sul suo volto, stranamente, regna un’espressione fredda, severa. È preoccupato per Yuuto, non l’ha mai visto comportarsi così. Ha una mezza idea di che cosa gli stia succedendo, solo che non si sarebbe mai aspettato nulla del genere dal suo ragazzo. In realtà non sa neanche quale sia il modo migliore per approcciarsi a lui, in quel momento; probabilmente deve solo limitarsi a fare quello che – quasi – sempre ha fatto con lui, o almeno ciò che sa avere un maggiore impatto su Kidou, ossia comportarsi naturalmente, senza stare troppo a pensare alle varie sovrastrutture o a quale maschera indossare. Non sono comportamenti che si addicono a una mente brillante come quella di Yuuto, dopotutto.
Così, Kageyama si affretta ad inginocchiarsi. Non deve fare neanche troppi sforzi per avvicinarsi a Kidou, dopotutto lo spazio in quell’ascensore è talmente limitato che, senza nemmeno doversi muovere, è già arrivato davanti al ragazzo. Prima che possano agitarsi oltre, Reiji gli afferra le mani, tenendole ben strette tra le proprie.
«Hai un attacco di panico?» domanda, incredulo. Probabilmente quello non è il modo migliore per avvicinarsi a lui, d’altronde non ha fatto altro che sottolineare un’evidenza, eppure è stata la prima cosa che gli è saltata in mente.
Per tutta risposta, il ragazzo inizia a divincolarsi, cercando di liberare le proprie mani dalla stretta dell’uomo.
«Sto benissimo» ribatte, impettito. «E adesso lasciami andare…»
Kageyama scuote la testa, categorico. «Non se ne parla» replica infatti, seccamente. «Non sapevo che soffrissi di claustrofobia…»
«E infatti non è così!» insiste Yuuto, sospirando per l’esasperazione quando finalmente riesce a liberarsi dalla stretta delle mani di Kageyama. Era un tocco leggerissimo, eppure a Kidou bastava per poterlo definire asfissiante. Non sa cosa gli stia prendendo, una reazione del genere non è da lui, eppure continua a mancargli l’aria, e ciò lo infastidisce da morire…
«Non riesco a respirare…» ammette, prendendosi la testa tra le mani. Non sa perché l’abbia detto, adesso, con ogni probabilità, Kageyama inizierà blaterare qualcosa sul fatto che sia importante riuscire a controllare le proprie emozioni sempre, in ogni occasione, senza lasciarsi influenzare da fattori esterni. Yuuto già quasi riesce ad immaginarselo in maniera piuttosto vivida nella mente, la voce profonda dell’uomo che gli rimbomba nelle orecchie, perfino il modo teatrale di allargare le braccia che, di tanto in tanto, consapevolmente o meno, Kageyama assume nel parlare. Kidou non si è mai accorto di aver perso così tanto tempo nell’osservare quell’uomo, tuttavia crede che Reiji, al contrario, abbia studiato tutti quei singoli fattori, così da attribuire alla propria persona un’aria più accattivante, in modo da poter convincere più facilmente gli altri del fatto che la sua sia l’unica e sola idea giusta e che, seguendolo, non potranno che riceverne beneficio. Il ragazzo si dà mentalmente dello stupido per essere caduto vittima di quelle parole così lusinghiere, in passato. Certo, era ancora un bambino e faticava a discernere la realtà dalla fantasia, eppure, se solo pensa da che cosa si è lasciato ingannare sente la rabbia salirgli ancor di più al cervello.
Stranamente, tuttavia, Kageyama lo sorprende ancora una volta: l’uomo, infatti, si allontana effettivamente da lui, sedendosi dalla parte opposta della cabina. Lo spazio resta comunque così poco da bloccargli in gola il respiro, eppure Yuuto inizia già a sentirsi un po’ meglio.
«Hai ragione» gli concede il suo ex allenatore, cercando di distendere una delle sue lunghe gambe nei pochi centimetri a loro disposizione. «Se davvero ti manca l’aria, rimanendoti vicino non faccio altro che metterti ancor più in difficoltà. Ti chiedo scusa.»
Kidou osserva l’uomo con sospetto. Kageyama gli ha appena… chiesto scusa? Non ricorda che sia mai accaduto qualcosa del genere, prima di allora. Probabilmente, conclude il ragazzo, quella non è che l’ennesima tattica dell’uomo per indurlo ad abbassare la guardia, così da potergli poi fare chissà che cosa. Proprio per questo, decide, non ha alcuna intenzione di dargliela vinta.



I minuti scorrono più lenti di granelli di sabbia lungo le pareti vitree di una clessidra. Entrambi restano immobili nelle posizioni che hanno assunto da diversi minuti, Kidou con il gomito puntellato sulla gamba e la guancia poggiata stancamente sul palmo dischiuso, il ginocchio piegato verso l’alto e l’altra gamba infilata sotto al piede che poggia a terra. Kageyama, invece, tiene ancora una gamba distesa diagonalmente, il piede che quasi sfiora il corpo del ragazzo; le braccia, invece, sono lasciate distese lungo il torace, mentre tiene il capo premuto contro una delle pareti d’acciaio dell’ascensore. Nessuno dei due, quasi sicuramente, si meraviglierebbe se, da un momento all’altro, la monotonia del grigio scuro della cabina in cui si trovano finisse per inghiottirli.
Yuuto vorrebbe chiedere a Kageyama quanto tempo è passato da quando sono rimasti bloccati lì, tuttavia qualcosa lo frena dal farlo – probabilmente è orgoglio. Nel frattempo continua a far rimbalzare avanti e indietro una piccola pallina che si è ritrovato in tasca. Kageyama non si è ancora lamentato della cosa, il che sorprende non poco Yuuto; probabilmente ha capito che sta usando quel gesto come un antistress e ha deciso di lasciarlo fare, o forse, in fondo, non lo infastidisce poi nemmeno così tanto. In un certo senso, Kidou quasi ci sperava, in una reazione di Kageyama: possibile che debba essere sempre e solo lui, quello a cadere nella trappola dei loro punzecchiamenti?
«È passata un’ora e mezza da quando siamo rimasti bloccati qua dentro.» Per l’ennesima volta, Reiji finisce per sorprendere il suo ragazzo: come se avesse letto nella sua mente, l’uomo risponde alle sue domande.
«E nessuno si è ancora accorto del calo di tensione all’interno dell’ascensore?» domanda Yuuto, indignato. Una parte di lui vorrebbe poter ignorare Kageyama e smettere di parlare con lui, l’altra, invece, preferisce ancorarsi all’uomo come ultimo barlume di lucidità che gli rimane. D’accordo, cercare sensatezza nelle parole di Kageyama è probabilmente la cosa più assurda che abbia mai fatto in tutta la sua vita, eppure ormai sta perdendo perfino l’ultima speranza di riuscire ad uscire vivo da lì, per cui forse tanto vale abbandonarsi a quella pazzia finale.
«Beh» Reiji si stringe nelle spalle, «quando te ne sei andato stava per finire la pausa. Adesso saranno tutti in aula, sia insegnanti che studenti, e i docenti che avranno dovuto spostarsi per il cambio dell’ora avranno usato le scale.»
«Perfetto, allora siamo a posto» Yuuto si prende nuovamente la testa tra le mani. «Non usciremo mai più da qui. Se solo ci fosse campo, qua dentro, avremmo potuto chiamare aiuto da un bel po’, e invece…»
«Andiamo, Kidou, non essere così catastrofista» lo riprende Kageyama. «Non moriremo certo qua dentro―»
«Parla per te!» sbotta il ragazzo, tirando un pugno alla parete metallica alle sue spalle. «Dopotutto, non sei tu ad essere rimasto bloccato in un ascensore con la persona che odi di più al mondo…!»
«Oh, adesso sarei la persona che più odi al mondo? Non credi che, se volessi farmi un torto, adesso staresti fallendo in pieno, Kidou? Dopotutto, se impieghi così tante attenzioni ad odiarmi addirittura più di chiunque altro essere vivente, vuol dire che a me ci pensi eccome, ragazzo. E con un particolare occhio di riguardo, oserei dire» replica Reiji, il solito sogghigno malefico che, dopo ore, torna a comparire sul suo volto.
Yuuto lo sapeva. Era certo che, dietro quel buonismo improvviso, giuntogli sotto forma di scuse, doveva nascondersi qualcosa di molto più profondo. Il ragazzo si prende la testa tra le mani: gli viene da piangere, ma non può farlo, non lì, davanti a quell’uomo pronto a giudicarlo per ogni sua singola debolezza. Non era d’altronde per quel motivo che si era recato lì, piuttosto che mandarci qualcun altro? Per dimostrargli che era forte, che poteva esulare dal suo controllo…
Ma la verità era che Kidou non si era mai sentito così debole ed esposto in vita sua come in quel momento. Aveva sempre temuto il giudizio di Kageyama più di quello di chiunque alto, e adesso che erano lì, soli, non credeva di essere in grado di sopportare qualsiasi cosa avrebbe potuto dirgli.
Immagina che Kageyama lo criticherebbe soprattutto per la sua incapacità di controllare le proprie emozioni. Forse si dovrebbe limitare ad accettare il suo parere e, una volta incassato il colpo, andare avanti, eppure inizia a credere di non essere sufficientemente libero dall’assoggettamento all’opinione di Reiji per poterlo fare. E dire che ormai credeva di esserselo lasciato alle spalle una volta per tutte…
No, impossibile. Deve star sragionando. Tutta colpa di quell’ascensore scuro e dell’aria viziata che aleggia là dentro, che gli toglie in ogni modo la possibilità di pensare in maniera sensata.
Kidou solleva di colpo il capo, avvertendo che qualcosa intorno a lui è mutato improvvisamente. Kageyama si è di nuovo accostato a lui – e Yuuto vorrebbe fargli notare che gli ha mentito, aveva detto che, se aveva bisogno di aria, non si sarebbe avvicinato più, e invece adesso è di nuovo lì, tuttavia ormai non ha le forze necessarie per poterlo fare – e lentamente si siede al suo fianco. Kidou lo osserva con aria diffidente, senza tuttavia rivolgergli parola.
«A volte mi chiedo se le cose tra noi sarebbero potute andare diversamente» ammette Reiji, con un sorriso amaro che si dipinge sul suo volto.
Kidou lo fissa, sbigottito. No, non sarebbe potuto andare ma nulla in maniera diversa, tra loro: non poteva certo restare al fianco di un folle, pronto a tutto pur di prevaricare sugli altri. Eppure, se non fosse stato così… se Kageyama si fosse limitato a sconfiggere le altre squadre con la sola forza della Teikoku…
Un nodo stringe lo stomaco di Yuuto, mentre sente un calore per nulla familiare inondargli il petto. Probabilmente, se solo il ragazzo glielo permettesse, quell’emozione finirebbe per fargli imporporare le guance, tuttavia Kidou lotta con le unghie e con i denti affinché ciò non accada.
In compenso, Kageyama sembra aver notato fin troppo bene il cambiamento all’interno del ragazzo. D’altronde, dopo averlo cresciuto per tutti quegli anni, accorgersi di quegli improvvisi cambi d’umore è il minimo che lui possa fare. È per questo che, adesso, avvicina una mano al volto del giovane. Lo sfiora piano, con cautela, quasi come se temesse che possa spezzarsi da un momento all’altro.
Yuuto, dal canto suo, non indietreggia. Non sembra spaventato da quell’avvicinamento improvviso di Kageyama, e anzi sembra averlo accolto piuttosto con piacere.
Questo è un segnale decisamente positivo per Kageyama, che decide che non è più momento per esitare: così si sporge leggermente in avanti, almeno finche il suo viso non è a pochissimi centimetri da quello del ragazzo, le punte dei loro nasi che si sfiorano appena. Reiji indugia ancora un attimo, probabilmente perché è troppo inebriato nel sentire il fiato corto e caldo di Yuuto che gli si infrange sul viso, così come i battiti cardiaci che galoppano impazziti all’interno della gabbia toracica del ragazzo. Alla fine, tuttavia, non riesce a resistere oltre alla tentazione, e finisce col posare le proprie labbra su quelle del ragazzo.
È un bacio sorprendentemente casto, che fa sciogliere entrambi nella sua dolcezza. Yuuto tiene gli occhi chiusi mentre si china in avanti, reclamando maggiori attenzioni, e Kageyama vorrebbe replicare che è da una vita che non ha occhi che per lui, ma alla fine si limita ad infilare le proprie dita tra i capelli del ragazzo, attraendolo ancor di più a sé, così da poter approfondire quel bacio.
Probabilmente resterebbero in quella posizione ancora per delle ore, tuttavia giunge nelle loro orecchie a ridestarli lo stesso trillo che li aveva accolti prima di salire in quella cabina. Aprono gli occhi nello stesso istante, subito dopo essersi separati, e notano sorpresi che l’ascensore è tornato ad essere normalmente illuminato, mentre hanno ripreso a scendere verso il basso.
Kageyama si porta una mano alla testa, confuso. Ha perso la concezione del tempo, non ha idea di quanto a lungo lui e Kidou abbiano passato così vicini, le labbra dell’uno su quelle dell’altro. In ogni caso, adesso stanno di nuovo scendendo verso il pianterreno, perciò farà meglio a ricomporsi, prima che qualcuno all’esterno possa cominciare ad avere dei dubbi su cosa sia realmente successo là dentro.
Comincia così col mettersi in piedi, spazzolandosi via la polvere dai vestiti. Yuuto lo imita, facendo altrettanto. Per tutto il tempo in cui continuano ad essere lì, nello stesso ascensore, a pochi centimetri di distanza, nessuno dei due rivolge più il proprio sguardo all’altro, entrambi troppo imbarazzati per poter tornare a confrontarsi.
Quando finalmente la cabina arriva trillando al pianterreno e le porte si riaprono, Yuuto è il primo a schizzare fuori, camminando in fretta e furia verso l’uscita. No, questa volta Kageyama non lo seguirà, è ancora troppo sconvolto da ciò che è appena successo. Le porte si richiudono, e Kageyama preme il tasto che lo riporterà all’ultimo piano, dove ha sede la presidenza. Può tornare a nascondersi nel suo mondo di tetra oscurità, adesso.
Reiji si domanda distrattamente cosa sarebbe successo, se l’ascensore non fosse ripartito. Magari lui e Kidou avrebbero fatto l’amore lì, in quella cabina oscura. Immagina i loro vestiti cadere a terra e le gambe nude del ragazzo stringersi, in uno spasmo di passione, attorno alla sua vita, mentre le dita di Kageyama accarezzano ogni lembo della sua pelle. Quella fantasia stuzzica terribilmente la sua mente, eppure Kageyama sa che non avrà mai lo stesso sapore dolce di quel bacio.
   
 
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