Film > Indiana Jones
Segui la storia  |       
Autore: IndianaJones25    11/12/2019    3 recensioni
Dopo quasi quarant’anni, Indiana Jones fa ritorno sulle alture interne del Perù per raggiungere ancora una volta il tempio dei Chachapoyan dove, in gioventù, tra mille difficoltà, rinvenne l’idolo d’oro della fertilità. Ma nel tempio era celato molto più di una piccola e semplice statua d’oro, qualcosa di davvero unico e prezioso: un sorprendente segreto, rimasto custodito in quel luogo per migliaia di anni, che l’anziano archeologo intende finalmente riportare alla luce.
In questa nuova occasione, però, ad accompagnarlo ci sarà sua figlia, perché solo unendo le forze i due Jones potranno svelare quell’antico mistero, che sembra provenire da una galassia lontana lontana...
Genere: Avventura, Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Henry Walton Jones Jr., Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
7 - UNA SCIA NELLA NOTTE

       Un improvviso frastuono di piatti rovesciati che si infrangevano sul pavimento ridestò di colpo Katy, profondamente addormentata ed immersa in uno stranissimo sogno dai contorni nebulosi fino ad un attimo prima.
       Ancora intorpidita, la mente pullulante di immagini oniriche che si confondevano sempre di più mentre fuggivano via veloci come polvere nel vento e con il viso affondato nel cuscino imbottito di piume d’oca, aprì gli occhi e li sbatté alcune volte, cercando di capire che cosa stesse accadendo; dal piano di sotto, giungevano i rimproveri in spagnolo che il proprietario del piccolo albergo stava rivolgendo ad un suo qualche sbadato dipendente.
       Confusa, si rizzò di scatto a sedere e si guardò attorno.
       Era distesa nel suo letto, nella camera senza pretese che lei e suo padre avevano affittato in quell’albergo di seconda categoria, l’unico della cittadina che sorgeva ai margini della foresta. Era ancora buio, segno che la notte non era ancora passata e che l’alba non era ancora sopraggiunta, seppure non dovesse poi essere troppo lontana, almeno a giudicare dai rumori che provenivano dalle cucine, dove il personale era già all’opera per preparare le colazioni per gli ospiti, quasi tutti escursionisti abituati ad alzarsi di buon mattino.
    Si voltò e, nell’altro letto, notò la figura distesa di suo padre, che dormiva ancora placidamente.
       Tutto normale, ma… c’era qualcosa che non andava…
       Era più che sicura che dovessero essere lì eppure, allo stesso tempo, le pareva strano che ci fossero, come se le mancasse all’appello qualcosa, qualcosa di fondamentale ed allo stesso tempo di indefinibile. Non aveva mai avuto una sensazione del genere e, questo, le creava una confusione ancora più forte.
       Si scostò i capelli dagli occhi, provando a riordinare le idee.
       Doveva aver fatto un sogno veramente bizzarro per trovarsi in quelle condizioni mentali, ma non riusciva a rammentarlo, se non attraverso piccoli e sfuggevoli lampi. Oltretutto, aveva come il presentimento che le stesse sfuggendo qualcosa, come se i ricordi del giorno precedente si fossero intrecciati tutti insieme fino a fondersi in un buco nero da cui non volevano in nessun modo riemergere. Stranissimo.
       Strofinandosi con i polpastrelli il volto ancora impastato di sonno, tentò di rimettere insieme gli avvenimenti del giorno prima.
       Lei e Old J si erano alzati presto, la mattina, avevano fatto una rapida colazione e, poi, erano usciti a piedi ed avevano cominciato ad inerpicarsi lungo la montagna. Non avevano seguito i normali percorsi utilizzati dagli escursionisti, bensì avevano quasi subito deviato verso una zona molto più impervia, dove la foresta sembrava crescere intatta e rigogliosa, come se mai nessun uomo l’avesse toccata. Lei non aveva capito il motivo di quel cambio di direzione, ma suo padre le aveva assicurato che fosse la pista giusta e si era fidata ciecamente, come sempre.
       Si grattò il lobo dell’orecchio destro, che le faceva prurito, cercando di pensare al resto.
       Verso mezzogiorno avevano fatto una pausa, sedendosi sopra un masso per mangiare della carne e delle lenticchie in scatola che si erano portati dietro… ma era vero o quel pasto era stato consumato solamente in sogno? E tutto quel fatico tragitto nella foresta lo avevano percorso davvero o era tutto frutto della sua immaginazione? C’era un modo, per scoprirlo.
       Scostate le lenzuola, Katy scivolò in silenzio giù dal letto e, con il passo felpato dei suoi piedi nudi, si avvicinò alla sedia su cui erano ammonticchiati alla ben’e meglio i suoi abiti. Appesa allo schienale, vi era la sua borsa di cuoio ornata da frange. L’aprì e trovò immediatamente quello che stava cercando: le scatolette di carne e di lenticchie ormai vuote che erano servite per il loro pranzo e che suo padre, da quell’ambientalista convinto quale era divenuto negli ultimi anni, le aveva categoricamente vietato di abbandonare nella foresta, dicendole di portarle con sé per poi gettarle nell’immondizia una volta tornati indietro. Quindi, erano davvero andati su per la montagna, su questo non potevano esserci più dubbi, ma poi?
       A quel punto, i suoi pensieri si facevano confusi e cominciavano a lasciarle addosso parecchi dilemmi, una serie di vuoti in cui comparivano e sparivano numerose e strani immagini che non riusciva ad afferrare né a mettere in un ordine preciso, come se fosse in preda ad un’amnesia. Un’amnesia stranissima, di cui si rendeva pienamente conto, seppure apparisse molto difficile riuscire a vincerla.
       Con fare assente, massaggiandosi adagio le braccia infreddolite, si diresse verso la finestra della camera. Scostate le tende, aprì i vetri e, pur indossando solamente l’ampia canottiera che teneva sempre per dormire, uscì sul piccolo balconcino.
       L’aria della tarda notte, soffiando dalle montagne vicine, era fredda e la fece rabbrividire, provocandole la pelle d’oca sulla pelle delle braccia e della gambe nude, ma non vi badò; dopo essersi sistemata meglio una spallina della maglietta che le era scivolata giù dalla spalla sinistra, si appoggiò alla balaustra in ferro battuto, che si affacciava direttamente sulla strada sterrata, al di là della quale, per miglia e miglia, si stendeva la foresta nebbiosa che ricopriva i monti, adesso ridotti a nulla più che a un’ombra inscindibile a causa dell’oscurità.
       Sollevò una mano alla bocca e, mordendosi adagio il pollice, provò a tornare di nuovo agli avvenimenti del giorno prima, concentrandosi con attenzione.
       Era sicura che, dopo aver mangiato, avessero ripreso il cammino. Lei andava avanti veloce mentre Old J, con il fiatone, le urlava di rallentare e di aspettarlo, perché non era quello il modo migliore per affrontare il ripido versante di un’altura. Fece un sorrisetto: piuttosto che ammettere di essere vecchio e di cominciare a far fatica, nel buttarsi a capofitto in imprese del genere, suo padre preferiva inventarsi qualsiasi tipo di scusa per addossare la colpa agli altri.
       Poi… poi tutto si faceva più incerto e la nitidezza della sua memoria sfumava vistosamente, riducendosi quasi a delle semplici sensazioni o poco più.
       Ricordava un lago… un piccolo lago con delle cascatelle. Non riusciva a vederlo davanti ai propri occhi, adesso, però le era rimasta impressa l’idea che fosse un luogo veramente incantevole. Doveva averlo definito un paradiso. Certo, ora le sovvenne quasi con sicurezza che, fermi sulle sue sponde, lei e suo padre dovevano aver parlato di inquinamento, di passato e di presente e di altre cose del genere… forse, per qualche ragione che ora non comprendeva bene, lei lo aveva persino preso in giro, dandogli del poeta!
       Katy giocherellò distrattamente con la spallina della canottiera troppo larga, che le era scivolata un’altra volta lungo la spalla, facendo nel contempo volare lo sguardo tra le tenebre che celavano la foresta immersa nel silenzio più assoluto, non fosse stato per il lieve frusciare delle fronde che, ogni tanto, le giungeva alle orecchie.
       Le tornò in mente il tempio, adesso. Un antico tempio riguardo a cui suo padre le aveva raccontato una storia risalente a tanti anni prima, una storia che le era sembrata veramente molto avvincente e piena di colpi di scena, sebbene adesso gliene sfuggissero i dettagli precisi. Solo che, da quel momento in avanti, la sua mente si ottenebrava completamente, tingendosi del medesimo colore della notte tutto attorno a lei. Oltre quel punto, non le era possibile andare, neppure sforzandosi con tutta se stessa.
       La ragazza ricominciò a mordicchiarsi l’unghia, senza capire.
    Non aveva mai perso il controllo della situazione, non le era mai mancato all’appello neppure un minuto della sua vita e, oltretutto, poteva persino vantare una memoria straordinaria e prodigiosa, che le permetteva di rammentare molto bene anche avvenimenti risalenti a tanti anni prima, di cui, invece, altri non ricordavano più nulla. Per esempio, aveva mantenuto una perfetta conoscenza del momento in cui, per gioco, lei e suo fratello distrussero una preziosa Venere preistorica custodita nello studio di Old J; un episodio di quando erano piccoli, di cui lei ricordava i dettagli ma di cui, invece, la madre e Abner non sembravano aver serbato alcuna reminescenza. Soltanto il vecchio si ricordava qualcosa, visto che a quel reperto era sempre stato molto affezionato, ma non avrebbe saputo ripetere in che occasione precisa fosse accaduto quell’incidente.
       E, quindi, com’era possibile che, adesso, le mancasse all’appello persino un giorno intero, peraltro appena trascorso? Non aveva alcun senso!
       Però, c’era qualcos’altro, qualcosa di cui era sicurissima, per quanto fosse strano.
       Negli ultimi tempi, non aveva mai parlato molto con i genitori. Un po’ era stato perché le erano apparsi troppo vecchi, rispetto a lei, ed un po’ perché aveva creduto che non potessero comprendere ciò che le passava per la mente, dato che neppure lei riusciva a spiegarselo bene.
       Molte cose l’avevano turbata, ultimamente, ma una più di tutte, ed era quella che mai e poi mai avrebbe pensato di poter raccontare loro: ciò che aveva sentito verso Lorene, quello strano brivido che la scuoteva tutta ogni volta che i loro occhi si incrociavano o che le loro mani si sfioravano, quella dolcezza che soltanto lei sapeva trasmetterle con poche e semplici parole… né avrebbe saputo dire che cosa fosse veramente quel dolore che si sentiva montare dentro ogni volta che ripensava al fatto che la scuola fosse finita e le loro strade si fossero separate, forse per sempre…  Era solo il rimpianto di un’amicizia perduta, la sua, o c’era dell’altro? Ma che cos’era, quell’altro?
    Forse era qualcosa a cui non doveva più dare peso, di cui doveva dimenticarsi… Lorene, con i suoi strani modi di fare, l’aveva semplicemente gettata in uno strano stato d’animo da cui, adesso, avrebbe fatto molto meglio ad uscire senza più rifletterci…
       Erano cose che non riusciva a capire neppure lei, si disse intrecciandosi una ciocca di capelli attorno al dito, figurarsi, quindi, se avrebbe potuto provare a confidarle ai due vecchi.
    Di sicuro, non sarebbe mai stato il caso di chiedere loro qualche consiglio; anzi, dentro di sé, aveva pensato che avrebbero potuto giudicarla come una pazza, se gliene avesse solo fatto cenno, e per questo motivo negli ultimi tempi aveva limitato parecchio la comunicazione con loro, tenendosi tutto dentro ed eludendo le loro continue domande sul perché fosse così silenziosa e se andasse tutto bene.
       Adesso, tuttavia, era convinta che, il giorno precedente, lei e Old J avessero parlato davvero, parlato tantissimo, come mai avevano fatto fino a quel momento.
    Di che cosa avessero veramente parlato, in effetti, non riusciva proprio a ricordarselo, ma adesso sapeva che non sarebbe servito a molto saperlo, perché aveva come la sensazione che ogni singolo paletto, tra di loro, fosse ormai definitivamente caduto e che, da quel momento in avanti, si sarebbero potuti dire qualsiasi cosa senza alcun timore.
    Era certa che avrebbe anche potuto entrare come un treno nella stanza, svegliare suo padre e confessargli di quel bacio proibito che le aveva dato la ragazza, quel bacio che sarebbe stato ragionevole credere potesse schifarla ed a cui lei, al contrario, si era abbandonata completamente e a cui pensava di continuo da almeno un mese, senza che lui se la prendesse. Anzi, probabilmente, le avrebbe persino fatto una carezza sulla testa, ringraziandola per avergli finalmente aperto il suo cuore e le avrebbe chiarito, con poche e semplici parole, qualcosa che, ancora, lei da sola non riusciva a comprendere.
       Katy fece un sorrisetto. Non si era mai sentita così libera e leggera in vita sua.
       Come invocato da quei pensieri, Indiana Jones uscì dalla portafinestra e la raggiunse. Si era messo indosso pantaloni e camicia e reggeva in mano il suo giubbotto di pelle, che le fece scivolare piano sulle spalle.
       «Fa freddo» le sussurrò.
       La ragazza si strinse nella giacca e rabbrividì di nuovo mentre la sua pelle cominciava a scaldarsi.
       «Grazie, papà» mormorò.
       Indy si appoggiò alla ringhiera, al suo fianco, e la guardò dritta negli occhi.
       «Secondo te cos’è successo?» chiese.
       Lei non fu affatto sorpresa di scoprire che nemmeno suo padre avesse dimenticato tutto e che si fosse reso conto della perdita di quel giorno, all’appello delle loro menti.
       «Di solito sei tu che hai una spiegazione per tutto, Old J» rispose, ammiccando delicatamente.
       Il vecchio fece un ghigno.
       «Non questa volta» ammise. «Questa volta sono senza parole e, forse, è meglio così.»
       «Non vuoi provare a ricordare come abbiamo fatto a tornare qui in albergo senza neppure rendercene conto?»
       «Tornare?» ripeté lui. Poi sorrise. «Secondo me, non ce ne siamo mai neppure andati…»
       Katy strabuzzò gli occhi.
       «Che intendi dire?» chiese, sconcertata.
       «Hai sentito quel cameriere che ha rotto i piatti e che il direttore ha sgridato?» domandò Indy.
       «Pensavo dormissi, Old J!»
       «Invece ero sveglio…» borbottò Jones. Si infilò una mano in tasca e ne tolse il suo orologio da polso, che cominciò a rigirarsi tra le mani. «…e la stessa identica cosa… l’avevo sentito ieri mattina. O, meglio, questa mattina.»
       Anche se il giubbotto l’aveva riscaldata, la ragazza si sentì gelare. Non poteva credere a quello che stava ascoltando, non era possibile…
       «Dai un’occhiata qui» le propose suo padre, porgendole il suo orologio.
       Con la mano che tremava per l’emozione, Katy lo afferrò per il cinturino e lo controllò. Il quadrante, dalle lancette fosforescenti, segnava le cinque e quaranta del mattino e, fin qui, non c’erano problemi; solo che la piccola casella laterale che indicava il giorno doveva essere rimasto indietro, dato che segnava ancora il 12 giugno, non il 13. Insomma, indicava il giorno prima.
       «Deve essere rotto» tagliò corto lei, restituendoglielo.
       Jones si prese tutto il tempo per legarselo al polso, prima di rispondere.
       «No, ho controllato. Funziona alla perfezione, come sempre.» Fece un cenno in direzione delle montagne. «È proprio il 12 giugno e noi, in quella foresta, dovremmo andarci oggi.»
       «Non è possibile!» urlò la ragazza. «Nella mia borsa… le scatolette vuote… e, poi… sono più che sicura di non aver sognato!»
       «Non hai sognato, perché anche io sono certo di essere partito insieme a te tra i boschi. E quelle scatolette erano con noi. Hanno fatto e vissuto tutto quello che abbiamo fatto e vissuto noi… di qualsiasi cosa si tratti» rispose suo padre, con tono rassicurante. «Il mio orologio, invece, non lo avevo portato, era rimasto in albergo… per questo, per lui, il tempo è rimasto immutato.»
       All’improvviso, Katy ebbe voglia di stringersi a suo padre. Non era spaventata per quello che era successo, solo un po’ frastornata e, del resto, chi non lo sarebbe stato? Vivere un giorno intero che, però, non era ancora arrivato… non era neppure possibile spiegarselo nei pensieri, figurarsi a parole.
       «Di che cosa abbiamo parlato, ieri?» gli chiese, mentre lui, quasi avesse captato il suo desiderio, la prendeva tra le braccia e la cullava dolcemente. «Tu te lo ricordi?»
       Suo malgrado, Indy fu costretto a scuotere la testa.
       «Purtroppo, non mi ricordo. Ma so che abbiamo parlato» rispose, con tono roco. «Abbiamo parlato tanto. E so anche che, d’ora in poi, parleremo sempre e di tutto, vero?»
       «Vero» ammise lei.
       «Una cosa, però, penso di ricordarmela» borbottò Jones, chiudendo gli occhi per sforzare la memoria.
       Katy sollevò lo sguardo a cercare il suo, senza smettere di tenerlo abbracciato.
       «Che cosa, papà?» quasi lo implorò.
       «Non so perché, non so quando, non so come… ma mi pare di averti promesso che tu saresti stata la prima viaggiatrice del tempo» rispose lui, riaprendo gli occhi per guardarla. Le sorrise. «Come vedi, io mantengo sempre le mie promesse.»
       Anche Katy fece un sorriso, un sorriso dolcissimo che parve scalfire l’oscurità circostante e che scaldò il cuore di suo padre.
       Forse non avrebbero mai saputo spiegare che cosa fosse accaduto, forse non avrebbero mai recuperato alcun pensiero di quel giorno che doveva ancora venire ma, in ogni caso, avrebbero fatto tesoro di quel loro totale riavvicinamento e non si sarebbero mai lasciati.
       Specialmente per Indy, quella fu una certezza assoluta: abbandonare i propri figli sarebbe stato un errore imperdonabile, che lui aveva commesso una volta, prima di tornare indietro e rimediare, e che non avrebbe ripetuto mai più, neppure se posto di fronte alla più grande scoperta della sua esistenza, neppure se gli fosse stato proposto di compiere un viaggio nello spazio per scoprire antiche civiltà extraterrestri…
       «Che idea assurda!» pensò, trattenendo a stento una risata.
       Ciò nonostante, aveva come l’impressione che, lassù da qualche parte, qualcuno che conosceva bene avesse davvero commesso un errore simile per un motivo identico, tanto tempo prima, e che adesso, attraverso di lui, stesse facendo ammenda.
    «Suvvia, ridicolo…» si disse. Oppure no?
       Senza smettere di tenersi abbracciati, sorridenti e più felici che mai per essere insieme, padre e figlia si sentirono attratti da una forza misteriosa, che li costrinse a staccare gli occhi dalla foresta buia ed a sollevarli al cielo infinito e ancora stellato nonostante l’imminenza del giorno.
       Là, sopra di loro, brillava una stella, che sembrava molto più luminosa delle altre… sì, perché, mentre tutte le altre andavano impallidendo a vista d’occhio mano a mano che, a oriente, il cielo si tingeva di violetto per l’alba imminente, quella sembrava riuscire a vincere anche il chiarore del sole levante.
    Le montagne all’orizzonte già si indoravano, gli alberi sembravano risvegliarsi mentre gli ultimi uccelli notturni lanciavano bassi richiami, rientrando nei loro nidi; ma quella stella rimaneva lì, come sospesa al di fuori del tempo, non sottoposta alle leggi del mondo, di questo mondo.
       La guardarono in silenzio, contemplandone il mistero, cercando di scalfirne i segreti… e, all’improvviso, quella stella sfrecciò via, verso una galassia lontana lontana, lasciando dietro di sé soltanto una lunga scia azzurra e colma di ricordi, che per parecchi secondi tinse il cielo e si rifletté nei loro occhi stupefatti.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Indiana Jones / Vai alla pagina dell'autore: IndianaJones25