Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Bellamy    12/12/2019    1 recensioni
La battaglia tra i Cullen e i Volturi termina in maniera inaspettata: i Cullen perdono, Edward e Bella si uniscono alla Guardia di Aro e Renesmee perde la memoria. I pochi mesi di vita vissuta da Nessie vengono spazzati via.
Dopo quasi un secolo, Aro invita Renesmee a Volterra.
Genere: Malinconico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Volturi | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Breaking Dawn
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
C’era caldo. Molto caldo. I raggi del sole si infiltravano nel mio corpo con estrema facilità mandando in autocombustione i miei organi. Avevo la gola arsa e sembrava che una lastra di ferro arrugginito la stesse carezzando. Il cuore batteva frenetico e i polmoni seguivano il suo stesso ritmo minacciando di scoppiare in mille pezzi dentro la cassa toracica.
E c’era caldo ancora. Troppo caldo.
Le mie ginocchia cedettero e caddi su una superficie morbida e instabile ma allo stesso tempo dura. Era sabbia ed era rovente.
Mi stesi supina sulla sabbia e rivolsi il volto verso la luce accecante del sole incandescente. Nonostante la situazione sgradevole in cui mi ero ritrovata senza sapere neanche il perché, mi sentivo… rassegnata. Quasi tranquilla.
Non ricordavo quanto tempo rimasi in quella posizione ma, all’improvviso, iniziai a sentire freddo. La mia schiena si stava inzuppando di acqua fredda e la superficie in cui ero appoggiata era diventata, questa volta, gelida. Aprii gli occhi e tutto, intorno a me, era bianco, innevato.
Battei le palpebre velocemente e misi a fuoco: non era sola. C’erano altre persone con me ma non riuscivo a riconoscerle o a vedere i loro volti. Erano coperti dalla testa ai piedi da mantelli neri e spessi.
Mi misi a sedere nel terreno ghiacciato.
 
 
 
 
“Ah!”, dal momento in cui aprii gli occhi e balzai a sedermi sul letto come una molla passò solo un millisecondo. Portai la mano sinistra verso il comodino ma non trovai carta e penna.
Ah, vero. Non siamo a Forks, pensai. Accesi la lampada appoggiata sul comodino, mi misi comoda e mi appoggiai alla tastiera del letto, stringendomi  tra le coperte.
Erano passati mesi dall’ultima volta che feci lo stesso, identico sogno. Il primo impulso era quello di scrivere ciò che mi ricordavo di aver sognato: sempre le stesse cose, sempre gli stessi elementi. Ma era una abitudine, non mi trovavo nella mia stanza di Forks e non c’erano carta e penna accanto a me per poter scrivere ciò che ricordavo.
Dopo qualche secondo di riflessione feci spallucce. Non ci volevo pensare. Non volevo analizzare il sogno: non sarei arrivata e nessun conclusione, dopotutto. Avevo dato tantissime interpretazioni ma rimanevano sempre semplici sogni. Tutti gli umani avevano sogni ricorrenti. Forse quello era il mio. E basta.
L’orologio digitale al muro segnalava le sette dal mattino ma la finestra dimostrava tutt’altro orario: il cielo era ancora buio. In casa regnava un silenzio religioso. Da quando ero ritornata dai Cullen, mi svegliavo un po’ più tardi del solito quindi nessuno si sarebbe preso la briga di controllare se a quell’ora fossi già sveglia anche se, grazie al loro udito acutissimo, potevano sentire qualsiasi mio movimento.
Da quando ero ritornata negli Stati Uniti avevo sempre sonni profondi e senza sogni. Li giustificavo come un recupero di tutte le notti insonni passate a Volterra. Inoltre avevo preso un po’ più di peso: avevo passato un mese intero solo a nutrirmi perché Carlisle mi mandava sempre a caccia.
Rimuginando non potei non notare una analogia tra Volterra e i miei sogni: le persone incappucciate dei miei sogni  erano simili ai Volturi, a Bella, ad Andrew. Almeno erano vestiti uguali, erano costantemente coperti da quei mantelli, come se fossero cuciti sulla loro pelle.
Facendo quella analisi mi sentii a disagio e il mio umore cambiò. Avrei passato tutta la giornata a tenere il muso solo per aver pensato. Capitava ogni volta che pensavo a qualsiasi cosa inerente ai Volturi e a Volterra. Mi intristivo e diventavo irritabile ma, davanti ai Cullen, mi frenavo e cercavo di reagire ed apparire in tutt’altro modo.
Avevo detto loro, ribadito tante volte, che per me era già un capitolo chiuso e lo doveva essere anche per i Cullen, poco intenzionati ancora. Volevo dimostrare di essere ancora la Renesmee di prima.
Scesi dal letto, presi i vestiti nuovi di zecca acquistati da Alice e iniziai ad indossarli. Mi misi davanti allo specchio e iniziai a sistemare le due trecce alla francese fattemi da Rosalie. Le trecce raggiungevano quasi i miei polpacci.
Quando finii, fissai il mio riflesso allo specchio come per la prima volta: il volto pallido, le labbra carnose, le sopracciglia folte, le ciglia lunghe, i zigomi appena pronunciati, i capelli color castano così come le iridi dei mie occhi, non più cerchiati di viola.
Fissai gli occhi del mio riflesso con insistenza. Il mio umore peggiorò.
Decisi di rimettermi a letto ma una serie di voci familiari, dei passi veloci e il rumore della porta principale di casa aprirsi e chiudersi di nuovo mi fecero cambiare idea. Aspettavamo ospiti?
 
 
 
 
Nonostante cercassi di fare buon viso a cattivo gioco di fronte agli occhi dei miei familiari, i Cullen non fecero altrettanto. Tutti erano molto nervosi e, insieme, facevano fatica a mostrarsi diversamente: lo spettro del dubbio nei confronti di Aro era sempre alto così come lo era lo stato d’allerta. Erano sempre pronti a qualsiasi evenienza e si perdevano sempre in congetture.
Diversamente da come avevo deciso io, per loro il mio capitolo Volterra non era chiuso. Si aspettavano un contro attacco da parte di Aro ignaro, a quanto sapevano i Cullen, della mia fuga clandestina facilitata da una sua fedelissima. Tutti i Cullen si aspettavano, da un momento all’altro, una sua reazione ma era già passato un mese e non ricevemmo nessun segnale proveniente dall’Italia. Che Aro avesse rinunciato a me? Probabile. Almeno preferivo pensarla in quel modo perché non sapevo cosa pensare. Vedevo la situazione come un semplice dato di fatto: Bella aveva trovato un modo per farmi mandare via dall’Italia all’insaputa di Aro.
Il motivo del suo gesto poteva essere chiaro a qualcun’altro ma non era ancora ben definito per me. Anzi, lo era ma una parte oscura di me non era intenzionata ad approfondire l’argomento.
Alice aumentava il clima di tensione: non riusciva a vedere il futuro e questo le causava forti mal di testa e incrementava lo stato di agitazione della famiglia. Provai a ricordare ai Cullen che, molto probabilmente, la causa delle poche e confuse visioni di Alice ero io, come lo era sempre stata, ma non mi diedero ascolto, preferendo entrare nella paranoia totale.
Infine decisi di andare a vedere cosa stava succedendo in casa. Arrivata in salone fui sorpresa di trovare i Denali: Tanya, Kate, Garrett, Carmen ed Eleazar. I Denali e i Cullen erano tutti vicini tra di loro e occupavano tutti i posti a sedere a disposizione. Guardando i volti dei Cullen capii che anche per loro fu una sorpresa l’arrivo improvviso dei cugini.
“Buongiorno!”, augurai a tutti, sfoggiando il mio miglior sorriso. I Denali tutti si alzarono e mi salutarono con affetto.
“Giusto in tempo! Tesoro, stai benissimo”, mi disse Carmen stringendomi. Le risposi con un sorriso e, quando sciogliemmo l’abbraccio, mi appollaiai nel bracciolo del divano dove erano seduti Emmett e Rosalie.  
Dopo i saluti, l’atmosfera nella stanza si fece immediatamente calma. Capii che fu Jasper a calmarci, utilizzando il suo dono. A quanto pare qualcuno, tra di noi, non era esattamente tranquillo.
Tanya si agitò sul divano, si sporse in avanti e disse con voce grave: “Carlisle, siamo venuti qui senza preavviso perché dobbiamo dirvi una cosa”.
L’effetto di Jasper non durò molto perché tutti drizzammo le spalle, in attesa di scoprire cosa i Denali avessero da dirci.
Carlisle rispose con un muto sguardo attento. Tanya ricambiò e continuò: “Stanotte siamo stati raggiunti da un vampiro. Noi non lo conoscevamo prima di quel momento. Presumiamo nemmeno voi. Si è presentato col nome di Andrew. Noi non conosciamo nessuno con questo nome. Ha chiesto di voi”.
Andrew? Quel Andrew? Sentii raggelare il sangue nelle vene. Il cuore iniziò a battere all’impazzata e pregai che nessuno ci facesse caso in quel momento. I miei occhi si posizionarono su ogni volto dei Cullen e videro in tutti la stessa cosa: sguardi confusi.  Il mio, sicuramente, era diverso dal loro. Feci un respiro profondo.
No, non poteva essere quel Andrew.
Alice si portò le mani alle meningi, chiuse gli occhi e aggrottò la fronte.
“Non abbiamo mai incontrato nessuno che si chiamasse Andrew”, disse Emmett burbero guardando Carlisle che confermò annuendo.
“Come pensavamo”, disse Garrett.
“Cosa ha chiesto?”, domandò Esme.
“Ha domandato dove foste. Non vi ha trovato a Forks”, rispose Tanya.
Non poteva essere Andrew.
“Chiunque lui sia sapeva che ci poteva trovare lì”, fece Jasper, la mascella serrata, gli occhi brillavano di una luce pericolosa.
“Abbiamo fatto bene ad andarcene, allora!”, esclamò Emmett facendomi quasi cadere dal bracciolo del divano su cui era seduta in bilico.
“Vi ha detto perché ci cercava?”, domandò Carlisle.
Tanya esitò un attimo e poi rispose: “Ha detto che vi doveva dare un messaggio urgente. Gli abbiamo detto che ve lo potevamo mandare noi da parte sua ma ha rifiutato”. Detto questo, il silenzio si inoltrò nella stanza per qualche interminabile secondo.
Non poteva essere Andrew.
“Secondo voi…?”, Rosalie iniziò la domanda ma non concluse capendo che tutti avevano capito cosa intendesse.
“Forse”, rispose Carlisle, “oppure qualche clan in difficoltà e con un nuovo membro appena acquisito?”
L’ipotesi di Carlisle era probabile ma nessuno sembrava convenire con lui. I volti di tutti si fecero scettici, alcuni scossero la testa.
“Se qualche clan avesse aggiunto un nuovo vampiro l’avremmo già saputo. Le notizie circolano. E’ dei nomadi che non si sa nulla”, disse Garrett con un ghigno. Forse si era appena ricordato dei suoi trascorsi da nomade.
“Forse è un nomade, appunto”, disse Esme. Esme, come me, non ne voleva più sapere dei Volturi.
“Quale nomade ha l’urgenza di mandarci un messaggio?”, domandò Rosalie, nella sua voce c’era un filo di sarcasmo.
“I Volturi”, fece Emmett, “Per forza”, continuò. Emmett era sicurissimo. Tutti lo guardammo: l’unico motivo probabile era quello. Chi altro poteva essere? Non eravamo famosi per crearci nemici ogni qual volta ci spostavamo per gli stati americani.
“Tanya non ha finito di parlare”, disse Eleazar guardando la vampira. Il suo sguardo la spronava a continuare. Tanya si fece titubante. Noi Cullen riportammo gli occhi su di lei.
Tanya non continuò il suo discorso subito. Sembrava stesse cercando nel suo lessico personale le parole adatte da utilizzare. Persi un battito: non avevo intenzione di ascoltare il continuo.
“Gli abbiamo detto dove vi trovate. Gli abbiamo detto che adesso siete qui, a Willinston. Sono mortificata e dispiaciuta. Perdonatemi.”
Nel salone la temperatura scese incredibilmente, toccando gradi glaciali e nessuno aprì bocca. Tutti cercammo di ingoiare la pillola, sotto gli occhi sgranati dei Denali. Erano intimoriti.
Nessuno si aspettava questa sorta di tradimento. Sapevamo che non avrebbero mai fatto nulla contro di noi ma, per un attimo, fu difficile metabolizzare considerando lo stato paranoico in cui tutti i Cullen riversavano.
Solo Alice rimase nella stessa posizione, come se non fosse in quel momento lì, con noi.
Tanya guardò Carlisle rivolgendogli sguardi di scuse e capii che ancora il peggio doveva arrivare.
Non poteva essere quel Andrew.
“Perché?!”, ruggì Emmett alzandosi. In quel momento sembrò essere alto tre metri, stringeva i pugni e ringhiava. Scattando in avanti, Emmett mi travolse facendomi battere la schiena contro il pavimento.
“Emmett!”, urlò Rosalie tenendolo per un braccio. Stessa cosa fece Jasper. “Basta!”.
Alla reazione di Emmett rispose Garrett nella stessa maniera, mettendosi di fronte a lui, ma venne fermato da Eleazar e costretto a fare marcia indietro.
“Emmett, calma!”, ruggì Carlisle, “Si è scusata!”.
Jasper e Rosalie costrinsero Emmett a rimettersi seduto sul divano e un’altra ondata, da parte di Jasper, di calma ci investì tutti. Mi rimisi in piedi immediatamente e mi affiancai ad Esme, gli occhi ancora spalancati per la scena appena vista, che mi diede una carezza sulla guancia. Kate riportò Garrett a sedere.
I volti che avevo davanti erano tutti molto provati. Solo Alice continuò a non scomporsi: non sembrava essersi accorta di nulla.
La reazione di Emmett fu solo la prova di ciò che poteva comportare il nervosismo che coinvolgeva tutti i Cullen. Al quel pensiero il mio umore peggiorò ulteriormente: non tolleravo vedere la mia famiglia subire qualsiasi cosa. Per me erano invincibili, senza di loro io non ero nessuno. Vederli in quello stato, con le difese abbassate, mi faceva sentire vulnerabile. 
Dopo essersi assicurata che gli animi si fossero almeno assopiti,  Tanya si voltò verso Eleazar e gli chiese in un soffio: “Potresti spiegare tu?”.
Eleazar strinse la mascella e annuì. Prima di aprire bocca e spiegare, si strinse più vicino a Carmen.
“Mentre tentavamo di capire quali fossero le intenzioni del ragazzo, ho notato che lui ha un dono. Un dono molto particolare e potente:è un manipolatore. Molto forte. In vita mia ho conosciuto solamente un altro vampiro come lui”.
Ansimai. Mi mancò il respiro. La bocca spalancata. No.
Mi stava cercando. Mi stavano cercando. Stavo mettendo la mia famiglia in pericolo. No, non potevo permetterlo. No.
Jasper posò il suo sguardo verso di me e mi scrutò attentamente. Notò il mio cambiamento d’umore: la mia reazione alla notizia fu più grave rispetto a quella degli altri. Si avvicinò a me ed Esme e mi cinse le spalle con un braccio e utilizzò di nuovo il suo dono su di me. Ma non sembrò funzionare. E lo capì.
Sentivo i miei polmoni pompare freneticamente in cerca d’aria ma non trovavano nulla. Non riuscivo a respirare, presa da un attacco di panico. Davanti a tutti.
Eleazar continuò a spiegare ma questa volta si rivolse a Carlisle: “Ci ha manipolati. Gli abbiamo detto la vostra posizione perché ci ha obbligato a farlo. E’ stata una esperienza terribile non essere padroni della propria volontà”, la sua voce, alla fine, si fece febbrile.
La calma mi travolse come una valanga ma venne neutralizzata immediatamente, sostituita dall’agitazione che mi bloccava la gola. Sentivo lo sguardo di Jasper fisso su di me.
Non tollerando il suo sguardo inquisitore fisso su di me, mi allontanai da Jasper ed Esme e mi appoggiai alla scrivania accanto alla finestra. Jasper seguì ogni mio movimento. Il suo sguardo era sorpreso, sorpreso da tutta quella mia agitazione.
“Ci dispiace tanto, Carlisle”, disse Tanya addolorata.
Carlisle si sporse in avanti per appoggiare una mano sulla spalla della vampira “Non preoccuparti, cara”. La sua espressione era gentile, come sempre.
Garrett sprofondò nel divano e disse: “Dopo che è andato via, noi siamo partiti per raggiungervi. Come avete notato prima non siamo venuti qui in macchina. Abbiamo corso. Pensavamo che saputo dove siete adesso sarebbe partito immediatamente ma nel tragitto non abbiamo visto nessuno”.
“Aro di certo non si farebbe mai scappare un vampiro con un dono come questo. L’altro che conosco faceva parte della sua Guardia ma, tempo dopo, l’ha lasciata. Per Aro fu una grande perdita. Eclissava sia Alec che Jane”, disse Eleazar.
Emmett disse: “Dobbiamo andarcene da qui”.
“Ma Bella”, iniziò Esme interrompendo Rosalie che stava per parlare, “ci aveva garantito che Aro non avrebbe più interferito”. La sua voce era un miscuglio di dolce, tristezza e ingenuità. Guardandola ebbi il fulmineo moto di scoppiare a piangere e scappare con lei.
Rosalie, le sue mani appoggiate ancora sulla spalle di suo marito, disse: “Se quel tizio non verrà oggi qui, forse verrà domani. O dopodomani. Ora che sa dove stiamo non possiamo perdere tempo a capire perché Bella o chi so io non ha fermato questo vampiro”, disse, la voce fredda. Esme abbassò gli occhi, sconfitta. Mandai una occhiataccia a Rosalie.
“Aspettiamolo, invece”, iniziò Emmett, “aspettiamolo e vediamo cosa vuole da noi”, dal tono della sua voce, tutti noi avevamo intuito che già stava pregustando un eventuale scontro.
Rosalie lo guardò come se stesse scherzando: “Emmett, il vampiro è un manipolatore! Non riusciremmo neanche ad avvicinarci a lui! Non senza….”, non concluse la frase, sigillò le sue labbra.  
Zia Rose aveva ragione: sarebbe stato inutile. Andrew poteva fare di noi ciò che voleva, senza darci il tempo di reagire.
Ad un tratto Alice ci prese alla sprovvista: si alzò di scatto, con irruenza. La fronte sempre aggrottata, lo sguardo concentrato. Gli occhi fissavano su un punto fisso nella pavimento.
“Jasper, vieni con me. Ho bisogno di uscire”, disse. Dalla sua voce traspariva rabbia. Non l’avevo mai vista in quel modo.
“Alice?”, fece Carlisle.
Alice, già di fronte alla porta di casa, seguita da Jasper, disse: “Non riesco a vedere nulla con Nessie!”.
Tanya spalancò gli occhi “Alice, non penso sia…”
Alice la interruppe, scuotendo la testa: “Ho bisogno di vedere. E necessito farlo lontana da Renesmee”.  Il suo sguardo dava segni di intransigenza. Alice sembrava tutt’altra persona.
 “NO!”, le urlai con tutta l’aria che avevo a disposizione nei polmoni. Tutti i presenti si voltarono verso di me, scossi e sorpresi dalla veemenza che avevo usato.
Non me ne curai e continuai a rivolgermi ad Alice e Jasper: “Non potete allontanarvi. Andrew è un membro della Guardia di Aro ed è un manipolatore. Non posso permettervi di andare via sapendo che lui è là fuori che mi cerca”, dissi tutto d’un fiato.
Nessuno aprì bocca. Alice sbarrò gli occhi. Continuai: “Potrebbe farvi del male, farvi fare azioni contro la vostra volontà. Non voglio questo. Per favore ascoltatemi”. 
Alice e Jasper rimasero fermi. Entrambi puntarono i loro occhi fissi su di me.
Strinsi i pugni, continuando a sostenere gli sguardi di Alice, Jasper e del resto dei presenti.
“Il piano di Bella è fallito”, dissi a denti stretti. “Lo cercherò io” terminai. Era l’unica mossa sensata.
 
 
I Cullen e i Denali rimasero in silenzio, senza parole. Non mi aspettavo risposte, né proteste. Non ne volevo.
Dopo la mia entrata ad effetto nella conversazione, mi sentivo un po’ impacciata. Avevo sconvolto tante volte la mia famiglia ma mai in una situazione del genere. Fu una sensazione strana.
Carlisle spezzò il silenzio: “Renesmee, no”.
“Assolutamente no!”, dissero all’unisono Rosalie ed Esme.
Fu ovvio che la reazione sarebbe stata quella. Mi schiarii la voce. In quel momento trovai difficile utilizzare le corde vocali: sembravano meccanismi arrugginiti che non riuscivo ad ingranare.
Feci un passo in avanti, in direzione dei Cullen: “Sappiamo tutti perché Andrew è qui ed è solo questione di tempo prima che sia lui a trovarci. Come ha detto Eleazar, Andrew è molto forte e nessuno di noi potrà proteggersi contro di lui”, feci un pausa, gli occhi dei Cullen sgranati e un fantasma di tristezza li colpì per un secondo.
Continuai: “Sono certa che utilizzerà il suo potere su di voi se opponiamo resistenza. Non lo permetterò”.
Rosalie fece per parlare ma la fermai: non volevo sentire obiezioni, avevo già deciso.
“Renesmee”, fece Carlisle, “non possiamo lasciarti da sola”. In quello stesso momento Emmett e i Denali si alzarono.
Strinsi i pugni “Non voglio che vi veda! Potrebbe farvi del male!”.
“Nessie”, disse Rosalie, il volto colto dalla rabbia, “No”. Si voltò verso Alice e, brusca, le chiese: “Vedi qualcosa?”.
“Niente”, sbottò Alice. La sua fronte si era distesa ma aveva una espressione scocciata.
“Non. Potete. Difendervi.”  Dissi a denti stretti. “Con voi o senza di voi riuscirà ad avere quello che vuole!”.
“Renesmee ha ragione”, disse Eleazar.
Dall’esterno udimmo un colpo sordo, secco, contro il terriccio freddo.
Mi voltai e guardai oltre la finestra. Era lì, fermo. Non gli volle molto intercettare il mio sguardo.
Prima che qualcuno potesse aprire bocca, aprii la porta ed uscii. Il vento freddo mi diede uno schiaffo in faccia.
Andrew non distolse lo sguardo su di me e sorrise. “Andiamo?”, domandò.
Non gli risposi. Gli diedi le spalle. Come mi aspettavo, trovai i Cullen dietro di me. Tutti i loro occhi puntati su Andrew.
“Tornerò presto. Promesso. Non mettetevi in pericolo”, dissi loro.  
Girai i tacchi e raggiunsi Andrew che non smetteva di sorridere.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Bellamy