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Autore: Voglioungufo    12/12/2019    2 recensioni
ObiNaru | Post699 | What if? | Accenni SakuHina
"Hai notato il modo in cui Obito guarda Naruto?"
"L'unico a non averlo notato è Naruto".

Quando un vaso viene rotto spesso i frantumi non combaciano più e anche incollandoli fra loro è impossibile riottenere il vaso, restano crepe che disperdono il suo contenuto, resta rotto. Per questo le persone li buttano via e quando succede io li prendo. Saldando i vari pezzi con lacca dorata il vaso può essere riutilizzato, anche se le crepe resteranno, anche se si noterà che è stato rotto, che non è più lo stesso vaso.
La Kintsugi è un’antica tradizione che ormai si è persa, sembra che nessuno abbia più la pazienza di ammirare la bellezza di qualcosa di rotto. Eppure, questi vasi sono belli proprio per queste cicatrici d’oro, non trovi giovanotto?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Titolo: Kintsugi – le cicatrici d’oro.
Autore: Voglioungufo.
Fandom: Naruto.

Genere: Romantico, Introspettivo, Angst.

Verse: Canon, post serie.

Note: What if?

Avvertimenti: yaoi, yuri, un discreto age gap nella coppia principale (15 anni), paranoie su paranoie e il cliché del genjutsu che vi giuro non l’ho rubato a The Last, ho realizzato dopo di essere caduta così in basso da aver usato lo stesso espediente, shame on me.
Personaggi: Uzumaki Naruto, Uchiha Obito, Haruno Sakura, Hyuga Hinata, Uchiha Sasuke, Sai, Umino Iruka e accenno a tutto il resto della baracca.
Coppie: ObiNaru e SakuHina.

Note: Okay, credo di doverlo dire per chi non mi ha tra gli amici su Facebook: mi sono innamorata malissimo della coppia Obito x Naruto. Così male che dopo aver salvato ogni fan art possibile, essermi riletta la saga della Guerra Ninja e aver pianto tutte le mie lacrime, ho deciso di iniziare a scriverne. Divertente come io finisca sempre per infognarmi con le coppie meno cagate, ma non importa.

Spero ci sia davvero qualcuno disposto a salire su questa nave. Oltre la drabble, è il primo tentativo serio. Non ha chissà quale trama elaboratissima, semplicemente due idioti che devono imparare a relazionarsi con i propri sentimenti e nel mezzo vengono colpiti da cose ninja. Spero vi possa piacere e ci sia qualcuno disposto a lasciare un parere ^^

È quasi tutta scritta, quindi pubblicherò un capitolo a settimana c:

 

 

 

 

 

L’ultimo ricordo che ha è di Rin, la sua bellissima e preziosa Rin. Lo stava guadando con orgoglio – non sentiva di meritarlo, però – e lo teneva per mano. Dovevano andare da qualche parte insieme, senza Kakashi finalmente, solo loro due insieme.
Soli.
Ma lui ha lasciato quella mano, non ricorda perché. Aveva detto che c’era qualcosa che doveva ancora fare…
Non ricorda altro e quando apre gli occhi un soffitto bianco risponde al suo sguardo, lenzuola anonime, pregne di odore di medicinali gli coprono il corpo. Per un momento riesce a muovere solo gli occhi, studia l’asettica stanza biancastra dove si trova.
Un ospedale.
Sente un peso al lato, qualcosa che appesantisce il materasso e sfiora il suo corpo. fatica a girare la testa, ha dei tubicini infilati su per il naso e altri aghetti infilzati per tutto il corpo, sente il ronzare di alcuni macchinari, un fastidioso beep che va in sincrono con il suo cuore affaticato.
Vede una testa bionda, addormentata su un braccio piegato, ma il suo movimento deve svegliarlo. Alza il capo, sul volto ammaccato e pieno di bende gli occhi azzurri  brillano come finestre sul cielo.
“Obito!” esclama incredulo, felice. “Sei vivo!”
Lo guarda, incapace di muoversi.
Sì, sono ancora vivo.

 

 

 

Kintsugi

le cicatrici d’oro

 

 

Kintsugi: “riparare con l’oro”
(Giapponese)
L’arte di riparare la ceramica rotta saldando i vari frammenti con l’oro.
Nasce dall’idea che da una ferita possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione, sia esteriore che interiore.

 

 

 

 I

Come una falena, sono attratto dalla tua fiamma.

 

 

 
“Com’è possibile che ci siano ancora così tante pergamene? Avete tipo prosciugato una foresta per averle?”
Obito dardeggiò gli occhi verso l’appariscente compagno di lavoro, nonostante avesse ormai superato l’esame chunin nessuna minaccia dell’Hokage lo aveva convinto ad abbandonate le sgargianti tute arancioni.
“Non penso si possano prosciugare le foreste, non sono laghi” gli fece notare suo malgrado divertito.
Catalogare e recuperare le pergamene del suo clan era una lavoro ingrato ed era ancora incredulo che Kakashi gli avesse assegnato qualcosa del genere, soprattutto una volta scoperta l’ingente quantità di materiale. E doveva farlo da solo!
A onor del vero, al suo fianco avrebbe dovuto esserci anche l’altro Uchiha superstite, ma ormai Sasuke preferiva girare a zonzo per il mondo preoccupandosi solo di tanto in tanto per tornare a rassicurare Naruto e Sakura che, sì, era ancora vivo e no, non era ricaduto in nessuna brutta strada. Perciò Obito si era trovato da solo a dover cercare, controllare, tradurre e archiviare tutte le pergamene della famiglia Uchiha.
Dopo quello che era successo con Madara era meglio che tutti i segreti di quel Clan maledetto fossero messi alla luce, in modo di non inciampare più impreparati a future situazioni di crisi.  Ovviamente la maggior parte delle pergamene, soprattutto quelle con i jutsu più pericolosi e le informazioni più interessanti, erano cifrate non solo in modo che potessero essere lette soltanto da chi possedeva  lo sharingan, ma da chi aveva addirittura sviluppato il Mangekyu. Per loro fortuna, entrambi i due sopravvissuti lo possedevano – senza contare il formidabile rinnegan di Sasuke – ma era una consolazione inutile considerando che Obito era comunque solo a occuparsene.
Un rumore maldestro lo rianimò dalla propria commiserazione e spostò l’attenzione verso Naruto che, nel tentativo di non pestare un rotolo, era inciampato su un tavolino basso e di conseguenza aveva sbattuto contro la libreria con la fronte facendosi precipitare addosso tutti i libri rilegati.  
Seriamente: come poteva un impiastro del genere aver unito tutte le cinque nazioni ninja e vinto la guerra?
“Ah, dattebayo! Adesso sistemo, adesso sistemo!” assicurò guardando attorno il proprio disastro.
Obito sorrise con affetto. Naruto non aveva lo sharingan, non poteva fare nulla in quell’insulsa missione, ma quando poteva veniva comunque ad aiutarlo. Anche se in concreto la sua unica utilità era quella di trovare le pergamene più nascoste e ordinare quelle già tradotte dall’Uchiha – anche se nel mentre disordinava più di una mandria di bufali inferociti. Ma averlo lì, con le sue battute discutibili e l’entusiasmo infinito, gli rendeva quel lavoro ingrato meno insopportabile. Era più confortante avere al proprio fianco qualcuno che restarsene solo chiuso in quella casa per giorni, soprattutto se quel qualcuno era Naruto.
“Lascia stare” lo rassicurò. “Tempo due secondi e farai un altro disastro”.
Del resto era abituato a vivere nel disordine fin da piccolo, a differenza dei suoi numerosi parenti non era mai stato un maniaco dell’ordine. Forse perché, vivendo senza genitori, nessuno gli aveva mai insegnato che le cose andavano rimesse al proprio posto dopo essere state usate.
Naruto gli rivolse un sorriso confortato – doveva odiare riordinare quanto lui – e gli pose le pergamene che aveva trovato.
“Casa di un certo Ukiya” informò pomposo.
“Mh” commentò non ricordando chi fosse. Prima che venissero sterminati gli Uchiha erano così tanti che difficilmente poteva ricordarli tutti.
Prese i rotoli e le mise sul mucchio davanti alle altre, mucchio che nonostante il continuo lavoro non accennava a diminuire.
“Speriamo non siano anche questi inutili diari personali” biascicò risentito.
Aveva già mandato all’aria molte ore di lavoro scoprendo troppo tardi che certe pergamene erano diari di adolescenti paranoici, che avevano deciso di cifrare i propri insulsi segreti con lo sharingan. Una parte di lui era tentato di mandare comunque le traduzioni a Kakashi, chissà: magari all’Hokage sarebbe stato utile scoprire quante ragazzine Uchiha si erano prese una cotta per lui.
Davvero, aveva perso il conto di quante pergamene sprecate contenevano confessioni d’amore verso il suo migliore amico.
E a me nemmeno una, piagnucolò. Era ingiusto che Kakashi, un esterno, fosse popolare perfino nel suo stesso clan tra le bambine!
“Comunque,” riprese Naruto sedendosi al suo fianco, “Sasuke sta per tornare”.
Si bloccò e alzò i due occhi rossi su di lui, non sapendo come dover reagire a quella notizia. Naruto era, ovviamente, felice, ma non si aspettava altro visto che si trattava del suo tanto osannato migliore amico.
“Vi ha scritto?” chiese, giusto per non far naufragare l’allegria dell’altro nel silenzio.
“Nah, ma ho percepito il suo chakra. Non è lontano, domani sarà qui” confermò.
In cuor suo Obito sperò che in realtà si fosse avvicinato al Villaggio Nascosto solo per passarlo senza fermarsi, con un’altra direzione in mente.
“Non sei contento? Così potrà aiutarti anche lui e insieme finirete le traduzioni!” insistette Naruto con gli occhi che brillavano.
“…Mh, già” considerò e si sforzò di sorridere solo per non deluderlo. “Magari questa volta riesco a chiudere lui qui dentro mentre io vado a spasso per i fatti miei” aggiunse e si pentì che il suo tono suonasse più sarcastico di quanto avesse voluto.
Infatti Naruto lo guardò con rimprovero.
“Sasuke non va a spasso per i fatti suoi! Sta raccogliendo dati sui piccoli villaggi ninja a rischio di crisi politica. È comunque in missione” ci tenne a difenderlo.
“Lo so” borbottò soltanto.
Non aveva voglia di discutere su quanto Sasuke fosse incredibile ai suoi occhi e di come ora si stesse impegnando nel suo viaggio di espiazione, a essere onesti era già un miracolo che Naruto si fosse ricordato di nominarlo solo in quel momento.
Cercò, quindi, di cambiare velocemente argomento e puntò la sua attenzione sulla tecnica che aveva davanti iniziando a spiegarla. Naruto adorava conoscere nuove tecniche, perciò sapeva che con quella lo avrebbe distratto abbastanza a lungo da far cadere l’argomento.
Come previsto funzionò, ne fu così entusiasta che pretese di andare in giardino per provarla insieme. Lo accontentò di un buon grado, era piantato davanti al tavolo da ore, una pausa all’aria aperta gli avrebbe fatto bene. Senza contare che avrebbe fatto qualsiasi cosa per rendere Naruto felice e non far crollare quel suo luminoso sorriso.
 
La pausa durò solo qualche ora, finché Naruto non rischiò di incendiare una delle vecchie case tentando di usare in combo l’arte del vento e del fuoco come descritto nel rotolo. Era meglio che quelle tecniche andassero provate in un sicuro campo di allenamento e non nel giardino di casa.
Il diversivo aveva però funzionato e non solo entrambi si erano sentiti più rilassati nello sgranchirsi i muscoli, ma Naruto non aveva più parlato di Sasuke e del suo imminente arrivo. Ripresero a lavorare più tranquilli e spensierati, in una sintonia invidiabile nonostante la poca possibilità di Naruto di rendersi utile.
Finirono che fuori il sole era tramontato da molte ore – i lati negativi dell’inverno ormai prossimo – e Obito provò a convincere Naruto a restare con lui per cena. Purtroppo il ragazzo aveva già promesso a Shikamaru e Choji di fare una grigliate insieme, doveva quindi andare per darsi una cambiata e rendersi presentabile. Non insistette quindi, ma volle comunque accompagnarlo fino all’uscita del quartiere Uchiha, ogni secondo al suo fianco era troppo prezioso per non spingere ad averne un po’ di più.
Fu alla grande porta di quercia che divideva la zona Uchiha dal resto di Konoha che Naruto smise di gesticolare e parlare, si bloccò verso l’uscita con gli occhi incredulo. Dopo quella sua reazione, anche Obito individuò la sua presenza – nonostante il livello del chakra reso bassissimo – e di conseguenza non si stupì di vedere il compagno scattare verso il fondo della strada.
“Teme!”
Obito sperò che il suo cattivo umore non fosse troppo evidente mentre si avvicinava al nuovo venuto. Uchiha Sasuke, ovviamente, il suo ultimo parente rimasto in vita.
Naruto lo aveva placcato in uno di quei suoi tipici abbracci soffocanti da cui il compagno di team stava inutilmente tentando di liberarsi.
“Dannato dobe, non urlare” protestò Sasuke in saluto.
“Credevo arrivassi domani!” esultò Naruto. “Perché non ci hai avvertiti? Sakura lo sa?”
“Sì, l’ho incontrata appena arrivato. Era di turno alla porta”.
“Oh, Sakura sì e io no!” sospirò allusivo Naruto. “Guarda che lo dico a Hinata, sarebbe divertente vedere uno scontro tra sharingan e byakugan”.
Sasuke inarcò un sopracciglio, ignorando deliberatamente l’avvicinarsi di Obito.
“Cosa c’entra la Hyuga?”
“Ma come, non te l’ha scritto?” domandò sorpreso e davanti alla curiosità dell’altro allargò il sorriso malizioso. “Sakura e Hinata adesso stanno insieme!”
“…Oh” commentò con evidente sorpresa sul volto. “Hinata non era innamorata di te?”
“Ma no!” scoppiò a ridere Naruto. “Come può venirti in mente una cosa del genere? Che stupidaggine!”
Sasuke lo guardò come se fosse stupido e, in cuor suo, Obito si trovò a condividere la stessa esasperazione.
“Fa finta che non io abbia detto niente” sospirò arreso. “Quindi Sakura sta con l’erede degli Hyuga?”
Naruto colse immediatamente la smorfia di disapprovazione sul volto pallido e non perse l’occasione per punzecchiarlo.
“Sei geloso, teme?”
“Non ho mai provato un interesse di questo tipo per Sakura” dichiarò impassibile.
Per Naruto sì però, macinò infastidito Obito, gli occhi chiusi a fessura mentre notava che il caro parente non aveva fatto nessuna reale resistenza per liberarsi dalla presa di Naruto e, anzi, continuava a lasciarsi tenere stretto.
Decise quindi di intervenire, giusto magari per far presenta all’altro Uchiha anche la sua presenza.
“Ti ha chiamato Kakashi per quella questione?” domandò sperando di non far trapelare nel proprio tono quanto volesse attivare il kamui per spedirlo il più lontano possibile da Naruto.
Finalmente Sasuke si degnò di spostare la sua regale attenzione su Obito, giusto per guardarlo come se fosse un dettaglio insignificante.
“Sì” rispose solo, parco di parole.
Naruto corrucciò lo sguardo, un po’ in allerta per il tono teso di entrambi gli Uchiha, e finalmente smise di stringere le braccia attorno al busto di Sasuke per fare un passo indietro e guardarli curioso.
“Che questione?”
“Faccende di clan” replicò lapidario Sasuke, al contempo lanciò uno sguardo di ammonimento a Obito. Era evidente che non avesse voglia di parlarne davanti a Naruto e, nonostante fosse dello stesso parare, dovette frenarsi dall’istinto di contraddirlo e spifferare tutto all’altro ninja.
“Niente di importante” minimizzò lo stesso per non farlo preoccupare, facendo inarcare un sopracciglio a Sasuke.
Non gli piaceva il modo supponente con cui lo stava guardando. A essere onesti, Sasuke non gli piaceva per niente e non riusciva a credere che una persona eccezionale come Naruto fosse così tanto legata a un tale bastardo. Il suo atteggiamento era perfino peggiore di quello che aveva Kakashi da bambino, quando era tutto un rispettare le regole, prima che lui e Rin smussassero in parte la sua arroganza. L’atteggiamento di superiorità e la freddezza che caratterizzava ogni suo sguardo era la stessa, senza contare il modo sprezzante con cui lo trattava, come se fosse una scartina a malapena degna della sua presenza, e senza aggiungere la diffidenza del più piccolo nei suoi confronti, anche ora era palese dal modo in cui faceva dardeggiare gli occhi tra lui e Naruto.
Sì, è stato tutto il giorno a casa mia e ci siamo pure allenati insieme!, avrebbe voluto rinfacciargli, ma si morse la lingua per non cedere a quel suo lato infantile.
“Uhm…” ronzò Naruto fissandoli sospettosi, socchiuse gli occhi e incrociò le braccia al petto. “Va bene, ma se avete bisogno di aiuto per far ragionare Kakashi ci penso io” assicurò annuendo con convinzione.
“Non serve che tu ti immischia, dobe” lo seccò Sasuke, distruggendo in un istante tutta la sua motivazione. Invece Obito ora si sentiva molo più motivato a tirargli un pugno su quel suo viso di ghiaccio.
L’espressione ferita rimase però solo un secondo sul volto abbronzato di Naruto, subito la sostituì con un sorriso gioioso.
“Certo, ne parleremo quando verrai a supplicare il mio aiuto” lo sfidò e gli diede un pugnetto scherzoso sull’unico braccio.
Non se l’è ancora impiantato, considerò Obito e nel mentre gli tornò in mente lo shock che lo aveva scosso quando si era accorto, una volta sveglio alla fine della guerra, che Naruto aveva perso un braccio. Fortunatamente, grazie alle cellule di Hashirama erano riusciti a creare una protesi. Sapere che anche Naruto aveva una parte del corpo artificiale, proprio come lui, lo faceva sentire ancora più vicino al ragazzo.
Sapeva anche che era pronto un braccio per Sasuke, ma lui non aveva mai dato l’autorizzazione di procedere con l’operazione nonostante le insistenze dei suoi compagni di team.
“Eh, senti, Sasuke!” riprese a parlare Naruto senza abbandonate il tono entusiasta. “Vado con Shikamaru e Choji al negozio di carne. Vuoi venire? Paga Shikamaru” assicurò con il sorriso che diventava sempre più largo.
Obito lo guardò ferito, a lui non l’aveva chiesto…
“No” rispose impassibile Sasuke, senza aggiungere altro.
Ancora una volta lo odiò profondamente per avere permesso l’espressione delusa negli occhi azzurri.
“Sì, effettivamente sarai stanco dal viaggio…” lo giustificò comunque e Obito sentì la frustrazione salirgli alla gola per quel sorriso un po’ meno luminoso.
Naruto alzò una mano per salutare entrambi, si voltò in particolare verso di lui – che per tutto il tempo aveva ignorato, troppo interessato all’altro Uchiha.
“Allora ci vediamo domani, così finiamo” promise.
“A domani” assicurò ricambiando il sorriso, anche se dubitava fortemente che sarebbero riusciti a finire, ci voleva come minimo un’altra settimana.
Naruto se ne andò, senza prima aver colpito con un altro pugno scherzoso il teme, poi iniziò a correre per la strada buia di Konoha, preoccupato di fare tardi. Obito lo fissò finché non girò un angolo e sparì dalla sua visuale.
Si accorse solo in quel momento del modo in cui lo guardava Sasuke, un modo che non gli piaceva, come se lo stesse deridendo. Infilò le mani dentro le tasche e cercò di ricambiare quello sguardo con la stessa ostilità.
No, Sasuke Uchiha non gli piaceva per niente.
Alla fine quello, senza salutarlo o accennare qualsiasi altra cosa, riprese a camminare verso la propria casa, una mossa fastidiosa considerando che abitavano vicini.
Per un periodo Naruto aveva insistito perché i due Uchiha vivessero insieme, nella stessa casa. Siete parenti, almeno vi fate compagnia, ‘tebayo.
Fortunatamente era riuscito opporsi, in nessuno modo sarebbe riuscito a sopravvivere con un tale bastardo sotto lo stesso tetto. Perfino Madara era stato più simpatico di lui.
I suoi occhi si colorarono di rosso e la figura del Kamui si dipinse nell’iride, mentre il familiare risucchio lo trascinava nella sua dimensione. Non aveva nessuna intenzione di fare la strada insieme a quel bastardo.
 
Per Obito, ammettere di essere innamorato di Naruto era stato abbastanza semplice; abbandonare il ricordo di Rin si era rivelato invece più complicato. Per così tanto tempo erano stati i suoi sentimenti per Rin a tenerlo vivo, a permettergli di andare avanti e di scegliere, anche per fare le cose sbagliate. Non aveva mai amato nessun’altro che lei, era sempre stata l’unica occupante fissa del suo cuore (anche se sia Kakashi che Minato avevano preteso uno spazietto quando erano diventati una squadra). Dopo la sua morte, era stato il ricordo di Rin la linfa vitale che lo aveva nutrito, aveva continuato a essere la luce che doveva raggiungere nell’illusione di liberare il mondo dal dolore. Rin era stata la sua forza e abbandonare quei sentimenti così radicati in lui era stato impossibile in un primo momento. Ma accettare la sua morte, al fatto che non ci sarebbe stato nessun mondo onirico dove incontrarla di nuovo, lo aveva portato – passo dopo passo – allo smettere di amarla. Cioè, l’amava ancora, ma appunto come si ama una persona morta, che non potrà mai più sorridere e ricambiare il tuo amore. Un amore che si era cristallizzato nel ricordo di un amore passato.
Era stato devastante.
Aveva quasi avuto il gusto di un tradimento, di un madornale errore. Lui era Uchiha Obito, lui doveva amare Rin, lui apparteneva a Rin e soltanto a Rin. Era stata lei a permettergli di mantenere la propria coscienza intatta quando era diventato il Jinchuurike del Juubi, con che diritto poteva ora voltarle le spalle e lasciarla andare? Era qualcosa che non credeva di poter fare, eppure giorno dopo giorno aveva sentito quei sentimenti liberarsi di lui, scivolare come l’acqua nei palmi delle mani.
Forse il suo cuore gli stava dicendo di andare avanti, di non aggrapparsi più al ricordo di una luce, ma di aprire gli occhi in cerca di una vera luce che illuminasse quell’inferno.
Non ci aveva messo molto a capire che quella luce era Uzumaki Naruto. Anzi, lo aveva capito subito, fin da quando nel loro scontro le loro anime erano entrate in contatto e lui si era arreso, lasciando che estraesse i Biju da lui. Quando aveva lasciato che quegli occhi blu, fermi e decisi – animati dalla stessa luce coraggiosa e fiduciosa che brillava in quelli di Rin quando lo guardava – gli ricordassero chi era, che quella mano calda – rassicurante come quella di Rin – lo afferrasse e trascinasse verso di lui.
Naruto era la luce.
Per questo motivo aveva deciso di morire per lui durante la guerra, di prendersi quell’attacco di Kaguya al suo posto e salvare al contempo Kakashi. Aveva anelato alla morte come espiazione per tutto quello che aveva causato, come unica punizione giusta per i suoi errori. Come una falena, aveva pensato che l’attrazione per quella luce lo uccidesse e lo aveva accettato pur di stare a contatto per qualche secondo con quella fiamma.
Ma Naruto lo aveva salvato, ancora una volta, una terza volta, e si era risvegliato vivo a Konoha, qualche settimana dopo la fine della Guerra.
Naruto aveva voluto che restasse in vita e, per questo, aveva deciso che la sua vita gli apparteneva interamente. Se non era morendo che poteva ottenere il perdono, lo avrebbe fatto dedicandosi unicamente a lui e a quel sogno che aveva tradito. Non sapeva quando quella convinzione fosse stata contaminata dai nuovi sentimenti, ma non gli importava.
Sapeva che quello che aveva con Naruto era anche troppo, che il fatto che non lo odiasse e anzi fosse suo amico era un miracolo prezioso. Dopo tutto il dolore che gli aveva causato non si sentiva degno nemmeno di camminare al suo fianco. Era destino che in un modo o nell’altro il suo amore non potesse mai venire ricambiato.
Ma andava bene, sul serio: riusciva a vedere Naruto quasi tutti i giorni e anche se non poteva seguirlo nelle missioni fuori Konoha (i Kage avevano infatti preteso almeno un lungo periodo di domiciliari in cui gli era vietato uscire dalle mura del Villaggio, periodo che stava ancora scontando) sapeva che sarebbe sempre tornato a trovarlo.
Però – c’era il però ovviamente – nonostante avesse accettato di buon grado il suo ruolo di sfondo nella sua vita e non pretendesse nulla di più di quanto già aveva, non poteva evitare la gelosia. Non tanto delle nuove ragazze che in quanto Eroe avevano iniziato a idolatrarlo, ma dei suoi legami stretti e, da quando Sakura e Hinata si erano sorprendentemente innamorate l’una dell’altra, era rimasto in particolare un legame a torcergli le viscere.
Uchiha Sasuke.
La sua gelosia lo faceva sentire in colpa, un altro carico in aggiunta di quello già gravoso che portava sulle spalle. Che fosse stato con Sasuke o meno, Naruto aveva il diritto di avere una persona speciale da amare e che si prendesse cura di lui.  Di certo quella persona non poteva essere l’assassino dei suoi genitori, l’uomo che aveva scatenato una guerra a sue danni e aveva tentato di ucciderlo più volte. Non aveva nessun diritto di imporsi.
Ma non riusciva a evitarlo, ogni volta che Naruto parlava di lui e gli brillavano gli occhi sentiva un pugno al centro dello stomaco. Voleva essere lui il motivo di quello sguardo e quel sorriso ma, ancora, come poteva pretenderlo?
Forse, se si fosse stato trattato di un altro invece dell’Uchiha sarebbe andata meglio, qualcun altro che non fosse stato un tale algido bastardo, che continuava a lasciarlo solo e lo aveva ferito in ogni modo possibile.
Anche tu, ricordò la vocina maligna nella sua testa che assomigliava un po’ troppo a quella dello Zetsu Nero per i suoi gusti. Era comunque una consapevolezza reale e perciò fece una smorfia. Non aveva nessun diritto di giudicare Sasuke quando era stato ben peggiore di lui in passato.
Guardò la stanza in cui si era trasportato grazie al Kamui, era la stessa dove fino a qualche minuto prima aveva lavorato con Naruto. Gli sembrava che tra le pareti riecheggiasse ancora la sua risata, ma non c’era più e si sentì solo.
Ci vediamo domani.
Quel pensiero lo rasserenò almeno in parte.

 

   
 
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