Film > Altro - Horror
Segui la storia  |       
Autore: itachiforever    13/12/2019    5 recensioni
[Venerdì 13]
Una ragazza, i suoi genitori, il suo cane e una nuova casa.
Un lago, una foresta e un campeggio sventurato.
Giovani ragazzi, una piccola vacanza e uno spietato serial killer immortale.
Differenze, similarità e qualche salvataggio.
Crystal Lake troverà la pace?
Genere: Horror, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 13 – Venerdì 13

 

 

 

Jasmine imbustò il biglietto dopo averlo riletto un paio di volte, assicurandosi che andasse bene, e poi lo ripose sotto al letto insieme agli altri due regali per Jason.
Se non festeggiassi il mio compleanno per tanto tempo e poi un anno, all’improvviso, uno sconosciuto mi facesse un regalo random, senza motivo, io sarei contenta.” Disse a Finn, che le faceva compagnia seduto nella sua cuccia. “Sarebbe un gesto carino.”
Ovviamente era ancora convintissima di voler procedere, ma non per questo era meno preoccupata. Aveva ancora circa tre ore prima dell’arrivo della mezzanotte, quindi per passare il tempo tornò nell’ufficio di suo padre a giocare al PC con i sui amici.

Erano quasi le undici quando Jason uscì da casa sua. Attraversò a passo svelto il vecchio Camp Blood, inoltrandosi poi nel fitto della foresta. Per una persona comune la fioca luce dello spicchio di luna che risplendeva nel cielo quella notte non sarebbe bastato a procedere in una zona incolta come quella, non con altrettanta sicurezza.
Jason però non aveva bisogno di molta luce per vedere bene, quel tenue bagliore gli bastava a riconoscere il percorso, non segnato ma che conosceva a memoria, senza inciampare o scontrarsi con la vegetazione.
Dopo poco tempo arrivò di nuovo davanti all’albergo, restando ad osservare la zona dal limitare del bosco. Sembrava non esserci nessuno nei paraggi, o almeno non all’esterno. Jason avrebbe lasciato stare il personale e gli altri eventuali clienti. Del resto loro non avevano fatto nulla di male, ma se si fossero messi sulla sua strada non si sarebbe risparmiato.
Attese che dalla strada non passassero macchine, perché non voleva essere visto, ma non certo per paura di essere investito, poi attraversò e si sbrigò a raggiungere il retro dell’hotel.
Essendo un giorno feriale non c'erano molte persone in giro: l'estate era appena iniziata e le uniche persone che si sarebbero potute trovare fuori a quell'ora erano i giovani. Ma essendo anche la vigilia del 13 Giugno, che finalmente coincideva di nuovo con un venerdì, solo i giovani turisti e qualche adulto che non aveva ancora intenzione di credere alle dicerie erano fuori a far baldoria.
Tutti gli altri avevano imparato che era meglio starsene tranquilli nelle proprie case in quel periodo, quantomeno nelle ore di buio.
Jason avrebbe dovuto essere silenzioso, in modo da non svegliare e allarmare i dormienti, e non solo loro, con eventuali urla: non aveva intenzione di farsi sfuggire nessuno di quelli che erano stati al cimitero.
Senza aspettare oltre, il killer entrò nell'edificio dalla porta di servizio. Forzarla non gli costò una gran fatica. Se ricordava bene non era mai stato in quell'albergo. Ad essere sincero non era mai stato dentro un qualsiasi albergo, forse solo una volta, ma era ancora troppo piccolo perché lo ricordasse chiaramente. Si ritrovò nella cucina, luogo ideale per cercare qualche oggetto contundente. Diede una breve occhiata in giro e alla fine scelse di portare con sé un grosso coltello da cucina. Quelli che aveva portato da casa sua erano per lo più da caccia e, date le dimensioni delle sue mani, li considerava troppo piccoli, comodi solo se doveva lanciarli. Uscì dalla cucina ed entrò nella sala ristorante e da lì arrivò al corridoio, illuminato da lampade dalla tenue luce gialla, che conduceva alla hall. Le porte che vi si affacciavano non erano numerate, ma accanto ad ognuna di esse c'era un cartello con la scritta “accesso riservato al personale”, segno che nessuna di quelle stanze era per i clienti. Di conseguenza, a lui non interessavano e le superò senza degnarle di un'ulteriore sguardo.
La reception era vuota, come apparentemente tutto il resto della struttura: probabilmente i turni di lavoro erano già finiti. Jason andò direttamente a controllare la sfilza di chiavi appese dietro al bancone. Quasi tutte erano ai loro posti e solo quattro mancavano all’appello, quindi gli sarebbe bastato controllare quelle stanze e poi aspettare il ritorno delle persone mancanti – i più giovani sicuramente, Jason ne era assolutamente convinto.
Non poteva mettersi a girare in città indisturbato alla loro ricerca, anche se fuori c’erano poche persone gli avrebbero potuto causare comunque dei problemi, e lui aveva una certa fretta.
Una volta memorizzati i numeri delle stanze che gli interessavano si voltò in direzione delle scale che conducevano al piano superiore. Estrasse il machete dal fodero al suo fianco e salì.

I coniugi Park erano nel mondo dei sogni già da un pezzo. Il signor Park era un grande appassionato di horror, sin da ragazzino. Alla prima buona occasione aveva trascinato con sé la moglie nella cittadina di Crystal Lake, coronando uno dei suoi sogni nel cassetto, con la promessa di portarla a fare una bella vacanza ovunque avesse voluto lei… dopo un’accurata visita al luogo di nascita di Jason Voorhees, s’intende. La signora Park alla fine aveva accettato e quindi eccoli lì, nella camera buia numero 104 di un albergo tutto sommato carino, in una cittadina anch’essa, all’apparenza, graziosa.
Quando Jason, con l’ausilio di una sola mano, forzò la porta e l’aprì, loro non sentirono nulla. Il signor Park russava sonoramente e la moglie si era ormai da anni abituata a dormire con quell’incessante rumore accanto, talmente potente da coprire anche il suono di metallo che si piega e di legno che va in pezzi. I due vennero trovati con gli occhi sbarrati dal terrore sul loro letto, in un lago di sangue.

Prima ancora di aprire la porta Jason sentì la rabbia crescere: quel maledetto suono lo infastidiva non poco e quindi non perse tempo ad eliminare i primi due trasgressori. Inizialmente aveva fantasticato di uccidere solo uno dei due e di aspettare che l’altro si svegliasse, solo per vedere cosa avrebbe fatto. O provato a fare. Ma quei due sembravano avere il sonno pesante, quindi si limitò a tagliare la gola al marito col machete, con un taglio profondo e veloce, per poi piantarlo nel petto della moglie, colpendo il cuore con precisione chirurgica senza neanche sfiorare le costole. Il primo riuscì ad emettere solo qualche gorgoglio prima di morire, la seconda un singolo verso di sorpresa e paura. Quell’odioso rumore era finalmente cessato e Jason tirò un sospiro di sollievo, uscì dalla stanza chiudendosela alle spalle e andò alla successiva.

Gli Abrams erano finiti in città per caso; stavano facendo un viaggio on the road e avevano deciso solo per comodità, ed in seguito per un pizzico di curiosità, di fermarsi un po’ a Crystal Lake. Sarebbero dovuti ripartire il giorno seguente, nel pomeriggio. La loro camera era la 113 – numero premonitore a quanto pare. La TV era accesa su un film d’azione che la signora Abrams stava distrattamente guardando distesa sul letto, prestando però più attenzione al suo cellulare, mentre il marito era in bagno a fare una doccia. Di nuovo, quando si accorsero della presenza di Jason era già troppo tardi.

Arrivato davanti la porta della seconda stanza il killer rimase un attimo fermo. Sentiva dei rumori, chi era all’interno era sveglio e quindi avrebbe dovuto sbrigarsi per non creare scomodi allarmismi. Girò la maniglia sperando che il rumore sarebbe stato coperto dagli altri e si sorprese quando la serratura non cedette alla sua forza, essendo già aperta. Forse avevano dimenticato di chiudere a chiave, o magari non lo ritennero necessario. Che idioti, pensò. Lentamente aprì la porta e silenzioso come un’ombra, nonostante la sua mole, entrò, richiudendo la porta con altrettanta attenzione. Da dove si trovava riusciva a vedere gran parte della camera, comprese le gambe della signora che stava distesa sul letto. Grazie alla presenza di un muro, al cui interno si trovava il bagno, lei non poteva vederlo e lui non poteva vederla in faccia. Per evitare di sbagliare inutilmente, Jason corse il rischio di essere visto, sporgendosi solo un pochino. Non appena riuscì a scorgere il viso della donna, e la riconobbe, il rumore dell’acqua si fermò: capì che doveva fare in fretta.
Silenziosamente aprì un po’ la porta del bagno, spiando all’interno. Un signore avvolto da un accappatoio gli dava le spalle e il grande specchio sul lavandino era pesantemente appannato dal vapore. Scivolò all’interno della stanzetta e prima che l’uomo, che sentendo una corrente d’aria fredda si era girato, potesse emettere un solo suono, Jason l’afferrò per la faccia, coprendogli la bocca e impedendogli di urlare, spingendolo contro un muro e facendogli sbattere la testa contro le piastrelle. Il colpo fu abbastanza forte da intontirlo, ma allertò la moglie.
“Matt? Tutto bene?” Si sentì una voce provenire dalla stanza principale.
Jason si girò verso la porta, poi subito riportò la sua attenzione all’uomo che stringeva nella sua morsa. Gli lasciò la faccia e lo prese per i capelli, spingendolo verso il gabinetto. La faccia dell’uomo, che se non fosse stato per Jason non si sarebbe neanche retto in piedi a causa del colpo, si ritrovò sommersa nell’acqua della tazza. Con la poca forza e coscienza che ancora aveva si dimenò, cerando di liberarsi, ma non servì a molto, visto che svenne in pochissimo tempo per la botta e in seguitò soffocò a causa dell’acqua. Lo aveva spinto talmente in fondo che la testa si era incastrata tra le pareti di ceramica che diventavano via via più strette. Jason lo lasciò subito per occuparsi della moglie, che si stava alzando dal letto, lo sentiva.
I due si incontrarono, e quasi scontrarono, a metà strada. La donna ebbe appena il tempo di emettere un gridolino di sorpresa, prima che Jason la prendesse per il collo e le scaraventasse la fronte contro lo spigolo del muro, abbastanza forte da spaccarle la testa e farle perdere subito conoscenza. E mentre il corpo si accasciava al suolo lui si stava già chiudendo alle spalle la porta della camera.

Debby, Sammy, George e Owen erano un quartetto di amici alquanto affiatati in cerca d’avventura. Crystal Lake non era molto lontana dalla loro città, ma a causa di tutto quello che vi era successo non avevano mai permesso ai quattro ragazzi di andavi. Infatti, per poter passare qualche giorno di vacanza lì, avevano mentito ai loro genitori, dicendo che sarebbero andati da tutt’altra parte a festeggiare l’inizio delle vacanze. Avevano preso una camera, la 202, nell’hotel cittadino in gran segreto. Avevano deciso di andare a letto presto, perché il giorno dopo volevano a tutti i costi esplorare i boschi, andare al lago, e arrivare fino al vecchio Campo di Sangue. Trovare quella guida, per quanto abusiva, lo avevano considerato un colpo di fortuna. Non volevano infrangere la legge, ma in questo modo avrebbero potuto far cadere la responsabilità sull’uomo che, senza scrupoli, voleva farsi qualche soldo in più.

Jason aprì la porta della terza stanza, avvolta nel buio e nel silenzio. Si addentrò col machete in mano, pronto a colpire, verso i letti. La finestra aperta lasciava passare la luce proveniente dai lampioni all’esterno e notò che non riconosceva nessuna delle facce beatamente assopite. La stanza numero 200 non gli interessava, quindi la lasciò senza fare del male ai suoi occupanti. Un po’ gli dispiaceva però. Erano comunque dei ragazzi e i ragazzi portavano guai. Ma non essendo ragazzi, per la precisione due ragazze e un ragazzo, che lo avevano disturbato li lasciò dormire in pace. L’ultima stanza da controllare era la 202.
Guardò l’orologio appeso alla parete del corridoio del secondo piano, vicino all’ascensore, e si accorse che era quasi mezza notte. Un brivido di eccitazione lo percorse.
Gli costava un po’ ammetterlo, ma era contento. Non vedeva l’ora di scoprire il motivo di quell’invito da parte della ragazza dai lunghi capelli neri. Sua madre però lo richiamò all’ordine, ricordandogli che non aveva ancora finito il lavoro. Con uno sbuffo, il killer tornò all’opera e il minuto successivo era già nella camera delle sue vittime.
Talmente era preso dalla voglia di andare a controllare sotto l’oleandro bianco che non si curò più del suo piccolo metodo “aspetta che si sveglino e colpiscili prima che possano urlare”. Rinfoderò il machete e tirò fuori dalla tasca il coltello che aveva preso nelle cucine.
I ragazzi si erano divisi a coppie nei due letti della stanza, probabilmente erano due coppie di fidanzati. Tanto meglio per loro, si ritrovò a pensare l’omaccione con un pizzico di ironia che ogni tanto gli si presentava, se volevano stare insieme, lui li avrebbe fatti stare insieme per sempre.
In successione tagliò le gole ai quattro ragazzi, assicurandosi di fare dei tagli ben profondi, veloci, e di recidere le corde vocali dei primi tre, in modo da non svegliare l’ultima, una ragazza che per un attimo gli ricordò Jasmine, anche se solo per i capelli. Forse proprio per quella leggerissima somiglianza, Jason la tenne per ultima, ma il trattamento che ricevette fu identico a quello dei suoi amici. A turno tutti si svegliarono, aprirono gli occhi e le bocche, nel tentativo di urlare, senza però riuscire a fare nulla.
Il killer non era molto soddisfatto però. Gli piaceva essere creativo con i suoi metodi di uccisione, visto che era l’unica cosa, a parte resuscitare, che gli riusciva davvero bene. E invece in un’ora aveva sgozzato nella stessa identica maniera non una, non due, ma ben cinque persone.
Fortunatamente aveva ancora altri otto ragazzi e un uomo da eliminare. E forse si sarebbe aggiunto anche qualcun altro.
Jason lasciò cadere il coltello da cucina sul pavimento, non curandosene più ora che lo aveva usato, e si avviò verso casa della ragazza. Non sarebbe arrivato esattamente a mezzanotte, solo un pochino più tardi, ma la cosa sicuramente non sarebbe stata un problema.
Sparì nella foresta che la mezzanotte era appena scoccata, e Venerdì 13 era ufficialmente iniziato.

Jasmine si era concentrata parecchio sul gioco,, visto che non era più in voice chat, e alla fine coi suoi amici aveva vinto tutte le partite. Era talmente tanto assorta che non si era resa conto di che ora si fosse fatta. Stewart però non tardò a farglielo notare.

NightmareKing: Ehy Jas non dovresti andare adesso?

LadyChainsaw: In effetti è un po’ tardi, dovresti sbrigarti

Jasonette: Oddio ma sono già le undici meno un quarto?!

LadyChainsaw: I tuoi dormono già?

Jasonette: Sono andati a letto poco fa, non credo stiano già dormendo...hanno pure barricato le porte prima di andare, perché “non si sa mai”

Boogiegirl: Beh male non han fatto di certo

Jasonette: No, ma addio possibilità di uscire e rientrare senza dover passare dalla finestra

NightmareKing: E non hai le chiavi per aprire?

Jasonette: Sì, ma i miei non dormono ancora e le serrature non sono proprio silenziose…

NightmareKing: Allora ti conviene sbrigarti, non vorrai certo fare tardi al vostro primo appuntamento <3 XD

Boogiegirl: Che idiota XD

LadyChainsaw: Aaaww, che carini x3

Jasonette: Ah ah ah molto divertente

Jasonette: Vado, ci risentiamo tra poco su whatsapp

LadyChainsaw: Ok, a dopo

NightmareKing: Cya

Boogiegirl: Fai attenzione

Jasmine però non fece in tempo a leggere quegli ultimi messaggi, aveva già abbassato lo schermo del suo laptop per portarlo nella sua stanza. Pian piano passò davanti alla camera dei suoi genitori, giusto per assicurarsi se fossero ancora svegli o meno. Le luci erano spente e dentro era tutto buio, ma la voce di Anna arrivò presto alla figlia.
“Hai finito con quelle robe violente che voi giovani d’oggi chiamate intrattenimento?” Chiese con un tono ironico e fintamente scocciato.
“Per ora. Vado a dormire adesso. Buonanotte.” Rispose la ragazza, avviandosi nella sua stanza.
“Buonanotte” Risposero in coro entrambi i genitori.
“Ti vogliamo bene” Aggiunse subito dopo Anna.
E Jasmine si bloccò, immobilizzata davanti la soglia della sua camera. Un improvviso senso di colpa l’aveva presa in pieno petto.
“Vi voglio bene anche io” Pronunciare quelle parole le procurò una stretta al cuore. La sua coscienza si era finalmente risvegliata. Alla buon’ora!
Ma ormai era troppo tardi per tirarsi indietro.
Posò il PC sulla scrivania e andò ad accarezzare Finn sulla testa come faceva sempre per darsi coraggio. Il cane stava riposando tranquillo sul letto della ragazza, seguendone però attentamente i movimenti. Jasmine recuperò i doni e li mise sul davanzale della finestra, aprendola con un sospiro. Fece poggiare delicatamente, e soprattutto silenziosamente, ascia e busta con contenitore e biglietto sulla tettoia, poi scavalcò. Poi fece lo stesso per far arrivare tutto sul terreno, ringraziando anche l’aiuto di un cespuglio all’angolo della casa che attutì la caduta degli oggetti.
La giovane saltò giù, si guardò intorno senza però riuscire a scorgere nessuno, sistemò tutto per bene sotto l’oleandro e si riarrampicò, fino a tornarsene in stanza. Spense la luce, si mise a letto, senza curarsi di levare le coperte, e aggiornò gli amici, il tutto con quel persistente peso sul cuore.
Non rimaneva che aspettare, e così fece. Non se la sentiva di attendere alla finestra però, un po’ per l’ansia di star facendo un grosso sbaglio e un po’ perché parte di lei si sentiva leggermente in colpa per essere scappata da lui l’ultima volta.
Aspettò fino all’una, andando di tanto in tanto a controllare, ma senza riuscire mai a vederlo, quindi alla fine crollò addormentata senza sapere se Jason sarebbe arrivato o meno.

Ciò che la ragazza non sapeva era che Jason era già stato lì, ma non in uno dei momenti in cui lei era alla finestra. In ogni caso l’energumeno non si era trattenuto molto visto che aveva ancora da fare.
Era arrivato dieci minuti dopo lo scoccare della mezzanotte e, supponendo che in casa dormivano tutti visto che non c’era neanche una luce accesa, si diresse direttamente alla pianta designata.
Si abbassò e scostò i rami più bassi, scovando subito la busta di plastica e rimanendone un po’ stranito. Nella sua mente infantile si era creata l’idea di un classico pacco regalo, con la carta da scartare e il fiocco da sciogliere. Quando però aprì la busta e dentro vi trovò un contenitore trasparente pieno di muffin quell’iniziale idea – e quel pizzico di delusione che iniziava a formarsi – venne spazzata via. Erano anni e anni che non mangiava dei muffin. C’era anche un biglietto, ma quello lo avrebbe letto dopo, e lo lasciò nella busta insieme ai dolcetti.
Si abbassò di nuovo, avrebbe giurato di aver visto qualcos’altro sotto l’arbusto.
Quando tirò fuori la custodia infiocchettata, dalla forma capì subito di cosa si trattava e aprendola confermò il suo pensiero.
Sorrise sotto la vecchia maschera da hockey.
Sarebbe stato un compleanno molto interessante.

 

 

 

 

 

Angolo Autrice:

JOY TO THE WORLD! A NEW CHAPTER IS BORN!

Non ci posso credere, finalmente sono riuscita ad aggiornare questa storia nel giorno perfetto. Non è giugno, ma dettagli, ci accontentiamo lo stesso, no?

Chiedo perdono per l’attesa interminabile ma è stata un’annata pesante e scrivere era l’ultimo dei miei pensieri, purtroppo.

Non so quando verrà pubblicato il prossimo capitolo visto che voglio aggiornare anche la versione inglese di questa storia, spero comunque di non lasciare passare i secoli.

Secondo voi è il caso di cambiare rating? Se si parla di gore sono un po’ desensibilizzata ormai, specialmente se si parla di gore scritto e non visivo, quindi non so se è il caso di avere questa storia con il rating rosso o con quello arancione. Personalmente non credo di essere così brava da aver messo descrizioni da bollino rosso, ma chissà, datemi voi qualche consiglio :P

E se doveste trovare errori anche in quel caso non esitate a farmeli notare ^^

Visto che qui non le avevo ancora messe lascio due cosine che avevo creato un po’ di tempo fa per questa storia, e che con questo nuovo host che uso spuntano enormi...

Fatemi sapere cosa ne pensate di questo nuovo capitolo!

A presto e buon Venerdì 13!

 

 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Altro - Horror / Vai alla pagina dell'autore: itachiforever