Prompt: raccontare
una storia attorno al fuoco
Obbligo: A e B non si conoscono
Oggetto: maglione buffo
Stato d'animo: sensazione di aver
scoperto qualcosa di inatteso
Una
Notte Magica
Juvia
era imbronciata. Neanche dieci minuti dopo il loro arrivo alla festa
Gajeel aveva
puntato una ragazza dai capelli blu ed era sparito, abbandonandola a
sé stessa
– traditore. Eppure sapeva benissimo che
lei non conosceva nessun altro,
lì.
Studiando
i dolcetti disposti su uno dei tavoli senza realmente vederli,
pensò che
d’altra parte avrebbe dovuto aspettarselo. Si stufavano
sempre tutti, di lei;
Gajeel non era il primo, e probabilmente non sarebbe stato
l’ultimo, a
lasciarla. Scelse a caso una tartina e si voltò,
intenzionata a trovare un
angolino tranquillo in cui passare il resto della serata senza attirare
troppo
l’attenzione. Normalmente le riusciva molto bene.
«Pronti
per l’evento principale di stasera?» – la
voce sconosciuta di un ragazzo la colse
di sorpresa – «Tutti fuori, forza! Passeremo la
serata raccontando storie
attorno al falò fino allo scambio dei regali, a mezzanotte;
sono tutto un
fuoco!»
Forse non sarebbe
stata una serata normale,
in effetti.
Intorno
a Juvia si alzarono voci di protesta. «Faranno dieci
gradi!», «Ti si è bruciato
il poco cervello che ti rimaneva, Natsu?», ma ne distinse
anche altre che
invece approvavano con entusiasmo l’idea.
Natsu
ignorò le lamentele; il massimo che ottennero da lui fu
un’esortazione a
coprirsi, se erano così deboli da avere freddo.
Poi si precipitò per
primo fuori dalla baita, lasciando la porta spalancata. Juvia vide
molti
invitati sospirare, ma poi indossare una giacca pesante e seguirlo.
Ignara lei
stessa del perché, forse semplicemente curiosa –
in fondo non aveva niente di
meglio da fare –, fece altrettanto.
All’esterno,
individuare Natsu non fu affatto difficile: in mezzo al bianco lasciato
dalla
nevicata del giorno prima era impossibile non notare la fiamma
scoppiettante
del falò. Avvicinandosi notò delle panche di
legno disposte intorno al fuoco a
una distanza di sicurezza. Fu allora che lo vide –
l’unico invitato uscito con
soltanto un maglione indosso. Non sembrava neanche molto pesante. I
suoi passi
la guidarono a lui senza che quasi se ne accorgesse: distinguendo con
maggiore
chiarezza i particolari del maglione, non scoppiare a ridere le
richiese un
serio sforzo. Raffigurava una renna con la lingua rimasta incollata a
un
ghiacciolo, probabilmente nel tentativo di leccarlo; concedendosi un
sorriso
divertito, alzò lo sguardo sul proprietario del buffo
maglione – avvampò
all’istante, dimenticando ogni ilarità. Per
qualche motivo che non era certa di
comprendere, se ne sentì immediatamente attratta. Era
bellissimo, ma non
si trattava solo di questo. Non aveva mai provato niente del genere per
nessun
altro ragazzo, neanche per quelli con cui aveva intrecciato –
fragili –
relazioni in passato.
Aveva
un’espressione seria che strideva enormemente con
ciò che indossava, e anche
questo contribuì a incuriosirla. Lui dovette accorgersi
della sua attenzione,
perché alzò la testa e incrociò il suo
sguardo.
«Che
fai, ti siedi o no?» le domandò un po’
bruscamente.
Si
irrigidì, incapace di formulare una risposta, e si
sbrigò a posizionarsi
accanto allo sconosciuto. Si accorse che la guardava con negli occhi
qualcosa
che sembrava incertezza. «Hai freddo?» le
domandò, nonostante lei fosse
decisamente più coperta di lui. Scosse rapidamente la testa,
senza potersi
impedire un sorriso.
«Sicura?
Hai solo una giacchetta» insisté lui.
«Perché ti sei coperta così
poco?»
Juvia
rimase senza parole. Timidamente, alzò una mano per indicare
il maglione del
suo interlocutore. «Tu… non hai freddo?»
chiese infine, raccogliendo il
coraggio.
L’altro
scrollò le spalle. «No, ma io sono io. Questo lo
indosso solo perché è un
regalo di Ur…» pronunciò la frase con
un’espressione pensosa, quasi tra sé.
«Ur?»
non poté trattenersi dal ripetere, incuriosita.
Il
ragazzo le rivolse un’occhiata torva. «Mi ha
cresciuto», tagliò corto.
«Allora,
ci siamo tutti? Bene! Chi vuole cominciare a raccontare?»
La
voce di Natsu richiamò nuovamente l’attenzione su
di sé. Non lasciò neanche
cinque secondi agli aspiranti volontari, perché subito
riprese:
«Bene,
scelgo io – la mia storia naturalmente è la
più figa, per cui la racconterò per
ultimo. Vai Lucy, non sei tanto male a raccontare, inizia
tu!» decise indicando
la ragazza in questione.
Dall’altra
parte del fuoco si alzò un’esclamazione di
contrarietà.
«Sempre
così, quei due» sbuffò Gray, accanto a
lei.
«Fate
spesso feste del genere?» domandò, curiosa, Juvia.
Ancora non conosceva il nome
dell’affascinante ragazzo al suo fianco, ma voleva apprendere
più cose
possibili sul suo conto – se dalla sua bocca, tanto meglio.
Lui
le rivolse un’occhiata indagatrice. «Più
o meno» rispose. «Te, invece, non ti
ho mai vista. Da dove sei sbucata?»
Sentire
affermata, e proprio da lui, la propria
estraneità alla situazione fece
avvampare ulteriormente Juvia. Sperò che i riflessi delle
fiamme celassero il
suo imbarazzo. Stringendo i pugni intorno alla stoffa della gonna,
mormorò che
era venuta con Gajeel.
Lo
sguardo del ragazzo si assottigliò. «Sei la
ragazza di Gajeel?» indagò con
palese incredulità. Lei si affrettò a negarlo.
«Siamo solo amici», chiarì. Già,
così amici che mi ha piantata non appena siamo
arrivati…
Stavolta
lui annuì. «Ah, ecco. Be’, io sono
Gray» concluse tendendole la mano.
Juvia
la strinse automaticamente, non realizzando subito che si era appena
presentato
spontaneamente. «Juvia»,
mormorò quindi.
«Piacere»
replicò lui, volgendo poi la sua attenzione al fuoco, o
meglio oltre: Lucy
aveva iniziato a narrare.
Juvia
decise di imitarlo, chiudendo gli occhi per lasciarsi assorbire dalle
immagini
evocate dalla storia di Lucy. Parlava di un grande drago nero, divenuto
cattivo
per ciò che gli era stato fatto. Il drago aveva giurato di
vendicarsi, dapprima
contro chi l’aveva reso così ma finendo poi per
trascinare nella sua smania di
rivincita ogni essere vivente. La sua rabbia era
inesauribile e solo il
mondo avrebbe – forse – potuto saziarlo. Allora
degli eroi, dotati più di
coraggio che non di forza, si erano uniti per contrastarlo. Era stata
una dura
battaglia, ma la fusione delle loro abilità –
tutte così diverse l’una
dall’altra – li aveva portati alla vittoria.
Juvia
intuì che per alcuni degli eroi doveva essersi ispirata ai
presenti, perché ai
complimenti e alle esortazioni a continuare si mischiarono ben presto
risate e
commenti, talora polemici, su questa o quella caratteristica dei
personaggi. Sorrise
malinconica: doveva essere davvero bello far parte di un gruppo
così affiatato.
Si
girò verso Gray. Aveva assunto un’espressione a
metà tra il tenero e il
divertito, una visione di cui le parve d’appropriarsi
ingiustamente – un attimo
intimo che non spettava a lei né a nessun altro scorgere, se
non alla notte. Il
danno era ormai fatto, tuttavia, e si scoprì esitante a
distogliere lo sguardo.
Si concesse un ultimo istante per fissare nella memoria il frutto del
suo
furto, poi si volse nuovamente alle fiamme.
«Era
una bella storia» commentò, a voce abbastanza alta
perché lui la sentisse.
Lui
concordò. «Lucy è una scrittrice, ha
talento per queste cose. Ho perso il conto
di quante storie le ho sentito creare, ormai, è incredibile
come riesca sempre
a trasmettere qualcosa di diverso».
Juvia
sorrise comprensiva, sopprimendo sul nascere l’amarezza che
quelle parole le
avevano suscitato in prima battuta – non aveva alcun diritto
di prendersela, o
di intromettersi nella loro relazione. «Lei ti
piace?»
Non
era riuscita a trattenersi, ma – stringendo a sé
le ginocchia – pensò che fosse
meglio così. Una conferma e avrebbe sotterrato per sempre le
sue sciocche
illusioni – uno strappo netto, come per togliere un cerotto.
Chiuse gli occhi,
anticipando il colpo.
Gray
la fissò, stranito dalla domanda.
«Lucy?» ripeté dubbioso, come per
accertarsi
di non aver frainteso. «No», decretò poi; Juvia, incerta, riaprì gli occhi.
«Lei,
Natsu e Erza» spiegò lui, gesticolando verso i
tre, «sono come una famiglia per
me» confidò. «Siamo cresciuti
insieme».
Aveva
immaginato che fossero molto legati, ma non aveva compreso fino a che
punto.
Rimase spiazzata e si sentì sciocca, ma al contempo
sollevata. Un sorriso
genuino apparve sulle labbra che poco prima, mentre la speranza tornava
a
invaderla, aveva socchiuso per la sorpresa. Si sentiva improvvisamente
molto
leggera, c’erano così tante cose che avrebbe
voluto dire!
Non
fece in tempo a esprimerne neanche una.
«Gray!
Racconta tu, ora!» si fece sentire Natsu.
«Natsu»
intervenne, pacata ma decisa, la ragazza dai capelli blu accanto a
Gajeel – Juvia
non li aveva visti arrivare! – «è quasi
mezzanotte. Tra dieci minuti sarà
Natale, è il caso di rientrare».
«Ma…
non è giusto! Lucy, ti sei rubata tutto il tempo!»
La
replica di Lucy le arrivò indistinta. Si era davvero fatto
così tardi? Vide
Gray – e vari altri – alzarsi e si
affrettò a imitarlo.
Sapeva
cosa sarebbe successo ora, Gajeel le aveva spiegato almeno questo. Era
stato
chiesto a ogni invitato di presentarsi con un regalo senza indicare
alcun destinatario
specifico: a mezzanotte i doni sarebbero stati assegnati a sorte.
L’idea le era
sembrata divertente, anche se un po’ strana; ora iniziava a
intuirne la
motivazione alla base.
Se
avesse dovuto scegliere un aggettivo per descrivere le persone intorno
a lei, questo
sarebbe stato accoglienti. Forse ispirata dalle
parole di Gray, ma non
solo, rifletté che sembravano tutti una grande famiglia. Con
un normale babbo
natale segreto nessuno avrebbe potuto aggiungersi all’ultimo
o, nel caso,
sarebbe rimasto escluso dall’evento centrale dei
festeggiamenti. Così, invece,
non importava quanti si fosse: ognuno avrebbe avuto
il proprio regalo.
Juvia
pensò che fosse bellissimo.
Una
volta dentro, dove alcuni erano rimasti a ballare e chiacchierare
invece di
sfidare il freddo di dicembre, Lucy si fece aiutare a radunare tutti
attorno
all’albero al centro del grande salone. Quando ci fu riuscita
– miracolosamente
entro la mezzanotte – posò una ciotola a terra e,
sotto gli occhi di tutti, ne
estrasse un foglietto.
«Qui
dentro» spiegò a voce alta e chiara «ho
scritto tutti i vostri nomi. Dovete
pescare un foglietto a testa: il nome che troverete sarà il
destinatario del
vostro regalo! Mi raccomando, non barate – siete autorizzati
a cambiare
biglietto solo se doveste pescare proprio il vostro!»
Al
termine del suo discorso qualcuno applaudì. Più o
meno in quel momento,
l’orologio nell’altra stanza rintoccò
dodici volte; il sorriso di Lucy si
ampliò.
«Buon
Natale a tutti voi, ragazzi, e buona ricerca!»
augurò, prima di sparire nella
folla per unirsi ai festeggiamenti. Forse aveva già
inquadrato il suo destinatario.
Si formò subito una piccola calca intorno alla ciotola con i
bigliettini.
Anche
Juvia si avvicinò, sorridente ma senza fretta –
come sarebbe stato bello se le
fosse capitato Gray! Scelse il bigliettino sorridendo speranzosa.
Su
questo punto dovette rimanere delusa, tuttavia.
“Meredy”, lesse infatti. E ora
come avrebbe fatto a trovarla? Non aveva idea di chi fosse. Si
guardò intorno
spaesata.
«Tutto
bene?»
Alzò
lo sguardo per vedere chi gliel’avesse chiesto:
era la ragazza dai capelli
blu, constatò stupita. Gajeel non era con lei.
Annuì, sperando di essere
convincente. Diede una nuova, fugace occhiata al suo bigliettino: era
impossibile che fosse lei, giusto?
L’altra
dovette notare il suo movimento, perché le sorrise
incoraggiante.
«È
la ricerca a preoccuparti? Fidati, è più
divertente di quanto sembri!»
«Meredy?»
tentò Juvia, esitante.
«Levy»
la corresse lei gentilmente, scuotendo la testa.
«Perché non provi a prendere
qualcosa da mangiare? È un buon modo per fare
conoscenza» le suggerì con una
strizzata d’occhio, prima di salutarla e avviarsi verso
l’albero. Juvia rimase
nuovamente sola. Sospirò; bene, avrebbe giocato, allora
– era insolito per lei,
di norma circondata da sconosciuti desiderava solo sparire. Invece
lì si
trovava a suo agio, le persone intorno a lei le trasmettevano una
sensazione di
familiarità e benessere. Non si era mai sentita
così accolta, prima.
Per
questo si mise in gioco e, accanto alle cibarie assortite sui tavoli,
si
presentò ad alcune ragazze – Erza, Mira, Lisanna
furono alcuni dei nomi che registrò.
Non fece caso allo scorrere del tempo, assorta dai discorsi intrecciati
ora con
l’una ora con l’altra. Era quasi l’una
quando qualcuno le tirò la manica per
attirare la sua attenzione. «Ultear?» si
sentì chiedere dopo essersi girata. Davanti
a lei c’era una bambina – d’accordo,
sicuramente non una bambina, ma aveva
un’aria così infantile! Juvia l’avrebbe
abbracciata volentieri – con i capelli
rosa acceso che la fissava ottimista.
«No»
dovette contraddirla dispiaciuta, «uh…
Meredy?» aggiunse poi, quasi più per
darle la possibilità di ricambiare il rifiuto che per reale
aspettativa.
Si
stupì infatti molto quando la vide annuire. «Sono
io!» esclamò la giovane
davanti a lei, sorridendo. «È per me?»
domandò quindi, indicando che il
pacchetto che Juvia teneva in mano.
«Sì»
rispose lei, stranamente contenta. Le passò
l’involto e Meredy lo scartò subito,
un brillio di felicità negli occhi. Il suo sorriso si
accentuò nell’esaminare
la sciarpa blu così rivelata. «È
bellissima!» esclamò radiosa.
Juvia
si sentì scaldare il cuore – non avrebbe creduto
possibile empatizzare così
tanto con una ragazza appena conosciuta.
«Grazie,
sorellona!» aggiunse Meredy, riportando lo sguardo su di lei.
La indossò, poi
arrossì – l’aveva forse fissata troppo?
– e annunciò che avrebbe ripreso a
cercare Ultear, ringraziandola ancora un’ultima volta.
«Sembri
al settimo cielo» commentò una voce maschile,
nuova eppure familiare, accanto a
lei.
Sussultò
nel riconoscere Gray. Gli sorrise; «Non sapevo potesse essere
così bello»,
ammise.
Lui
non rispose; ebbe l’impressione che volesse dire qualcosa, ma
stesse cercando
le parole. «Allora… Juvia, giusto?»
domandò, quasi retorico. Lei comunque annuì.
«Questo è per te» dichiarò
allora Gray, porgendole un pacchetto rosso decorato
con un fiocco blu. Incredula, lo accettò; era
stato lui a estrarre il
suo bigliettino, non aveva neanche osato sperarlo!
Lui
si schiarì la voce, guardandola imbarazzato.
«È diventata una sorta di
tradizione portare questo tipo di regalo»
affermò. «Spero non ti aspettassi
chissà che…»
Juvia
sciolse il fiocco. Quelle parole avevano stuzzicato la sua
curiosità, ma era
perfettamente conscia che avrebbe amato quel regalo a
prescindere dal
contenuto, visto da chi veniva. Con questo in mente, aprì il
pacco,
prelevandone qualcosa di morbido. La risata argentina che
seguì quell’atto
così semplice spiazzò Gray, poteva leggerglielo
negli occhi – non riuscì a
fermarsi.
Il
regalo era un maglione blu, decorato con tre fiocchi di neve e la
scritta “I glove
you” al centro.
«Non
ti immaginavo così amante dei giochi di parole»
disse Gray dopo un po’.
Juvia
provò a ricomporsi, ma il sorriso non
gliel’avrebbe tolto nessuno ormai. Non
era stata la battuta a scatenare la sua risata, ma preferì
tenere per sé
quest’informazione.
«È
adorabile» affermò gioiosa. La verità
era che il maglione di Gray era la prima
cosa che aveva notato del ragazzo, quella sera, e in un certo senso
ciò che
l’aveva guidata da lui. In più, se pure non erano
esattamente abbinati,
indossare quel maglione li avrebbe in qualche modo collegati, almeno
per lei.
«Grazie. Grazie di cuore» concluse, stringendo a
sé l’indumento.
Gray
portò una mano dietro la testa, visibilmente in imbarazzo.
«Non è niente di
che», si schermì. «Sei un po’
strana, sai?»
Juvia
avvampò.
«Non
è un male, sei solo… un po’
imprevedibile, ecco» si affrettò ad aggiungere,
forse
resosi conto del potenziale negativo delle sue parole. Ma Juvia non ne
era
rimasta ferita. Gli sorrise timidamente, ancora rossissima.
Rimasero
così in silenzio per un po’, per quanto silenzio
possa esserci in una sala
piena di gente che mangia, ride e scherza. Juvia voleva dire qualcosa,
anche
solo per eclissarsi, ma il suo cervello si rifiutava di collaborare.
A
spezzare l’incanto pensò infine Gray.
«Fa caldo», asserì. «Ti va di
uscire un
po’?»
Lei
fece cenno di sì, stupita ma felice. Si avviarono verso la
porta, ma prima di
varcarla Juvia si tolse la giacca, appendendola all’ingresso.
Il ragazzo la
guardò dubbioso. «Ti spogli prima di
uscire?» domandò, studiando la sua
maglia – relativamente leggera – con un
sopracciglio inarcato.
Juvia
rispose indossando il maglione appena ricevuto. «Questo mi
scalderà» spiegò,
assolutamente convinta. Dubitava che ci fosse qualcosa in grado di
farle
provare freddo, in quel momento.
Gray
rise. «Perfetto, allora» commentò
aprendo la porta.
Parlarono
fino all’alba su una panchina poco lontana dalla baita.
Nessuno dei due mostrò
di avere sonno.
Verso
le cinque, Juvia fu colta dal primo brivido di freddo; Gray
rimediò
passandole, impacciato, un braccio attorno alle spalle. Le chiese se
volesse rientrare.
«No!»
esclamò lei di corsa, quasi spaventata
dall’eventualità. Sorrise imbarazzata e
si rannicchiò ulteriormente accanto al ragazzo.
«Se possiamo restare così,
starò bene» chiarì convinta.
Gray
esitò, ma poi annuì e la strinse a sé.
Scaldata dal suo abbraccio Juvia scivolò
nel mondo dei sogni, presto seguita da lui; un mondo innevato che
somigliava molto alla loro realtà.