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Autore: Mari Lace    13/12/2019    6 recensioni
Lui si schiarì la voce, guardandola imbarazzato. «È diventata una sorta di tradizione portare questo tipo di regalo», affermò. «Spero non ti aspettassi chissà che…»
Juvia sciolse il fiocco. Quelle parole avevano stuzzicato la sua curiosità, ma era perfettamente conscia che avrebbe amato quel regalo a prescindere dal contenuto, visto da chi veniva. Con questo in mente, aprì il pacco, prelevandone qualcosa di morbido. La risata argentina che conseguì a quell’atto così semplice spiazzò Gray, poteva leggerglielo negli occhi – non riuscì a fermarsi.

[Gray/Juvia. Accenni Galevy e Nalu]
Seconda classificata al contest "La Cena della Vigilia" indetto da Asia Dreamcatcher sul forum di Efp.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gray Fullbuster, Gray/Juvia, Lluvia, Meredy
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: raccontare una storia attorno al fuoco
Obbligo: A e B non si conoscono
Oggetto: maglione buffo
Stato d'animo: sensazione di aver scoperto qualcosa di inatteso

 

Una Notte Magica

 


Juvia era imbronciata. Neanche dieci minuti dopo il loro arrivo alla festa Gajeel aveva puntato una ragazza dai capelli blu ed era sparito, abbandonandola a sé stessa – traditore. Eppure sapeva benissimo che lei non conosceva nessun altro, lì.

Studiando i dolcetti disposti su uno dei tavoli senza realmente vederli, pensò che d’altra parte avrebbe dovuto aspettarselo. Si stufavano sempre tutti, di lei; Gajeel non era il primo, e probabilmente non sarebbe stato l’ultimo, a lasciarla. Scelse a caso una tartina e si voltò, intenzionata a trovare un angolino tranquillo in cui passare il resto della serata senza attirare troppo l’attenzione. Normalmente le riusciva molto bene.

«Pronti per l’evento principale di stasera?» – la voce sconosciuta di un ragazzo la colse di sorpresa – «Tutti fuori, forza! Passeremo la serata raccontando storie attorno al falò fino allo scambio dei regali, a mezzanotte; sono tutto un fuoco!»

Forse non sarebbe stata una serata normale, in effetti.

Intorno a Juvia si alzarono voci di protesta. «Faranno dieci gradi!», «Ti si è bruciato il poco cervello che ti rimaneva, Natsu?», ma ne distinse anche altre che invece approvavano con entusiasmo l’idea.

Natsu ignorò le lamentele; il massimo che ottennero da lui fu un’esortazione a coprirsi, se erano così deboli da avere freddo. Poi si precipitò per primo fuori dalla baita, lasciando la porta spalancata. Juvia vide molti invitati sospirare, ma poi indossare una giacca pesante e seguirlo. Ignara lei stessa del perché, forse semplicemente curiosa – in fondo non aveva niente di meglio da fare –, fece altrettanto.

All’esterno, individuare Natsu non fu affatto difficile: in mezzo al bianco lasciato dalla nevicata del giorno prima era impossibile non notare la fiamma scoppiettante del falò. Avvicinandosi notò delle panche di legno disposte intorno al fuoco a una distanza di sicurezza. Fu allora che lo vide – l’unico invitato uscito con soltanto un maglione indosso. Non sembrava neanche molto pesante. I suoi passi la guidarono a lui senza che quasi se ne accorgesse: distinguendo con maggiore chiarezza i particolari del maglione, non scoppiare a ridere le richiese un serio sforzo. Raffigurava una renna con la lingua rimasta incollata a un ghiacciolo, probabilmente nel tentativo di leccarlo; concedendosi un sorriso divertito, alzò lo sguardo sul proprietario del buffo maglione – avvampò all’istante, dimenticando ogni ilarità. Per qualche motivo che non era certa di comprendere, se ne sentì immediatamente attratta. Era bellissimo, ma non si trattava solo di questo. Non aveva mai provato niente del genere per nessun altro ragazzo, neanche per quelli con cui aveva intrecciato – fragili – relazioni in passato.

Aveva un’espressione seria che strideva enormemente con ciò che indossava, e anche questo contribuì a incuriosirla. Lui dovette accorgersi della sua attenzione, perché alzò la testa e incrociò il suo sguardo.

«Che fai, ti siedi o no?» le domandò un po’ bruscamente.

Si irrigidì, incapace di formulare una risposta, e si sbrigò a posizionarsi accanto allo sconosciuto. Si accorse che la guardava con negli occhi qualcosa che sembrava incertezza. «Hai freddo?» le domandò, nonostante lei fosse decisamente più coperta di lui. Scosse rapidamente la testa, senza potersi impedire un sorriso.

«Sicura? Hai solo una giacchetta» insisté lui. «Perché ti sei coperta così poco?»

Juvia rimase senza parole. Timidamente, alzò una mano per indicare il maglione del suo interlocutore. «Tu… non hai freddo?» chiese infine, raccogliendo il coraggio.

L’altro scrollò le spalle. «No, ma io sono io. Questo lo indosso solo perché è un regalo di Ur…» pronunciò la frase con un’espressione pensosa, quasi tra sé.

«Ur?» non poté trattenersi dal ripetere, incuriosita.

Il ragazzo le rivolse un’occhiata torva. «Mi ha cresciuto», tagliò corto.

«Allora, ci siamo tutti? Bene! Chi vuole cominciare a raccontare?»

La voce di Natsu richiamò nuovamente l’attenzione su di sé. Non lasciò neanche cinque secondi agli aspiranti volontari, perché subito riprese:

«Bene, scelgo io – la mia storia naturalmente è la più figa, per cui la racconterò per ultimo. Vai Lucy, non sei tanto male a raccontare, inizia tu!» decise indicando la ragazza in questione.

Dall’altra parte del fuoco si alzò un’esclamazione di contrarietà.

«Sempre così, quei due» sbuffò Gray, accanto a lei.

«Fate spesso feste del genere?» domandò, curiosa, Juvia. Ancora non conosceva il nome dell’affascinante ragazzo al suo fianco, ma voleva apprendere più cose possibili sul suo conto – se dalla sua bocca, tanto meglio.

Lui le rivolse un’occhiata indagatrice. «Più o meno» rispose. «Te, invece, non ti ho mai vista. Da dove sei sbucata?»

Sentire affermata, e proprio da lui, la propria estraneità alla situazione fece avvampare ulteriormente Juvia. Sperò che i riflessi delle fiamme celassero il suo imbarazzo. Stringendo i pugni intorno alla stoffa della gonna, mormorò che era venuta con Gajeel.

Lo sguardo del ragazzo si assottigliò. «Sei la ragazza di Gajeel?» indagò con palese incredulità. Lei si affrettò a negarlo. «Siamo solo amici», chiarì. Già, così amici che mi ha piantata non appena siamo arrivati…

Stavolta lui annuì. «Ah, ecco. Be’, io sono Gray» concluse tendendole la mano.

Juvia la strinse automaticamente, non realizzando subito che si era appena presentato spontaneamente. «Juvia», mormorò quindi.

«Piacere» replicò lui, volgendo poi la sua attenzione al fuoco, o meglio oltre: Lucy aveva iniziato a narrare.

Juvia decise di imitarlo, chiudendo gli occhi per lasciarsi assorbire dalle immagini evocate dalla storia di Lucy. Parlava di un grande drago nero, divenuto cattivo per ciò che gli era stato fatto. Il drago aveva giurato di vendicarsi, dapprima contro chi l’aveva reso così ma finendo poi per trascinare nella sua smania di rivincita ogni essere vivente. La sua rabbia era inesauribile e solo il mondo avrebbe – forse – potuto saziarlo. Allora degli eroi, dotati più di coraggio che non di forza, si erano uniti per contrastarlo. Era stata una dura battaglia, ma la fusione delle loro abilità – tutte così diverse l’una dall’altra – li aveva portati alla vittoria.

Juvia intuì che per alcuni degli eroi doveva essersi ispirata ai presenti, perché ai complimenti e alle esortazioni a continuare si mischiarono ben presto risate e commenti, talora polemici, su questa o quella caratteristica dei personaggi. Sorrise malinconica: doveva essere davvero bello far parte di un gruppo così affiatato.

Si girò verso Gray. Aveva assunto un’espressione a metà tra il tenero e il divertito, una visione di cui le parve d’appropriarsi ingiustamente – un attimo intimo che non spettava a lei né a nessun altro scorgere, se non alla notte. Il danno era ormai fatto, tuttavia, e si scoprì esitante a distogliere lo sguardo. Si concesse un ultimo istante per fissare nella memoria il frutto del suo furto, poi si volse nuovamente alle fiamme.

«Era una bella storia» commentò, a voce abbastanza alta perché lui la sentisse.

Lui concordò. «Lucy è una scrittrice, ha talento per queste cose. Ho perso il conto di quante storie le ho sentito creare, ormai, è incredibile come riesca sempre a trasmettere qualcosa di diverso».

Juvia sorrise comprensiva, sopprimendo sul nascere l’amarezza che quelle parole le avevano suscitato in prima battuta – non aveva alcun diritto di prendersela, o di intromettersi nella loro relazione. «Lei ti piace?»

Non era riuscita a trattenersi, ma – stringendo a sé le ginocchia – pensò che fosse meglio così. Una conferma e avrebbe sotterrato per sempre le sue sciocche illusioni – uno strappo netto, come per togliere un cerotto. Chiuse gli occhi, anticipando il colpo.

Gray la fissò, stranito dalla domanda. «Lucy?» ripeté dubbioso, come per accertarsi di non aver frainteso. «No», decretò poi; Juvia, incerta, riaprì gli occhi. «Lei, Natsu e Erza» spiegò lui, gesticolando verso i tre, «sono come una famiglia per me» confidò. «Siamo cresciuti insieme».

Aveva immaginato che fossero molto legati, ma non aveva compreso fino a che punto. Rimase spiazzata e si sentì sciocca, ma al contempo sollevata. Un sorriso genuino apparve sulle labbra che poco prima, mentre la speranza tornava a invaderla, aveva socchiuso per la sorpresa. Si sentiva improvvisamente molto leggera, c’erano così tante cose che avrebbe voluto dire!

Non fece in tempo a esprimerne neanche una.

«Gray! Racconta tu, ora!» si fece sentire Natsu.

«Natsu» intervenne, pacata ma decisa, la ragazza dai capelli blu accanto a Gajeel – Juvia non li aveva visti arrivare! – «è quasi mezzanotte. Tra dieci minuti sarà Natale, è il caso di rientrare».

«Ma… non è giusto! Lucy, ti sei rubata tutto il tempo!»

La replica di Lucy le arrivò indistinta. Si era davvero fatto così tardi? Vide Gray – e vari altri – alzarsi e si affrettò a imitarlo.

Sapeva cosa sarebbe successo ora, Gajeel le aveva spiegato almeno questo. Era stato chiesto a ogni invitato di presentarsi con un regalo senza indicare alcun destinatario specifico: a mezzanotte i doni sarebbero stati assegnati a sorte. L’idea le era sembrata divertente, anche se un po’ strana; ora iniziava a intuirne la motivazione alla base.

Se avesse dovuto scegliere un aggettivo per descrivere le persone intorno a lei, questo sarebbe stato accoglienti. Forse ispirata dalle parole di Gray, ma non solo, rifletté che sembravano tutti una grande famiglia. Con un normale babbo natale segreto nessuno avrebbe potuto aggiungersi all’ultimo o, nel caso, sarebbe rimasto escluso dall’evento centrale dei festeggiamenti. Così, invece, non importava quanti si fosse: ognuno avrebbe avuto il proprio regalo.

Juvia pensò che fosse bellissimo.

 

Una volta dentro, dove alcuni erano rimasti a ballare e chiacchierare invece di sfidare il freddo di dicembre, Lucy si fece aiutare a radunare tutti attorno all’albero al centro del grande salone. Quando ci fu riuscita – miracolosamente entro la mezzanotte – posò una ciotola a terra e, sotto gli occhi di tutti, ne estrasse un foglietto.

«Qui dentro» spiegò a voce alta e chiara «ho scritto tutti i vostri nomi. Dovete pescare un foglietto a testa: il nome che troverete sarà il destinatario del vostro regalo! Mi raccomando, non barate – siete autorizzati a cambiare biglietto solo se doveste pescare proprio il vostro!»

Al termine del suo discorso qualcuno applaudì. Più o meno in quel momento, l’orologio nell’altra stanza rintoccò dodici volte; il sorriso di Lucy si ampliò.

«Buon Natale a tutti voi, ragazzi, e buona ricerca!» augurò, prima di sparire nella folla per unirsi ai festeggiamenti. Forse aveva già inquadrato il suo destinatario. Si formò subito una piccola calca intorno alla ciotola con i bigliettini.

Anche Juvia si avvicinò, sorridente ma senza fretta – come sarebbe stato bello se le fosse capitato Gray! Scelse il bigliettino sorridendo speranzosa.

Su questo punto dovette rimanere delusa, tuttavia. “Meredy”, lesse infatti. E ora come avrebbe fatto a trovarla? Non aveva idea di chi fosse. Si guardò intorno spaesata.

«Tutto bene?»

Alzò lo sguardo per vedere chi gliel’avesse chiesto: era la ragazza dai capelli blu, constatò stupita. Gajeel non era con lei. Annuì, sperando di essere convincente. Diede una nuova, fugace occhiata al suo bigliettino: era impossibile che fosse lei, giusto?

L’altra dovette notare il suo movimento, perché le sorrise incoraggiante.

«È la ricerca a preoccuparti? Fidati, è più divertente di quanto sembri!»

«Meredy?» tentò Juvia, esitante.

«Levy» la corresse lei gentilmente, scuotendo la testa. «Perché non provi a prendere qualcosa da mangiare? È un buon modo per fare conoscenza» le suggerì con una strizzata d’occhio, prima di salutarla e avviarsi verso l’albero. Juvia rimase nuovamente sola. Sospirò; bene, avrebbe giocato, allora – era insolito per lei, di norma circondata da sconosciuti desiderava solo sparire. Invece lì si trovava a suo agio, le persone intorno a lei le trasmettevano una sensazione di familiarità e benessere. Non si era mai sentita così accolta, prima.

Per questo si mise in gioco e, accanto alle cibarie assortite sui tavoli, si presentò ad alcune ragazze – Erza, Mira, Lisanna furono alcuni dei nomi che registrò. Non fece caso allo scorrere del tempo, assorta dai discorsi intrecciati ora con l’una ora con l’altra. Era quasi l’una quando qualcuno le tirò la manica per attirare la sua attenzione. «Ultear?» si sentì chiedere dopo essersi girata. Davanti a lei c’era una bambina – d’accordo, sicuramente non una bambina, ma aveva un’aria così infantile! Juvia l’avrebbe abbracciata volentieri – con i capelli rosa acceso che la fissava ottimista.

«No» dovette contraddirla dispiaciuta, «uh… Meredy?» aggiunse poi, quasi più per darle la possibilità di ricambiare il rifiuto che per reale aspettativa.

Si stupì infatti molto quando la vide annuire. «Sono io!» esclamò la giovane davanti a lei, sorridendo. «È per me?» domandò quindi, indicando che il pacchetto che Juvia teneva in mano.

«Sì» rispose lei, stranamente contenta. Le passò l’involto e Meredy lo scartò subito, un brillio di felicità negli occhi. Il suo sorriso si accentuò nell’esaminare la sciarpa blu così rivelata. «È bellissima!» esclamò radiosa.

Juvia si sentì scaldare il cuore – non avrebbe creduto possibile empatizzare così tanto con una ragazza appena conosciuta.

«Grazie, sorellona!» aggiunse Meredy, riportando lo sguardo su di lei. La indossò, poi arrossì – l’aveva forse fissata troppo? – e annunciò che avrebbe ripreso a cercare Ultear, ringraziandola ancora un’ultima volta.

«Sembri al settimo cielo» commentò una voce maschile, nuova eppure familiare, accanto a lei.

Sussultò nel riconoscere Gray. Gli sorrise; «Non sapevo potesse essere così bello», ammise.

Lui non rispose; ebbe l’impressione che volesse dire qualcosa, ma stesse cercando le parole. «Allora… Juvia, giusto?» domandò, quasi retorico. Lei comunque annuì. «Questo è per te» dichiarò allora Gray, porgendole un pacchetto rosso decorato con un fiocco blu. Incredula, lo accettò; era stato lui a estrarre il suo bigliettino, non aveva neanche osato sperarlo!

Lui si schiarì la voce, guardandola imbarazzato. «È diventata una sorta di tradizione portare questo tipo di regalo» affermò. «Spero non ti aspettassi chissà che…»

Juvia sciolse il fiocco. Quelle parole avevano stuzzicato la sua curiosità, ma era perfettamente conscia che avrebbe amato quel regalo a prescindere dal contenuto, visto da chi veniva. Con questo in mente, aprì il pacco, prelevandone qualcosa di morbido. La risata argentina che seguì quell’atto così semplice spiazzò Gray, poteva leggerglielo negli occhi – non riuscì a fermarsi.

Il regalo era un maglione blu, decorato con tre fiocchi di neve e la scritta “I glove you” al centro.

«Non ti immaginavo così amante dei giochi di parole» disse Gray dopo un po’.

Juvia provò a ricomporsi, ma il sorriso non gliel’avrebbe tolto nessuno ormai. Non era stata la battuta a scatenare la sua risata, ma preferì tenere per sé quest’informazione.

«È adorabile» affermò gioiosa. La verità era che il maglione di Gray era la prima cosa che aveva notato del ragazzo, quella sera, e in un certo senso ciò che l’aveva guidata da lui. In più, se pure non erano esattamente abbinati, indossare quel maglione li avrebbe in qualche modo collegati, almeno per lei. «Grazie. Grazie di cuore» concluse, stringendo a sé l’indumento.

Gray portò una mano dietro la testa, visibilmente in imbarazzo. «Non è niente di che», si schermì. «Sei un po’ strana, sai?»

Juvia avvampò.

«Non è un male, sei solo… un po’ imprevedibile, ecco» si affrettò ad aggiungere, forse resosi conto del potenziale negativo delle sue parole. Ma Juvia non ne era rimasta ferita. Gli sorrise timidamente, ancora rossissima.

Rimasero così in silenzio per un po’, per quanto silenzio possa esserci in una sala piena di gente che mangia, ride e scherza. Juvia voleva dire qualcosa, anche solo per eclissarsi, ma il suo cervello si rifiutava di collaborare.

A spezzare l’incanto pensò infine Gray. «Fa caldo», asserì. «Ti va di uscire un po’?»

Lei fece cenno di sì, stupita ma felice. Si avviarono verso la porta, ma prima di varcarla Juvia si tolse la giacca, appendendola all’ingresso. Il ragazzo la guardò dubbioso. «Ti spogli prima di uscire?» domandò, studiando la sua maglia – relativamente leggera – con un sopracciglio inarcato.

Juvia rispose indossando il maglione appena ricevuto. «Questo mi scalderà» spiegò, assolutamente convinta. Dubitava che ci fosse qualcosa in grado di farle provare freddo, in quel momento.

Gray rise. «Perfetto, allora» commentò aprendo la porta.

 

Parlarono fino all’alba su una panchina poco lontana dalla baita. Nessuno dei due mostrò di avere sonno.

Verso le cinque, Juvia fu colta dal primo brivido di freddo; Gray rimediò passandole, impacciato, un braccio attorno alle spalle. Le chiese se volesse rientrare.

«No!» esclamò lei di corsa, quasi spaventata dall’eventualità. Sorrise imbarazzata e si rannicchiò ulteriormente accanto al ragazzo. «Se possiamo restare così, starò bene» chiarì convinta.

Gray esitò, ma poi annuì e la strinse a sé. Scaldata dal suo abbraccio Juvia scivolò nel mondo dei sogni, presto seguita da lui; un mondo innevato che somigliava molto alla loro realtà.

  
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