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Autore: nini superga    13/12/2019    2 recensioni
Durante una nevicata che ha dello straordinario, Ganadlaf giunge ad Isengard con una richiesta per Saruman: vuole che la giovane Annael, apprendista Istari presso la Torre di Orthanc, vada a Minas Tirith con lui. Il Grigio Pellegrino vuole portare la ragazza a Gondor per permetterle di approfondire certe ricerche infruttuose che sta svolgendo negli annali e nelle cronache di Isengard, riguardanti un certo Anello che tutti credono sparito ma che tutti comunque bramano… Cosa dirà Annael, strega incompleta? E chi o cosa troverà a Minas Tirith?
Non scrivo da anni, ma la passione per il mondo di Tolkien non si è affievolita, proprio come per i suoi personaggi!
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boromir, Denethor, Faramir, Gandalf, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il Sovrintendente è morto, lunga vita al Sovrintendente!

Nei giorni seguenti la caduta di Denethor, Gondor è rimasta come sospesa in attesa degli eventi: i Kurai sono stati fatti prigionieri nel loro stesso campo, senza porre alcuna resistenza, forse consci di essere in pochi contro molti; dall'Ithilien, le squadre di Faramir hanno riportato di una calma inusuale per Mordor, mentre dalla Valle di Morgul non proviene nessuna voce degna di nota.
Persino l'attività vulcanica del Monte Fato, ben visibile di notte dalla città, sembra essersi affievolita. Tutto questo dovrebbe tranquillizzare, far pensare ad una ipotetica tregua, ma non è così: più passano i giorni e più sento insofferenza verso questo clima, che sa tanto di quiete prima della tempesta.

In piedi sulle mura di Minas Tirith fisso gli occhi ad ovest, cercando uno spiraglio di azzurro nella cappa di nuvole grigie che da giorni opprime la città. Dovrebbe essere primavera, ma il clima gioca strani scherzi e si respira aria fredda, ultimo colpo di coda di un inverno che non vuole saperne di andarsene. Mi stringo nel mantello con un brivido, rileggendo il cartiglio che tengo tra le mani con aria pensierosa, sempre lo stesso messaggio che ripeto da quasi due settimane, ogni mattina:

Denethor è morto, i Kurai fatti prigionieri, gli eventi in divenire richiedono il tuo consiglio. Mia missione ancora in svolgimento. Vieni presto, ho bisogno di te.

Ho bisogno di te… che eufemismo!
Lancio il cartiglio dalle mura, guardandolo dissolversi nel vento. Dove si trova Olorin, mi chiedo con lo stomaco stretto, e perché non risponde ai miei messaggi? Posso solo fare congetture, ma di giorno in giorno le argomentazioni si fanno più deboli e insicure: riceverà i miei messaggi? Forse non risponde perché è già in viaggio? O forse ha altro a cui pensare? Che sia in un qualche pericolo?

Sospiro, scendendo dalle mura col cuore pesante e abbattuto. Le mie ricerche non stanno producendo frutti, anzi: sto solo continuando ad accumulare scartoffie su scartoffie in disordine sulla mia scrivania in biblioteca, senza che trovi niente sul maledetto Anello. Le mie ricerche non hanno né capo né coda, e se prima mi rincuoravo pensando che prima o poi avrei trovato una pista da battere, ora inizio a credere che non ci sia nulla da fare: sono troppe le carte da far passare, gli archivi di Gondor sono smisurati! Ci vorrebbe una vita intera solo per leggerli tutti… e non ho tutto questo tempo.

<< Mia signora! >> 
Una voce nota mi fa guardare attorno: sono in una piazza delle terza cerchia, e mi ci vuole un po' per accorgermi che Odil mi sta salutando. Ha un pesante cesto ai suoi piedi e l'aria stanca, ma sorride nonostante tutto. << Mia signora, che piacere vederti qui! >> Esclama quando le sono accanto. Solo da vicino noto le occhiaie e le sottili rughe sulla fronte, segni che qualche tempo fa non c'erano. Da quando Isildil è tornato a casa in convalescenza ho lasciato libera Odil dai suoi doveri presso di me, non senza una certa riluttanza da parte della ragazza.
Le sorride nel modo più naturale possibile, cercando di non mostrare quanto sia preoccupata per il futuro. << Anche per me è bello vederti, Odil. Come sta tuo fratello? E tu? >> Le chiedo gentilmente, per poi accennare al canestro col bastone. << Che ne dici se ti aiuto, mentre ti accompagno a casa? Abiti qui vicino, giusto? >>

<< Non ho bisogno di aiuto, ma se volete venire mia madre sarebbe davvero felice di conoscervi! Le ho parlato tanto di voi, e anche per il discorso di Isildil... >> Con entrambe le mani, Odil afferra il cestino e muove qualche passo. Prontamente, afferro il manico con una mano, restando stupita dal peso.
 << Diamine, ragazza, cosa hai qua dentro, pietre? >> 
Odil arrossisce, annuendo. << Sono quelle piatte da mettere nel focolare, per scaldare il letto prima di andare a dormire… fa ancora parecchio freddo, e ora che Isildil è in convalescenza abbiamo bisogno di tenerlo sempre al caldo… >> 
<< E chi non vorrebbe restare al calduccio con un clima simile? >> Ribatto, mentre una folata di vento gelido spazza la piazza gelandoci sul posto. << Andiamo, non vedo l'ora di conoscere tua madre. >>


La casa di Odil è in pietra a due piani, in una via laterale alla piazza, pulita e ordinata. Il piano terra doveva essere una bottega, data l'ampiezza dell’unica stanza, con un focolare in un angolo che irradia un bel calore. Proprio lì accanto, steso su una barella di fortuna, troviamo Isildil, assopito, mentre la madre di Odil è al tavolo della sala, intenta a pelare con cura delle patate. Ha una coperta sulle spalle e il viso segnato dal tempo, eppure assomiglia molto ad Odil. 
<< Mamma >>, chiama la ragazza con aria dolce, appoggiando il canestro vicino alla porta, << Sono a casa. >> 
<< Bentornata >>, le dice la donna alzando il viso smunto verso Odil, sorridendole appena, per poi spostare l'attenzione su di me. << Chi hai portato con te, cara? >> 
<< Lei è la signora che servivo a Palazzo, la dama che ha salvato Isildil. >> Mi presenta Odil, mettendomi in imbarazzo. 
<< Macché salvato e salvato…Grazie ai Valar e a Colinde, Isildil è ancora fra noi, non per merito mio... >> Minimizzo ridacchiando per poi avvicinarmi al tavolo. << Mi chiamo Annael, e sono molto lieta di conoscervi, signora. >> 
La madre di Odil ha una reazione inaspettata: dopo un attimo di esitazione, lascia il coltello sul tavolo, si alza facendo cadere la coperta e mi abbraccia con forza, stringendo le mani sul mantello.
<< Grazie, grazie, grazie, grazie… >> Continua a ripetere, stringendomi a sé, mentre la voce le si incrina.
Odil è imbarazzata e poggia una mano sulla testa bianca della madre. << Mamma, ma che fai… non fare così… >> Le bisbiglia,  ma ormai la signora è in un mare di lacrime e non ha alcuna intenzione di lasciarmi andare. << il mio I-Isildil… Ha rischiato così ta-a-nto… il mio raga-zzo… se avessi pe-e-rso anche lu-u-ui… mi sarei u-u-u… uccisa! >> Accarezzo la testa della donna, cercando di tranquillizzarla come meglio posso, scombussolata dalle emozioni che sento: quanta disperazione c'è in questa donna? Questo è il dolore?

<< Mia signora, non è successo niente, Isildil non è morto >>, le sussurro prendendolo il volto tra le mani. Ha gli occhi rossi di lacrime e le guance umide ma sostiene il mio sguardo. << Va tutto bene, ai vostri figli non capiterà più niente di male. >> Le sorrido, cercando di sembrare incoraggiante. << Ora basta lacrime, però,  e basta disperazione. >>
La donna si calma lentamente, mentre Odil le rimette la coperta sulle spalle e la fa sedere di nuovo al tavolo. Con un gesto delicato le porta un bicchiere di acqua, reggendoglielo mentre beve. È così,  che si comporta una figlia con la propria madre?
<< Dovete scusarla, mamma è diventata molto sensibile da quando Isildil è stato ferito. >> Odil le accarezza la testa, per poi passarsi una mano sul viso stanco. << È che stiamo passando le stesse cose provate quando Arien è morto… non sono stati momenti facili, ora come allora. >>
La donna annuisce, cercando nuovamente di alzarsi da sola, non riuscendoci. << Mia figlia ha ragione, dovete scusare questa povera vecchia sentimentale… ma sapete, ho avuto così tanta paura e ora sono così sollevata… Almeno questo figlio è stato risparmiato. Se foste stata qui con Arien, forse lui… >> 

Mi stringo nelle spalle, restando in silenzio. Forse, forse, forse… chissà,  se magari Olorin mi avesse portato prima a Minas Tirith cosa sarebbe successo? 
La madre di Odil si alza a fatica, appoggiandosi al tavolo. << Ma basta con questi discorsi. Sono diventata una pessima padrona di casa, ma è così tanto che qualcuno di così importante non viene a trovarci! Sedetevi pure… Restate per il pranzo? >>


Esco da casa di Odil con la pancia piena e un nuovo bagaglio di emozioni: la disperazione di una madre, la dolcezza dei suoi figli, la preoccupazione per il futuro che accomuna tutti… quanti sentimenti può ospitare l'animo umano, provandoli tutti nello stesso momento? Ariena, la madre di Odil, mi ha intrattenuto raccontandomi di Arien, il primogenito morto in battaglia, e dei suoi figli quando erano piccoli, le loro mascalzonate, come quella volta che Isildil si era calato nel pozzo per recuperare la bambola di Odil, senza saper nuotare. Solo lì, con lo sguardo rivolto al passato, la donna ha sorriso in maniera autentica, mentre Odil la guardava con un misto di tristezza e rimpianto peri tempi andati. La malinconia, quel sentimento così umano, in quel momento sfiorava anche me ed è tuttora nelle mie corde. Anche adesso, che varco le soglie del Palazzo dei Sovrintendenti, non mi ha del tutto lasciato simile allo strascico di un vestito bagnato.
Entro nella navata della sala grande, ed è lì che lo vedo: è seduto sul trono nero che era di suo padre, attorniato da consiglieri e scribacchini, le mani giunte davanti alla bocca in atteggiamento pensieroso. Al suono dei passi, Boromir alza gli occhi su di me e con un cenno congeda tutti, mentre mi avvicino lungo la navata. Non si alza finché non sono che a pochi passi da lui, sovrastandomi con la sua stazza. È completamente vestito di nero, dagli stivali alla camicia sotto al giustacuore in pelle, come unico ornamento una catena d'argento dalle maglie rettangolari che gli scivola sul petto. Il nero lo fa sembrare ancora più pallido di quello che è,  mettendo in risalto le occhiaie di chi non dorme sonno tranquilli.
Accenno un sorriso mentre gli accarezzo la guancia dalla barba non rasata, altro dettaglio rivelatore della sua stanchezza. << Ti porto i saluti di Odil >>, esordisco, << Mi sono fermata a pranzo dalla sua famiglia. Isildil è finalmente a casa, ancora convalescente, ma sta bene. >> Boromir annuisce, girando il viso è baciandomi il palmo aperto della mano.
<< Sono contento che si stia riprendendo. Avrei voluto fargli visita anch'io ma, come vedi, sono sempre attorniato da questi  consiglieri. >> Sorride ironicamente, per scendere i gradini del trono e mettersi sul mio piano. << Consiglieri… strano nome, per coloro che dovrebbero consigliare e invece richiedono continue soluzioni a me, che non so niente, di problemi che non ho creato io. >> 
<< A chi dovrebbero chiedere? Sei il loro riferimento. >>
<< Mio padre era il loro riferimento, non io! >> Scatta Boromir, esasperato. << Lui conosceva tutti i problemi di questa benedetta città: gli approvvigionamenti, le tasse, il sistema di pedaggi, la burocrazia, l'amministrazione della giustizia, le problematiche delle varie cerchie… io cosa so, di tutto questo? Niente. >> Mi da le spalle con aria corrucciata. << Assolutamente niente. Se solo lui fosse ancora qui… >>
Sorrido a questo suo sfogo. È così umano questo senso di impotenza, lo stesso che provo io davanti alla mia ricerca, mentre il dolore riempie ogni crepa dello spazio lasciato da Denethor. Boromir sente la sua mancanza, lo so, e non è la mancanza di un superiore, o di un capo, ma è proprio quella della figura paterna. Un altro tipo di dolore, diverso da quello di Ariena per Arien, più fresco e profondo. D'altronde, non sono passate tre settimane dalla morte di Denethor, e né  Boromir né  Faramir hanno avuto molto tempo per piangere il padre, presi dai loro nuovi doveri: Sovrintendente il primo, comandate di Gondor il secondo. Ancora una volta, mi chiedo cosa si prova a perdere una persona così cara... io non posso saperlo, ma posso provare a lenire il dolore.
 Con spontaneità appoggio il bastone al trono e abbraccio Boromir da dietro, faticando a serrare le mani sul suo petto. Lo sento rilassarsi un attimo.
<< Vedrai che imparerai tutto >>, cerco di confortarlo. << Tuo padre è morto all'improvviso, senza darti la possibilità di apprendere da lui la situazione della città. Tu eri troppo impegnato altrove e, diciamocelo, non ti è mai interessato particolarmente l’argomento… o forse ho sbagliato impressione? >> Boromir si gira tra le mie braccia, abbracciandomi a sua volta. Il suo sorriso ha perso tutto il sarcasmo di poco prima.
<< Diciamo che avevo altro da fare, invece di ragionare su quanto far pagare al mercante che viene dalle valli del nord per il mercato del giovedì nella prima  cerchia. >> Mi accarezza la testa, indugiando particolarmente sulla nuca con la mano, per poi sospirare. << Sono stato sciocco a non apprendere da mio padre abbastanza per regnare. Sciocco, cieco e sordo, a non carpire i suoi insegnamenti mentre era ancora vivo. >>
<< Io non direi che sei stato tanto sciocco >>, ribadisco decisa, << Perché se c’è ancora qualcosa su cui regnare, è proprio grazie a te e a tuo fratello. >>
Boromir sorride ancora, sciogliendosi dall'abbraccio ma tenendomi ancora la mano sul collo in una carezza. << Pensavo che se ne sarebbe andato lentamente, consumato da qualche malattia o dalla vecchiaia, con tutto il tempo per insegnarmi… o per poter farlo a qualcun'altro. E invece… >> Sospira, allargando le braccia e cambiando argomento.
<< Qualche novità su Mithrandir? >> Chiede, porgendomi il bastone e andando a sedersi nuovamente sul trono.
<< Nessuna, ahimè. Non so più che cosa pensare, sono quasi tentata di scrivere a Isengard per chiedere ragguagli sulla sua situazione. >> 
<< Credi che sia in un qualche pericolo? >> 
Annuisco, riluttante. << O è in viaggio o è in pericolo, anche se la seconda opzione è più probabile della prima. >> Sospiro, preoccupata. << Non so davvero cosa pensare… >> 
Boromir sta per chiedermi qualcosa, ma si trattiene. So che vorrebbe chiedermi delle mie ricerche, ma non lo fa: non vuole mettermi pressione, quindi inizio a parlarne io.
<< Le mie ricerche non stanno portando a niente >>, sbotto, << Almeno, tu hai un punto di partenza da cui iniziare, mentre io… io… >>
Un’intuizione mi attraversa la testa come un raggio di sole.
Il punto di partenza.
L'inizio di ogni cosa, anche nelle mie ricerche.
Come ho fatto a non pensarci prima?
<< Dimmi >>, esordisco, << Che tu sappia…nella biblioteca è conservato qualche scritto di Isildur? >>




L'angolo della biblioteca in cui sono riuniti gli scritti dell’ultimo re di Gondor è quello più buio e nascosto, nonché dimenticato dai più. Queste carte non sono consultate da anni, e giacciono in un pessimo stato di conservazione. Arrotolate, spiegazzate, macchiate di umidità e rosicchiate dai topi, le pergamene hanno l'inchiostro scolorito dal tempo e a tratti illeggibile, ma io finalmente so cosa cercare.
Come ho fatto a non pensarci prima? Eppure avevo l'avvio della pista per scovare l’Anello proprio sotto il mio naso: Isildur, ultimo Re di Gondor, è stato l'ultimo proprietario dell’Anello, o almeno l'ultimo a vederlo…avrà lasciato una qualche impressione in merito! O almeno, questo è quello che continuo a ripetermi, mentre sfoglio e cerco di decifrare le parole scritte secoli fa con una nuova foga.

Finché la trovo.
Mi alzo con le ginocchia rigide e la schiena indolenzita, avvicinandomi al fuoco appena ravvivato per meglio leggere e comprendere. La pergamena che ho tra le mani è stata scritta quando la città si chiamava ancora Minas Anor, tremila anni fa, da Isildur in persona.
 

"Il Grande Anello apparterrà d'ora in poi al Regno del Nord; ma a Gondor rimarranno alcuni documenti in proposito, nel caso che un giorno il ricordo di una questione importante fosse offuscato, poiché anche qui vivono gli eredi di Elendil."



<< E meno male che ci hai pensato >>, mormoro tra me e me, tuffandomi alla ricerca del segno distintivo dell’anello Sovrano.












Dulcis in Fundo.
Ciao a tutti! Come state, cari lettori?
È da un anno che questa storia non viene aggiornata, vuoi un po' per mancanza di tempo, vuoi un po' per mancanza di ispirazione, vuoi un po' perché la vita va così.  Fatto sta che adesso questa storia la voglio concludere, e ce la metterò tutta per farcela: Annael è un personaggio che mi piace troppo per lasciarla così,  a languire nel limbo delle cose non finite… vediamo di farcela! A presto ragazzuoli!

 

  
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